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Allora, è proprio vero: il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas. L’effetto farfalla enunciato dal matematico e meteorologo statunitense Edward Lorenz non è solo un neologismo. È una legge di natura. È realtà. Ne abbiamo avuta prova il 2 ottobre scorso. La teoria del caos si è rivelata coinvolgendo 500mila viaggiatori in tutta Italia, messi in difficolta da un chiodo. Un chiodo, quel battito d’ali di farfalla che ha generato confusione su tutta la linea ferroviaria italiana.

Un operario compie un errore apparentemente piccolo. Le sue conseguenze sono enormi. La ditta appaltatrice per la quale quell’operaio lavorava è stata sospesa. Si prospettano ricorsi e richieste di risarcimento danni. Il chiodo conficcato maldestramente in una canalina elettrica alla periferia di Roma ha fatto saltare l’erogazione di energia bloccando la stazione Termini. Più di cento treni cancellati. Alta velocità, intercity, regionali, tutti fermi o in viaggio con ritardi che superano le quattro ore.

L’evento scatenante, il chiodo nei cavi elettrici, è stato per l’appunto un evento. Perché il “pasticcio” si compisse è stato necessario che almeno un altro imprevisto gli si affiancasse. Lo ammetterà RFI: saltata l’alimentazione elettrica della cabina direttamente collegata al cavo manomesso, si sarebbe attivato il sistema ausiliario che ha provveduto ad erogare energia ma senza emanare quel segnale d’allarme che avrebbe potuto allertare i preposti responsabili per un immediato intervento. Così, perché ci si accorgesse che gli impianti stavano funzionando grazie al sistema ausiliario, si è dovuto attendere che questo spendesse tutta la sua riserva di energia e anch’esso smettesse di funzionare.

Non si è mai soli quando qualcuno compie un errore. L’esecutore materiale è sempre accompagnato da complicità più o meno consce che contribuiscono alla realizzazione di una fatalità e ad espanderne le conseguenze.

I contorni della realtà cominciano a delinearsi sfogliando i giornali. Leggendo dichiarazioni e analizzando i dati. Soprattutto i dati. Perché i numeri, come nessun’altra cosa può fare, fotografano la realtà per quella che è senza concedere spazio a opinioni e ipotesi. Se ne può prendere atto, si possono commentare, si può lavorare per modificarli e migliorarli. Servono a questo le analisi dei dati. In qualsiasi ambito.  Così tra i dati che sono stati snocciolati nelle ore successive al mercoledì nero delle ferrovie, quelli che più fanno male sono quelli raccontati dal Corriere della Sera. In una ricerca condotta proprio dal quotidiano diretto da Luciano Fontana, se ne evidenzia soprattutto uno: negli ultimi anni il traffico è cresciuto in maniera esponenziale. “Sulla tratta Milano-Roma si è passati da 1 milione di passeggeri del 2009 ai 3,6 milioni del 2023, e il numero dei treni da 16.439 è salito a 51.358”. Sempre più viaggiatori decidono di spostarsi con il mezzo più ecologico a disposizione. Questo è un bene. Ma la crescita del volume dei viaggiatori e dei treni presuppone per i gestori di treni e reti ferroviarie un ingente impegno in termini di manutenzione e assistenza. I ritardi, i continui ritardi a cui i viaggiatori sono costretti con quotidiana puntualità mettono a nudo tutta la vulnerabilità del sistema. È un corpo che cresce e si fa adulto ma che si alimenta come un bambino. Presto non avrà la forza per sostenersi sulle gambe. Il bilancio 2022 di Trenitalia, si ricorda sul Corriere della Sera, afferma che “si è registrata una flessione di performance più accentuata nei mesi centrali dell’anno, da ricondurre ad un generale incremento dei volumi del traffico e all’aumento dei guasti dell’infrastruttura e al materiale rotabile”. Siamo al punto, non nuovo, se vogliamo, in tema di lavori pubblici: la manutenzione.

Ancora una volta è di questo che peccano le infrastrutture del nostro paese. Si realizzano opere, si potenziano servizi, ma non si è ancora capaci di dotarsi di un piano di manutenzione efficiente, dove per efficiente non si intende solo la programmazione degli interventi da eseguire ma anche la qualità. E spesso, la qualità del lavoro eseguito dipende dalla qualità delle condizioni in cui una persona esegue il proprio lavoro. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini nelle ore in cui le stazioni andavano in tilt chiedeva i connotati dell’operaio che aveva conficcato il chiodo tra i cavi elettrici. Chissà se oltre a cercare l’esecutore materiale del guasto abbia pensato di indagare anche sul mandante. Si può supporre che un errore grossolano come quello commesso nella notte del 2 novembre possa essere stato “commissionato” dalla qualità e quantità di lavoro a cui si sottopongono oggi gli operai? Un’ipotesi che ci viene suggerita da un articolo della CGIL che afferma come “oggi sia negli appalti pubblici che in quelli privati assistiamo a un aumento esponenziale dei ritmi di lavoro, con una media di 10 ore al giorno su 6 giorni lavorativi”. In queste condizioni diventa probabile che qualcosa possa andare storto fino al punto che un’intera nazione possa essere mandata in confusione anche solo per un chiodo.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.