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Osservatorio sulla Corte dei Conti Mediappalti
Riconoscimento del debito fuori bilancio
in caso di contratto nullo
comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente
che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto
si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni»).
3. Il riconoscimento dell’arricchimento
L’aspetto fondamentale (del ragionamento espresso dalla sezione) però è che ciò che fa la differenza
anche sul riconoscimento non è tanto l’origine dell’obbligazione ma il fatto se vi sia stato o meno
arricchimento dell’ente.
Solo in questi termini (nel caso di acquisiti di beni/servizi e lavori non assistiti dalla corretta
assunzione dell’impegno di spesa), e nei limiti di detto arricchimento, vi può essere (vi deve essere)
il riconoscimento del debito fuori bilancio. In difetto l’ente subirebbe l’azione di illecito arricchimento
da parte del creditore con evidente aggravio di spese.
Ciò si legge nella deliberazione laddove si puntualizza che “In base al consolidato orientamento del
giudice di legittimità, pertanto, rimane fermo che «il riconoscimento da parte della P.A. dell’utilità
della prestazione o dell’opera può rilevare non già in funzione di recupero sul piano del diritto
di una fattispecie negoziale inesistente, invalida o comunque imperfetta - trattandosi di
un elemento estraneo all’istituto - bensì in funzione probatoria e, precisamente, ai soli fini
del riscontro dell’imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico» (enfasi aggiunta, Corte di
Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 26 maggio 2015, n. 10798, punto n. 4.2.).
In presenza dei presupposti individuati dall’art. 194, comma 1, lett. e) del TUEL, la deliberazione
consiliare di riconoscimento “di una spesa scaturita da un negozio invalido non è stata
considerata idonea a cagionare ex se un esborso illegittimo, salvo che esso ecceda l’utilità
riconoscibile e ascrivibile alle sue funzioni essenziali, circostanza che, invero, potrebbe riscontrarsi
ove l’ente”.
a) riconosca l’utilità di prestazioni non collegate all’esercizio di pubbliche funzioni e di servizi di
competenza dell’ente, esorbitando dai limiti del proprio potere discrezionale;
b) riconosca il pagamento in relazione a somme cui non corrisponde un “arricchimento” dell’ente
(da contrapporre all’impoverimento di un altro soggetto), da intendersi in senso stretto, come
precisato dalle Sez. Unite della Cass. (11/09/2008, n. 23385) in relazione all’art. 2041 cod.
civ., ovvero a somme rispetto alle quali non vi sia diritto all’indennizzo del privato, come ad
es. l’eventuale lucro cessante da questi ottenibile qualora vi fosse stato il rispetto della legge,
le somme per interessi e rivalutazione, l’utile di impresa, le spese giudiziali, i maggiori oneri
imputabili al ritardo nei pagamenti, ecc., in considerazione del fatto che in questo caso nessuna
utilità ed arricchimento può conseguire all’ente, rappresentando i predetti esborsi un ingiustificato
danno patrimoniale del quale devono rispondere coloro che con il loro comportamento lo hanno
determinato. Occorre escludere, in altri termini, dal calcolo dell’indennità dovuta all’esecutore di
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