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1. La suddivisione in lotti quale regola generale (ma derogabile) ed il divieto di collegamento tra imprese

L’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 prevede che al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali o prestazionali, in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture, esprimendo un principio di carattere tendenzialmente doveroso.

Tuttavia, la stessa norma vieta alle stesse stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del Codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti.

L’opzione di suddividere gli appalti in lotti è rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti, le quali sono tenute a operare una corretta ponderazione degli interventi e a valutare se le singole parti di un appalto, singolarmente considerate, possiedano una certa autonomia funzionale, in rapporto alla realizzazione dell’opera

Ai fini della suddivisione la stazione appaltante dovrà in primo luogo calcolare il valore del lotto, individuando se lo stesso sia idoneo a garantire alle piccole e medie imprese l’effettiva possibilità di partecipare alla gara, fermo rimanendo il divieto alle stazioni appaltanti della suddivisione in lotti con il solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del Codice. Anche quando l’intento sia quello di promuovere lo sviluppo delle microimprese e delle piccole e medie imprese, infatti, il frazionamento della gara d’appalto non potrà essere utilizzato al fine di aggirare le procedure del Codice Appalti, operando il frazionamento artificioso di un appalto unitario, al mero scopo di eludere la soglia comunitaria e di aggiudicare con procedure meno competitive.

Il principio della suddivisione in lotti è il portato dell’art. 30 del d.lgs. 50/2016, il quale prescrive (al comma 1) che l’affidamento e l’esecuzione delle pubbliche commesse debba garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, altresì specificando che  le stazioni appaltanti operano nel rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità, principi tutti ispirati alla tutela delle imprese concorrenti e del corretto funzionamento del mercato, infine puntualizzando (al comma 7) che «i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e medie imprese».

Come rilevato dai giudici amministrativi, la scelta di suddividere in lotti un appalto costituisce una decisione fondata su valutazioni di carattere tecnico-economico, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (Cds, VI, 2 gennaio 2020 n. 25). È stato, infatti, in proposito osservato che la discrezionalità amministrativa posta alla base della scelta dell’amministrazione di suddividere in lotti una pubblica commessa debba essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto. In ogni caso, si tratta di scelta di carattere tecnico-economico, che resta sempre delimitata, oltre che dalle specifiche norme del Codice Appalti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza, oltre che dall’obbligo di motivazione, proprio in quanto l’obbligo di ripartizione in lotti deve comunque rispondere alla tutela della concorrenza

Pertanto, come rilevato anche dai giudici amministrativi, la scelta di suddividere in lotti un appalto costituisce una decisione fondata su valutazioni di carattere tecnico-economico, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (Cds, VI, 2 gennaio 2020 n. 25). È stato, infatti, in proposito osservato che la discrezionalità amministrativa posta alla base della scelta dell’amministrazione di suddividere in lotti una pubblica commessa debba essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto. In ogni caso, si tratta di scelta di carattere tecnico-economico, che resta sempre delimitata, oltre che dalle specifiche norme del Codice, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza, oltre che dall’obbligo di motivazione, proprio in quanto l’obbligo diripartizione in lotti deve comunque rispondere alla tutela della concorrenza. Secondo una nota pronuncia (Cds, V, 3 aprile 2018, n. 2044), infatti, «è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50-2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163-2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”».

Il Codice Appalti considera, dunque, quale ipotesi ordinaria e regolare la suddivisione in lotti funzionali o prestazionali di un appalto e condiziona la deroga all’ordinaria suddivisione in lotti alla formulazione di una specifica motivazione.

Lo stesso art. 51 sopra citato prevede inoltre che <<Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la facoltà di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare>>.

Si tratta pertanto di una regola facoltativa e “proconcorrenziale”, rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, per cui le singole imprese possono rispettivamente partecipare o aggiudicarsi un numero limitato dei lotti in cui la gara è suddivisa.

La citata norma, inevitabilmente, deve essere letta alla luce di quanto dispone l’art. 80, comma 5, lett. m), del Codice, il quale prescrive alla stazione appaltante di escludere l’operatore economico che si trova, rispetto ad un altro partecipante alla “medesima procedura di affidamento”, in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le “offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.

