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( votes)I grandi del mondo riuniti a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre. L’occasione è la Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite. Barach Obama dichiara che “siamo l’ultima generazione che può cambiare le cose”. Tutti o quasi sembrano concordare che l’emergenza ambientale deve essere affrontata con fermezza, che serve un impegno reale da sottoscrivere in un accordo che vincoli i 195 paesi alla riduzione dei gas serra.
La difesa dell’ambiente che impegnerà la convenzione dal 2020 è una lotta che si affronta non solo sul versante di un’industria tecnologicamente biocompatibile e di una quotidianità ecosostenibile, ma anche di una serrata offensiva contro la corruzione. Contro tutti quei meccanismi illeciti che stanno devastando i territori nel nome dei facili guadagni, muovendosi spesso nell’alveo degli appalti pubblici, rendendo le Pubbliche Amministrazioni più e meno inconsciamente responsabili di disastri ambientali e di allarmanti conseguenze sulla salute di intere collettività.
Tra i casi simbolo di questa realtà c’è la “Terra dei Fuochi”. Per denaro, per decenni si è continuato ad imbottire il territorio tra le province di Napoli e Caserta di sostanze chimiche, di materiali pericolosi, di scarti della produzione industriale. Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, si batte contro chi ha prodotto una situazione che non è solo il risultato di un’egemonia della criminalità sullo Stato ma del coinvolgimento di altre figure. Don Maurizio osserva che “abbiamo pentiti solo tra i camorristi ma non tra gli imprenditori”. Imprenditori che erano al corrente dell’identità di chi stava smaltendo i propri rifiuti e del modo in cui lo stava facendo. Corruzione negli appalti pubblici e ambiente li ritroviamo accumunati esattamente un anno fa. Proprio in relazione alla Terra dei Fuochi. Alla sua bonifica. La messa in sicurezza dell’area Resit era stata assegnata, con appalto pubblico, ad un’impresa che rientrava nella rete di Mafia Capitale. Si stava per affidare alla criminalità la gestione di un’emergenza creata dalla stessa criminalità.
Gli Stati si impegnano a tutelare l’ambiente, a controllare le immissioni nocive. Faranno pressione sugli impianti industriali, investiranno nella diffusione di una cultura ecologista. Per vincere dovranno bloccare la corruzione. Il premier Matteo Renzi a Parigi ha detto che “abbiamo una grande responsabilità, siamo chiamati a disegnare il futuro del mondo”. Il futuro deve essere “eco”. Deve essere pulito. Pulito dall’inquinamento ambientale, pulito dall’inquinamento della società da parte della criminalità organizzata. Anche su questo fronte i paesi del mondo dovranno fare uno sforzo comune. Uno sforzo che non dovrà esaurirsi con l’ottenimento di risultati positivi entro i propri confini suggerisce José Ugaz vertice dell’organizzazione Trasparency International: “I paesi devono adottare misure radicali anti-corruzione, a favore dei loro popoli. I paesi virtuosi dovrebbero anche assicurarsi che non esportino pratiche di corruzione ai paesi sottosviluppati”. Il rischio è che la criminalità bloccata in un paese vada ad agire su territori più deboli. Al momento, non è il caso dell’Italia. Molto lavoro c’è ancora da fare in casa nostra. Nel rapporto 2015 del Corruption Percepitions Index che misura i livelli percepiti di corruzione del settore pubblico, l’Italia conferma la posizione della precedente edizione. 69esimo posto con Brasile, Bulgaria, Grecia, Romania, Senegal e Swaziland. Siamo l’ultimo paese dell’Unione Europea. “Scuole poco attrezzate, medicinali contraffatti ed elezioni decise dal denaro sono solo alcune delle conseguenze della corruzione nel settore pubblico”, si legge nella presentazione dell’ultimo rapporto. “Tangenti e accordi sottobanco – prosegue Ugaz – non solo rubano risorse dai più vulnerabili, minano la giustizia e lo sviluppo economico, distruggono la fiducia dei cittadini nei governi e nei leader”. Quei governi e quei leader ai quali affidiamo la nostra fiducia sul clima.