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Premesse

Dopo i recenti risultati dell’ultima consultazione elettorale europea, la conversione in legge dello Decreto c.d. “Sblocca Cantieri” (D.L. 32/2019, conv. L. 55/2019) è stata oggetto di agone politico, quale specchio del mutato equilibrio tra le forze partitiche facenti parte la maggioranza che oggi sostiene il Governo Conte, con il risultato che la montagna ha partorito il topolino.

A ben vedere, questo governo non ha voluto essere da meno rispetto ai precedenti, sentendo, da par suo, l’esigenza di metter mani sulla disciplina degli affidamenti pubblici vigente quale strumento di velocizzazione della realizzazione delle opere pubbliche, sottovalutando come sia invece lo snellimento delle procedure approvative degli iter autorizzativi propedeutici all’indizione delle gare stesse a “sbloccare” davvero i cantieri.

Infatti, con il consolidamento delle best practice delle Centrali di Committenza, a ben vedere, le tempistiche di affidamento di un contratto pubblico si sono ridotte negli anni considerevolmente, soprattutto se non si verifichi l’incidente di un contenzioso che blocchi interinalmente la procedura.

Al di là dell’efficacia delle modifiche normative rispetto all’obiettivo indicato dal nomen conferito alla Decreto, su cui, in questa sede, riteniamo di non attardarci, oggetto del presente breve contributo, è il tentativo di esaminare una possibile aporia giuridica risultante da un mancato coordinamento tra le norme sostanziali e processuali in tema di impugnazione del provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni di cui al previgente art. 29 del Codice dei Contratti per le gare bandite prima dell’entrata in vigore del Decreto Sblocca Cantieri.

1. Il nuovo quadro normativo: le norme in tema di disciplina transitoria

Il Decreto Sblocca Cantieri, all’articolo 1, co. 20, lett. d), ha abrogato parte dell’articolo 29 del Codice dei Contratti Pubblici. In particolare è stato disposto che “all’articolo 29, comma 1, il secondo, il terzo e il quarto periodo sono soppressi”.

La normativa di risulta è pertanto un articolato ormai orfano dell’onere per le amministrazioni di pubblicare “nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali.”.

Come ormai noto, la pubblicazione di tale provvedimento, innescava l’onere di immediata impugnazione, secondo un rito speciale allora previsto dall’anch’esso abrogato art. 120 co. 2-bis del Codice dei Processo Amministrativo, dell’altrui ammissione, stabilendo ex lege, in deroga ai principi generali che governano la ricerca di un interesse ad agire qualificato e differenziato, nonché attuale e concreto ai sensi dell’art. 100 c.p.c., un interesse il capo al ricorrente a far escludere un concorrente. 

A legislazione vigente, per le gare pubblicate dopo il Decreto dello Sblocca Cantieri, tale onere di immediata impugnazione del suddetto provvedimento è venuto meno in ragione sia del venire meno del peculiare provvedimento, a cagione della sua soppressione – benché sembri riaffacciarsi sotto le spoglie di una mera comunicazione ai sensi dell’articolo 76 co. 2-bis del Codice del Contratti Pubblici (norma che ricalca pedissequamente il tenore letterale della norma soppressa laddove afferma che è dato avviso ai concorrenti “del provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali”) -, sia del relativo rito giurisdizionale che era stato all’uopo ordito dal legislatore, in forza di un meritorio intento chiaramente deflattivo. 

Ciò premesso, al fine di poter gustare le potenziale aporia giuridica di cui si faceva cenno in premessa, occorre invece porre attenzione alla disciplina transitoria recata ai commi 3 e 4 dell’articolo 1 del Decreto Sblocca Cantieri.

Il comma 3, così recita: “Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”. 

Tale norma, in estrema sintesi, stabilisce che le modifiche al Codice dei Contratti si applicano alle gare bandite dopo l’entrata in vigore del Decreto Sblocca Cantieri.

Esiste, pertanto, un periodo transitorio, per il quale, qualora una gara sia stata già bandita prima dell’emanazione del Decreto Sblocca Cantieri, per la stessa continuerà ad applicarsi il regime giuridico previgente. Norma assai di buon senso, ossequiosa dal principio del tempus regit actum, nonché dei principi giurisprudenziali ormai consolidati per i quali lo ius superveniens è irrilevante per le gare già bandite, almeno per quanto concerne la disciplina di gara.

Sulla base di quanto testé ricordato, verrebbe logico ritenere che, per le gare già bandite, sia ancora cogente per le stazioni appaltanti l’onere di applicazione dell’articolo 29 del Codice dei Contratti nella sua interezza, ivi incluso l’onere di pubblicazione del provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali.

In questo frangente procedurale si affaccia l’aporia giuridica oggetto della presente dissertazione.

Orbene, il comma 4 dell’articolo 1 del Decreto Sblocca Cantieri, stabilisce l’abrogazione completa del c.d. rito superaccelerato, stabilendo al successivo comma 5, in punto di disciplina transitoria, che tale abrogazione si applichi “ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”.

