Page 57 - MediAppalti, Anno XIII - N. 2
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Pareri & Sentenze                                                                    Mediappalti







                 Autorità Nazionale Anticorruzione

                 DELIBERA N. 36 del 25 gennaio 2023
                 PREC 169/2022/S

                 “Nel calcolo del costo medio orario della manodopera, l’innalzamento delle ore mediamente lavorate (cd.
                 divisore) rispetto ai dati riportati nelle Tabelle ministeriali è consentita purché non derivi dalla soppressione
                 delle ore di assenza legate al riconoscimento di diritti incomprimibili del lavoratore (ferie, festività, festività
                 soppresse) e sempre che l’impresa fornisca rigorose e puntuali giustificazioni che comprovino la correttezza
                 dello scostamento effettuato”


                 “…  con  riferimento  alla  questione  del  costo  medio  orario  del  personale,  <…>  esso  è  il  risultato  della
                 divisione della retribuzione annua lorda per il numero delle ore mediamente lavorate in un anno. Tale dato,
                 cd.  divisore,  si ottiene  sottraendo  dal  monte  ore  annuo  teorico  complessivo  che  il singolo dipendente,
                 in virtù delle norme di legge e dei contratti collettivi vigenti, può svolgere, le ore che corrispondono ad
                 assenze del lavoratore derivanti o dalla fruizione di diritti incomprimibili riconosciuti ex lege (ferie, festività
                 e festività soppresse) o dall’applicazione di istituti contrattuali (assemblee sindacali, formazione, studio,
                 etc.) o, infine, da eventi imprevisti (malattia, gravidanza, infortunio). Più alto è il valore del divisore più
                 basso  risulta  il  costo  medio  orario  del  personale.  Nelle  tabelle  ministeriali,  per  la  determinazione  delle
                 ore  effettivamente  lavorate,  vengono  valorizzati  sia  dati  previsti  direttamente  dalla  legge  o  dal  c.c.n.l.
                 (e ci si riferisce soprattutto alle ferie, alle festività e alle festività soppresse) sia valori medi desunti dalle
                 statistiche (e questo riguarda soprattutto le assenze per malattia, gravidanza e infortunio, che costituiscono
                 le cause più frequenti di assenteismo); … la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, in generale, che
                 i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione
                 della  congruità  dell’offerta,  sicché  l’eventuale  scostamento  delle  voci  di  costo  da  quelle  riassunte  nelle
                 tabelle  non  legittima  un  giudizio  di  anomalia  o  di  incongruità  e  occorre,  perché  possa  dubitarsi  della
                 congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione
                 globale e sintetica, espressione di un potere tecnico discrezionale insindacabile, salvo che la manifesta e
                 macroscopica erroneità od irragionevolezza non renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (in
                 termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 30 novembre 2020, n. 7554; V, 29 luglio 2019, n. 5353). Per quanto
                 concerne, più da vicino, le ore annue effettivamente lavorate, la giurisprudenza ha ritenuto che il dato
                 contenuto nelle tabelle non sia fisso ed inderogabile, se non con riguardo alle assenze legate alla fruizione
                 di diritti incomprimibili.
                 Infatti, in ciascuna specifica realtà aziendale ben possono esistere sensibili differenze, in aumento o in
                 diminuzione, rispetto ai dati medi desumibili dalle tabelle ministeriali riguardo le percentuali di assenteismo
                 legato alle malattie, alla gravidanza, ai permessi per motivi di studio, etc.”

























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