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1. Premesse

La legge 23 dicembre 2014, n. 190 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (di seguito “Legge di Stabilità 2015”), ha introdotto, con decorrenza 1 gennaio 2015, il particolare meccanismo dello split payment (scissione del pagamento) in forza del quale per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato e di talune Pubbliche Amministrazioni, per le quali queste non siano debitori di imposta (ossia per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile), la relativa IVA è versata all’Erario direttamente dalle predette Pubbliche Amministrazioni quali enti cessionari o committenti in luogo dei rispettivi fornitori.

In particolare, l’art. 1, comma 629 lettera b) della Legge di Stabilità 2015 ha introdotto nel DPR 26 ottobre 1972 n. 633 (di seguito il “Decreto IVA”) l’art. 17-ter rubricato “Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici” che prevede il meccanismo dello split payment secondo cui l’IVA verrà sottratta alla disponibilità del fornitore della Pubblica Amministrazione,  il quale non verrà più pagato per l’intera somma riportata in fattura (imponibile ed IVA), ma verrà pagato per il solo corrispettivo al netto dell’IVA, dato che quest’ultima verrà versata dalla Pubblica Amministrazione in un apposito conto per essere successivamente acquisito direttamente dall’Erario.

Il predetto meccanismo è, dunque, derogatorio rispetto al regime ordinario secondo cui l’IVA viene pagata dal committente al fornitore il quale la versa all’Erario al netto delle imposte detraibili con riferimento ai propri acquisti.

Obiettivo dello split payment nell’ambito delle operazioni svolte nei confronti della Pubblica Amministrazione è in primis quello sia di contrastare l’evasione fiscale perpetrata da quei soggetti che dopo aver riscosso l’IVA non la versavano all’Erario ma anche di garantire le Amministrazioni acquirenti dal rischio di coinvolgimento nelle frodi commesse dai propri fornitori o terzi.

Il meccanismo dello split payment, uno degli strumenti a disposizione dell’amministrazione finanziaria dei diversi Stati Membri dell’Unione europea per contrastare l’evasione in ambito IVA, necessita di una specifica autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea, così come testualmente riportato dalla direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto all’art. 395 comma 1 («Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali»).

Come previsto dalla citata direttiva, l’Italia ha richiesto la menzionata autorizzazione a poter prevedere lo speciale meccanismo derogatori dello split payment: ad oggi si è ancora in attesa della decisione da parte del Consiglio dell’Unione Europea.

A tale riguardo si segnala che ai sensi dell’art. 1, comma 632 della Legge di Stabilità 2015 «Le disposizioni di cui al comma 629, lettera b), nelle more del rilascio, ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE, della misura di deroga da parte del Consiglio dell’Unione europea, trovano comunque applicazione per le operazioni per le quali l’imposta sul valore aggiunto è esigibile a partire dal 1º gennaio 2015».

Considerato l’impatto dell’entrata in vigore delle disposizioni regolanti il meccanismo dello split payment, nel prosieguo del presente contributo, al fine di fornire ai soggetti coinvolti un quadro di sintesi, si passerà ad evidenziare i profili più rilevanti sia a livello normativo che a livello di prassi.

Con la Legge di Stabilità 2015 è stato introdotto, con decorrenza 1 gennaio 2015, l’art. 17-ter del DPR 26 ottobre 1972 n. 633 concernente il meccanismo dello split payment (scissione del pagamento).

2. Norme e prassi

Come anticipato, il meccanismo dello split payment è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 1, comma 629 lettera b) della Legge di Stabilità 2015 il quale ha, inter alia, previsto nel Decreto IVA l’art. 17-ter rubricato “Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici” secondo cui «1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito».

In sostanza, in relazione agli acquisti di beni e servizi effettuati dalle Pubbliche Amministrazioni contemplate dalla norma, l’IVA addebitata dal fornitore nelle relative fatture dovrà essere versata dalla Pubblica Amministrazione acquirente (anche se questa non riveste la qualità di soggetto passivo dell’IVA) direttamente all’Erario anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta.

