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( votes)Sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016 e obblighi di adempimento della revisione statutaria
1. Testo Unico sulle Società a partecipazione pubblica ed effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 25 Novembre 2016
A seguito della Legge Delega 7 Agosto 2015, n.124, in data 19 Agosto 2016 è stato emanato il Decreto Legislativo n. 175 “Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica”, entrato in vigore il 23 Settembre 2016.
Il T.U. è stato finalizzato a riformare l’intero sistema delle società a partecipazione pubblica, ed ha puntato a realizzare un quadro tecnico normativo unico in grado di superare la frammentazione regolatoria preesistente, in linea con le disposizioni di matrice comunitaria e nell’ottica della semplificazione e della tutela della concorrenza.
Con lo scopo di perseguire i principi di efficienza gestionale, di tutela e promozione della concorrenza e del mercato e di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, si è proceduto a regolare le modalità di costituzione di società da parte della P.A, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni dirette e indirette da parte dell’amministrazione pubblica.
Il punto centrale della riforma sta nella definizione di vincoli all’iniziativa in campo economico della P.A.: all’art. 4, 1°c. del T.U. si stabilisce espressamente che le amministrazioni pubbliche non possono direttamente o indirettamente costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza in tali società.
Sono state dunque individuate le categorie di società legittimamente detenibili da parte della P.A.: l’art.4, c.2 specifica che entro i limiti di cui al comma 1 le amministrazioni pubbliche possono direttamente o indirettamente costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni esclusivamente per la produzione di un servizio di interesse generale, per la progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, per la realizzazione e gestione di un’opera ovvero per l’organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale in regime di partenariato, per l’autoproduzione di beni o servizi strumentali e per servizi di committenza per enti senza scopo di lucro e per amministrazioni aggiudicatrici.
Si è inoltre stabilito che la P.A. dovrà procedere alla razionalizzazione periodica delle proprie partecipazioni (art. 20) nonché alla revisione straordinaria delle medesime (art. 24).
In considerazione dei principi sopra evidenziati, la Pubblica Amministrazione è stata sostanzialmente sottoposta ad un regime di regolazione generale dell’accesso alle iniziative societarie in campo economico, che dovranno rispondere ai requisiti predefiniti a livello legislativo.
Nell’ambito del quadro giuridico delineato è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 25 Novembre 2016, che ha dichiarato (tra l’altro) costituzionalmente illegittimo l’art. 18 “Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche”, lettere a), b), c), e), i), l) e m), della Legge Delega n. 124 del 2015, nella parte in cui in combinato disposto con l’art. 16, c. 1 e 4 prevede che il Governo adotti i relativi Decreti Legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata.
La sentenza ha avuto effetti dirompenti, intervenendo a valle dell’esercizio ancora parziale della delega da parte del Governo: va infatti ricordato che mentre alcuni provvedimenti collegati alla Legge Delega n. 125/2015 erano già stati adottati (ad es. proprio il T.U. sulle Società a partecipazione pubblica, in commento) altri stavano ancora completando l’iter approvativo (ad es. il T.U. sui Servizi Pubblici Locali), rimanendo così di fatto bloccati.
In proposito, va però ricordato che la stessa sentenza della Corte Costituzionale ha specificato al punto 9 delle motivazioni che “Le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione”.
Alla luce di quanto specificato non scatterebbero dunque abrogazioni automatiche delle disposizioni del T.U. sulle Società a partecipazione pubblica, che allo stato risulta pertanto pienamente in vigore.
Da quanto al momento risulta, è stata ipotizzata l’emanazione di un provvedimento correttivo da sottoporre ad un nuovo passaggio in Conferenza unificata, per conseguire l’intesa necessaria evidenziata dalla pronuncia della Corte Costituzionale.
Il punto centrale della riforma sta nella definizione di vincoli all’iniziativa in campo economico della Pubblica Amministrazione
La Pubblica Amministrazione è stata sottoposta ad un regime di regolazione generale dell’accesso alle iniziative societarie in campo economico, che dovranno rispondere ai requisiti predefiniti a livello legislativo.
2. Categorie di società definite dal Testo Unico sulle Società a partecipazione pubblica
Partendo dai presupposti sopra delineati, è dunque rilevante analizzare le novità introdotte dal T.U. sulle Società a partecipazione pubblica, evidenziando in particolare la presenza di differenti categorie di società, cui vengono ricollegate distinte discipline e specifici obblighi, anche di revisione statutaria.
