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( votes)Premessa
Per molti, in special modo per i non addetti ai lavori, comprensibilmente, verifica e validazione possono essere identificati come due termini che esprimono sostanzialmente lo stesso significato.
Riservandosi di entrare, nel corso del presente contributo, nel merito tecnico e normativo della questione, chi scrive ritiene sia utile dare subito una spiegazione di cosa s’intenda effettivamente per verifica preventiva della progettazione e validazione del progetto.
L’attività di verifica consiste in un’attività istruttoria e di controllo dei livelli di progettazione, eseguita in contraddittorio con il progettista, con lo scopo di accertare la rispondenza degli elaborati di progetto e la loro conformità alla normativa vigente.
L’attività di validazione invece, è l’atto formale a firma del RUP, dal quale devono risultare gli esiti della verifica, riportati nel rapporto conclusivo che viene redatto e sottoscritto dal soggetto verificatore appositamente incaricato. Nell’atto di validazione devono altresì essere riportati gli estremi del documento di verifica e le eventuali controdeduzioni del progettista.
La trattazione esaustiva della verifica della progettazione e della validazione del progetto, richiede, a sommesso parere di chi scrive, un accenno ad alcuni aspetti propri dell’appalto con l’evoluzione normativa nel tempo avuto particolare riguardo alla progettazione.
1. La validazione del progetto dalla 109 alla 163
Come è nota la legge 109/94, cosiddetta “Merloni”, inquadrata nel particolare contesto storico, nello stigmatizzare l’abuso indiscriminato dello strumento della variante, poneva come elemento cruciale l’esecutività del progetto e con essa la regola generale dell’appalto a corpo.
L’appalto a corpo, come figura specifica, presuppone un livello progettuale che permetta di definire nei grafici di progetto con sufficiente precisione le quantità di lavorazioni necessarie per l’esecuzione dell’appalto.
Al pari il computo metrico estimativo, per quanto estraneo alle obbligazioni contrattuali a corpo, ha sempre rappresentato una parte integrante della progettazione così come stabilito anche successivamente dagli artt. 31, 41 e 44 del DPR 207/2010.
Il contratto a corpo, nella dicotomia tra le previsioni contrattuali e quelle del computo è quello che più di ogni altro comunque, può generare controversie tra il Committente e lo stesso Appaltatore soprattutto nel caso si renda necessario o per altri motivi vogliano essere introdotte modifiche all’oggetto del contratto.
Proprio per questo motivo, al fine di ridurre al minimo la possibilità di controversie tra le parti, la regolamentazione delle varianti, già a partire dalla legge 109/94, e dall’alea contrattuale all’interno dei contratti a corpo hanno sempre rivestito notevole importanza.
La legge quadro aveva adottato un’impostazione fondata sul divieto di ammissione di varianti e aveva circoscritto, all’art. 25, in maniera tassativa le ipotesi di varianti in corso d’opera.
In definitiva, la variante (ex art. 25 L.109/94) doveva avere carattere accessorio rispetto all’opera progettata e contrattualmente stabilita; altrimenti ci si sarebbe trovati di fronte non ad una modificazione del progetto, ma ad un nuovo contratto.
Un caso particolare identificato dall’art. 25 comma 1 lett. d) riguardava le varianti determinate da omissioni del progetto esecutivo; ai fini della loro ammissione avrebbero dovuto pregiudicare, totalmente o parzialmente, la realizzazione dell’opera ovvero la sua utilizzazione (circostanza attualmente riportata anche dall’attuale codice di contratti al comma 2 dell’art. 106).
Nel caso appena accennato, l’approvazione della variante per errori ed omissioni del progetto esecutivo faceva (e fa nascere) in capo al professionista incaricato della progettazione la responsabilità per danni subiti dalla stazione appaltante, questo sia che si trattasse di progettista, interno o esterno, del progetto esecutivo.
