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Talvolta è possibile scorgere nei bandi alcune clausole attraverso le quali le stazioni appaltanti, mosse eventualmente da particolari esigenze tecniche per l’esecuzione dell’appalto, impongono ai concorrenti di raggiungere un punteggio minimo sotto l’aspetto tecnico, al di sotto del quale l’offerta dovrà intendersi inidonea, con conseguente esclusione del concorrente. Sul punto si è pronunciata la giurisprudenza amministrativa, la quale si è espressa sulla legittimità delle c.d. clausole di sbarramento, che, ove applicate, non consentono la valutazione del prezzo nel caso di offerte che, sotto il profilo qualitativo, non raggiungano un punteggio minimo. Pertanto, la clausola di sbarramento non può ritenersi di per sé illegittima, in quanto rientrante nell’esercizio di una facoltà discrezionale riconosciuta all’amministrazione in ordine alla determinazione dei fattori di incidenza dei singoli elementi dell’offerta per la scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2004, n. 1040).  Tuttavia, un’entità  elevata della soglia di sbarramento (più del 50%) stabilita per il giudizio di qualità, potrebbe risultare illogica rispetto all’interesse dell’amministrazione e distorsiva della concorrenza, poiché consente, nell’ipotesi in cui un partecipante alla gara non raggiunga, seppure di poco, la soglia stessa, di dover aggiudicare ad altri, indipendentemente dall’entità del compenso richiesto. (Cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV – Sentenza 15/02/2005 n. 476).

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