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Premesse

Con la Sentenza n. 27 del 2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sembrava che il tema delle modalità applicative agli appalti di servizi del principio di corrispondenza tra quote di qualificazione, partecipazione al raggruppamento temporaneo di imprese e relative quote di esecuzione fosse giunto a completa maturazione (in breve “Principio di Corrispondenza”) nel suo percorso di esegesi ermeneutica.

La richiamata Decisione del supremo Consesso Amministrativo, in via nomofilattica, enunciava sul punto il seguente principio di diritto: “per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell’art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo d’indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo  restando, però, che ciascuna impresa va qualificata per la parte di prestazioni che s’impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella normativa di gara”. 

L’approdo ermeneutico anzi rammentato traeva origine da un mutato assetto normativo frutto di un percorso legislativo che ha condotto il legislatore a depennare dall’ordinamento giuridico giuspubblicistico l’espresso obbligo di che trattasi.

Tale scelta di politica legislativa del legislatore appare come una inversione di tendenza di non indifferente rilevanza. La superfetazione normativa, in questo caso, lascia il passo alla semplificazione, non di facciata – spesso capace solo di incrementare il numero di norme senza ottenere l’esito auspicato – questa volta di sostanza, eliminando una norma ritenuta superflua poiché “doppione” di principi aliunde ritraibili. 

In un tale contesto normativo, non intaccato da alcuna novella rintracciabile sul punto nel Nuovo Codice dei Contratti del 2016, il Consiglio di Stato, sez. III, con l’ordinanza del 21 settembre 2017, n. 4403, ha ritenuto che fosse giunto il momento di un definitivo mutamento interpretativo del Principio di Corrispondenza alla luce della ratio che permea sia l’istituto dell’associazione temporanea di impresa che dell’avvalimento.

L’accostamento del principio ispiratore dei due istituti anzi richiamati, sarebbero capaci – secondo la Sezione remittente – di illuminare il Principio di Corrispondenza, liberandolo completamente – per gli appalti di servizi e di forniture – dalla matrice lavoristica da cui ha mutuato la propria ragion d’essere.

1. Le origini dell’istituto: dagli appalti di lavori ai servizi

Il Principio di Corrispondenza, infatti, trova le proprie fondamenta specificamente nella disciplina degli appalti pubblici di lavori.

Le prime applicazioni del Principio in esame si avvertono a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 13  della Legge Quadro sui Lavori Pubblici (L. 109/94).

Per quanto non fosse espressamente previsto dal dettato normativo dell’art. 13, la giurisprudenza ha da subito individuato i cardini di uno dei principi ormai immanenti nei lavori pubblici: l’obbligo di totale simmetria (rectius: corrispondenza) tra le quote di partecipazione al raggruppamento temporaneo di imprese e quote di esecuzione dei lavori.

Pre-condizione rispetto alla simmetria sopra espressa è la necessità che le attestazioni di qualificazione spese da ogni singolo membro dell’ATI siano sufficienti a legittimare lo stesso all’esecuzione della propria quota di lavori, come indicata nell’accordo associativo tra i membri dell’ATI stessa.

La ratio del principio in esame esprime la necessità di evitare le c.d. partecipazioni fittizie o “di comodo” da parte delle imprese maggiormente qualificate (ma non intenzionate ad eseguire concretamente i lavori), fin dalla fase di celebrazione della gara e non nel solo momento esecutivo, come spesso avveniva nella comune esperienza prima dell’entrata in vigore dell’art. 13 della L. n. 109/94 (cfr. C.G.A., 31 marzo 2006, n. 116). Infatti era prassi consolidata quella per cui, a fronte della maggioritaria spendita dei requisiti di qualificazione da parte di uno dei soggetti membri di una ATI, non vi fosse un effettivo interesse, da parte di tale soggetto, ad assumere il corrispondente impegno all’esecuzione della commessa.

Diretta conseguenza di tale prassi, di fatto, era una sovra-esecuzione di quote di lavori da parte delle mandanti del raggruppamento temporaneo, senza che tali soggetti tuttavia possedessero i requisiti sufficienti, in sede di qualificazione alla gara, per tale maggiore esecuzione, con conseguente elusione della normativa sui lavori pubblici.   