Rispetto alla fase di verifica della progettazione, nella vigenza della legge 109/94, successivamente modificata dalla Legge 166/2002, e del relativo Regolamento di attuazione DPR 554/99, ad una verifica complessiva, quindi, temporalmente collocata alla fine della progettazione esecutiva si sostituisce una verifica per gradi a cura del responsabile del procedimento.
Degno di nota, a parere dello scrivente, è il comma 2 dell’art. 16, della Legge 109/94 s.m.i “Le prescrizioni relative agli elaborati descrittivi e grafici contenute nei commi 3, 4 e 5 sono di norma necessarie per ritenere i progetti adeguatamente sviluppati. Il responsabile del procedimento nella fase di progettazione qualora, in rapporto alla specifica tipologia ed alla dimensione dei lavori da progettare, ritenga le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 insufficienti o eccessive, provvede a integrarle ovvero a modificarle.”
Questo comma della legge ha una importanza cruciale per l’attività di progetto e delle verifiche in quanto consente a tutti gli effetti al Responsabile di Procedimento di stabilire e modulare il “peso” e la “consistenza” del progetto determinando, secondo una sua valutazione, che emerge dagli studi di programmazione, quali siano gli elaborati tecnici assolutamente necessari rispetto a tutti quelli descritti ai punti 3, 4 e 5. Egli può integrare o modificare dette prescrizioni, non sembra poter abolire un livello progettuale, ma sicuramente potrebbe farlo tendere a “zero”, o prescrivere ulteriori elaborati tecnici o anche ulteriori livelli progettuali sempre in funzione di ragione insite nella complessità dell’intervento, conseguentemente il processo delle verifiche dovrà basarsi su tali decisioni.
Nei casi previsti dalla normativa è possibile avvalersi per la progettazione di professionisti esterni, selezionati in conformità a quanto prescritto dall’ordinamento e alla luce anche della evoluzione giurisprudenziale, dottrinale e interpretativa in materia. La procedura di affidamento degli incarichi di progettazione è differenziata in base agli importi, secondo il complesso meccanismo prescritto dalla legge Merloni e specificato nel regolamento attuativo: è in questa parte della normativa che si registra una sostanziale novità in materia.
Il DPR 554/99 alla Sezione quinta ha trattato la verifica e validazione di progetti, acquisizione dei pareri e approvazione dei progetti, agli artt. 46, 47 e 48.
Entrando nel merito delle indicazione dell’art. 47, effettuate tutte le verifiche stabilite e programmate si perviene tra il Responsabile del procedimento, in contraddittorio, con i progettisti incaricati a verbalizzare la conformità del progetto esecutivo alla normativa vigente e a quanto prescritto nel documento preliminare alla progettazione. La validazione si configura come un procedimento autonomo del responsabile del procedimento eventualmente coadiuvato in cui il risultato finale verbalizzato in un documento di accettazione di conformità, consentendo la successiva approvazione del progetto da parte degli organi preposti e l’avvio delle conseguenti procedure di affidamento dei lavori.
Il Responsabile del Procedimento per le attività in genere di progettazione e di supporto tecnico-amministrativo poteva avvalersi di professionisti esterni singoli o associati, da società di professionisti da società d’ingegneria e anche da raggruppamenti temporanei, ma per l’attività specifica di validazione dei progetti poteva solo utilizzare un ODI: Organismo di ispezione e accreditato ai sensi delle norme UNI EN45004.
Il Responsabile del Procedimento, in ogni caso, aveva la possibilità di validare il progetto anche a fronte del parere negativo di non conformità espresso dall’ODI sia su singole parti sia integralmente su progetto.
