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( vote)1. Il contesto normativo
Come noto l’art. 3 della legge n. 241/1990 dispone che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
Tale principio generale, tuttavia, non trova una espressa codificazione né nel precedente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163/2006, né nell’attuale il Codice di cui al d.lgs. n. 50/2016. Infatti, non esiste una norma che prescriva che il giudizio favorevole all’ammissione di un concorrente debba essere necessariamente esplicitato e formalizzato. Ed allora si deve necessariamente avere riguardo al panorama giurisprudenziale formatosi in materia per tracciare delle coordinate.
2. L’eccezione al principio generale che diventa essa stessa regola generale
Per pacifico orientamento giurisprudenziale, infatti, la Stazione appaltante, che non ritenga ad esempio il precedente penale dichiarato dal concorrente (al pari di altre tipologie di grave illecito oggetto di dichiarazione) incisivo della sua moralità professionale, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento.
La giurisprudenza è unanimemente concorde nel ritenere che in siffatti casi la motivazione di non gravità del reato e/o dell’illecito dichiarato possa risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa, mentre è la valutazione di gravità che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale (C.d.S., III, 11 marzo 2011, n. 1583).
Di conseguenza la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, nel corso della gara, contestazione (Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2020, n. 2850; Cons. Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2622; Cons. Stato, Sez. III, 24 dicembre 2013, n. 6236; Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 2011, n. 3924; Cons. Stato, Sez. III, 11 marzo 2011, n.1583; Cons. Stato, Sez. VI, 24 giugno 2010, n. 4019; ma anche C.G.A. 8 settembre 2014, n. 526).
Conditio sine qua non, ai fini dell’operatività della regola generale appena illustrata che costituisce un’eccezione al principio espresso dall’art. 3 della Legge sul procedimento, è, quindi, che il concorrente abbia dichiarato tutti le vicende potenzialmente rilevanti ai fini della clausola espulsiva facoltativa di cui all’articolo 80, comma 5, lettere c) e c-ter) e di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) se si ha riguardo al precedente Codice. Per questo motivo, ai fini dell’assenza di un onere di motivazione in capo alla S.A. in caso di ammissione, si deve avere necessariamente riguardo alla completezza delle dichiarazioni rese dal concorrente in corso di gara.
La esaustività delle dichiarazioni rese in gara, in ossequio al dovere di clare loqui, dunque, oltre ad essere essa stessa indice di serietà del concorrente, funge inevitabilmente da parametro rispetto alla necessità di motivare il provvedimento di ammissione.
Di conseguenza, la giurisprudenza, a fronte di dichiarazioni di gara esaustive, non ha mancato di osservare che la motivazione dell’ammissione va rinvenuta, per relationem, nell’adesione della stazione appaltante alle ragioni prospettate dal concorrente circa la non incidenza di tali vicende sulla propria moralità e affidabilità professionale (a tal proposito si veda Consiglio di Stato, Sez. IV, del 10 novembre 2021, n. 7501).
Del resto, come assai di recente statuito “La costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha posto in risalto come l’apprezzamento circa l’affidabilità del singolo operatore economico nell’ambito delle gare pubbliche sia rimessa – al di fuori dei casi di esclusione automatica previsti dalla legge – alla valutazione discrezionale […], principio che vale anche in relazione alla fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter), d.lgs. n. 50 del 2016 qui in rilievo, per la quale è chiaramente rimessa dalla legge alla stazione appaltante – tra l’altro – una valutazione di «gravità», e dunque di attitudine escludente del fatto rilevato […].
Tanto premesso la controinteressata […] non ha omesso di dichiarare le viste vicende avvenute nel corso della procedura attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare l’eventuale incidenza delle stesse sulla reale affidabilità dell’operatore economico, ancorché si trattasse di vicende all’epoca appena iniziate e coperte dal segreto istruttorio. Ciò non è senza rilevanza ai fini della valutazione da parte della stazione appaltante che non avendo la necessaria conoscenza delle vicende oggetto di indagine e in virtù della presunzione di innocenza, non avrebbe potuto certamente esprimere un compiuto ed approfondito giudizio di inaffidabilità. […].
Ciò che rileva, nel caso all’esame, è che la controinteressata ha comunicato tempestivamente le vicende rilevanti ai fini di poter mettere in condizione la S.A. di valutare l’eventuale incidenza dei fatti sulla reale affidabilità” (Cons. St. Sez. III, 3 maggio 2022, n. 3442).