Sul punto è opportuno evidenziare che proprio l’unitarietà del sistema di qualificazione previsto dal legislatore per l’esecuzione di lavori pubblici, aveva condotto la giurisprudenza, seppur in via interpretativa, a farsi carico di fornire alle stazioni appaltanti gli strumenti giuridici idonei a contrastare le citate pratiche elusive dell’assetto qualificatorio tipizzato dalle norme sui lavori.

Era sancito, ai sensi dell’art. 37 c. 13 del D.Lgs. 163/06 e s.m.i. che: “I concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.

Le cautele espresse dalla giurisprudenza sul tema sono state successivamente recepite dal legislatore in seno al processo codificatorio del 2006, laddove si era sancito, ai sensi dell’art. 37 c. 13 del D.Lgs. 163/06 e s.m.i. che: “I concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.

La giurisprudenza amministrativa, a seguito di tale intervento legislativo, ha quindi confermato l’orientamento sopra espresso, chiarendo che “in base a quanto affermato dall’art. 37 comma 13, D.Lgs. n. 163 del 2006, deve reputarsi sussistente un principio di «stretta consequenzialità» fra quota di partecipazione della singola impresa al raggruppamento temporaneo, percentuale di esecuzione dei lavori in appalto e qualificazione dell’impresa” (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 6 aprile 2009, n. 3173), parimenti “dal disposto di cui all’art. 37 comma 6, D.Lgs. n. 163 del 2006, interpretato  tenuto conto di quanto previsto dall’art. 93 comma 4, D.P.R. n. 554 del 1999, i singoli partecipanti ad un raggruppamento temporaneo sono tenuti ad indicare espressamente la rispettiva quota di partecipazione, sì che possa essere colto  il rapporto esistente tra quote di qualificazione e quote di partecipazione (di  cui all’art. 37, D.Lgs. n. 163 del 2006) e quello tra quote di partecipazione e quote di esecuzione (di cui all’art. 93 comma 4, D.P.R. n. 554 del 1999” (Consiglio Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5787).

La giurisprudenza del Consiglio di Stato è così divenuta nel tempo granitica sul punto, asserendo che: “costituisce causa di esclusione il mancato adempimento dell’obbligo di dichiarare, in caso di imprese associate in A.T.I., le quote di partecipazione all’interno della compagine; obbligo imposto al fine di assicurare che la stazione appaltante possa in concreto verificare il possesso dei requisiti di qualificazione da parte delle singole imprese per l’effettiva parte di lavori che ciascuna deve espletare (ex plurimis fra le più recenti Consiglio Stato, sez. VI, 23 luglio 2009, n. 4627; CdS sez. V 22 dicembre 2008 n. 6493; CdS sez. VI 25 novembre 2008 n. 5787 ; CdS sez. V 7 maggio 2008 n. 2079 fra le risalenti CdS sez. V 12 ottobre 2004 n. 6586; CGA 13 giugno 2005 n. 358; CdS sez. VI 1 marzo 2007 n. 1001 CdS sez. V 9 ottobre 2007 n. 5260).”

La meritoria esigenza della verifica in ordine alla concreta sussistenza in capo ad ogni membro dell’ATI delle attestazioni sufficienti ad eseguire la porzione di lavori indicati in offerta ed in misura corrispondente alla quota di partecipazione all’ATI è risultato essere presupposto perché la giurisprudenza potesse ritenere applicabile, anche agli appalti di servizi, il Principio di Corrispondenza.

Si era statuito che infatti che: Va ritenuta la necessaria corrispondenza tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione (anche) negli appalti di servizi. Nel senso, quindi, di richiedere che le quote di partecipazione all’ATI siano indicate già in sede di offerta, anche in assenza di una espressa previsione del bando o della lettera d’invito, e che la singola impresa componente dell’ATI abbia la qualifica, ovvero i requisiti di ammissione, in misura corrispondente a tale quota di partecipazione, a garanzia della stazione appaltante e del buon esito del programma contrattuale nella fase di esecuzione. Dalla mancata osservanza di tale obbligo discende la conseguenza che l’offerta contrattuale, che provenga da un’associazione di più imprese in términi che non assicurino la predetta, effettiva, corrispondenza, è inammissibile, perché comporta l’esecuzione della prestazione da parte di un’impresa priva (almeno in parte) di qualificazione in una misura simmetrica alla quota di prestazione ad essa devoluta dall’accordo associativo ovvero dall’impegno delle parti a concludere l’accordo stesso” (Consiglio di Stato sez. III 16/11/2011 n. 6048).