L’entrata in vigore del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e del suo regolamento di esecuzione ed attuazione, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, ha innovato, rispetto al D.P.R. n. 554 del 1999, la disciplina della progettazione rendendola maggiormente analitica; le vere novità, in particolare, hanno riguardano la fase della verifica del progetto da parte delle strutture tecniche, anche esterne, della stazione appaltante, risultando introdotta una dettagliata disciplina dell’accreditamento e del controllo, con l’espressa finalità di accertare la conformità della soluzione progettuale prescelta alle specifiche disposizioni funzionali, prestazionali, normative e tecniche contenute nello studio di fattibilità, nel documento preliminare alla progettazione ovvero negli elaborati progettuali dei livelli già approvati, così da ridurre il rischio di un contenzioso che, negli ultimi anni, risultava sempre più legato alle problematiche progettuali.
Alla verifica del progetto, alla cui disciplina nel D.P.R. n. 554 del 1999 era dedicata una sola sezione, composta di pochi articoli (artt. 46, 47, 48 e 49) il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, aveva invece riservato l’intero Capo II con ben 16 articoli (artt. 44-59), stabilendo che doveva essere eseguita attraverso strutture tecniche, anche esterne alla stazione appaltante, con l’obiettivo di accertare la conformità della soluzione progettuale prescelta alle specifiche disposizioni funzionali, prestazionali, normative e tecniche contenute nello studio di fattibilità, nel documento preliminare alla progettazione ovvero negli elaborati progettuali dei livelli già approvati.
Conseguentemente la validazione perdeva il suo connotato di controllo limitato al progetto esecutivo (o al definitivo, in caso di appalto integrato), per qualificarsi quale mero «atto formale che riporta gli esiti delle verifiche», successivo all’attività di verifica esercitata anche sul progetto esecutivo.
Una particolare cura era stata riservata alla disciplina dell’accreditamento (art. 46), venendo indicati gli organi ed enti a ciò deputati e demandato ad apposito decreto del Ministro delle infrastrutture, la disciplina delle modalità e delle procedure di accreditamento per gli Organismi di ispezione di Tipo A, B e C e di accertamento per gli Organismi di certificazione del sistema di controllo interno di qualità coerente con i requisiti della norma UNI EN ISO 9001.
La verifica dei progetti poteva avvenire attraverso strutture e personale tecnico della propria amministrazione, ovvero attraverso strutture tecniche di altre amministrazioni, specificamente individuate a seconda dell’importo dei lavori; risultava, altresì, specificamente delineato il procedimento di accreditamento e di accertamento del sistema interno di controllo di qualità del quale veniva offerta anche la definizione (art. 47).
L’art. 53 disciplinava la verifica della documentazione delineando una specifica modalità di controllo, comprensiva dei parametri cui attenersi, per ogni singola tipologia (relazione, elaborato, capitolato, ecc.); il successivo art. 54, invece, regolamentava le modalità temporali delle verifiche che dovevano riguardare tutti i livelli di progettazione e lo sviluppo degli stessi, secondo la pianificazione del responsabile del procedimento e con un livello che poteva essere comunque semplificato o integrato dalla stazione appaltante in relazione alla natura e alla complessità dell’opera; al fine di snellire le procedure, la norma consentiva, in presenza di elevata ripetitività di elementi progettuali o di esistenza di casi analoghi già oggetto di verifica, di cui si ha evidenza oggettiva, di adottare, a seconda dei casi, metodi di controllo “a campione” o “a comparazione”, nel caso di verifiche precedentemente espletate, di limitare l’attività di controllo successiva alle parti costituenti modifica o integrazione della documentazione progettuale già esaminata.
L’esito delle verifiche infine doveva essere riportato nella validazione del progetto posto a base di gara che, secondo quanto prescritto dall’art. 55, doveva essere sottoscritta dal responsabile del procedimento e far preciso riferimento al rapporto conclusivo del soggetto preposto alla verifica ed alle eventuali controdeduzioni del progettista; doveva, inoltre, contenere specifiche motivazioni in caso di dissenso del responsabile del procedimento rispetto agli esiti delle verifiche effettuate. La validazione assumeva, ed assume tutt’oggi, un’importanza centrale nella disciplina regolamentare, basti pensare che i suoi estremi dovevano e devono, risultare dal bando e dalla lettera di invito per l’affidamento dei lavori.