Come chiarito dall’art. 2 del Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2015 attuativo della normativa dello split payment (di seguito “DMEF”) approvato nelle more della decisione del Consiglio dell’Unione Europea, il fornitore dovrà continuare ad emettere ai sensi dell’art. 21 Decreto IVA una regolare fattura con l’indicazione sia dell’imponibile che dell’IVA e nel campo <Esigibilità IVA> dovrà inserire “S” per “Scissione dei pagamenti”. È riservato, dunque, alla Pubblica Amministrazione il compito di provvedere da una parte, al pagamento al fornitore del corrispettivo per la cessione dei beni o la prestazione dei servizi al netto dell’IVA, dall’altra, al pagamento all’Erario dell’IVA addebitata dal fornitore; quest’ultimo, ai sensi dell’art. 2 del DMEF, dovrà continuare a registrare le fatture emesse nei registri tenuti ai sensi degli articoli 23 e 24 del Decreto IVA e non dovrà computare la suddetta IVA nelle liquidazioni periodiche e quindi non la dovrà versare, mentre contabilmente dovrà stornare con una apposita registrazione contabile l’IVA a debito dal credito vantato nei confronti del cliente Pubblica Amministrazione.

Con riferimento alla decorrenza dell’applicazione del meccanismo dello split payment, l’Agenzia dell’Entrate con la circolare 1/E del 9 febbraio 2015 ha evidenziato che «il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle operazioni in relazione alle quali il corrispettivo sia stato pagato dopo il 1° gennaio 2015 e sempre che le stesse non siano state già fatturate anteriormente alla predetta data. Il meccanismo della scissione dei pagamenti non è, invece, applicabile alle operazioni per le quali è stata emessa fattura entro il 31 dicembre 2014».

Con lo split payment per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato e di talune Pubbliche Amministrazioni, per le quali queste non siano debitori di imposta, la relativa IVA è versata all’Erario direttamente dallo Stato e dalle predette Pubbliche Amministrazioni quali enti cessionari o committenti in luogo dei rispettivi fornitori.

2.1. Ambito oggettivo di applicazione

Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, il nuovo art. 17-ter del Decreto IVA identifica gli enti le cui operazioni di cessione sono assoggettate alla disciplina dello split payment, ovvero:

  • lo Stato,
  • gli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica,
  • gli enti pubblici territoriali e i consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 s.m.i. (cd. “TUEL”),
  • le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
  • gli istituti universitari,
  • le aziende sanitarie locali,
  • gli enti ospedalieri,
  • gli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico,
  • gli enti pubblici di assistenza e beneficenza e quelli di previdenza.

A tale riguardo l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 1/E del 9 febbraio 2015 prima e con la circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 ha fornito dei chiarimenti al fine di consentire la puntuale individuazione delle categorie di soggetti pubblici a cui si applica la nuova disciplina dello split payment; in particolare, la seconda circolare dell’Agenzia delle Entrate richiamata ha definito in modo più chiaro e puntuale i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione del meccanismo dello split payment.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 1/E del 9 febbraio 2015 ha rilevato che «ai fini dell’individuazione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, occorra, quindi, fare riferimento ai soggetti destinatari dell’art. 6, quinto comma, del DPR n. 633 del 1972 [che ha ad oggetto l’applicabilità, alle operazioni effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni ivi indicate, dell’esigibilità differita dell’IVA all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi], effettuando, comunque, un’interpretazione del dettato normativo della disposizione in commento basata su valutazioni sostanziali di ordine più generale, che tengano conto della differente ratio che ha ispirato il legislatore nell’adozione di tale norma rispetto al citato art. 6, quinto comma, dello stesso DPR n. 633»[1].

