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1. Introduzione: i principi generali del diritto dell’Unione Europea e dell’ordinamento costituzionale italiano

La materia degli appalti pubblici, soprattutto grazie agli interventi dell’Unione Europea, è permeata da principi generali, quali: l’efficacia, la tempestività, la libera concorrenza, la non discriminazione, la proporzionalità, la pubblicità e la trasparenza.

Destinatarie dell’applicazione pratica di tali assiomi del diritto europeo (e del diritto costituzionale italiano) sono, nello specifico, le modalità di espletamento delle procedure selettive per l’affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture.

In particolare, accanto al principio di economicità, consistente nel risparmio di risorse nello svolgimento delle procedure (senza però tralasciare l’aspetto ecologico e sociale, in virtù del quale può essere derogato), appare di fondamentale importanza il rispetto e la garanzia del principio di non discriminazione, connesso con quello di imparzialità, affermato attraverso il divieto di inserimento, nei documenti di gara, di clausole relative a prestazioni, alle loro modalità di esecuzione, a requisiti di partecipazione, ovvero all’individuazione di criteri di valutazione, che possano determinare un favor nei confronti di un soggetto, o una certa categoria di soggetti, ed uno svantaggio in relazione ad altri.

Inoltre, secondo il principio di trasparenza, le Stazioni Appaltanti devono fornire regole chiare per tutti gli operatori economici, fin dall’inizio della procedura selettiva.

È richiesta infatti, tanto una trasparenza funzionale, coincidente con il principio di pubblicità, quanto una trasparenza ai fini di controllo, cioè quella consistente nell’adempimento ad obblighi comunicativi (come previsto dal c.d. Decreto Trasparenza n. 33/13 all’art. 37).

In materia di trasparenza è infatti previsto un obbligo di pubblicazione ed aggiornamento per ogni atto dell’Amministrazione Aggiudicatrice, o degli Enti aggiudicatori, relativo a:

  • la programmazione dei lavori, opere servizi e forniture;
  • le procedure per l’affidamento di concorsi pubblici di progettazione, concorsi di idee e di concessioni;
  • le esclusioni dalla procedura di affidamento;
  • le valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali;
  • la composizione della commissione aggiudicatrice, nonché i curricula di ogni componente;
  • i resoconti della gestione finanziaria dei contratti.

Da tali principi fondamentali scaturisce, in particolare, il corollario della parità di trattamento, il quale, ricollegandosi al principio costituzionale di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, impone alle Stazioni Appaltanti di offrire a tutti gli operatori economici le medesime informazioni, in modo tale da rendere la competizione equa ed evitare favoritismi.

La parità di trattamento si attua, pertanto, attraverso la predisposizione di una documentazione di gara chiara, univoca e completa.

2. L’utilizzo del criterio dell’Offerta Economicamente Più Vantaggiosa alla luce dei principi generali

L’art. 67 della direttiva n. 24/2014 sui settori ordinari, al comma 1, individua l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio preferenziale per l’aggiudicazione degli appalti pubblici.

L’Amministrazione aggiudicatrice individua l’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del prezzo, seguendo un approccio costo/efficacia, che può indicare il miglior rapporto qualità prezzo.

La novità introdotta, nel 2014 a livello comunitario e recepita dal d.lgs. n. 50/2016, riguarda il particolare riferimento al costo del ciclo della vita, ex art. 68 (2014/24/UE), e ad aspetti qualitativi, oltre a quelli ambientali e sociali connessi all’oggetto dell’appalto.

La norma procede con un elenco, a titolo esemplificativo, di criteri che possono essere utilizzati al fine di individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, in particolare:

A) la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, caratteristiche sociali, ambientali e innovative, e la commercializzazione e relative condizioni;

B) l’organizzazione, le qualifiche e l’ esperienza del personale incaricato di eseguire l’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto;

C) ovvero, i servizi post-vendita e assistenza tecnica, le condizioni di consegna quali data di consegna, il processo di consegna ed il termine di consegna o di esecuzione.

Il particolare riferimento alla qualità dell’offerta è sottolineato dal fatto che l’elemento del prezzo può assumere la forma di costo fisso,  in modo da concentrare la competizione esclusivamente sui criteri qualitativi.

Infatti, il nuovo criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa costituisce la sintesi di una molteplicità di fattori che prendono in considerazione il bene nel suo divenire, in una concezione non statica, ma dinamica, e negli effetti connessi al suo ciclo della vita.

Il secondo comma, sopra riportato, indica un esemplificativo elenco di parametri  di determinazione di tale criterio nei quali si fa espresso riferimento alla qualità e al pregio tecnico delle prestazioni offerte, oltre che all’esperienza e alla preparazione tecnica del personale impiegato, alla tutela dell’occupazione e ai servizi di post-vendita e di assistenza del bene.

Spetta quindi all’Amministrazione individuare dei meccanismi competitivi, in cui l’elemento relativo al prezzo assuma la forma di prezzo fisso e spostare la competizione tra gli operatori economici esclusivamente sull’aspetto qualitativo.