Tra le disposizioni oggetto di rilievo da parte del Consiglio di Stato, nel parere n. 3262/2007, vi è stata quella relativa alle responsabilità (art. 56) secondo cui, nella versione definitiva, il soggetto incaricato della verifica rispondeva a titolo di inadempimento del mancato rilievo di errori ed omissioni del progetto verificato qualora ne avessero pregiudicato in tutto o in parte la realizzabilità o la sua utilizzazione; il soggetto incaricato della verifica quindi, in vigenza del DPR 207/2010, aveva la responsabilità degli accertamenti previsti dagli artt. 52 e 53, ivi compresi quelli relativi all’avvenuta acquisizione dei necessari pareri, autorizzazioni ed approvazioni, ferma restando l’autonoma responsabilità del progettista circa le scelte progettuali e i procedimenti di calcolo adottati. In tal caso, oltre ad essere tenuto a risarcire i danni derivanti alla stazione appaltante, era escluso per i successivi tre anni dalle attività di verifica. Per i danni non ristorabili, per tipologia o importo, mediante la copertura assicurativa, resta ferma la responsabilità per danno erariale sia per il soggetto esterno che per quello dipendente della stazione appaltante incaricato dell’attività di verifica; quest’ultimo, inoltre, risponde anche a livello disciplinare.
In ragione delle responsabilità incombenti sul soggetto incaricato dell’attività di verifica, l’art. 57 imponeva di essere munito di polizza specifica limitata all’incarico di verifica o, laddove si tratti di polizza professionale generale per l’intera attività, da integrare attraverso idonea dichiarazione della compagnia di assicurazione che garantisca le condizioni di copertura previste per lo specifico progetto.
Infine l’art. 59 (acquisizione dei pareri e conclusione delle attività di verifica), disponeva che il responsabile del procedimento, acquisiti i menzionati pareri, nonché, ove previsto, il parere del proprio organo consultivo, concludesse le attività di verifica relative al livello di progettazione da porre a base di gara con l’atto formale di validazione, avvenuta la quale, ciascuna stazione appaltante, secondo le modalità e le procedure stabilite dal proprio ordinamento, poteva avviare la fase dell’affidamento dei lavori.
2. La verifica e validazione alla luce del d.lgs. 50/2016
L’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016 e il successivo Correttivo, avuto riguardo all’attività di verifica e validazione della progettazione contempla dette attività come obbligatorie e da eseguirsi prima dell’inizio della procedura di affidamento.
La L. n. 11/2016, contenente la delega al Governo per l’attuazione delle Direttive UE 23, 24 e 25 del 2014, pone in evidenza la necessità della centralità e qualità della progettazione e di conseguenza in tale ottica il legislatore italiano, in sede di approvazione del nuovo Codice dei contratti pubblici, ha ritenuto opportuno intervenire sulla così detta verifica preventiva dei progetti, assumendola a strumento di prevenzione di errori od omissioni dai quali conseguono necessariamente maggiori costi e tempi di realizzazione delle opere pubbliche.
Così come disposto al comma 1 (come modificato dall’articolo 16, comma 1, lettera b) del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56) dell’art. 26 “La stazione appaltante, nei contratti relativi ai lavori, verifica la rispondenza degli elaborati progettuali ai documenti di cui all’articolo 23, nonché la loro conformità alla normativa vigente”.