Sulla scorta delle precedenti considerazioni, il Consiglio di Stato ha, a più riprese, quindi precisato che la carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente, in difetto di contestazioni endoprocedimentali, non è ex se indicativa di un deficit istruttorio sulla valenza delle dichiarazioni rese dal medesimo ai sensi dell’art. 80, comma 5, del D.lgs. n. 50/2016, né si traduce in un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui non è impedito di far valere le proprie ragioni avverso l’ammissione (Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2020, n. 2580).
Ebbene, come efficacemente statuito dal Supremo Consesso, non è di per sé rilevante che la causa espulsiva non sia stata citata nel contesto del provvedimento di ammissione “poiché, altrimenti, si dovrebbe immaginare di costruire un provvedimento di ammissione in cui, rispetto ad ogni singola ipotesi astrattamente prevista dal legislatore, l’amministrazione ne esamini e ne consideri la relativa insussistenza, in palese contrasto con il principio di speditezza dell’azione amministrativa” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24 settembre 2018, n. 5499).
E così, ad esempio, è stato ritenuto che nel caso in cui, la stazione appaltante, in quanto autrice di un precedente provvedimento astrattamente integrante un grave illecito professionale, sia stata perfettamente a conoscenza di una criticità in capo al concorrente, la stessa amministrazione, nell’ammettere tale operatore economico alla successiva procedura di affidamento, abbia valutato, anche solo implicitamente, quanto precedentemente accaduto come non rilevante ai fini dell’esclusione facoltativa in parola (TAR Puglia Lecce, Sez. III, 03 settembre 2021, n. 1326).
Fermo quanto sopra, è vero anche che il discernimento va fatto, pur sempre, con riferimento al caso concreto. Ed è in tale prospettiva che la giurisprudenza non ha, tuttavia, mancato di rilevare l’esigenza di motivazione espressa al cospetto, ad esempio, di precedenti penali che obiettivamente si presentino, prima facie, riconducibili all’area dei “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità” ed incidenti sulla morale professionale ovvero al ricorrere di vicende che esigano una specifica valutazione amministrativa al riguardo (Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 2011, n. 3924).
Sul fronte della tutela giurisdizionale attivabile da parte del concorrente secondo classificato il Consiglio di Stato ha di recente statuito che, a fronte di una valutazione della stazione appaltante volta a negare l’integrazione delle cause di esclusione previste dal D. Lgs. n. 80/16, il ricorrente non si può limitare ad elencare i fatti potenzialmente rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50/16, deducendone l’omessa valutazione da parte della stazione appaltante, ma deve puntualmente indicare, per ciascuno di essi, sotto quale profilo la decisione comunque assunta dall’Amministrazione – nel senso dell’affidabilità e dell’integrità del concorrente aggiudicatario – dovesse ritenersi irragionevole, incongrua o inficiata da un travisamento dei fatti (Cons. Stato, Sez. VI, 6 dicembre 2021, n. 8081).
Il concetto stesso di “gravi illeciti professionali” presenta, peraltro, un elevato tasso di indeterminatezza (solo in parte temperato dalla previsione di una elencazione, a carattere esemplificativo di fatti all’uopo rilevanti) e fa essenzialmente leva sull’attitudine degli stessi, nella prospettiva della P.A., a rendere dubbia l’integrità ed affidabilità dell’operatore economico partecipante.
Ne consegue che al Giudice Amministrativo è consentito sindacare la scelta dell’Amministrazione di ammettere alla procedura un operatore economico solo nell’ipotesi in cui la valutazione espressa dalla stessa appaia ictu oculi illogica, contraddittoria o manifestamente erronea. Ciò impone di condurre, per l’appunto, una verifica in concreto, che tenga conto delle peculiarità in fatto della singola vicenda.
Costituisce regola generale quella secondo cui “la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione”. Per giurisprudenza costante, infatti, qualora la stazione appaltante non ritenga i precedenti dichiarati dal concorrente incisivi della sua moralità professionale, “non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità delle relative circostanze risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa”, in linea con il principio di speditezza dell’azione amministrativa; è invece la valutazione di gravità dei precedenti che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale, con la conseguenza che la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni e non anche le ammissioni. Ne consegue che, ha proseguito il Collegio, la carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente non può di per sé implicare un difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla rilevanza delle circostanze dichiarate dal concorrente, né determinare un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui è comunque garantita la possibilità di far valere le proprie ragioni avverso l’ammissione (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 24 marzo 2022, n. 668). |
Nello scenario giurisprudenziale, tuttavia, si sono registrati orientamenti di segno diametralmente opposto. A esempio, secondo un precedente del TAR Lazio l’onere di espressa motivazione appare estensibile alla diversa e speculare ipotesi dell’ammissione alla gara di un concorrente che abbia al contrario dichiarato la sussistenza di condanne penali, dal momento che in questo caso si radica infatti l’interesse degli altri concorrenti (in particolare, del secondo classificato) a conoscere le ragioni della disposta ammissione. Con la conseguenza che l’amministrazione appaltante sarebbe tenuta, in ossequio al generale obbligo di motivazione, quanto meno a dar conto dell’avvenuta presa in considerazione dei precedenti penali dichiarati dal concorrente, appunto al fine di escluderne se del caso la rilevanza (TAR Lazio, Roma, sez. III, 11 novembre 2009, n. 11084).