Tale aspetto comporta un sensibile ampliamento della discrezionalità delle Stazioni Appaltanti, è per questo motivo che la Direttiva, accanto al conferimento di poteri discrezionali, ha previsto un sistema di contrappesi.

Il comma n. 4 dell’art. 67 prevede infatti che <<I criteri di aggiudicazione non hanno l’effetto di conferire all’amministrazione aggiudicatrice una libertà di scelta illimitata. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. In caso di dubbio le amministrazioni aggiudicatrici verificano efficacemente l’accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti.>>.

Un ulteriore limite a tale potere è posto a chiusura della norma in commento, il comma n. 5 stabilisce che <<L’amministrazione aggiudicatrice precisa nei documenti di gara la ponderazione relativa che attribuisce a ciascuno dei criteri scelti per determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa, tranne i casi in cui questa sia individuata unicamente in base al prezzo.

Tale ponderazione può essere espressa prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato.

Se la ponderazione non è possibile per ragioni obiettive, l’amministrazione aggiudicatrice indica i criteri in ordine decrescente di importanza.>>.

Quest’ultimo comma, che riprende l’art. 53, paragrafo 2 della direttiva 2004/18/CE, interamente sostituita dalla 2014/24/CE, pone l’attenzione ancora una volta sul principio di trasparenza, strettamente connesso a quello di non discriminazione e parità di trattamento, a cui l’intera materia degli appalti pubblici si ispira.

Ed è proprio in relazione a tale ultimo aspetto che lo scorso 14 luglio, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è soffermata, al fine di evidenziare l’importanza di una corretta e concreta affermazione del principio di trasparenza nelle procedure di scelta del contraente.

3. La pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 luglio 2016

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguardava una richiesta di pronuncia pregiudiziale sull’’interpretazione dell’art. 53, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE, letto alla luce del principio di parità di trattamento degli offerenti e dell’obbligo di trasparenza da esso discendente.

Il ricorrente del procedimento principale, posizionatosi terzo nella graduatoria di aggiudicazione finale in un appalto di servizi (si tratta di una controversia sorta in Belgio, in particolare contro la Regione Fiamminga, nel 2012), lamentava la lesione del principio di trasparenza, in quanto l’Amministrazione aggiudicatrice nell’attribuzione dei punteggi delle offerte aveva utilizzato un criterio di ponderazione diverso da quelli indicati nei documenti di gara.

Il bando, pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’ Unione Europea del 31 gennaio 2012, prevedeva infatti l’attribuzione dell’appalto di servizi, avente ad oggetto la realizzazione di un’indagine su larga scala sugli alloggi e i relativi consumatori nelle Fiandre, prevedeva l’aggiudicazione sulla base di due criteri:

  • la qualità dell’offerta;
  • il prezzo.

Accanto ad ogni criterio veniva indicato il rapporto “50/100”, a riprova del fatto che ai due criteri doveva essere attribuito eguale peso, ai fini dell’individuazione dell’offerta migliore.

Tuttavia, in sede di valutazione delle offerte, il comitato di valutazione, per stabilire l’offerta qualitativamente migliore decideva di attribuire all’unanimità un determinato punteggio tra “alto – sufficiente – basso”, provvedendo in un secondo momento alla valutazione in base al prezzo.

Il giudice del rinvio, il Raad van State (il Consiglio di Stato belga), poneva l’attenzione sia sul considerando 46, che sull’art. 53, della direttiva 2004/18. Tali norme si riferivano infatti solamente ai criteri e alla relativa ponderazione, mentre le modalità di valutazione e le regole di ponderazione non venivano espressamente menzionate.

Il giudice portava all’attenzione della Corte la giurisprudenza europea formatasi sull’art. 53.

In particolare, nella sentenza C-523/06, EU:C:2008:40, la stessa Corte dichiarava che l’amministrazione aggiudicatrice non può determinare in un secondo momento, successivo alla pubblicazione del bando di gara e del capitolato d’oneri, i coefficienti e le regole di ponderazione, ovvero i sottocriteri.

Tali informazioni devono, infatti, essere rese conoscibili agli operatori economici prima della partecipazione alla gara, essendo una determinazione ex post totalmente incompatibile con il principio di imparzialità, non discriminazione e favor partecipationis.

Tuttavia, il Raad van State belga dubitava della possibile applicazione di tale precedente al caso di specie, in quanto, in riferimento a quest’ultimo, si trattava non di veri e propri criteri o sottocriteri, ma di modalità di valutazione.

È per queste ragioni che si è ritenuto necessario un rinvio alla CGUE ponendo la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 53, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 (…), sia di per sé, sia in combinato disposto con i principi di diritto europeo di uguaglianza e trasparenza negli appalti pubblici, debba essere interpretato nel senso che l’amministrazione aggiudicatrice, in caso di attribuzione all’offerente con l’offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice, è sempre tenuta a fissare preliminarmente le modalità di valutazione o le regole di ponderazione, qualunque ne sia la prevedibilità, la frequenza o la portata, alla luce delle quali verranno valutate le offerte secondo i criteri o i sottocriteri di aggiudicazione e a menzionarle nel bando di gara o nel capitolato d’oneri;

oppure,

qualora manchi un siffatto obbligo generale, se esistano circostanze in cui esso comunque si configura, come ad esempio a cagione della portata, della mancanza di prevedibilità o della mancanza di frequenza delle regole di ponderazione in parola».