Come rilevato nella circolare n. 1/E del 9 febbraio 2015 dell’Agenzia delle Entrate, le Amministrazioni Pubbliche individuate dall’art. 1, comma 629 lettera b) della Legge di Stabilità 2015 come destinatari della disciplina della scissione dei pagamenti sono:

  • Stato e altri soggetti qualificabili come organi dello Stato, ancorché dotati di autonoma personalità giuridica, ivi compresi, ad esempio, le istituzioni scolastiche e le istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM)[2].
  • enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane) e consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art. 31 del TUEL. Si ritiene, inoltre, che siano riconducibili in tale categoria, anche gli altri enti locali indicati dall’art. 2 del TUEL, ossia Comunità montane, Comunità isolane e Unioni di Comuni[3];
  • Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (C.C.I.A.A.);
  • aziende sanitarie locali;
  • enti ospedalieri, ad eccezione degli enti ecclesiastici che esercitano assistenza ospedaliera, i quali, ancorché dotati di personalità giuridica, operano in regime di diritto privato;
  • enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico (I.R.C.C.S.);
  • enti pubblici di assistenza e beneficenza, ossia, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP);
  • enti pubblici di previdenza (INPS, Fondi pubblici di previdenza).

Come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 15/E del 13 aprile 2015, sono da ricomprendere nell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina dello split payment anche, ad esempio,

  • i Commissari delegati per la ricostruzione a seguito di eventi calamitosi
  • i Consorzi di Bacino imbrifero montani
  • i consorzi interuniversitari costituiti.

Con riferimento ai soggetti esclusi dal meccanismo dello split payment, come si legge nella circolare 1/E del 9 febbraio 2015, l’Agenzia dell’Entrate ritiene che la disciplina di cui all’art. 17-ter del Decreto IVA non possa trovare applicazione per le operazioni effettuate nei confronti, ad esempio, degli enti previdenziali privati o privatizzati, essendo la natura pubblica un requisito imprescindibile per l’applicazione della norma in commento, né delle aziende speciali (ivi incluse quelle delle CCIAA) e della generalità degli enti pubblici economici, che operano con un’organizzazione imprenditoriale di tipo privatistico nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi, ancorché nell’interesse della collettività.

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate devono, inoltre, ritenersi esclusi dalla platea dei destinatari del meccanismo della scissione dei pagamenti gli enti pubblici non economici, autonomi rispetto alla struttura statale, che perseguono fini propri, ancorché di interesse generale, e quindi non riconducibili in alcuna delle tipologie soggettive annoverate dalla norma in commento: gli Ordini professionali, gli Enti ed istituti di ricerca, le Agenzie fiscali, le Autorità amministrative indipendenti (quale, ad esempio, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCOM), le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), gli Automobile club provinciali, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), l’Agenzia per L’Italia Digitale (AgID), l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO).

Come indicato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 sono esclusi dal meccanismo della scissione dei pagamenti anche la Banca d’Italia e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI).

2.2. Ambito oggettivo di applicazione

Per espressa previsione normativa, ai sensi dell’art. 17-ter del Decreto IVA fattispecie escluse dall’ambito di applicazione del meccanismo dello split payment sono:

  • le operazioni per le quali le Pubbliche Amministrazioni sono debitori d’imposta (ossia per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile ai sensi degli articoli 17, comma 6 e 74 del Decreto IVA, cd. reverse change),
  • prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito.

Come indicato nella circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 dell’Agenzia delle Entrate, il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di cui agli artt. 2 e 3 del Decreto IVA (compresi, pertanto, in via generale, gli appalti di lavori, in quanto prestazioni di servizi) effettuate, nel territorio dello Stato, nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni rientranti nell’ambito di applicazione soggettiva (si veda sopra).

Come già chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 1/E del 9 febbraio 2015, lo split payment riguarda solo le operazioni documentate mediante fattura emessa dai fornitori ai sensi dell’art. 21 del Decreto IVA: «devono, pertanto, ritenersi escluse dal predetto meccanismo le operazioni (ad es, piccole spese dell’ente pubblico) certificate dal fornitore mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni (cfr. art. 12, comma 1, della L. n. 413 del 1991) ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi sensi dell’art. 1, commi 429 e ss. della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ovvero altre modalità semplificate di certificazione specificatamente previste».

Con il suddetto chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate a livello di prassi sono, dunque, fatte salve ad esempio, le piccole spese delle Pubbliche Amministrazioni il cui assoggettamento al meccanismo dello split payment avrebbe determinato difficoltà operative.