Mentre la regola dell’art. 51 cit. ha portata generale ed è retta dal principio del favor partecipationis, quella dell’art. 80, comma 5, lett. m), cit. ha portata eccezionale ed è retta dal principio della tutela del buon andamento che, specularmente, costituisce limite intrinseco allo stesso principio dell’ampliamento della platea dei concorrenti, sicché entrambi i precetti devono essere interpretati rispettando i canoni ermeneutici (estensivi e restrittivi) coerenti con la propria natura e ratio.

Come vedremo, infatti, la difficoltà interpretativa delle citate norme ha dato luogo a notevoli oscillazioni giurisprudenziali, fra chi ha ritenuto che il divieto di collegamento sostanziale tra imprese operi solo nell’ambito del singolo lotto – da intendersi perciò quale procedura di affidamento a sé stante – e chi, d’altro canto, ha ritenuto che tale divieto operi anche riguardo a lotti distinti, a maggior ragione se tra loro legati da un vincolo di aggiudicazione.

2. Vincolo di aggiudicazione e discrezionalità amministrativa

Abbiamo visto come la finalità perseguita dall’art. 51 del Codice sia quella, attraverso la suddivisione in lotti ed una eventuale limitazione degli affidamenti nell’ambito dello stesso appalto, di consentire alle piccole e medie imprese maggiori opportunità di accedere alle gare d’appalto.

Si pone tuttavia un problema quando più imprese – distinte ma collegate e quindi riferibili ad un unico centro decisionale – presentino offerte concordate in più lotti, pur se effettivamente le offerte siano formalmente imputabili a distinti operatori economici.

Sul punto, vi è stata un’ampia proliferazione giurisprudenziale che ha finito per non fornire una risposta chiara e definita, se non quella di rimettere ogni opportuna valutazione alla discrezionalità della stazione appaltante. Infatti, pur se in linea generale un bando di gara pubblica, suddiviso in lotti, costituisce un atto ad oggetto plurimo e determina l’indizione non di un’unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un’autonoma procedura che si conclude con un’aggiudicazione, è altrettanto vero che secondo parte della giurisprudenza <<l’unitarietà della gara nonostante la suddivisione in lotti […] emerge da tutta una serie di elementi ‘unificanti’ […] e, cioè, più in particolare, dalla unicità della commissione esaminatrice, dall’identità per tutti i lotti dei requisiti richiesti dal bando e degli elementi di valutazione dell’offerta tecnica […]; dalla possibilità di produrre un’unica offerta telematica per più lotti; dall’identità […] delle modalità di prestazione del servizio e delle prestazioni richieste; dall’integrazione telematica riferita all’esecuzione di tutti gli adempimenti negoziali conseguenti>> (Cds, III, 18.5.2020, n. 3135; Cds, III, 6.5.2020, n. 2865).

Al contrario, altre pronunce sono intervenute nuovamente sul tema dell’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. m), del Codice nell’ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferiscano a lotti diversi, puntualizzando che <<[…] l’affidamento di più contratti diversi fra loro non incide sulla natura della gara stessa che non ha carattere unitario, poiché a ciascun lotto corrisponde una gara finalizzata all’aggiudicazione di un distinto contratto. La possibilità dì aggiudicare autonomamente i singoli lotti è dunque incompatibile con la configurazione di una gara unitaria poiché le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti: se ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova dì fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara>>, affermando che  <<non è nemmeno necessario occuparsi degli elementi ritenuti dal primo giudice probanti della asserita unitarietà della gara. E’ sufficiente osservare che l’autonomia delle offerte e quindi delle graduatorie di ciascuno dei cinque lotti territoriali in cui la procedura è stata suddivisa comporta il carattere non unitario della gara ai fini dell’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50 del 2016>> (Cds, V, 18 marzo 2021 n. 2350).

Si è poi nuovamente statuito che <<la logica che ispira l’art. 80, comma 5 lett. m) – che considera l’imputabilità a qualsiasi titolo, di diritto o di fatto, “ad un unico centro decisionale”, delle offerte proposte da distinti operatori economici nel contesto di una “medesima procedura di affidamento” quale motivo di esclusione – è quella di dequotare il profilo formale della pluralità soggettiva, per far valere la sostanziale unitarietà della proposta negoziale: la cui automatica inammissibilità discende recta via dal principio di unicità dell’offerta (art. 32, comma 4, prima parte d. lgs. n. 50/2016).