Tale obbligo di specificazione troverebbe la sua ratio nella necessità di assicurare alle pp.aa. aggiudicanti la conoscenza preventiva del soggetto, che in concreto eseguirà il servizio, non solo per una maggiore speditezza nella fase di esecuzione del contratto, ma anche per una previa verifica circa la competenza tecnica dell’esecutore, oltre che per evitare che le imprese si avvalgano del raggruppamento non per unire le rispettive disponibilità tecniche e finanziarie, ma per aggirare le norme di ammissione alle gare” (Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 4406/2012).

Come anzi detto: “tale obbligo di specificazione troverebbe la sua ratio nella necessità di assicurare alle pp.aa. aggiudicanti la conoscenza preventiva del soggetto, che in concreto eseguirà il servizio, non solo per una maggiore speditezza nella fase di esecuzione del contratto, ma anche per una previa verifica circa la competenza tecnica dell’esecutore, oltre che per evitare che le imprese si avvalgano del raggruppamento non per unire le rispettive disponibilità tecniche e finanziarie, ma per aggirare le norme di ammissione alle gare” (Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 4406/2012).

La giurisprudenza, però, cominciava a mostrare diverse sensibilità in proposito, rintracciandosi le prime scalfiture nel granitico principio di piena traslazione dai lavori ai servizi del Principio in parola.

Già nel 2013 si interpretava il Principio nel senso che “nel settore dei servizi e delle forniture, l’art. 37 prevede solo che, in caso di a.t.i. orizzontale, debbano essere specificate nell’offerta le parti del servizio o della fornitura eseguibili dalle singole imprese associate o associande, ma non impone una rigida corrispondenza tra quota di qualificazione e quota di esecuzione, essendo rimessa alla stazione appaltante la determinazione dei requisiti di qualificazione con riguardo ad ogni singola gara” (cfr. Sez. VI, sent. 10 maggio 2013 n. 2563).

2. I mutamenti legislativi 

Come spesso succede, la legge introietta specifiche sensibilità provenienti dalla giurisprudenza, posistivizzando gli orientamenti pretori.

In via legislativa, infatti, si è inteso limitare l’applicabilità del Principio ai soli lavori dapprima con una specificazione. 

Se originariamente il testo prevedeva che “I concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”, a seguito dell’apprezzamento di concrete esigenze di differenziazione del trattamento giuridico da applicarsi agli appalti di servizi rispetto a quelli di lavori, il legislatore ha ritenuto di circoscrivere l’ampiezza del portato del Principio di Corrispondenza ai soli appalti di lavori con la novella di cui all’art. 1, comma 2-bis, lett. a), d.l. n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, statuendo che “Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.

L’Autorità di Vigilanza a tal proposito sottolineava che “In materia di servizi e forniture, a seguito della modifica apportata dall’art. 1 del D.L. n. 95 del 2012 al comma 13 dell’art. 37 del D. Lgs. n. 163/2006, il principio di corrispondenza tra quote di partecipazione al raggruppamento, quote di qualificazione e quote di esecuzione non costituisce più un principio generale derivante dal Trattato UE. Si è, pertanto, esclusa l’operatività di detto principio per le gare aventi ad oggetto servizi e forniture. Nel caso di specie, ne consegue la disapplicazione del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede a pena d’esclusione che i concorrenti riuniti in ATI debbano eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione, per contrasto con il principio di tassatività delle  cause di esclusione e con l’art. 37 del D. Lgs. n. 163/2006, nella nuova formulazione temporalmente applicabile alla procedura in esame”. (Parere di Precontenzioso n. 121 del 06/06/2014).

Ma l’evoluzione legislativa non era arrivata a conclusione.

Legge 23 maggio 2014, n. 80 di Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”, a mezzo dell’art. 12 comma 8, ha espunto totalmente dall’ordinamento il Principio di Corrispondenza: “All’articolo 37 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il comma 13 è abrogato

Legge 23 maggio 2014, n. 80 di Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”, a mezzo dell’art. 12 comma 8, ha infatti espunto totalmente dall’ordinamento tale principio: “All’articolo 37 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il comma 13 è abrogato”, residuando così, seppur in apparenza, un vuoto normativo.

Qiud iuris in caso di appalto di lavori in relazione alla necessaria corrispondenza tra qualificazione, quote di partecipazione ed esecuzione? Nulla quaestio: nel caso dei lavori, come in premessa ricordato, la normativa generale in tema sistema di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici impone direttamente, senza l’ausilio di una norma intermedia che lo specifichi, che per eseguire tali categorie di opere sia necessario essere qualificato secondo un sistema di attestazioni ex lege codificato e che non consente, nemmeno indirettamente, elusioni del Principio di Corrispondenza.

