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1) La scelta di suddividere in lotti

La scelta di accorpare in un lotto unico tutte le eterogenee attività in cui si articola l’appalto anziché di suddividerle in più lotti funzionali/prestazionali, è espressione del favor dell’ordinamento a quest’ultima soluzione, dettata dall’esigenza di assicurare la più ampia concorrenza e garantire la possibilità di partecipazione da parte delle piccole imprese, sia dell’autonomia funzionale ed organizzativa dello specifico servizio da affidare.

Il nuovo codice, come il precedente (art. 2, comma 1 bis, d.lgs. 163/2006), privilegia la suddivisione in lotti allo scopo di ampliare la concorrenza, senza che, peraltro, tale scelta possa essere intesa come regressione del coesistente interesse pubblico alla scelta del miglior contraente, al fine di garantire il migliore utilizzo possibile delle risorse finanziarie della collettività, interesse che – sebbene non più indicato in modo espresso come nell’art. 2 d.lgs. n. 163 del 2006 – è ontologicamente presente nel sistema ed è comunque richiamato nel nuovo codice (cfr. T.A.R. Lazio, n. 9441/2016 cit.).

La scelta di accorpare in un lotto unico tutte le eterogenee attività in cui si articola l’appalto anziché di suddividerle in più lotti funzionali/prestazionali, è espressione  del favor dell’ordinamento a quest’ultima soluzione, dettata dall’esigenza di assicurare la più ampia concorrenza e garantire la possibilità di partecipazione da parte delle piccole imprese, sia dell’autonomia funzionale ed organizzativa dello specifico servizio da affidare.

Il principio della suddivisione in lotti, pur risultando rafforzato nel testo dell’articolo 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, al fine di favorire l’accesso delle piccole imprese alle gare pubbliche, non è posto dalla norma in termini assoluti ed inderogabili.

La stessa disposizione fa salva la potestà discrezionale dell’Amministrazione di derogare motivatamente a tale regola generale (cfr., con riguardo al previgente art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669). Come si è precisato in giurisprudenza, trattasi di scelta discrezionale non suscettibile di essere censurata in base a criteri di mera opportunità, tanto più nel caso in cui l’unitarietà sia imposta dall’oggetto dell’appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalle situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081). 

Le disposizioni comunitarie pongono in evidenza la necessità di garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese alle gare pubbliche insieme al correlato strumento della suddivisione in lotti; tuttavia le norme si occupano anche della possibile scelta della stazione appaltante di non procedere all’articolazione in lotti e, oltre a prevedere la necessità di una motivazione sul punto, si spinge anche a considerare le possibili ragioni giustificative di una tale opzione, evidenziando che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.

La stessa disposizione fa salva la potestà discrezionale dell’Amministrazione di derogare motivatamente a tale regola generale (cfr., con riguardo al previgente art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669). Come si è precisato in giurisprudenza, trattasi di scelta discrezionale non suscettibile di essere censurata in base a criteri di mera opportunità, tanto più nel caso in cui l’unitarietà sia imposta dall’oggetto dell’appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalle situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081).

In termini di riduzione della spesa, viene in particolare in considerazione la disciplina di cui all’art. 9 del decreto-legge n. 66 del 2014, norma che, in relazione alla acquisizione di servizi specificamente individuati da parte di soggetti nominativamente indicati e al superarsi di soglie anch’esse specificamente fissate, impone l’aggregazione, centralizzando gli acquisti.

Si tratta di regolamentazione che, pur non escludendo in radice la suddivisione in lotti, effettua una selezione delle tipologie di gare per le quali l’obiettivo di aggregazione in funzione del contenimento dei costi e dell’ottenimento di economie di scala appare oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore.

La gara può essere impostata in unico lotto per ottenere economie di mercato, a fronte di tipologie di prestazioni uguali per tutta la Regione, ad esempio, riservate ai soggetti aggregatori, considerato l’assetto di mercato. Tra gli interessi che possono essere valorizzati dalle stazioni appaltanti per non procedere alla suddivisione in lotti – come evidenza la direttiva – in misura tale da prevalere sull’esigenza di garantire l’accesso alle pubbliche gare anche alle imprese di piccole dimensioni, vi sono, dunque, anche quelli di assicurare una più efficace e coordinata fruizione del complesso di attività in cui si articola l’appalto e di garantire la razionalizzazione e il contenimento della spesa pubblica attraverso una gestione globale del servizio.