Nel caso di appalto suddiviso in lotti tale preclusione, come si è precisato, non opera, trattandosi di procedura unitaria per affidamenti formalmente distinti, cioè di una gara plurima: sicché è naturalmente ammessa la presentazione di un’offerta da parte di operatori economici anche riconducibili ad un unico centro decisionale, purché – come è chiaro – non riferita al medesimo lotto (nel qual caso opererebbe l’art. 80, comma 5 lett. m), ma a lotti distinti (e ciò, beninteso, sempreché la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, non abbia ritenuto di precludere, anche qui per ragioni di programmatica segmentazione distributiva, tale facoltà: arg. ex art. 51, comma 2)>> (Cds, V, 27 settembre 2021, n. 6481).

Pare dunque evidente che l’indirizzo giurisprudenziale prevalente che il Consiglio di Stato continua a seguire è quello di ritenere non applicabile l’art. 80, comma 5, lett. m), del codice dei contratti pubblici nell’ipotesi in cui le offerte presentate dai partecipanti ad una procedura di gara si riferiscano a lotti diversi.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto di seguire un’interpretazione restrittiva dell’art. 80, comma 5, lett. m), cit., ritenendola <<coerente con la natura e la ratio della norma in esame (che è eccezione alla regola generale dell’ampliamento della platea dei partecipanti alla gara); e, nel contempo, nel ritenere che una gara con più lotti non costituisce una “medesima procedura di affidamento”, ma distinte procedure di affidamento quanti sono i lotti da affidare. L’art. 80 comma 5 lett. m) deve, infatti, trovare applicazione nel solo caso di partecipazione di imprese collegate, controllate o riconducibili al medesimo centro decisionale “alla medesima procedura di affidamento” e, quindi, al medesimo lotto>> (Cds, V, n. 8726 del 12.10.2022).

Ha dunque proseguito il massimo consesso amministrativo affermando che <<Tale opzione ermeneutica è conforme alla ratio della previsione normativa, ossia quella di garantire la serietà delle offerte provenienti da distinti operatori economici che decidono di partecipare al medesimo lotto in contesa, a tutela della libertà ed effettività del confronto concorrenziale. Diversamente il libero gioco della concorrenza, in cui si esprime la vera essenza della competizione, ne risulterebbe falsato e sterilizzato già al momento della formulazione dell’offerta stessa>> (idem).

Il Consiglio di Stato ha ritenuto di seguire un’interpretazione restrittiva dell’art. 80, comma 5, lett. m), cit., ritenendola <<coerente con la natura e la ratio della norma in esame (che è eccezione alla regola generale dell’ampliamento della platea dei partecipanti alla gara); e, nel contempo, nel ritenere che una gara con più lotti non costituisce una “medesima procedura di affidamento”, ma distinte procedure di affidamento quanti sono i lotti da affidare. L’art. 80 comma 5 lett. m) deve, infatti, trovare applicazione nel solo caso di partecipazione di imprese collegate, controllate o riconducibili al medesimo centro decisionale “alla medesima procedura di affidamento” e, quindi, al medesimo lotto>> (Cds, V, n. 8726 del 12.10.2022).  

Peso decisivo, nella sentenza citata, viene attribuito al potere discrezionale del committente per cui <<Nel caso di specie, la stazione appaltante ha modulato, nell’esercizio della sua discrezionalità, i vincoli di partecipazione previsti, mitigandoli per le imprese collegate o che versino in situazioni di cui all’art. 80 comma 5 lett. m), in quanto ha non irragionevolmente ritenuto che in caso di partecipazione a lotti distinti (id est: a distinti affidamenti) la conoscenza reciproca delle offerte non sia idonea a compromettere la leale competizione>>.

Quale logico corollario, sulla base di quest’ultima giurisprudenza, ne discende che nel caso di appalto suddiviso in lotti la preclusione del collegamento sostanziale tra imprese non possa essere operativa. Ma l’obiezione nasce spontanea: per logica e coerenza, infatti, nel caso in cui sia limitato “il numero di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente” (art. 51, comma 3), l’offerta imputabile ad un unico centro decisionale dovrebbe essere parimenti considerata unica, in quanto imputabile ad un solo offerente sostanziale, nel senso che così come una formale pluralità di offerte, in realtà unitariamente elaborate, mira ad aggirare il divieto – immediatamente operante nella fase di ammissione – di offerta plurima, alla stessa stregua una formale proposta di aggiudicazione di un singolo lotto, concordata con altri operatori in virtù di una unitaria determinazione, mira ad aggirare il divieto di aggiudicazione plurima.