Come chiarito dalla circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 dell’Agenzia delle Entrate, la disciplina dello split payment è applicabile a tutti gli acquisti effettuati dalle Pubbliche Amministrazioni, sia nell’ambito non commerciale in veste istituzionale che nell’esercizio di attività d’impresa, sebbene detti enti dovranno procedere in tali casi al versamento dell’imposta con modalità differenti.

In considerazione della “ratio” e delle caratteristiche del meccanismo di scissione dei pagamenti, l’Agenzia delle Entrate ritiene «che il predetto meccanismo non sia applicabile alle fattispecie nelle quali la PA non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore. Trattasi, in particolare, delle operazioni rese alla PA (ad esempio servizi di riscossione delle entrate e altri proventi) in relazione alle quali, il fornitore ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli e – in forza di una disciplina speciale contenuta in una norma primaria o secondaria – trattiene lo stesso riversando alla PA committente un importo netto. In tali casi, appare coerente alla “ratio” dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, escludere le predette fattispecie dal meccanismo della scissione dei pagamenti, in quanto l’imponibile e relativa imposta sono già nella disponibilità del fornitore”.

Sono esclusi dall’ambito applicativo della scissione dei pagamenti, per espressa previsione normativa, gli acquisti per i quali l’ente è “debitore d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto». Si tratta delle fattispecie di c.d. reverse charge in cui la veste di debitore d’imposta non è attribuita, come di regola, a colui che cede il bene o presta il servizio, bensì al cessionario o al committente, ai quali, dunque, non viene addebitata (in rivalsa) alcuna imposta, da parte di colui che ha compiuto l’operazione imponibile. In tali casi, sorge un debito IVA direttamente in capo alla Pubblica Amministrazione, soggetto passivo acquirente, per i beni o servizi destinati alla sfera commerciale.

Come rileva l’Agenzia delle Entrate «Nelle ipotesi in cui l’operazione di acquisto rientri in una delle fattispecie riconducibili nell’ambito applicativo dell’inversione contabile c.d. reverse charge, non si applica la scissione dei pagamenti». Tuttavia, è possibile che beni e servizi acquisiti dalla Pubblica Amministrazione siano dalla stessa destinati in parte alla sfera commerciale e in parte alla sfera istituzionale non commerciale, per la cui attività l’amministrazione acquirente non riveste quindi la qualifica di soggetto passivo IVA. L’Agenzia delle Entrate chiarisce che «In tali casi, la PA dovrà comunicare al fornitore la quota parte del bene o servizio acquistato da destinare alla sfera commerciale, determinata con criteri oggettivi, in relazione alla quale è applicabile il meccanismo del reverse charge. Alla quota parte del bene o servizio acquistato da destinare alla sfera istituzionale non commerciale tornerà applicabile il meccanismo della scissione dei pagamenti».

Ed ancora, con la circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 l’Agenzia delle Entrate segnala che il meccanismo della scissione dei pagamenti non si applica:

  • alle prestazioni di servizi rese alle Pubbliche Amministrazioni i cui compensi siano assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’art. 25 del DPR n. 600/1973;
  • alle operazioni (ad esempio le piccole spese dell’ente pubblico) certificate dal fornitore mediante rilascio della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi;
  • alle operazioni assoggettate, ai fini Iva, a regimi c.d. speciali.

2.3. Esigibilità

Con riferimento all’esigibilità dell’imposta, l’art. 3 del DMEF dispone che l’IVA relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi di cui all’art. 17-ter del Decreto IVA diviene esigibile al momento del pagamento dei corrispettivi indicati in fattura; le Pubbliche Amministrazioni potranno, tuttavia, optare per considerare l’esigibilità dell’imposta al momento di ricezione della fattura.

Si rileva, tuttavia, che il DMEF non specifica le modalità con cui le Pubbliche Amministrazioni potranno optare per la predetta esigibilità ”anticipata” né se quest’ultima valga per tutte le fatture ricevute dalla medesima Pubblica Amministrazione o per ogni singola fattura ricevuta.

