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( votes)Milano, capitale della moda, del design, della cultura. La città più vivace dell’Italia con i suoi atelier, i suoi studi di architettura, le gallerie d’arte, i teatri. È la stessa città, che con la sua provincia, detiene il triste primato della classifica, stilata da IlSole24Ore, dell’indice della criminalità. Rapine, furti, danneggiamenti, violenze sessuali, omicidi e tentati omicidi. Sono alcuni degli aspetti presi in considerazione dagli esperti della testata giornalistica messi in rapporto con la densità di popolazione.
Quanto sono sicure le nostre città? Poco, potremmo affermare, sfogliando i dati proposti da Lab24. Poche, ne abbiamo conferma esaminando le iniziative delle amministrazioni comunali che promuovono appalti pubblici per fornirsi di impianti di videosorveglianza.
Il 20 ottobre scorso è scaduto il termine per la presentazione delle domande di adesione al POL legalità 2014-2020. 30milioni di euro stanziati a favore dei comuni del meridione che desiderano potenziare i sistemi di videosorveglianza urbana a vocazione interforze.
Se il POL era indirizzato ai centri urbani del Sud Italia, si deve riconoscere che il fenomeno non è rigidamente geolocalizzato in queste aree. Si distribuisce omogeneamente su tutto il territorio nazionale con picchi che coincidono con le città più grandi. Tra le prime cinque province con il maggior numero di denunce, ce ne sono quattro tra le più popolose: Roma, Milano, Napoli, Torino. La sicurezza è sottomessa alla legge dei grandi numeri. Maggiore è il numero degli individui che condividono un determinato territorio, maggiore è la probabilità che nella stessa area si commettano reati. È uno dei maggiori costi dell’urbanizzazione. Agglomerare persone all’interno di una città ha i suoi vantaggi. Vivere in città significa avere maggiori opportunità lavorative, maggiori occasioni di tessere reti sociali, maggiori probabilità di fruire di iniziative culturali. Sul versante opposto della medaglia c’è il caos: traffico, inquinamento, criminalità. Una realtà contro la quale le istituzioni sono impegnate quotidianamente. Le città sono il simbolo della convivenza sociale. L’urbanizzazione, nata dall’esigenza di “una reciprocità delle prestazioni” come affermava l’urbanista spagnolo Idelfonso Cerdà, “si è lentamente sviluppata nel corso dei secoli, contemporaneamente all’intelligenza, agli istinti generosi, ai costumi raffinati, alla morale, alla cultura, alle arti, alle scienze e, in una parola, a tutti gli elementi della vera civiltà”. Tutti buoni propositi che finiscono per collidere contro la degenerazioni insite nell’animo umano che si trascina primordiali recrudescenze della violenza del mondo animale al quale, nonostante tutto, ha origine e appartiene.
È per addomesticare tali istinti che abbiamo bisogno di regole e vigilanza. In maniera sempre più crescente. “Il potere ha solo un dovere: assicurare la sicurezza sociale alla gente” affermava il politico e scrittore britannico Benjamin Disraeli. L’avvento di tecnologie sempre più avanzate nell’ambito della videosorveglianza, sta spostando gli investimenti per la sicurezza in questa direzione. Un trend in continua crescita. Avviato nel 2017. Che ogni anno prevede stanziamenti a favore dei comuni che intendono dotarsi di tali strumentazioni.
Nell’aprile scorso la Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, con riferimento a una graduatoria chiusa nel 2021, aveva firmato il decreto che stanziava 27milioni di euro destinati a 416 comuni di tutta Italia per la realizzazione di sistemi di videosorveglianza urbana. “L’attribuzione del contributo statale per la realizzazione di impianti di videosorveglianza è un importante investimento per migliorare la sicurezza dei cittadini e contrastare i fenomeni criminali sia nei grandi centri urbani che nella realtà minori, facilitando l’attività di repressione dei reati ma anche quella di prevenzione e di capillare controllo del territorio, senza dimenticare l’effetto di deterrenza” aveva detto Lamorgese a margine della cerimonia di siglatura del provvedimento. Di ulteriori 36milioni di euro potranno usufruire altri centri urbani attraverso una nuova procedura di selezione per l’anno 2022.
Ogni progetto, per poter accedere ai finanziamenti, deve essere in regola con le norme che disciplinano la gestione della sicurezza urbana: il Decreto-Legge n. 14 del 2017 e le linee guide del 2018. In queste ultime si delinea una particolare attenzione alle aree in prossimità di scuole, plessi scolastici e sedi universitarie, musei, parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o interessati da flussi turistici, zone adibite a verde pubblico. Si considera che per offrire una buona vigilanza delle suddette aree “può ritenersi adeguata una distanza pari a 300 metri dai siti da tutelare”. Una valutazione che ci appare troppo restrittiva. Perché la videosorveglianza possa funzionare da deterrente alla criminalità deve essere diffusa su un territorio più vasto, capillare. Per evitare che le aree scoperte polarizzino tutto quel crimine in arrivo dai quartieri videosorvegliati nei quali il delinquere non è più protetto dall’anonimato. Episodi di illegalità possono verificarsi nelle zone appena limitrofe a quelle centrali, nei vicoli più remoti, nelle strade delle ultime periferie. Aree che non possono essere trascurate se non con la consapevolezza che si sta mettendo in pratica un trattamento discriminatorio verso tutti i cittadini che vivono lontano dai quartieri centrali, turistici e di interesse culturale.
Una più ampia estensione della gestione della sicurezza con videosorveglianza potrebbe arrivare dal Patto per l’attuazione della Sicurezza Urbana, che ogni Amministrazione Comunale deve propedeuticamente redigere in accordo con il Prefetto. Un documento dal quale emergano i punti debolezza del territorio. Necessario per mettere a punto uno studio tecnico dettagliato del miglior modo di installare le videocamere per fruttarne al massimo tutte le potenzialità.
La sicurezza urbana è un bene pubblico, si legge all’articolo 4 del Decreto-Legge del 2017. È in questa ottica che le pubbliche amministrazioni approcciano ai finanziamenti per accedere ad appalti pubblici: adempiere al compito di assicurare alla collettività quei beni e servizi necessari alla convivenza sociale.