3. L’eccezione alla regola generale
È con la sentenza n. 1500 del 2021 che il Consiglio di Stato ha espressamente affermato che la predetta regola sull’onere di non motivazione del provvedimento di ammissione è destinata a subire una eccezione nel caso in cui la pregressa vicenda professionale dichiarata dal concorrente presenti una pregnanza tale che la stazione appaltante non possa esimersi da rendere esplicite le ragioni per le quali abbia comunque apprezzato l’impresa come affidabile.
Si tratta di una deroga al principio generale precedentemente enunciato che si impone per una ragione evidente: in mancanza di motivazione sulle ragioni dell’ammissione pur in presenza di pregressa vicenda professionale che, ictu oculi, appaia di particolare rilevanza, il sindacato del giudice amministrativo, legittimamente azionato dal ricorso di altro concorrente, corre il rischio di trasformarsi in una non consentita sostituzione dell’autorità giudiziaria alla stazione appaltante.
In maniera più chiara: il giudice, tanto se condivida la decisione della stazione appaltante, quanto se l’avversi, finirebbe per esporre lui stesso e per la prima volta in sentenza, le ragioni rispettivamente dell’ammissione o dell’esclusione dell’impresa dalla procedura (Consiglio di Stato, del 19 febbraio 2021, n. 1500).
La regola secondo cui la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni è destinata a subire eccezione nel caso in cui la pregressa vicenda professionale dichiarata dal concorrente presenti una peculiare pregnanza, tale da poter e dover eccitare – secondo l’id quod plerumque accidit, ed in conformità della diligenza particolarmente qualificata che deve pur sempre connotare l’agere dei pubblici poteri (art. 97 Cost., art. 1 legge n. 241 del 1990, art. 1176, comma 2, c.c.) – gli officia istruttori e valutativi della Stazione appaltante, imponendo l’onere di dare conto dell’iter logico giuridico all’uopo seguito nella ponderazione prodromica alla decisione sull’integrità del partecipante alla gara. |
Nella fattispecie in esame il Collegio, pur avendo accertato la esaustività e la completezza della dichiarazione resa dal concorrente in sede di gara – nell’ambito della quale l’o.e. aveva diffusamente spiegato perché il provvedimento di risoluzione e le penali subite da una altra p.a. non valevano a compromettere la sua affidabilità ed integrità agli occhi della stazione appaltante -, ha ritenuto che la risoluzione, in quanto avente ad oggetto il medesimo contratto, e la penale, per l’importo particolarmente elevato, potessero costituire in astratto indizi di inaffidabilità dell’operatore: era perciò necessario che la stazione appaltante desse conto della valutazione che l’ha indotta a diversa conclusione, perché della sua logicità e ragionevolezza potesse poi conoscerne il giudice amministrativo, se richiesto, nel dovuto contraddittorio tra le parti.
In tal senso, il TAR Aosta, in una decisione successiva a quella appena citata, ha ritenuto che se può ammettersi una motivazione implicita di non gravità dei fatti contenuti nella dichiarazione resa dall’operatore economico laddove il fatto segnalato sia unico o comunque rivesta in sé manifestamente il carattere della non gravità o della non rilevanza, lo stesso non può dirsi di fronte ad una nutrita serie di elementi da valutare; in tali ultimi casi, infatti, si richiederebbe alla Stazione appaltante una motivazione espressa, che non si limiti a dare atto di aver esaminato la documentazione presentata dall’operatore economico, ma che valuti in concreto i fatti dichiarati in termini di incidenza in rapporto all’oggetto dell’appalto da affidare e dando adeguatamente conto delle ragioni della ritenuta «integrità o affidabilità» dell’operatore medesimo (TAR Valle d’Aosta, 5 aprile 2021, n. 22; in termini anche TAR Lecce, Sez. III, 8 aprile 2022, n. 477).
