Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Mi avete cercato per decenni, secoli, seguendo impervi itinerari che si addentravano in foreste inesplorate, scavalcavano montagne mai percorse, attraversavano piane e deserti sconosciuti. Cercavate la mitica città dell’oro. La mitologica El Dorado. Ma eravate lontanissimi. Sono sempre stata da tutt’altra parte. Dove? Qui, appena fuori Brescia. La città dell’oro, sono io: piccola, silenziosa e diligente. Roncadelle.

Roncadelle, piccola località alle porte di Brescia, questa estate, ha conquistato le pagine delle testate giornalistiche nazionali ed estere. Arrivano da qui tre degli atleti medagliati con l’oro nelle olimpiadi di Parigi: Giovanni De Gennaro (canoa), Alice Ballandi (judo), Anna Danesi (pallavolo). Eccola la città dell’oro.

Ma a cosa si deve questa concentrazione di campioni? Non ci sono misteriosi riti esoterici o miracolose acque in cui bagnarsi. Non c’è qualcosa di alchemico nell’aria e nemmeno una formula vincente nei tratti del DNA. A rendere Roncadelle capitale dello sport, c’è lo sport. E forse, come affermato dal sindaco Roberto Groppelli, una dose di fortuna. C’è lo sport, dunque. Più precisamente c’è la possibilità di poter praticare sport in strutture di eccellenza.

“L’impegno per lo sport è noto da tempo, anche le amministrazioni precedenti hanno investito nelle strutture e nell’organizzazione. Tutti hanno contribuito a creare il clima giusto per praticare sport e i risultati arrivano”, ha detto il primo cittadino di Rocandelle al Corriere della Sera.

Il Centro Sportivo Comunale di Roncadelle, esteso su una superficie di 4700 metri quadrati distribuiti su due livelli, offre la possibilità di praticare quattordici discipline ed è frequentato da 1500 tesserati, 900 minorenni. È chiaro, offrire strutture adeguate in cui allenarsi è un investimento a favore della crescita di talenti che altrimenti non avrebbero la possibilità di “esplodere”.

L’exploit di Rocandelle è destinato a restare nella storia. La concentrazione di tanti campioni in una comunità così piccola e nella stessa edizione di una manifestazione sportiva è qualcosa che va oltre l’immaginabile. Quel che invece si deve immaginare e concretizzare è che ogni Comune possa avere un patrimonio di impianti sportivi idonei ed efficienti per poter agevolare la diffusione dei quel “clima giusto per praticare sport” di cui parlava Groppelli. La formula non è immediata e ovvia. Più impianti uguale più praticanti, potrebbe non funzionare. Il lavoro per avvicinare i giovani allo sport è culturale. Parte dalle scuole. È nelle palestre scolastiche che si impara a conoscere le proprie doti, che si coglie il piacere di impegnarsi in un’attività fisica.

E invece. E invece sono ancora tanti, troppi, gli istituti scolastici che non sono dotati di una palestra. Il dato emerge da uno studio siglato da UISP, SVIMEZ e Sport e Salute che fotografa la situazione al 2023. “Solo 4 edifici scolastici su 10 sono dotati di palestra in Italia. Più nel dettaglio, circa 550mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) frequentano scuole che non sono dotate di una palestra”, si legge sul rapporto. Il dato allarma gli autori dello studio che vedono anche in questo ambito un fattore di disuguaglianza tra Nord e Sud. L’assenza di palestra non priva gli alunni solo della possibilità di svolgere attività ludico creative. Lo sport svolge anche una funzione sociale, educativa e sanitaria.

Per far fronte alla carenza di impianti, con il PNRR sono stati stanziati 300milioni di euro ai quali si sono aggiunti 31milioni disposti con decreto del Ministero dell’Istruzione. Tali fondi permetteranno di realizzare 146 nuovi impianti e ammodernare 298 strutture già esistenti. I Comuni rientrati nella graduatoria sono già all’opera per appaltare e cantierizzare i lavori. Lavori che dovranno tener conto di un altro importante aspetto: realizzare impianti fruibili a persone con disabilità. Il 21% delle strutture non garantisce l’accessibilità ai disabili. Dato omogeneo su tutto il territorio nazionale. In questi giorni, nel pieno dello svolgimento delle paralimpiadi di Parigi, assistendo alle imprese di questi atleti, Paola Severini Melograni conduttrice di “O anche no” ha evocato l’importanza della disponibilità di impianti sportivi inclusivi dicendo che “vogliamo che tutti devono accedere allo sport anche chi non diventerà supereroe”. Lo sport per tutti, dunque, non solo per chi un giorno diventerà campione olimpico o paralimpico ma anche per tutti coloro che facendo sport possono avere occasioni di socializzare, divertirsi, restare in salute.

Investire nella realizzazione e manutenzione degli impianti sportivi, significa investire sul futuro dei nostri ragazzi. Lo sport è un settore strategico per la promozione del benessere psicofisico. Sta assumendo grande rilevanza anche sul piano economico. Nel 2023 valeva 22mld di euro contribuendo per l’1,3% al PIL nazionale. È fondamentale che ci siano i fondi che queste disponibilità diventino bandi di gara e che i progetti diventino in breve tempo opere finite. In questa prospettiva assumono importanza le parole del direttore della Svimez, Luca Bianchi: “Servono risorse per costruire nuovi impianti, ma anche per garantirne la gestione. È necessaria un’assistenza tecnica per i Comuni che devono realizzare i progetti, seguendo il criterio del fabbisogno e non solo della capacità di vincere i bandi”. Vincere è inutile se non si è in grado di gestire l’intero corso di un appalto pubblico, dalla progettazione alla chiusura dei lavori.

L’esperienza di Roncadelle è destinata a restare unica nel suo genere? Una certezza se non si creano altrove i presupposti per poter ambire a un simile risultato.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.