Tra gli interessi che possono essere valorizzati dalle stazioni appaltanti per non procedere alla suddivisione in lotti – come evidenza la direttiva –  in misura tale da prevalere sull’esigenza di garantire l’accesso alle pubbliche gare anche alle imprese di piccole dimensioni, vi sono, dunque, anche quelli di assicurare una più efficace e coordinata fruizione del complesso di attività in cui si articola l’appalto e di garantire la razionalizzazione e il contenimento della spesa pubblica attraverso una gestione globale del servizio.

I vantaggi organizzativi derivanti dalla scelta operata, anche nell’ottica di fornire una risposta pronta ed unitaria, devono apparire percepibili nella previsione, ad esempio, del capitolato d’appalto, nella dimostrazione dell’erogazione e gestione integrata dell’attività.

In linea generale, si deve osservare come la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, costituisce dunque una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza. L’intero impianto dei lotti di una gara non deve dar luogo a violazioni sostanziali dei principi di libera concorrenza, di “par condicio”, di non-discriminazione e di trasparenza (cfr.: Consiglio di Stato sez. VI 12 settembre 2014 n. 4669; Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007 n. 1331).

In linea generale, si deve osservare come la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, costituisce dunque una decisioni normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto

La più ampia partecipazione degli operatori economici dei vari settori di riferimento è comunque sempre salvaguardata dalla possibilità di utilizzare tutto lo strumentario proprio del diritto degli appalti (mediante ATI, avvalimento, etc.).

Sulla base del delineato quadro normativo il frazionamento dell’appalto in lotti è legittimo se sono rispettate alcune condizioni. In primo luogo i lotti devono avere natura “funzionale”.

Con riferimento a tale nozione, l’Autorità nazionale per l’anticorruzione, si era già pronunciata con la determinazione n. 5 del 9 giugno 2005, in materia di lavori pubblici, precisando, tra l’altro, che: a) l’esecuzione di un’opera può essere frazionata solo se i lavori oggetto di ciascun appalto sono comunque immediatamente fruibili per gli scopi e le funzioni che l’opera deve assolvere; b) le stazioni appaltanti, in merito alla scelta di frazionare gli appalti, devono operare una corretta pianificazione degli interventi e certificare la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto unicamente nei casi in cui le “parti” di un intervento, singolarmente considerate, evidenzino autonoma funzionalità e una propria utilità correlata all’interesse pubblico, indipendentemente dalla realizzazione dell’opera complessiva; c) le stazioni appaltanti, in merito alla scelta di accorpare in un’unica procedura ad evidenza pubblica più appalti di lavori, devono fornire chiara e completa dimostrazione dei benefici derivanti da detta scelta, a confronto con le altre soluzioni industriali possibili, in un’ottica di efficienza, economicità e coerenza con gli obiettivi da raggiungere e nel rispetto dei principi di trasparenza e di massima partecipazione alle gare.

Anche la prevalente giurisprudenza assume che il “lotto” identifica uno specifico oggetto dell’appalto la cui progettazione o realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità, indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti (Cons. St., sez. II, 7 novembre 2007, n. 2803).

L’articolazione dell’appalto in più parti deve garantire che ogni singola frazione abbia una funzionalità che ne consenta l’utilizzazione compiuta, mentre è precluso il frazionamento quando le frazioni sono inserite in una prestazione che può assumere valore e utilità solo se unitariamente considerata.

La valorizzazione della natura funzionale del lotto ha il pregio di favorire l’efficienza e l’economicità dell’appalto, perché evita, qualora non fosse completata una frazione dell’appalto, uno spreco di risorse economiche e un danno per l’erario.

La suddivisione, come indicato dall’ AG18 del 13 settembre 2012, dell’appalto in più parti deve garantire che ogni singola frazione abbia una funzionalità che ne consenta l’utilizzazione compiuta. E’ precluso il frazionamento quando le frazioni sono inserite in una prestazione che può assumere valore e utilità solo se unitariamente considerata. La valorizzazione della natura funzionale del lotto ha il pregio di favorire: l’efficienza, l’economicità dell’appalto, “perché evita, qualora non fosse completata una frazione dell’appalto, uno spreco di risorse economiche e un danno per l’erario”(cfr. AG18 del 13 settembre 2012).