La giurisprudenza che vedremo al paragrafo che segue ha tentato di dare una risposta a queste perplessità, pervenendo tuttavia a conclusioni non dissimili da quelle cui è pervenuta la V Sezione del Consiglio di Stato nel poc’anzi citato precedente.

3. Il recente orientamento della Terza Sezione del Consiglio di Stato (n. 9003 del 21 ottobre 2022)

Sull’estensione o meno del vincolo di aggiudicazione dalla singola impresa al gruppo di imprese o comunque ad imprese legate da un collegamento societario o riferibili ad un unico centro decisionale, è recentemente intervenuta anche la Terza Sezione del Consiglio di Stato, nel tentativo di fare chiarezza.

Innanzitutto il Consiglio di Stato ha tenuto a sgombrare il campo da quello che ha ritenuto essere un “falso problema”, ossia la presunta sussistenza di posizioni realmente divergenti (sui termini generali della questione: e fatta salva, ovviamente, la peculiarità delle singole fattispecie), non ritenendo vi sia materia di rimessione all’Adunanza Plenaria.

In merito al divieto di aggiudicazione plurima di cui al citato art. 51, terzo comma, del codice dei Contratti, i Giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che la finalità di tale disposizione si rinviene nel Considerando 79 della Direttiva 2014/24/UE, che facoltizza le stazioni appaltanti a limitare il numero dei lotti aggiudicabili al medesimo operatore economico “allo scopo di salvaguardare la concorrenza o per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento”.

Tale indicazione, e la disposizione di diritto interno che ne costituisce attuazione, <<disvelano pertanto plasticamente il duplice profilo causale dei contratti di appalto pubblici: quello c.d. “contabilistico”, funzionale alle (sole) esigenze di approvvigionamento di beni e servizi dell’amministrazione; e quello c.d. “proconcorrenziale”, efficacemente descritto dalla dottrina con come volto a creare artificialmente le condizioni di concorrenza (peraltro non solo in un’ottica macroeconomica, ma anche allo scopo di favorire l’interesse del contraente pubblico) laddove esse non si sarebbero naturalmente esplicate>> (Cds, III, n. 9003 del 21.10.2022).

Si vuol dire cha la disciplina del vincolo di aggiudicazione va interpretata (anche) avuto riguardo al fatto che tale istituto non è isolato, ma è parte del più complesso regime della suddivisione in lotti, che ne costituisce il fondamento sistematico.

Sulla base di tali premesse, abbiamo visto come la giurisprudenza del Consiglio di Stato è orientata a ritenere che il vincolo di aggiudicazione si applichi non soltanto alla singola impresa, ma “ad un unico centro decisionale” (v. Cds, V, n. 6481/2021).

La scelta del legislatore italiano, per nulla eccentrica rispetto alle previsioni della direttiva 2014/24/UE, è dunque nel senso di fornire alle stazioni appaltanti un ulteriore strumento facoltativo, ossia il vincolo di aggiudicazione nelle gare ad oggetto plurimo, che si aggiunge al tendenziale favor (se non all’obbligo, secondo la letterale previsione del primo comma dell’art. 51) per la suddivisione degli appalti in lotti, per realizzare l’obiettivo della massima partecipazione e della distribuzione delle commesse pubbliche.

Non è dunque anomalo che le determinazioni sull’an e sul quomodo dell’uso di tale strumento siano state rimesse alla discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici, dipendendo tale scelta dalle caratteristiche del singolo appalto che solo la stazione appaltante è in grado di conoscere e valutare.

Sotto quest’ultimo aspetto, <<non vi è infatti alcun elemento per affermare che, fra le due possibili finalità del vincolo di aggiudicazione, quella proconcorrenziale sia secondaria o solo eventuale, con la conseguenza di esigere uno specifico onere motivazionale nella legge di gara. Al contrario, siffatto onere sembrerebbe sussistere nella diversa ipotesi, in cui la stazione appaltante si ponga solo il problema di evitare una concentrazione di impegni negoziali a carico della stessa organizzazione aziendale e pertanto ritenga (precisandolo espressamente) di rendere inoperativo il vincolo di destinazione nei confronti di imprese formalmente diverse ma in situazione di collegamento>> (v. ancora Cds, III, n. 9003 del 21.10.2022).

