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( votes)L’arrivo della primavera ne rinvigorisce le chiome, ne adorna i rami di colorate fioriture. Un piacere per la vista. Un gradevole scorcio di natura tra asfalto e cemento. Un elemento ornamentale. Solo questo? Il verde pubblico può essere (ancora oggi) catalogato nella categoria “decoro urbano”? Lo si può considerare al pari di panchine e fontane come elemento estetico delle nostre città? Parlare in questi termini del verde pubblico è ormai anacronistico e riduttivo. È certamente bello da vedere ma in realtà svolge per le città e per chi le abita, un ruolo i cui benefici si allargano in diverse direzioni.
I parchi urbani possono sviluppare benefici psicologici a favore di ogni individuo. “Stare nel verde procura notevoli vantaggi alle persone che soffrono dei più comuni disturbi psichici come depressioneeansia” si legge in un articolo pubblicato sulla pagina web della Fondazione Veronesi che fa riferimento a una ricerca scientifica condotta dall’università britannica di Exter. Una funzione non di poco conto se si considera che l’OMS ha definito la depressione come il “male del secolo” e che la stessa depressione indebolendo il sistema immunitario finisce per fare da ponte a patologie fisiche anche estremamente debilitanti.
Solo questo aspetto dovrebbe indurre le nostre Amministrazioni Comunali a investire più capitoli di spesa nella diffusione e gestione del verde urbano. Ma i benefici della presenza del verde in città sono anche connessi al contenimento degli effetti del surriscaldamento climatico. Gli alberi mitigano le conseguenze dell’inquinamento assorbendo polveri sottili e altri agenti inquinanti, generano sollievo dalle ondate di calore riuscendo a raffreddare l’aria fino a 8 gradi, riducendo di conseguenza l’esigenza di utilizzare sistemi di condizionamento dell’aria del 30%.
Alberi, siepi, aiuole, sono dunque vitali per il benessere della città. Eppure, sono ancora molte le Pubbliche Amministrazioni che non riescono a dedicarvi le necessarie risorse. Sono diversi i casi di abbattimento di alberi tra le piazze, i viali e le strade dei nostri centri abitati. Lungo tutta l’Italia, questo genere di interventi, si stanno moltiplicando. La sentenza n. 9178/2022 del Consiglio di Stato stabilisce che un albero debba essere abbattuto solo in caso di comprovate problematiche fitosanitarie e di stabilità. L’incolumità pubblica ha precedenza su qualsiasi cosa. Non c’è dubbio. Ciò che invece fa dubitare è il modo in cui viene gestita la manutenzione delle piante cittadine. È davvero messa in pratica con competenze e risorse idonee? Abbattere un albero, anche se malato, è sempre una sconfitta. È un intervento tardivo, figlio di una scarsa manutenzione e di un monitoraggio inefficiente.
Clamoroso il caso di Torino. Nell’agosto scorso fu annunciata la necessità di abbattere 3000 alberi che erano risultati malati. Una decisione seguita dalla promessa di provvedere alla piantumazione di nuovi esemplari a partire dall’autunno successivo. Promessa mantenuta. A febbraio ne erano già stati messi a dimora 2000, l’operazione sarà terminata entro l’estate 2024.
Il 2024 è anche la data entro la quale dovrà essere portato a compimento il progetto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che partito nel 2021, prevede “una serie di azioni rivolte alle 14 città metropolitane, per migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini di tutti i comuni metropolitani attraverso interventi di rimboschimento che contrastino i problemi legati all’inquinamento atmosferico, all’impatto dei cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità”. A fine progetto, è previsto che siano piantati in totale 6.600.000 nuovi alberi.
Un progetto destinato a mutare l’aspetto delle 14 aree metropolitane coinvolte. “Lasceremo un’eredità importante in termini di nuovi boschi, urbani e periurbani, da cui dipenderà non solo la riduzione dell’impatto delle emissioni nocive e del cambiamento climatico sul nostro ecosistema, ma anche il miglioramento della qualità della vita e del benessere dei nostri cittadini”, affermava lo scorso dicembre il vicesindaco della Città Metropolitana Roma Capitale, Pierluigi Sanna.
La realizzazione dei nuovi parchi è un traguardo, ma anche un punto di partenza che implica notevoli responsabilità. Estendere le aree boschive comporta un piano di manutenzione costante che le Amministrazioni locali dovranno gestire, affidando tali lavori a imprese specializzate. Proprio la specializzazione è la strada che si dovrebbe intraprendere per la gestione di aree verdi così ampie. Un parco non è solo l’insieme di alberi, ma anche di impianti idrici e di illuminazione, di viali e di aree attrezzate con giochi per bambini. In questo senso, ci pare corretta la direzione presa dal Comune di Parma. “Abbiamo deciso di investire sul verde pubblico per fare un salto di qualità. Lo abbiamo fatto impostando gli appalti in modo da avere un servizio puntuale e qualificato. Per questo abbiamo suddiviso l’appalto in 5 lotti, puntando sulla specializzazione e sulla differenziazione degli operatori”, afferma l’assessore ai Lavori Pubblici Francesco De Vanna.
Oggi che abbiamo a disposizione figure professionali altamente specializzate, si dovrebbe diffidare dalle imprese factotum, affidando lavori a chi, seppur efficiente in un settore, può manifestare lacune in altri. Il rischio è di finire per avere una bella aiuola ma una fontana che non eroga acqua, uno splendido parco giochi ma un impianto di illuminazione inefficiente. Un’area verde ben curata con panchine traballanti non favorirebbe alcun benessere psicologico. Un parco con alberi spogli e malati o semplicemente posizionati non in maniera idonea, non assolverebbe al ruolo termoregolatore di cui il clima ha bisogno. Come diceva il commediografo russo Ivan Andreevič Krylov, “È un guaio se impasta le torte il calzolaio e se cuce gli stivali un pasticciere”.
L’approccio scelto da Parma offre la possibilità di selezionare l’operatore economico meglio qualificato, con le migliori competenze professionali specifiche, in relazione al singolo intervento. Ogni opera complessa si costituisce di porzioni più piccole. Come un grande puzzle, potrà considerarsi complessivamente ben riuscita, se ogni tassello è perfettamente al suo posto. Se ogni particolare è stato eseguito ad arte. La divisione in lotti permette proprio di riporre attenzione ai particolari. Un modus operandi che deve ispirare tutti i lavori se si vogliono realizzare opere grandi e non mediocri. “La differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grande è l’attenzione ai dettagli”, afferma l’autore inglese Charles R. Swindoll. A uno specialista i dettagli non sfuggono. Non dovrebbero.