In sostanza, il T.U. ha l’obiettivo di definire un corpo normativo unitario per tutte le società che vedono la presenza di partecipazioni pubbliche nel capitale sociale: tuttavia la disciplina appare articolarsi in modo tale da creare maggiori vincoli e prescrizioni in relazione all’entità della partecipazione pubblica nella società.
Esaminando il testo normativo si possono sostanzialmente enucleare tre macro-categorie di società:
- società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico
- società a controllo pubblico
- società in house
caratterizzate da una disciplina regolatoria in parte sovrapponibile ed in parte differenziata.
Procedendo in particolare al confronto tra le società a controllo pubblico e le società in house, emergono rilevanti elementi differenziali su diversi aspetti.
Per quanto ad esempio riguarda l’entità della partecipazione societaria pubblica ed i criteri di controllo, l’art. 2, c.1 lett. b) stabilisce che sussiste il controllo nei casi di cui all’art. 2359 del Codice Civile ovvero sostanzialmente nei casi in cui si dispone della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria, o sussiste un’influenza dominante in assemblea ordinaria o nei casi in cui tale influenza dominante sia acquisita in virtù di particolari vincoli contrattuali. Viene inoltre stabilito che il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo.
Diverso è invece lo scenario per le società in house, per le quali il capitale sociale deve essere e rimanere al 100% pubblico, senza dunque la presenza di capitale privato ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata.
Per le società in house devono inoltre sussistere forme di controllo rafforzato e stringente: per questa categoria di società è previsto il controllo analogo, ovvero forme di controllo in cui l’amministrazione esercita sulla società un controllo analogo a quello effettuato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società. All’art. 2, c.1 lett. c) viene inoltre precisato che tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante: quest’ultima disposizione ha allineato la figura della società in house al modello comunitario e alla disciplina recepita dal nuovo Codice degli Appalti e delle Concessioni di cui al DLgs. 50/2016.
Per quanto poi riguarda l’attività svolta, la società a controllo pubblico non è destinataria di un obbligo di svolgimento a favore dei soci, mentre per le società in house sussiste l’obbligo di prevalenza dell’attività verso i soci: gli statuti devono prevedere che oltre l’80% del fatturato debba provenire dallo svolgimento di compiti per le amministrazioni controllanti; inoltre la produzione ulteriore è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza. Il mancato rispetto del limite quantitativo costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 del Codice Civile e dell’art. 15 dello stesso T.U., ma può essere sanata se entro tre mesi dalla data in cui si è manifestata si rinunci ad una parte dei rapporti di fornitura con terzi, ovvero si rinunci agli affidamenti diretti da parte dei soggetti pubblici soci. In quest’ultimo caso, entro i successivi sei mesi le attività precedentemente attribuite alla società dovranno essere riaffidate dagli enti pubblici soci mediante procedure competitive regolate dalla disciplina sui contratti pubblici.
Il T.U. ha l’obiettivo di definire un corpo normativo unitario per tutte le società che vedono la presenza di partecipazioni pubbliche nel capitale sociale: tuttavia la disciplina appare articolarsi in modo tale da creare maggiori vincoli e prescrizioni in relazione all’entità della partecipazione pubblica nella società.
3. Le prescrizioni in ordine alla revisione statutaria delle Società a partecipazione pubblica
Il D. Lgs. 175/2016 ha introdotto dunque una nuova regolazione delle società a partecipazione pubblica ed ha conseguentemente previsto prescrizioni specifiche in ordine agli adeguamenti statutari – facoltativi e obbligatori – delle medesime.
Con l’art.6 c.3 del T.U. si è disposto che le società a controllo pubblico debbano valutare l’opportunità di integrare – in considerazione delle dimensioni, delle caratteristiche organizzative e dell’attività svolta – gli strumenti di governo societario con:
a) regolamenti interni volti alla tutela della concorrenza
b) un ufficio di controllo interno che si interfacci con l’organo di controllo statutario
c) codici di condotta propri o adesione a quelli collettivi per i rapporti con i consumatori, utenti, dipendenti, collaboratori
d) programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione europea.
Queste indicazioni hanno carattere facoltativo e non determinano un obbligo di adempimento, tuttavia la loro rilevanza è evidenziata dal fatto che il mancato adeguamento dovrà essere motivato ex art. 6 c. 5 del T.U.
Un obbligo di adeguamento degli statuti di grande rilievo è quello che attiene ai componenti degli Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico.