La verifica della rispondenza degli elaborati e la loro conformità alla normativa vigente è una attività tecnico amministrativa, istruttoria, di controllo che ha luogo prima dell’inizio delle procedure di affidamento e che riguarda tutti i livelli progettuali, a prescindere da chi ne ha curato la progettazione ed può essere affidata all’interno o all’esterno della stazione appaltante; nei casi in cui è consentito l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, la verifica della progettazione redatta dall’aggiudicatario ha luogo prima dell’inizio dei lavori. Al fine di accertare l’unità progettuale, prima dell’approvazione del progetto e in contraddittorio con il progettista, è verificata la conformità del progetto esecutivo o definitivo rispettivamente, al progetto definitivo o progetto di fattibilità. Al contraddittorio partecipa anche il progettista autore del progetto posto a base della gara, che si esprime in ordine a tale conformità. Sono, quindi, indicati gli elementi che la verifica deve accertare e i soggetti preposti alla verifica per tipologia di lavori e importi.
Gli oneri derivanti dall’accertamento della rispondenza agli elaborati progettuali sono ricompresi nelle risorse stanziate per la realizzazione delle opere.
Il comma 4 dell’art. 26 del d.lgs. 50/16, contiene un elenco dettagliato degli ambiti su cui debbono soffermarsi gli organismi accreditati o i soggetti incaricati della verifica del progetto, imponendo particolare attenzione alla verifica de:
a) la completezza della progettazione;
b) la coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti;
c) l’appaltabilità della soluzione progettuale prescelta;
d) i presupposti per la durabilità dell’opera nel tempo;
e) la minimizzazione dei rischi di introduzione di varianti e contenzioso;
f) la possibilità di ultimazione dell’opera entro i termini previsti;
g) la sicurezza delle maestranze e degli utilizzatori;
h) l’adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati;
i) la manutenibilità delle opere, ove richiesta.
L’introduzione del predetto elenco, deve essere sicuramente vista con favore anche se permane un certo grado di genericità, considerato lo spettro molto ampio degli ambiti di valutazione, nonché la contestuale mancanza di una verifica sulla funzionalità e sulle condizioni di fruibilità dell’opera.
Al comma 6, dell’art. 26 d.lgs. 50/2016 sono individuate le strutture a cui la Stazione Appaltante può affidare l’incarico di verifica del progetto:
“L’attività di verifica è effettuata dai seguenti soggetti:
a) per i lavori di importo pari o superiore a venti milioni di euro, da organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020;
b) per i lavori di importo inferiore a venti milioni di euro e fino alla soglia di cui all’articolo 35, dai soggetti di cui alla lettera a) e di cui all’articolo 46, comma 1, che dispongano di un sistema interno di controllo di qualità; (disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016)
c) per i lavori di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35 e fino a un milione di euro, la verifica può essere effettuata dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti ove il progetto sia stato redatto da progettisti esterni o le stesse stazioni appaltanti dispongano di un sistema interno di controllo di qualità ove il progetto sia stato redatto da progettisti interni;
d) per i lavori di importo inferiore a un milione di euro, la verifica è effettuata dal responsabile unico del procedimento, anche avvalendosi della struttura di cui all’articolo 31, comma 9″.
L’attività di verifica è incompatibile con lo svolgimento per il medesimo progetto dell’attività di progettazione, di coordinamento della sicurezza, di direzione lavori e delle attività di collaudo.
Si tratta questo, di un principio obbligatorio per tutti i soggetti verificatori, siano essi interni od esterni alla Stazione appaltante.
Il RUP inoltre, per progetti di importo sotto soglia di €. 1.000.000,00, può svolgere l’attività di verifica preventiva solo nei casi non abbia svolto le funzioni predette.
L’incarico di verifica viene disciplinato, adesso, non come un appalto di servizi, ma dall’Istituto di Accreditamento dei Soggetti Verificatori, mediante rilascio di apposito Attestato di Accreditamento ISO 17020:2012; per l’Italia l’ente di accreditamento è ACCREDIA.
La stazione appaltante deve mettere a disposizione del partecipante alla gara per il servizio i documenti inerenti il livello progettuale precedente, per permettere ai concorrenti, di effettuare una attenta valutazione delle implicazioni temporali e tecniche, oltre che economiche , connesse alla verifica stessa.