Sul piano del diritto transitorio, l’art. 1, comma 5, del D.L. n.32/19 stabilisce che “Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”, avendo il legislatore assunto quale riferimento temporale non già la pubblicazione del bando di gara o la spedizione dell’invito, ovverosia, secondo i consueti criteri adottati allo scopo nella materia, il momento dell’avvio della procedura di affidamento, bensì l’inizio del processo

In sintesi, la norma ha stabilito che per i nuovi processi, non trova più applicazione il rito di cui all’abrogato 120 co. 2-bis, a prescindere da quando sia stata pubblicata la gara.

Sul punto si rintraccia un primo arresto giudiziale secondo il quale si osserva che “Sul piano del diritto transitorio, l’art. 1, comma 5, del D.L. n.32/19 stabilisce che “Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”, avendo il legislatore assunto quale riferimento temporale non già la pubblicazione del bando di gara o la spedizione dell’invito, ovverosia, secondo i consueti criteri adottati allo scopo nella materia, il momento dell’avvio della procedura di affidamento, bensì l’inizio del processo”.[1]

Pertanto, è in ipotesi possibile che una amministrazione sia onerata degli obblighi di pubblicazione, stabiliti dalla normativa previgente, del provvedimento che determina le ammissione e le esclusioni, cui non è chiaro se sia in ogni caso connesso un onere di immediata impugnativa dello stesso nel termine di 30 giorni dalla sua pubblicazione a cagione di un interesse ad agire ex lege stabilito illo tempore precostituito.

Quid iuris, ove sia impugnato tale provvedimento – che l’amministrazione era in ogni caso tenuta a pubblicare in virtù della norma transitoria relativa al diritto sostanziale – davanti al giudice amministrativo, nonostante, in punto di diritto processuale, non sia più applicabile il rito speciale cui era ancorato tale provvedimento?

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, poiché l’atto impugnato è sprovvisto di autonoma lesività?

Al di là dei tecnicismi, per dirla con il Presidente di Sezione del Consiglio di Stato Marco Lipari “La scelta compiuta, tuttavia, non è delle più felici, per diverse ragioni. Infatti, la soluzione più logica e chiara sarebbe stata quella di collegare l’applicazione della nuova normativa abrogatrice alle sole controversie riguardanti le procedure bandite dopo l’entrata in vigore della riforma”.[2]

2. Le possibili interpretazioni

Una prima interpretazione che voglia porre in rilievo il venir meno del rito superaccelerato, non può che condurre ad una ermeneutica per la quale, pur essendo il provvedimento in parola stato pubblicato in virtù di un onere di legge, allo stesso, a cagione dell’abrogazione del rito speciale e pertanto non applicabile ai nuovi processi a prescindere dalla data di pubblicazione della relativa gara, non sia più ricollegabile un onere di immediata impugnazione, sulla base dell’assunto per il quale “detto onere di immediata impugnazione giurisdizionale delle ammissioni è, pertanto, in contrasto con il principio fondamentale desumibile dall’art. 100 del codice di procedura civile (ed applicabile anche al processo amministrativo in forza del rinvio esterno di cui all’art. 39 cod. proc. amm.) della necessità, quale condizione dell’azione, della esistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale al ricorso in corrispondenza di una lesione effettiva di detto interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6.3.2002, n. 1371; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 9.1.2017, n. 235; T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 17.1.2018, n. 88; Cons. Stato, Sez. III, 1.9.2014, n. 4449; Cons. Stato, Sez. V, 23.2.2015, n. 855; punto 13.5.1, lett. c) della motivazione della ordinanza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6 dell’11.5.2018).”.

Sulla base di quanto sopra, per quanto la norma applicabile per le gare in “mezzo al guado” attribuisca valore provvedimentale all’atto che determina le esclusioni e le ammissioni ex articolo 29 co. 1 del Codice dei Contratti, lo stesso deve essere invece derubricato e pertanto intendersi quale atto di natura solo endoprocedimentale e conseguentemente non impugnabile direttamente, se non unitamente all’atto conclusivo della procedura, poiché sprovvisto di immediata lesività.

Secondo tale impostazione, il provvedimento da pubblicarsi a norma dell’art. 29 co. 1 che determini le ammissioni, anche per le gare già bandite, diventerebbe un simulacro di sé stesso, un mero onere dell’amministrazione che andrà a morire man mano che le gare in “mezzo al guado” si concluderanno, privo di alcuna rilevanza esterna, nonostante la sua natura, per littera legis conferita, provvedimentale.

Accanto a tale impostazione, appare percorribile una diversa e più ardita interpretazione.

E’ opportuno rammentare che il previgente articolo 29 co. 1, per come integralmente applicabile alle gare in corso prima dell’entrata in vigore del Decreto, stabilisce che “Al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali. Entro il medesimo termine di due giorni è dato avviso ai candidati e concorrenti, con le modalità di cui all’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale o strumento analogo negli altri Stati membri, di detto provvedimento, indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione.”