2.4. Versamento dell’iva

Come specifica l’art. 4 del DMEF, il versamento dell’IVA viene effettuato dalle Pubbliche Amministrazioni entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile e, a tal fine, l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 15/E del 12 febbraio ha istituito i seguenti 2 nuovi codici tributo per il versamento, che deve avvenire mediante i modelli F24 ed F24 Enti pubblici:

  • 620E – IVA dovuta dalle Pubbliche Amministrazioni – scissione dei pagamenti – art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972 (per i soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) del DMEF);
  • 6040E – IVA dovuta dalle Pubbliche Amministrazioni – scissione dei pagamenti – art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972 (per i soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b) del DMEF).

Si evidenzia che lo stesso art. 4 del DMEF precisa che il versamento dell’IVA da parte della Pubblica Amministrazione non potrà essere oggetto di compensazione.

Con la circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 l’Agenzia delle Entrate precisa che per gli acquisti effettuati dalle Pubbliche Amministrazioni nell’ambito delle proprie attività istituzionali non commerciali, il versamento dell’IVA è effettuato dalle medesime Pubbliche Amministrazioni senza possibilità di compensazione: è esclusa la possibilità per l’amministrazione acquirente di utilizzare l’importo dell’IVA dovuta per le operazioni in regime di scissione contabile in compensazione orizzontale con altri crediti d’imposta vantati dalla stessa.

Come chiarito dall’art. 5 del DMEF, le Pubbliche Amministrazioni che rivestono la qualifica di soggetto passivo di imposta relativamente alle attività commerciali, dovranno annotare le relative fatture anche nel registro vendite o corrispettivi di cui agli articoli 23 e 24 del Decreto IVA entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile, con riferimento al mese precedente. In tali ipotesi l’IVA dovuta concorrerà alla liquidazione mensile o trimestrale con riferimento al periodo in cui si verifica l’esigibilità.

L’art. 6 del DMEF dispone che al fine di eseguire il monitoraggio e controllo dei versamenti IVA effettuati e/o da effettuarsi con riferimento allo split payment l’Agenzia delle Entrate, d’intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, acquisirà ed elaborerà in automatico le relative informazioni attraverso il flusso delle fatture elettroniche obbligatorie.

2.5. Intervento sostitutivo in presenza di durc negativo

Gli artt. 4 e 6 del DPR 5 ottobre 2010, n. 207, prevedono che prima di effettuare pagamenti a favore dei propri fornitori le Pubbliche Amministrazioni provvedano a richiedere il DURC e, in presenza di irregolarità, attivino il c.d. “intervento sostitutivo” che consiste nel pagare l’importo dovuto direttamente all’istituto previdenziale o assicurativo creditore.

A tale riguardo, l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 segnala che «il procedimento, sulle fatture soggette al meccanismo dello split payment, deve essere avviato in riferimento all’importo dell’imponibile della fattura, quindi escluso IVA. L’intervento sostitutivo si manifesterà, pertanto, solo sulla parte del credito effettivamente vantata dal fornitore».

2.6. Sanzioni

Per le forniture di beni e servizi effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni i fornitori – sempre che non ne siano esonerati, salvo richiesta della PA – devono emettere fattura con l’indicazione “scissione dei pagamenti” o “split payment”.

A tale riguardo l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 15/E del 13 aprile 2015 evidenzia che nel caso in cui la fattura non contenga la predetta indicazione è applicabile la sanzione amministrativa di cui all’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997; resta salva la non applicazione della predetta sanzione nell’ipotesi in cui il fornitore si sia attenuto alle indicazioni fornite dalla Pubblica Amministrazione in merito alla riconducibilità della medesima nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, sempre che l’imposta sia stata assolta, ancorché in modo irregolare.

Ed ancora «L’omesso o ritardato adempimento del versamento all’erario (per conto del fornitore) da parte delle PA è sanzionato ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 e le somme che l’ente pubblico avrebbe dovuto versare saranno riscosse mediante atto di recupero di cui all’art. 1, comma 421, della legge 30dicembre 2004, n. 311. Resta salva la non applicazione delle sanzioni per le violazioni commesse anteriormente alla data di pubblicazione del presente documento di prassi, stante le obiettive condizioni di incertezza ai sensi del citato art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000 (cd. statuto dei diritti del contribuente), sempre che l’imposta sia stata assolta».