Il nuovo quadro normativo precisa nuovamente che si distingue fra tre tipi di Organismi di Ispezione: A, B e C. Gli organismi di tipo B risultano essere unità tecniche interne alla Stazione Appaltante, mentre i tipi A (i soli effettivamente “terzi indipendenti”) e C, estranei all’apparato amministrativo, eseguono l’attività di controllo soltanto a seguito di affidamento con gara.
Viceversa gli Organismi di Certificazione del sistema di controllo interno di qualità sono soggetti che non provvedono direttamente all’azione di controllo della progettazione. Il loro accreditamento, infatti, permette soltanto di certificare, con ragionevole attendibilità, che il sistema interno di controllo di qualità delle strutture (o soggetti) preposti alla verifica sia conforme ai requisiti stabiliti dalla norma UNI EN ISO 9001 (“Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”).
Il rapporto conclusivo del soggetto preposto alla verifica riporta le risultanze dell’attività svolta e accerta, tra le altre cose, l’avvenuto rilascio da parte del direttore lavori della dichiarazione con la quale lo stesso attesta:
• l’accessibilità delle aree e degli immobili interessati dai lavori secondo le indicazioni risultanti dagli elaborati progettuali;
• l’assenza di impedimenti sopravvenuti rispetto agli accertamenti effettuati prima dell’approvazione del progetto;
• la conseguente realizzabilità del progetto anche in relazione al terreno, al tracciamento, al sottosuolo ed a quanto altro occorre per l’esecuzione dei lavori.
Sulla questione sono intervenute le Linee Guida 1/2016 dell’ANAC confermando che «La validazione del progetto posto a base di gara è l’atto formale che riporta gli esiti delle verifiche (art. 26, comma 8 del nuovo Codice). La validazione è sottoscritta dal RUP e si basa sul rapporto conclusivo che il soggetto preposto alla verifica deve redigere e sulle eventuali controdeduzioni del progettista. In sede di validazione il responsabile del procedimento può dissentire dalle conclusioni del verificatore, in tal caso l’atto formale di validazione o mancata validazione del progetto deve contenere specifiche motivazioni. La validazione del progetto posto a base di gara è un elemento essenziale del bando o della lettera di invito per l’affidamento dei lavori.»
Interessante è il profilo relativo al possibile dissenso tra le conclusioni a cui è pervenuto il verificatore e quelle proprie del RUP di cui si parlerà più diffusamente nel paragrafo che segue.
3. Principali criticità convesse all’attività di validazione
L’attività professionale ventennale mi ha più volte posto delle problematiche insite della verifica del progetto e che possono riassumersi, in particolare, nella sottostima economica del progetto avuto particolare riguardo agli appalti a corpo nella disarticolazione del computo metrico estimativo (non avente valore contrattuale) rispetto alle previsioni grafiche e capitolari (prevalenti).
Su tale aspetto si rinvia a separato articolo dello scrivente denominato “Il contratto a corpo: patologie e rimedi”.
Per quanto qui di interesse si vuole porre l’attenzione su una recente e significativa ordinanza della Corte di Cassazione n. 22268 del 25 settembre 2017 con la quale si è definito che, pur in presenza di un appalto di opere pubbliche la cui determinazione del prezzo sia “a corpo”, il significativo incremento dei lavori da eseguire fa sorgere in capo all’impresa appaltatrice il diritto al compenso per l’eccedenza delle opere realizzate.
Come è noto, nell’ambito degli appalti pubblici il prezzo delle opere che deve realizzare la società appaltatrice può essere determinato secondo due criteri. La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha rivisto questa statica distinzione, conferendo il carattere della flessibilità alla modalità di fissazione del prezzo “a corpo” per la realizzazione di opere pubbliche.