Una lettura della disposizione appena riportata, non offuscata dalla consapevolezza del mutato assetto normativo in punto di rito giurisdizionale – disciplina che, come noto, attiene alle modalità di svolgimento del processo – ma che si premuri di una visione laica della questione, palesa, invero, come, per le gare pubbliche bandite prime dello Sblocca Cantieri, debba in ogni caso esistere un atto di natura provvedimentale con un certo contenuto motivazionale (circa la verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali), che determina, quindi, un arresto decisionale da parte della P.A., e che la sua pubblicazione è ottemperata al fine di consentire un ricorso alla giurisdizione ai sensi di una norma processuale, di carattere rituale, non più vigente.

E’ lecito chiedersi se la sola abrogazione di un rito possa far venire meno con sé la diretta lesività di un provvedimento di tal guisa.

Perché se così non fosse, se cioè, al di là del rito applicabile per la sua eventuale cognizione giurisdizionale, si volesse, invece porre in adeguato rilievo il contenuto motivazionale dell’atto amministrativo di che trattasi, quale atto provvedimentale presupposto e conclusivo di un “vagone procedimentale” ex lege stabilito e a cui è connesso un onere di pubblicità assai stringente, potrebbe revocarsi in dubbio la correttezza dell’ermeneutica richiamata in prima battuta, propria, invero, delle procedure concorsuali ad evidenza pubblica, in favore dell’applicazione di principi giurisprudenziali più generali che governano la tutela dell’interesse legittimo e la rintracciabilità dell’attualità della lesione in concreto nei procedimenti amministrativi latu sensu intesi.

Se, quindi, seguendo l’iter ermeneutico in alternativa avanzato, si ritenesse di qualificare l’atto, non già come un mero onere procedurale privo di rilevanza esterna, bensì come un provvedimento esplicativo, nella sua motivazione, di un iter istruttorio sul possesso dei requisiti condotto dall’amministrazione poi soggetto a pubblicità, tale provvedimento potrebbe essere qualificato, a prescindere dal rito secondo il quale verrebbe scrutinato, quale arresto procedimentale e atto presupposto di altro conseguenziale, con la conseguente applicazione del pacifico principio giudiziale a mente del quale “nel processo amministrativo, ove sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto conseguenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2016, n. 1242; Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6012).

Nel processo amministrativo, ove sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto conseguenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione

Più di recente sempre il Consiglio di Stato, con sentenza 20 novembre 2017, n. 5325 ha ribadito che “Il Collegio ritiene di dare continuità a tale arresto, in quanto espressione del più generale principio secondo il quale qualora sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto consequenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione”.

Dal che potrebbe sostenersi che, a prescindere dal rito, nell’impossibilità dell’applicazione dell’articolo 120 co. 2-bis del c.p.a. in quanto abrogato, e riespandendo applicazione l’articolo 120 del c.p.a. come oggi novellato, trovi invece applicazione il surricordato principio generale in tema di presupposizione tra atti, con la conseguenza di rimanere inalterato l’onere di impugnazione di tale atto, ferma restando la necessità di gravame dell’atto conclusivo della procedura.

Conclusioni   

Appare evidente che le considerazioni anzi svolte hanno il solo scopo di voler rintracciare un grado di dignità ad atto di natura provvedimentale che l’amministrazione è in ogni caso tenuta a pubblicare nel volgere dell’esaurimento delle gare già bandite, senza che lo stesso sia facilmente derubricato ad atto endoprocedimentale, in patente violazione della disposizione della norma da cui esso trae origine.

Diversamente, non si troverebbe ragione nella pedissequa applicazione di tale norma di carattere sostanziale, che sarebbe del tutto priva di effettività, in virtù del venir meno di una norma di rito strettamente processuale.

Peraltro, come subodorato di recente da alcuni commentatori[3], le considerazioni anzi rassegante circa il soppresso provvedimento ex art. 29 del Codice, potrebbero in ipotesi applicarsi anche al nuovo provvedimento ex art. 76 co. 2-bis del Codice, laddove è stato posto in rilievo che “(l)a previsione della comunicazione e pubblicazione del provvedimento recante le ammissioni e le esclusioni (ora ricollocata dal D.L. nell’art. 76), seppure non è più collegata espressamente alla decorrenza del termine di proposizione del ricorso, appare tuttora finalizzata a consentire all’operatore interessato di esercitare il proprio diritto di difesa in giudizio”, dal momento che “(n)el contesto attuale, poi, sembra ancora presente la configurazione della determinazione elle ammissioni come “provvedimento” autonomo”.

Alla giurisprudenza, come sempre, sarà data l’ultima parola.


[1] TAR Calabria Reggio Calabria 13/5/2019 n. 324

[2] M.Lipari “Il rito superspeciale in materia di ammissioni e di esclusioni (art. 120, co. 2-bis e 6-bis del cpa) va in soffitta. E, ora, quali conseguenze pratiche?”

[3] M.Lipari “Il rito superspeciale in materia di ammissioni e di esclusioni (art. 120, co. 2-bis e 6-bis del cpa) va in soffitta. E, ora, quali conseguenze pratiche?”

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
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