L’Agenzia delle Entrate con le circolari n. 1/E del 9 febbraio 2015 e n. 15/E del 13 aprile 2015 ha fornito precise indicazioni in merito all’applicazione del meccanismo dello split payment

3. Effetti dello split payment e primi rimedi

L’impatto più rilevante dello split payment a carico dei fornitori della Pubblica Amministrazione è certamente quello finanziario in quanto le imprese si troveranno accreditati da parte delle Pubbliche Amministrazioni i corrispettivi al netto dell’IVA. Al fine di far fronte a questo “gap” le predette imprese, che si troveranno strutturalmente a credito di IVA, considerato che l’IVA a credito sarà maggiore dell’IVA a debito ridottasi per lo split payment, potrebbero dover avanzare richieste di finanziamenti bancari oppure riversare sui loro fornitori le minori entrate finanziarie allungando ulteriormente la durata media dei pagamenti.

Al fine di limitare i predetti pregiudizi per le imprese derivanti dall’introduzione dello split payment, il legislatore della Legge di Stabilità 2015 ha apportato ulteriori modifiche alla disciplina dei rimborsi IVA di cui al Decreto IVA. In particolare, l’art. 1, comma 629 lettera c) della Legge di Stabilità 2015 ha previsto una modifica all’art. 30, comma 2 lettera a) del Decreto Iva[4] in base alla quale anche per le operazioni effettuate ai sensi dell’art. 17-ter del Decreto IVA il contribuente potrà chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile all’atto della presentazione della dichiarazione (annuale o trimestrale) con la contestuale applicazione dell’art. 38-bis del Decreto IVA relativo all’esecuzione dei rimborsi.

A tale riguardo l’art. 8 del DMEF originariamente prevedeva che con riferimento allo split payment la disposizione di cu all’art. 38-bis, comma 10 del DMEF relativo all’erogazione dei rimborsi in via prioritaria dell’eccedenza d’imposta detraibile si applicasse «a partire dalla richiesta relativa al primo trimestre dell’anno di imposta 2015, ai soggetti passivi che hanno effettato operazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 17-ter dello stesso decreto n. 633 del 1972, fermo restando quanto previsto dall’art. 2 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 22 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2007, e nel rispetto dei presupposti di cui all’articolo 30 secondo comma lettera a) del decreto n. 633 del 1972». Si evidenzi, tuttavia, che il predetto art. 8 del DMEF è stato modificato dal Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 20 febbraio 2015 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2015), che ha provveduto ad eliminare dall’art. 8 cit. la formulazione  <<fermo restando quanto previsto dall’art. 2 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2007>>.

In ragione della suddetta modifica per quanto attiene i contribuenti ammessi al rimborso in via prioritaria non sussistono più le seguenti limitazioni:

  • esercizio dell’attività da almeno tre anni;
  • eccedenza detraibile di importo pari o superiore a 10.000 euro in caso di richiesta di rimborso annuale ed a 3.000 euro in caso di richiesta di rimborso trimestrale;
  • eccedenza detraibile richiesta a rimborso di importo pari o superiore al 10% dell’importo complessivo dell’imposta assolta sugli acquisti e sulle importazioni effettuati nell’anno o nel trimestre a cui si riferisce il rimborso richiesto.

Per sopperire alla diminuzione di liquidità per le imprese soggette al meccanismo dello split payment si segnala che il legislatore ha previsto una modifica all’art. 26-ter, comma 1, primo periodo del Decreto Legge n. 69/2013 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 98/2013 (cd. “Decreto del Fare”) con cui si prevedeva per i contratti di appalto relativi a lavori pubblici, fino al 31 dicembre 2015, in deroga ai divieti di anticipazione del prezzo, la corresponsione in favore dell’appaltatore di un’anticipazione pari al 10% dell’importo contrattuale.

Presupposto per ricevere l’anticipazione pari al 10% dell’importo contrattuale era la costituzione di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa il cui importo doveva essere lo stesso dell’anticipazione richiesta, più il tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell’anticipazione stessa secondo il cronoprogramma dei lavori. Una volta, poi, costituita la fideiussione, i soggetti appaltanti erogavano all’appaltatore, entro 15 giorni dalla data di inizio dei lavori accertata dal responsabile del procedimento, l’anticipazione del 10% sull’importo contrattuale.