Da ultimo, la VI sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 14 giugno 2022 n. 4831 con riguardo all’onere di motivazione del provvedimento di ammissione alla gara della aggiudicataria, ha colto l’occasione per armonizzare il tema, rilevando, in particolare, che:
– Ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c), d.lgs. 50/2016, l’esclusione per motivi di onorabilità e affidabilità è rimessa all’ampia valutazione discrezionale della stazione appaltante, così come è discrezionale la valutazione di cui alle successive lettere c-bis, c-ter e c-quater.
– La stazione appaltante che procede all’ammissione alla gara di un’impresa, non ritenendo rilevanti le pregresse vicende professionali dichiarate dal concorrente, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione risultare anche implicitamente o per facta concludentia, ossia con la stessa ammissione alla gara dell’impresa. Inoltre, la motivazione può essere ricavata per relationem dall’adesione della stazione appaltante alle argomentazioni con cui le società partecipanti alla gara hanno indicato le ragioni idonee ad escludere l’incidenza delle vicende indicate sulla propria integrità e affidabilità professionale.
– Solo una pregressa vicenda professionale che appaia, ictu oculi, di particolare rilevanza, impone alle Amministrazioni oneri positivi di istruttoria e di motivazione, in funzione di tutela delle legittime aspirazioni degli altri concorrenti e del più generale interesse pubblico alla retta e trasparente conduzione della procedura. Del pari, la motivazione occorre nei casi di ammissioni conteste in corso di gara da altri concorrenti.
– Il provvedimento di esclusione, fondato sulla valutazione della esistenza di un illecito professionale e sulla sua qualificazione in termini di “gravità” tali da minare la affidabilità del concorrente, richiede una espressa e puntuale motivazione.
4. Conclusioni
Scandagliato il panorama giurisprudenziale sull’onere di motivazione del provvedimento di ammissione alla procedura di gara, non può non condividersi la ragionevolezza dell’approccio ermeneutico adottato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1500 del 2021 e da ultimo ribadito con la pronuncia n. 4831 del 2022.
Tracciare una linea sul concetto di pregnanza e peculiarità della vicenda astrattamente idonea ad imporre un onere positivo di motivazione non è cosa facile. Sulla base della casistica si può affermare che una vicenda attinente allo stesso contesto merceologico della commessa da affidarsi è sicuramente idonea a sollecitare l’assolvimento di un particolare onere motivazionale, sia essa una risoluzione contrattuale e/o un illecito antitrust o una vicenda penale, non accertata definitivamente e/o oggetto di un rinvio a giudizio e/o di una misura cautelare, consumatasi nell’ambito dell’attività prestata verso un committente pubblico. Così come il sommarsi di diversi eventi e criticità della stessa portata.
Certo è che l’assenza di una espressa motivazione, spesso accompagnata dalla mancata e/o ritardata ostensione delle dichiarazioni ex art. 80 del Codice eventualmente integrative del DGUE, rende obiettivamente ardua la demolizione del provvedimento di ammissione e della correlata aggiudicazione, non potendosi limitare il potenziale ricorrente a dedurre l’omessa valutazione da parte della stazione appaltante delle eventuali criticità potenzialmente rilevanti ai dini escludenti, dovendo pur sempre indicare, per ciascuna di esse, sotto quale profilo la decisione implicitamente assunta dalla stazione appaltante – nel senso dell’affidabilità e dell’integrità del concorrente – deve ritenersi irragionevole, incongrua o inficiata da un travisamento dei fatti.
Sta di fatto che per fare ciò, in difetto di una compiuta istruttoria endoprocedimentale in fase di gara, si dovrà avere riguardo alla dichiarazione integrativa resa dal concorrente aggiudicatario.
Il che comporta inevitabili cortocircuiti informativi, essendo di fatto detto screening rimesso alla “bontà” della auto-denuncia delle criticità potenzialmente rilevanti ai fini escludenti.
Volendo chiudere con una provocazione, se così è, che ne è stato del principio secondo cui “Il concorrente non può operare alcun filtro nell’individuazione dei precedenti penali valutando esso stesso la loro rilevanza ai fini dell’ammissione alla procedura di gara – in quanto tale potere spetta esclusivamente alla stazione appaltante (cfr. tra le tante, Cons. Stato Sez. V, Sent., 11/04/2016, n. 1412; Cons. Stato, V, 25 febbraio 2015, n. 943; 14 maggio 2013, n. 2610; IV, 4 settembre 2013, n. 4455; III, 5 maggio 2014, n. 2289).” (Cons. Stato, Sez. III, 14 novembre 2017, n. 5258)?