2) La gara unitaria e la motivazione del non affidamento

Il carattere non unitario della gara suddivisa in più lotti comporta che il bando di gara si configuri quale “atto ad oggetto plurimo”, nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un’unica gara finalizzata all’affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l’indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare e che gli atti di gara relativi al contenuto dei contratti da aggiudicare devono essere necessariamente differenziati per ciascun lotto e devono essere tanti quanti sono i contratti da aggiudicare.

La diversità dei contratti che devono essere aggiudicati in ciascun lotto della gara, infatti, determina la necessità di redigere tanti capitolati quanti sono i lotti di gara, così da assicurare, per ciascun contratto, le diversità di fabbisogno che lo caratterizzano.

La diversità dei contratti che devono essere aggiudicati in ciascun lotto della gara, infatti, determina la necessità di redigere tanti capitolati quanti sono i lotti di gara, così da assicurare, per ciascun contratto, le diversità di fabbisogno che lo caratterizzano.

Nonostante la natura plurima della gara, così come il bando, anche la Commissione giudicatrice deve essere unica, in conformità con la ratio delle disposizioni che permettono l’accorpamento di più lotti.

L’indizione di una gara suddivisa, infatti, è finalizzata anche a ridurre i costi che la stazione appaltante deve sostenere per l’affidamento di più contratti fra loro analoghi; sarebbe, dunque, illogico moltiplicare il numero delle Commissioni giudicatrici e, con queste, le spese necessarie al loro funzionamento.

L’indizione di una gara suddivisa, infatti, è finalizzata anche a ridurre i costi che la stazione appaltante deve sostenere per l’affidamento di più contratti fra loro analoghi; sarebbe, dunque, illogico moltiplicare il numero delle Commissioni giudicatrici e, con queste, le spese necessarie al loro funzionamento.

Il divieto per il singolo concorrente di partecipazione plurima deve essere riferito al singolo lotto e non può valere per l’intera procedura, con la conseguenza che ciascun partecipante può concorrere all’aggiudicazione di tutti i lotti banditi o di solo alcuni di questi.

L’autonoma aggiudicabilità dei lotti si profila – in linea di principio – incompatibile con la configurazione di una gara di carattere unitario, per la semplice ragione che le procedure concorsuali, proprio a cagione di ciò, sono dirette alla conclusione di tanti contratti di appalto quanti sono i lotti: se ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, è chiaro che non ci si trova di fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario, come già indicato, non vi può essere unicità della gara” (TAR Lazio Roma Sez. I Ter, 9.12.2010, n. 35960).

3) La centralizzazione delle procedure e l’aggregazione delle gare in maxi lotti

La centralizzazione delle procedure di gara (che garantisce di per sé un risparmio nei costi di gestione delle gare e una migliore qualità della lex specialis, con riduzione del contenzioso), va confusa con l’aggregazione delle gare in “maxilotti”.

La suddivisione in lotti degli acquisti pubblici chiaramente facilita l’accesso delle piccole e medie imprese, sia quantitativamente (la dimensione dei lotti può meglio corrispondere alla capacità produttiva delle PMI) che qualitativamente (il contenuto dei lotti può corrispondere più da vicino al settore di specializzazione delle PMI). Dividere i contratti in lotti e aprire la strada alla partecipazione delle PMI amplia la competizione. In questo contesto ”le stazioni appaltanti devono rammentare che, benché siano autorizzate a limitare il numero di lotti per i quali possono competere le aziende, non debbono usare questa possibilità in un modo che distorca (“impair”) le condizioni per una giusta competizione. In aggiunta, rendere possibile partecipare ad una gara con un numero illimitato di lotti ha il vantaggio di non scoraggiare né i contraenti generali dal partecipare né la crescita delle imprese.” (così la Raccomandazione della Commissione UE 25/6/2008, n. 2193, dal titolo «Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici», richiamata anche dalla citata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, sez. II, 26 gennaio 2017, n. 1345)”.

L’aggregazione in “maxilotti” non determina un risparmio di spesa per la stazione appaltante, essendo invece vero il contrario, posto che solo la presenza di più potenziali offerenti può indurre le imprese a formulare proposte più “competitive” in termini di sconti e di migliore qualità dei prodotti offerti.

L’intero impianto dei lotti di una gara non deve dar luogo a violazioni sostanziali dei principi di libera concorrenza, di “par condicio”, di non-discriminazione e di trasparenza di cui all’art. 2 co. 1 d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. (cfr.: Consiglio di Stato sez. VI 12 settembre 2014 n. 4669; Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007 n. 1331). A corollario dell’effettività della regola generale, è quindi stata posta la previsione di un specifico obbligo di motivazione delle ragioni circa la divisione dei lotti proprio perché il precetto è in funzione della tutela della concorrenza, ed a tale situazione deve essere equiparata la previsione di lotti di importo spropositato e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui.