I giudici si sono soffermati sulla questione dell’immodificabilità del prezzo “a corpo”, richiamando in proposito una delibera (Delib. 21 febbraio 2002, n. 51) dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. Nei contratti “a corpo” l’offerente formula la propria offerta economica, attraverso la determinazione, a proprio rischio e sula base dei grafici di progetto e delle specifiche contenute nel capitolato speciale d’appalto, dei fattori produttivi necessari per la realizzazione dell’opera così come risulta dal progetto, finita in ogni sua parte, derivandone l’immodificabilità del prezzo determinato a corpo, con assunzione a carico dell’appaltatore del rischio del possibile aumento o diminuzione delle risorse utili alla realizzazione dell’opera, rispetto a quelle specificate nell’offerta dalla stazione appaltante. Tuttavia, prosegue la delibera richiamata dalla Corte, tale predeterminazione è soggetta a variazioni qualora si verifichi una modifica tale da determinare un cambiamento nell’oggetto del contratto.
Aderendo a questa impostazione i giudici hanno sottolineato che in ipotesi di variazioni “abnormi“ dei lavori da eseguire (nel caso di specie corrispondenti addirittura al doppio del valore delle opere progettate) si è in presenza di un’alea contrattuale non più accettabile e sostenibile da parte della società appaltatrice che, pertanto, pur in presenza di un appalto “a corpo”, ha diritto a vedersi aumentato il compenso per i lavori aggiuntivi realizzati.
La Cassazione sancisce, in definitiva, che il principio della immodificabilità del prezzo stabilito “a corpo” non è assoluto ma derogabile, per cui in presenza di incrementi dei lavori da eseguire che esulino la normalità e che si ritengano abnormi rispetto a quelli previsti inizialmente, si va incontro a possibili variazioni del prezzo.
Al di là della portata dissacrante e condivisa di tale pronunciamento un aspetto interessante è quello in cui il verificatore abbia dato contezza delle incongruenze tra il computo metrico e il disegnato e il RUP (magari su pressioni interne) abbia comunque provveduto alla validazione.
E’ di tutta evidenza come il combinato disposto di una successiva azione da parte dell’esecutore e quanto affermato dalla Cassazione porti alla soccombenza della stazione appaltante tenuta a rifondere l’esecutore dei maggiori oneri.
Di tale somma non potrà non rispondere il RUP a titolo di danno erariale posto che il verificatore aveva evidenziato l’incongruenza costituente il fattore genetico della causa.
Un ulteriore aspetto che la nuova norma non affronta e che anche nel pregresso ha rappresentato elemento di criticità è la necessità della validazione nel caso di adozione di una variante.
Il legislatore italiano, ha regolato l’istituto delle varianti all’art. 106 del d.lgs. 50/16, ai commi da 1 a 5, indicando i casi specifici in cui le modifiche dei contratti di appalto, nei settori ordinari e speciali non richiedono una nuova procedura di affidamento.
Non si capisce perché la verifica della completezza e dell’adeguatezza degli elaborati di progetto e la loro conformità alla normativa vigente, da effettuarsi prima dell’affidamento dell’appalto dei lavori, non debba essere estesa anche alle varianti in corso d’opera.
Un altro elemento di pesante criticità è la previsione contenuta nell’art. 205 comma 2, del Codice, a mente della quale “non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stai oggetto di verifica ai sensi dell’articolo 26”.
Ovviamente ciò non significa che risulti compressa l’unica facoltà in capo all’esecutore nella contestazione dell’operato del committente quanto l’impossibilità di far valere secondo gli usuali strumenti (accordo bonario o transazione) rivendicazione su aspetti oggetto di verifica.
Aspetti rispetto ai quali necessariamente dovranno essere presi in considerazione le responsabilità proprie del verificatore e del validatore.
Nell’ottica del contenimento della spesa pubblica (trasferendo quindi dalla P.A al verificatore i predetti oneri) sfugge tuttavia la macroscopica dimenticanza della mancata previsione della polizza di responsabilità civile professionale, estesa al danno all’opera, dovuta a errori od omissioni nello svolgimento dell’attività di verifica (prevista invece nell’art. 112, comma 4 bis del vecchio codice).