Con la Legge 27.2.2015, n. 11 di conversione con modifiche del Decreto Legge n. 192/2014 (cd. “Decreto Milleproroghe”) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28.2.2015, n. 49, al fine di garantire all’appaltatore soggetto allo split payment una maggiore liquidità è stato l’incremento dal 10% al 20% dell’anticipo del prezzo in favore dell’appaltatore dell’importo contrattuale stabilito.

Con decorrenza dal 01 marzo 2015, l’art. 8, comma 3-bis del Decreto Legge n. 192/2014 prevede infatti che «Con esclusivo riferimento ai contratti di appalto relativi a lavori, disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, affidati a seguito di gare bandite o di altra procedura di affidamento avviata successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, l’anticipazione di cui all’articolo 26-ter, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e successive modificazioni, è elevata al 20 per cento dell’importo contrattuale».

Il legislatore ha già introdotto delle misure volte a limitare l’impatto di carattere finanziario dello split payment a carico dei fornitori della PA: le imprese, pochè si troveranno accreditati da parte delle PA i corrispettivi al netto dell’IVA, si troveranno strutturalmente a credito di IVA, considerato che l’IVA a credito sarà maggiore dell’IVA a debito ridottasi per lo split payment.

4. Conclusioni

Come già evidenziato, le disposizioni di cui all’art. 1 comma 629, lettera b) della Legge Finanziaria 2015 in forza delle quali è stato introdotto il meccanismo dello split payment sono ancora sottoposte alla “condizione risolutiva” dell’ottenimento dell’autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 395 della direttiva 2006/112/CE.

Qualora il Consiglio dell’Unione Europea si determinasse per rilasciare la predetta autorizzazione all’introduzione nel nostro ordinamento del descritto meccanismo dello split payment, si auspica che il legislatore ponga in essere ulteriori misure “compensative” le quali, unitamente a quelle già individuate (si veda §4), possano ridurre gli oneri finanziari che si determinerebbero a carico dei fornitori della Pubblica Amministrazione in ragione del fatto che gli stessi non potranno più compensare i crediti IVA maturati in relazione alle prestazioni eseguite nei confronti della Pubblica Amministrazione con i propri debiti IVA nei confronti dell’Erario.


[1] Nella circolare 1/E del 9.2.2015 l’Agenzia delle Entrate segnala che per ragioni di semplicità operativa e per dare maggiori elementi di certezza agli operatori (sia ai fornitori che agli stessi enti pubblici acquirenti) può essere utile avvalersi, al fine di una più puntuale individuazione dei soggetti pubblici destinatari della disciplina della scissione dei pagamenti, dell’ausilio dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (c.d. IPA), consultabile alla pagina http://indicepa.gov.it/documentale/ricerca.php.

[2] Tali soggetti, infatti, ancorché dotati di personalità giuridica, devono considerarsi a tutti gli effetti amministrazioni statali, in quanto del tutto compenetrati nella organizzazione dello Stato in ragione di specifici elementi distintivi (cfr. circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato n. 16 del 20 marzo 2003 e parere dell’Avvocatura dello Stato n. 14720 del 5 febbraio 2001).

[3] Si tratta, infatti, in tali casi, di enti pubblici costituiti per l’esercizio associato di una pluralità di funzioni o di servizi comunali in un determinato territorio, i quali, pertanto, in relazione ad essi, si sostituiscono agli stessi Comuni associati. Una esclusione di tali enti dall’applicazione del meccanismo della scissione contabile non permetterebbe di raggiungere pienamente l’obiettivo del legislatore, limitando, di fatto, l’attuazione della finalità antievasione della norma in commento.

[4]Art. 30, comma 2 lettera a) del Decreto IVA (come modificato dall’art. 1, comma 629 lettera c) della Legge di Stabilità 2015) «Il contribuente può chiedere in tutto o in  parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di  importo superiore  a  lire cinque milioni, all’atto della presentazione della dichiarazione

  1. quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, nonché a norma dell’articolo 17-ter».
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Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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