L’aggregazione in “maxilotti” non determina un risparmio di spesa per la stazione appaltante, essendo invece vero il contrario, posto che solo la presenza di più potenziali offerenti può indurre le imprese a formulare proposte più “competitive” in termini di sconti e di migliore qualità dei prodotti offerti.

Il meccanismo della centralizzazione degli acquisti deve condurre a forme di aggregazioni congruenti rispetto agli ambiti territoriali di riferimento, così da non risultare incompatibile col principio della partecipazione alle gare da parte di tutte le imprese interessate, ivi comprese le micro, piccole e le medie imprese, che “sono la spina dorsale dell’economia dell’UE, con grandi potenzialità in termini di creazione di posti di lavoro, di crescita e di innovazione”; pertanto “maggiore è il numero di lotti in cui è suddivisa una fornitura, maggiore sarà il numero atteso dei partecipanti alla gara, in virtù di criteri di selezione (requisiti di partecipazione) meno restrittivi … infatti (a parità di valore complessivo della gara), a un maggior numero di lotti corrisponderà una minore dimensione media degli stessi, con conseguente diminuzione dei requisiti di fatturato e ampliamento della possibilità di partecipazione a imprese di minori dimensioni.”) (così si legge nel Quaderno Consip n. 2/2016).

Si evidenzia che l’esperienza storica di questi ultimi anni ha dato modo di constatare, sotto vari profili, che il ricorso ai maxi lotti per gli appalti di pulizie, ad esempio, si è rivelato un rimedio che ha comportato ribassi talvolta molto incidenti sui margini operativi delle imprese.

Sotto il profilo del buon andamento e dell’efficienza dei servizi prestati “i grandi contratti hanno visto, nell’esperienza del recente passato, il ripetersi di situazioni incidenti negativamente sull’esecuzione in quanto la stessa complessità organizzativa delle prestazioni diffuse in un gran numero di immobili, comporta un naturale “allungamento della catena di comando” nella gestione dell’esecuzione dell’appalto. Non sono nemmeno mancati poi i casi nei quali l’affidatario del contratto era indotto a ripartire comunque le prestazioni tra un grande numero di subappaltatori (talvolta anche al di là dei limiti consentiti) con conseguenti gravi disservizi, proteste degli utenti e risoluzioni per grave negligenza nell’esecuzione” (cfr. Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza n. 9328/2016).

Maggiore è il numero di lotti in cui è suddivisa una fornitura, maggiore sarà il numero atteso dei partecipanti alla gara, in virtù di criteri di selezione (requisiti di partecipazione) meno restrittivi. Infatti (a parità di valore complessivo della gara), a un maggior numero di lotti corrisponderà una minore dimensione media degli stessi, con conseguente diminuzione dei requisiti di fatturato e ampliamento della possibilità di partecipazione a imprese di minori dimensioni.

4) La motivazione della non suddivisione. Esempio

La scelta della suddivisione in lotti dell’appalto potrebbe non garantire una autonomia funzionale. La scelta di affidare i servizi ad un unico operatore economico potrebbe essere compiuta dalla stazione appaltante per assicurare la necessaria omogeneità ed efficacia nell’acquisizione dei servizi. Altro aspetto qualificante la scelta di non suddividere in lotti l’affidamento de quo, potrebbe essere ricondotto alla probabile antieconomicità del “frazionamento” di servizi identici e funzionali ad un unico scopo.

La scelta di non suddividere in lotti nasce dalle valutazioni, caso per caso, del mercato di riferimento.
Le argomentazioni rilevate dalla stazione appaltante a fondamento della decisione di non suddividere l’appalto in lotti devono apparire ragionevoli e condivisibili in quanto un frazionamento dell’appalto non offrirebbe adeguate garanzie di funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto in vista degli obiettivi perseguiti.

Le argomentazioni rilevate dalla stazione appaltante a fondamento della decisione di non suddividere l’appalto in lotti devono apparire ragionevoli e condivisibili in quanto un frazionamento dell’appalto non offrirebbe adeguate garanzie di funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto in vista degli obiettivi perseguiti.

La natura funzionale del lotto è la condizione principale di legittimità del frazionamento, unitamente ad altre due condizioni, quali la “possibilità tecnica” e la “convenienza economica”.

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Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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