Non bisogna tuttavia sovrapporre, ad avviso del Consiglio di Stato, le esigenze “antitrust” (che pongono problemi diversi, relativi all’individuazione del mercato di riferimento e di un oggettivo pregiudizio al suo corretto funzionamento) alle ben più semplici esigenze “proconcorrenziali” che ispirano la disciplina della suddivisione in lotti, le quali sono coerenti con il favor verso la massima partecipazione alle procedure selettive di piccole e medie imprese che innerva l’intera normativa sull’affidamento dei contratti pubblici.

In presenza di una clausola prevedente un vincolo di aggiudicazione si presume che la stessa risponda (anche) alla ratio di impedire l’accaparramento delle connesse da parte di un unico soggetto, dovendo semmai essere motivata la diversa ipotesi in cui tale finalità non vi sia; muovendo dall’esatto inquadramento dei tratti normativi dell’istituto, infatti, <<la possibilità della sua applicazione alle imprese collegate è nel sistema, sicché la prevedibilità delle conseguenze delle scelte imprenditoriali è già assicurata sul piano normativo, senza necessità di una specificazione volta per volta in sede di legge di gara (che anzi aumenterebbe il tasso di complicazione del sistema)>> (v. ancora Cds, III, n. 9003 del 21.10.2022).  

È questa la ragione per cui <<in presenza di una clausola prevedente un vincolo di aggiudicazione si presume che la stessa risponda (anche) alla ratio di impedire l’accaparramento delle connesse da parte di un unico soggetto, dovendo semmai essere motivata la diversa ipotesi in cui tale finalità non vi sia>>; muovendo dall’esatto inquadramento dei tratti normativi dell’istituto, infatti, <<la possibilità della sua applicazione alle imprese collegate è nel sistema, sicché la prevedibilità delle conseguenze delle scelte imprenditoriali è già assicurata sul piano normativo, senza necessità di una specificazione volta per volta in sede di legge di gara (che anzi aumenterebbe il tasso di complicazione del sistema)>> (v. ancora Cds, III, n. 9003 del 21.10.2022).

Ciò che connota dunque la fattispecie analizzata nella sentenza in commento non è solo l’unicità del centro decisionale, ma la concreta traduzione di tale dato soggettivo nel dato oggettivo della sostanziale unicità dell’offerta prestazionale: che è proprio una delle due eventualità che il vincolo di aggiudicazione intende evitare: accanto a quella di concentrazione delle commesse.

Si tratta, pertanto, di una situazione che soddisfa i requisiti richiesti dalla prevalente giurisprudenza per cui <<la situazione elusiva del vincolo di aggiudicazione, quando le imprese facciano parte di un gruppo (avente per definizione l’obiettivo di accrescimento del fatturato consolidato) od, a maggior ragione, siano tra loro in una situazione di controllo o di collegamento ex art. 2359 cod. civ., non può consistere nella sola comune partecipazione alle gare pubbliche del settore di riferimento concorrendo per lotti distinti, al fine di aggiudicarsi più di un lotto, trattandosi di un obiettivo insito nella logica economica del gruppo societario. Piuttosto, è necessario che si configuri una sorta di fenomeno simulatorio di gruppo societario, con intermediazione di società (apparentemente) controllate ma di fatto coincidenti con la controllante, di modo che gli affidamenti aggiudicati alle prime finiscano per essere in concreto attribuiti a quest’ultima, violando la ratio distributiva della norma e della previsione del bando di gara. Si tratta di una verifica che supera gli elementi richiesti per legge per il riconoscimento della soggettività giuridica, presupponendo che soggetti di diritto privato formalmente distinti possano essere unitariamente considerati ai fini dell’affidamento selettivo, non solo nel caso paradigmatico in cui il gruppo societario sia stato (fittiziamente) costituito al fine di aggirare il divieto dell’aggiudicazione di più lotti nella singola gara, ma anche quando vi siano indici presuntivi di un accordo fra le varie società del gruppo, diretto a creare un’impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni destinati al conseguimento di una finalità comune. In tale situazione, il collegamento economico-funzionale tra imprese del medesimo gruppo dà luogo ad un unico centro di imputazione delle offerte per lotti distinti, in ragione dell’unicità della struttura organizzativa e produttiva, superando il profilo formale della pluralità soggettiva degli operatori economici e valorizzandone la sostanziale unitarietà della partecipazione alla gara>> (Cds, V, n. 8245/2021).