Diversa considerazione merita invece il Principio di Corrispondenza come posto in relazione agli appalti di servizi, settore in cui, al di fuori delle norme che disciplinano quali possano essere i requisiti richiedibili agli operatori economici, l’ordinamento giuridico non prevede un sistema di qualificazione ex lege imposto per l’esecuzione degli stessi.

Sono le lex specialis di gara che in base alle esigenze dell’amministrazione e coerentemente con la natura del servizio richiesto al mercato, individuano i requisiti di ammissione degli operatori di mercato alle procedure concorsuali, stabilendo volta per volta, pertanto, un sistema il criterio di accesso al mercato per la singola commessa.

L’Adunanza Plenaria del 2014, investita circa l’applicabilità del Principio agli appalti di servizi a seguito della completa espunzione dall’ordinamento della positivizzazione espressa dello stesso chiariva che “per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell’art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo d’indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l’obbligo della  corrispondenza  fra  quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa va qualificata per la parte di prestazioni che s’impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella normativa di gara”.  

In altre parole, pur liberalizzando la ripartizione delle quote tra i membri dell’ATI, la qualificazione spesa dal singolo componente in gara si atteggia a vincolo massimo di esecuzione.

3. L’ordinanza di rimessione

La Terza Sezione ha ritenuto invece che il Principio possa considerasi del tutto inapplicabile agli appalti di servizi nel caso di ATI orizzontale, allorché il bando di gara consenta la qualificazione alla gara del RTI attraverso il semplice cumulo dei fatturati di tutti i membri del raggruppamento.

Secondo la Sezione remittente, alla stregua del generale principio del favor partecipationis alle pubbliche gare – corollario dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione ex art. 97 Cost. e di libertà d’iniziativa economica ex art. 43 Cost, oltreché del principio di concorrenza sancito dal Trattato istitutivo dell’Unione Europea, ed alla luce della tipica funzione “pro-concorrenziale” dello strumento del raggruppamento temporaneo d’impresa “orizzontale”, la circostanza che il diritto dell’Unione Europea preveda l’istituto dell’avvalimento, in base al quale può essere riconosciuta, di regola, la facoltà di ciascuna impresa esecutrice di avvalersi di altre imprese per le quali possa attestare l’idoneità tecnica e la sussistenza di un vincolo giuridico che garantisca l’impegno a tenere fede all’obbligo assunto ai fini dell’esecuzione della propria prestazione, potrebbe consentire una rivalutazione della funzione dei requisiti tecnico economici di partecipazione alle pubbliche gare, che mediante la serie storica dei fatturati per attività comparabili consentono una ragionevole presunzione circa l’affidabilità tecnico-economica dell’impresa concorrente, senza tuttavia condizionare quest’ultima, di regola, ad eseguire direttamente la prestazione convenuta con le proprie risorse tecniche ed economiche.

L’ordinanza di rimessione afferma che: la circostanza che il diritto dell’Unione Europea preveda l’istituto dell’avvalimento, in base al quale può essere riconosciuta, di regola, la facoltà di ciascuna impresa esecutrice di avvalersi di altre imprese per le quali possa attestare l’idoneità tecnica e la sussistenza di un vincolo giuridico che garantisca l’impegno a tenere fede all’obbligo assunto ai fini dell’esecuzione della propria prestazione, potrebbe consentire una rivalutazione della funzione dei requisiti tecnico economici di partecipazione alle pubbliche gare, che mediante la serie storica dei fatturati per attività comparabili consentono una ragionevole presunzione circa l’affidabilità tecnico-economica dell’impresa concorrente, senza tuttavia condizionare quest’ultima, di regola, ad eseguire direttamente la prestazione convenuta con le proprie risorse tecniche ed economiche

Ove tale premessa risulti condivisibile – afferma il Collegio -, ne discende che, in caso di esecutori plurisoggettivi costituiti in un RTI, può ritenersi necessario e sufficiente che siano garantite la loro affidabilità e responsabilità attraverso la qualificazione del RTI sulla base del complessivo fatturato conseguito dalle singole imprese.