L’art. 11, c. 2 del T.U. dispone in proposito che l’Organo amministrativo delle società a controllo pubblico debba essere costituito, di norma, da un Amministratore Unico: viene quindi fatto rinvio ad una regolazione di attuazione – da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, e dunque entro marzo 2017 – dove verranno definiti i criteri in base ai quali si potrà fare eccezione a questo principio, nominando un Consiglio di Amministrazione composto da tre a cinque membri.
Ulteriori obblighi di adeguamento degli statuti di tutte le società a controllo pubblico sono quelli contenuti al medesimo art. 11, c. 9, dove si dispone che questi prevedano:
a) l’attribuzione da parte del consiglio di amministrazione di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l’attribuzione di deleghe al presidente ove preventivamente autorizzata dall’assemblea;
b) l’esclusione della carica di vicepresidente o la previsione che la carica stessa sia attribuita esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o impedimento, senza riconoscimento di compensi aggiuntivi;
c) il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività, e il divieto di corrispondere trattamenti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali;
d) il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società.
In ordine alle società a partecipazione mista pubblico-privata sono state poi previste prescrizioni di adeguamento statutario sia ad effetto obbligatorio che di natura facoltativa e discrezionale.
Per quanto attiene agli inserimenti statutari obbligatori, l’art. 17, c. 3 dispone espressamente che la durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell’appalto o della concessione; inoltre lo statuto deve precedere meccanismi idonei a determinare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio.
Per quanto poi attiene agli inserimenti statutari facoltativi, l’art. 17, al c. 4 prevede in proposito che nelle società a partecipazione mista pubblico-privata:
a) gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell’articolo 2380-bis e dell’articolo 2409-novies del Codice Civile al fine di consentire il controllo interno del socio pubblico sulla gestione dell’impresa;
b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici partecipanti e ai soci privati di particolari diritti, ai sensi dell’articolo 2468, terzo comma, del Codice Civile, e derogare all’articolo 2479, primo comma, del codice civile nel senso di eliminare o limitare la competenza dei soci;
c) gli statuti delle società per azioni possono prevedere l’emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con prestazioni accessorie da assegnare al socio privato;
d) i patti parasociali possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’articolo 2341-bis, primo comma, del Codice Civile, purché entro i limiti di durata del contratto per la cui esecuzione la società è stata costituita.
Al successivo c. 5 viene inoltre disposto che, al fine di ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi, anche non simultaneamente assegnati, la società può emettere azioni correlate ai sensi dell’articolo 2350, secondo comma, del Codice Civile, o costituire patrimoni destinati o essere assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un’altra società.
In relazione agli statuti delle società in house, l’art. 16 del T.U. prevede alcune disposizioni ad adempimento facoltativo ed altre di contenuto obbligatorio e vincolante.
Per quanto riguarda le disposizioni ad adempimento facoltativo, l’art. 16, c. 2 T.U. dispone che ai fini della realizzazione dello specifico assetto organizzativo delle società in house, i relativi statuti possano contenere specifiche clausole:
a) gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell’articolo 2380-bis e dell’articolo 2409-novies del Codice Civile, che prevedono che la gestione societaria spetti esclusivamente agli amministratori e al consiglio di gestione;
b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti, ai sensi dell’articolo 2468, terzo comma, del Codice Civile;
c) in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclusione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’articolo 2341-bis, primo comma, del Codice Civile.
Per quanto invece attiene alle disposizioni di natura vincolante, l’art. 16, c. 3 T.U. dispone che gli statuti delle società in house debbano prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società.
Quanto sopra riportato evidenzia la portata della riforma sulle Società a partecipazione pubblica e il disegno di ridefinizione generale del loro assetto secondo un insieme di regole predefinite, di cui alcune applicabili all’intera categoria ed altre di natura discrezionale, da adattare al caso specifico in relazione alle concrete caratteristiche della società e all’ambito in cui opera.
In considerazione dell’impatto della sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016 si dovranno dunque verificare i provvedimenti che verranno adottati per metterne in sicurezza i contenuti del T.U. sulle Società a partecipazione pubblica e per completarne il disegno con i regolamenti di attuazione attesi.
Si possono sostanzialmente enucleare tre macro-categorie di società:
1) società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico
2) società a controllo pubblico
3) società in house,
caratterizzate da una disciplina regolatoria in parte sovrapponibile ed in parte differenziata.
Il DLgs. 175/2016 ha introdotto una nuova regolazione delle società a partecipazione pubblica ed ha conseguentemente previsto prescrizioni specifiche in ordine agli adeguamenti statutari – facoltativi e obbligatori – delle medesime.