L’esame della specifica dimensione fattuale della vicenda esaminata dimostra, infine, che la dialettica fra causa “contabilistica” e causa “proconcorrenziale” dei contratti pubblici, non necessariamente si pone in termini di reciproca incompatibilità: la concorrenza effettiva essendo (nella dimensione pubblicistica di matrice comunitaria) strumento di efficienza del mercato e, quindi, garanzia di una prestazione negoziale anch’essa efficiente ed efficace (il fenomeno simulatorio soggettivo essendo invece, di per sé, un elemento tale da frustrare non soltanto la tutela della concorrenza per il mercato ma anche, quanto meno in astratto, l’affidamento riposto dal committente sulle reali caratteristiche imprenditoriali dello specifico soggetto tenuto a rendere la prestazione: e, dunque, in ultima analisi sulla prestazione medesima).

5. Prospettive

In sostanza, i pur apprezzabili sforzi ermeneutici compiuti dai giudici amministrativi non hanno consentito di avere un quadro chiaro e definito dell’operatività del vincolo di aggiudicazione, essendo tutto più o meno rimesso alla discrezionalità della stazione appaltante. Il che, se da un lato conferisce elasticità organizzativa all’amministrazione aggiudicatrice, la quale può tarare i relativi divieti di partecipazione/aggiudicazione secondo le proprie reali esigenze, dall’altro pone i concorrenti in una situazione di incertezza legata peraltro, come abbiamo visto, alla ritenuta non necessità di motivare la scelta della previsione del vincolo di aggiudicazione.

I pur apprezzabili sforzi ermeneutici compiuti dai giudici amministrativi non hanno consentito di avere un quadro chiaro e definito dell’operatività del vincolo di aggiudicazione, essendo tutto più o meno rimesso alla discrezionalità della stazione appaltante. Il che, se da un lato conferisce elasticità organizzativa all’amministrazione aggiudicatrice, la quale può tarare i relativi divieti di partecipazione/aggiudicazione secondo le proprie reali esigenze, dall’altro pone i concorrenti in una situazione di incertezza legata peraltro, come abbiamo visto, alla ritenuta non necessità di motivare la scelta della previsione del vincolo di aggiudicazione.    

Un passo in avanti verso una definizione più chiara del vincolo di aggiudicazione sembra fare la bozza del “nuovo” Codice degli appalti, ancora in fase di consultazione, che all’art. 58, co. 4, prescrive che <<La stazione appaltante può limitare il numero massimo di lotti per i quali è consentita l’aggiudicazione al medesimo concorrente per ragioni connesse alle caratteristiche della gara e all’efficienza della prestazione, oppure per ragioni inerenti al relativo mercato, anche a più concorrenti che versino in situazioni di controllo o collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile. Al ricorrere delle medesime condizioni e ove necessario in ragione dell’elevato numero atteso di concorrenti, può essere limitato anche il numero di lotti per i quali è possibile partecipare. In ogni caso il bando o l’atto indittivo contengono l’indicazione della ragione specifica della scelta, e prevedono il criterio non discriminatorio di selezione del lotto o dei lotti da aggiudicare al concorrente utilmente collocato per un numero eccedente tale limite>>.

Se, da un lato, non viene minimamente scalfita (anzi, viene confermata e forse rafforzata) la discrezionalità della stazione appaltante in tale ambito, dall’altro vi è l’espresso riferimento al divieto di partecipazione ad imprese che si trovino in situazione di controllo/collegamento ex art. 2359 c.c., nonché la richiesta di una motivazione espressa rispetto alla scelta di porre uno o più vincoli di partecipazione/aggiudicazione.

Ovviamente, occorrerà attendere la definitiva approvazione del nuovo Codice per avere il quadro definitivo, ma pare già evidente che, anche con la nuova disciplina, non mancherà di accendersi un vivace dibattito giurisprudenziale sull’operatività del vincolo di aggiudicazione anche ad imprese tra loro collegate in presenza di gare suddivise in lotti, soprattutto alla luce dell’ampio potere attribuito alle stazioni appaltanti dal legislatore in soggetta materia.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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