Resterebbe viceversa liberamente modulabile la ripartizione dell’esecuzione degli obblighi fra le imprese partecipanti, essendo le stesse legate da un accordo che impone ad ogni soggetto partecipante di assolvere agli adempimenti assunti dal RTI, e dovendosi quindi ritenere ogni membro del raggruppamento in grado di garantire, nei limiti della propria qualificazione, l’avvalimento nei confronti degli altri partecipanti al RTI al fine di rispettare gli adempimenti assunti mediante la ripartizione interna delle quote di esecuzione del medesimo servizio.

4. Conclusioni

La tesi della Sezione remittente appare assai suggestiva e per certi versi pionieristica. Dalla lettura del testo dell’ordinanza si apprezza un tentativo di voler accostare la ratio sottesa al legittimo ricorso all’istituto dell’avvalimento, quale strumento di transito di requisiti e di affidamento di soggetti sprovvisti sulle capacità di terzi per l’esecuzione di commesse pubbliche, allo strumento dell’associazionismo temporaneo, quale grimaldello per scardinare completamente l’applicabilità ai servizi del Principio di Corrispondenza ai servizi.

Rappresenta la Sezione che, ove sia possibile poter far legittimo affidamento sulle capacità di un terzo per l’esecuzione delle prestazioni attraverso il ricorso all’avvalimento come mezzo di ausilio alla concreta esecuzione contrattuale, non si vede per quale motivo, in seno ad rapporto di mandato quale è quello che associazione di un raggruppamento temporaneo di imprese, un soggetto ipoteticamente non qualificato per eseguire in misura maggiore le prestazioni rispetto ai requisiti spesi in gara, non possa egualmente fare affidamento sulle capacità esecutive dei vari membri, qualora il RTI si sia legittimamente qualificato alla gara tramite il cumulo dei requisiti di tutti membri.

Non si apprezzerebbe, secondo l’approccio ermeneutico posto al vaglio dell’Adunanza Plenaria, la differenza di ratio e di qualità di vincolo giuridico che consentirebbe una diversa valutazione in ordine alla possibilità di poter far affidamento sulle qualità e capacità esecutive di un soggetto terzo rispetto al raggruppamento attraverso il vincolo all’ausilio stabilito da un contratto di avvalimento, rispetto invece al vincolo derivante del rapporto di mandato del associazione temporanea di imprese, posta l’identità di ratio sottesa.

A ben vedere, tale orientamento abbraccia, se non addirittura da per scontato, il percorso evolutivo cui la nozione di avvalimento è stata sottoposta negli anni. Da strumento di transito di requisiti su carta tra operatori economici, capace di abbattere le barriere d’accesso al marcato a strumento di concreto prestito di risorse e mezzi per l’esecuzione contrattuale di cui l’ausiliato è carente.

Allo stesso modo, secondo la tesi della Terza Sezione, per poter consentire l’esecuzione ad un membro di prestazioni maggiori rispetto alla propria qualificazione “può ritenersi necessario e sufficiente che siano garantite la loro affidabilità e responsabilità attraverso la qualificazione del RTI sulla base del complessivo fatturato conseguito dalle singole imprese”, così scardinando completamente l’obbligo di corrispondenza tra quote di qualificazione ed esecuzione.

Conclusivamente, considera la Sezione, che in un RTI orizzontale quale quello in esame, se non espressamente richiesto dal bando, basta che il RTI nel suo complesso abbia il requisito richiesto, mentre a fini dell’esecuzione nella gara de qua è previsto l’istituto dell’avvalimento, per cui la singola azienda partecipante non deve obbligatoriamente possedere quel requisito (e quindi quelle competenze) per poter erogare il servizio ma può avvalersi delle altre partecipanti al RTI.

E’ del tutto ovvio che sia ricorribile l’istituto dell’avvalimento tra i vari membri dell’ATI, a patto che in capo al soggetto ausiliante possa residuare una quota di requisiti minimi necessari per eseguire la propria prestazione.

Ma il passaggio ermeneutico che lumeggia la Sezione remittente sembrerebbe utilizzare, in questo caso, il termine avvalimento in senso “atecnico”, nel senso di ausilio all’esecuzione tra membri dell’ATI in virtù del vincolo di mandato proprio dell’associazione temporanea di impresa e della connessa responsabilità di esecutore in RTI nei confronti della stazione appaltante.

Non ci resta che attendere di conoscere se la suggestiva tesi propugnata dalla Terza Sezione possa trovare accoglimento da parte della più alta composizione del Consiglio di Stato.

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Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
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