Page 69 - MediAppalti, Anno XIII - N. 5
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Osservatorio sulla Corte dei Conti                                                   Mediappalti
               Riconoscimento del debito fuori bilancio
               in caso di contratto nullo











               comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente
               che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto
               si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni»).



               3.     Il riconoscimento dell’arricchimento


               L’aspetto fondamentale (del ragionamento espresso dalla sezione) però è che ciò che fa la differenza
               anche sul riconoscimento non è tanto l’origine dell’obbligazione ma il fatto se vi sia stato o meno
               arricchimento dell’ente.


               Solo  in questi  termini  (nel  caso  di acquisiti di beni/servizi e  lavori  non  assistiti dalla  corretta
               assunzione dell’impegno di spesa), e nei limiti di detto arricchimento, vi può essere (vi deve essere)
               il riconoscimento del debito fuori bilancio. In difetto l’ente subirebbe l’azione di illecito arricchimento
               da parte del creditore con evidente aggravio di spese.

               Ciò si legge nella deliberazione laddove si puntualizza che “In base al consolidato orientamento del
               giudice di legittimità, pertanto, rimane fermo che «il riconoscimento da parte della P.A. dell’utilità
               della prestazione o dell’opera può rilevare non già in funzione di recupero sul piano del diritto
               di una fattispecie negoziale inesistente, invalida o comunque imperfetta - trattandosi di
               un elemento estraneo all’istituto - bensì in funzione probatoria e, precisamente, ai soli fini
               del riscontro dell’imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico» (enfasi aggiunta, Corte di
               Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 26 maggio 2015, n. 10798, punto n. 4.2.).

               In presenza dei presupposti individuati dall’art. 194, comma 1, lett. e) del TUEL, la deliberazione
               consiliare di riconoscimento “di una  spesa  scaturita da un  negozio  invalido  non è stata
               considerata idonea a cagionare ex se un esborso illegittimo, salvo che esso ecceda l’utilità
               riconoscibile e ascrivibile alle sue funzioni essenziali, circostanza che, invero, potrebbe riscontrarsi
               ove l’ente”.

               a)  riconosca  l’utilità di prestazioni non  collegate all’esercizio di pubbliche funzioni e  di servizi di
                   competenza dell’ente, esorbitando dai limiti del proprio potere discrezionale;
               b)  riconosca il pagamento in relazione a somme cui non corrisponde un “arricchimento” dell’ente
                   (da contrapporre all’impoverimento di un altro soggetto), da intendersi in senso stretto, come
                   precisato  dalle Sez.  Unite della Cass.  (11/09/2008,  n.  23385)  in relazione all’art.  2041  cod.
                   civ.,  ovvero  a  somme  rispetto alle quali non  vi sia diritto all’indennizzo del privato,  come  ad
                   es. l’eventuale lucro cessante da questi ottenibile qualora vi fosse stato il rispetto della legge,
                   le somme per interessi e rivalutazione, l’utile di impresa, le spese giudiziali, i maggiori oneri
                   imputabili al ritardo nei pagamenti, ecc., in considerazione del fatto che in questo caso nessuna
                   utilità ed arricchimento può conseguire all’ente, rappresentando i predetti esborsi un ingiustificato
                   danno patrimoniale del quale devono rispondere coloro che con il loro comportamento lo hanno
                   determinato. Occorre escludere, in altri termini, dal calcolo dell’indennità dovuta all’esecutore di


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