Alla luce di ciò, la Corte ha analizzato sia il dettato della direttiva, che il diritto interno belga, nonché la giurisprudenza della stessa Corte, senza tralasciare quanto previsto dalla lex specialis di gara.

L’obbligo previsto dal paragrafo 2 dell’art. 53 della direttiva 2004/18 prevede l’obbligo in capo alla Stazione Appaltante di precisare, nel bando di gara o nel capitolato, la ponderazione relativa che attribuisce a ciascun criterio di aggiudicazione scelto per individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, attraverso l’individuazione di una forcella di valori tra un massimo ed un minimo. Qualora questo, per ragioni dimostrabili, sia da ritenersi impossibile, la S.A. dovrà indicare negli atti di gara l’ordine decrescente dei criteri.

La ratio alla base della previsione di tali obblighi è quella di consentire a qualsiasi offerente di essere informato sui criteri e le modalità che saranno utilizzati nell’attribuzione dei punteggi alle offerte presentate. In questo modo tutti gli operatori economici sono posti potenzialmente sullo stesso piano, in condizioni di parità ed in modo non discriminatorio e trasparente.

I principi di parità di trattamento e di trasparenza discendono da un costante indirizzo giurisprudenziale, a cui la Corte si rifà, ed offrono lo strumento per porre gli tutti operatori economici sullo stesso piano sia nel momento di preparazione delle offerte, che in quello di valutazione delle stesse.

A tal proposito, dalla normativa richiamata si evincono due obblighi fondamentali in capo alle Amministrazioni Aggiudicatrici:

  1. Un’amministrazione aggiudicatrice non può applicare sottocriteri al posto di criteri di aggiudicazione, a meno che questi non siano stati preventivamente indicati, fin dall’inizio, nella documentazione di gara, in modo da essere portati a conoscenza degli offerenti;
  2. Al tempo stesso, l’amministrazione deve attenersi alla medesima interpretazione dei criteri di aggiudicazione per tutta la durata della procedura.

Tuttavia, evidenzia la Corte, è ammessa la determinazione ex post (dopo la presentazione delle offerte) dei coefficienti di ponderazione dei sottocriteri corrispondenti ai criteri precedentemente resi noti agli offerenti a patto che:

  1. La determinazione degli stessi ex post non modifichi i criteri di aggiudicazione dell’appalto definiti negli atti di gara;
  2. Che essa non contenga elementi che avrebbero potuto influenzare la preparazione delle offerte;
  3. Che essa non sia stata adottata tenendo conto di elementi che possano avere un effetto discriminatorio nei confronti di uno o più offerenti.

D’altro canto, la Corte sottolinea come né l’art. 53, né altre disposizioni, né dalla giurisprudenza della Corte, prevedano esplicitamente un obbligo a carico dell’amministrazione aggiudicatrice di portare a conoscenza dei potenziali offerenti, mediante la pubblicazione nel bando o nel capitolato, le modalità di valutazione da essa utilizzate al fine di esaminare e classificare correttamente le offerte, secondo i criteri di aggiudicazione precedentemente fissati.

Al contrario, in una sentenza del 21 luglio 2011 (C-252/10P) la Corte ha dichiarato che un comitato di valutazione deve poter disporre di una certa libertà nell’esecuzione dei suo compito e ben può, senza modificare i criteri di aggiudicazione dell’appalto precedentemente indicati, strutturare autonomamente il proprio lavoro  di esame e di analisi delle offerte presentate.

Quest’ultimo aspetto rappresenta infatti la sfera di discrezionalità di ordine pratico di cui ogni commissione giudicatrice può disporre, in quanto trattasi di mera organizzazione del lavoro.

Ovviamente tale discrezionalità, per tutelare il superiore principio di parità di trattamento, non può essere utilizzata dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte, salvo che non sussistano ragioni impeditive e dimostrabili, che impediscano la determinazione di tali modalità prima di tale momento.

Limite generale resta comunque il divieto che suddette modalità possano avere l’effetto di modificare i criteri di aggiudicazione, o la loro ponderazione relativa.

Nel caso di specie, l’Amministrazione ha individuato due criteri: qualità e prezzo, attribuendo a ciascuno lo stesso peso; ai fini della valutazione del criterio “qualità”, il comitato di valutazione ha utilizzato la scala “alto – sufficiente – basso”, mentre per il secondo si è proceduto ad una mera individuazione decrescente del prezzo.

A tal proposito, emerge una sproporzione tra la ponderazione dei due criteri, in quanto il secondo sembra aver assunto un peso determinante nella formazione della graduatoria, al contrario di quanto stabilito dagli atti di gara circa l’equivalenza dei due criteri. In merito a tale fattispecie, la Corte rimette la questione al giudice di merito.

Di conseguenza l’utilizzazione della scala di valutazione operata dal comitato di valutazione sembra aver influito sulla ponderazione relativa dei criteri di aggiudicazione.

Pertanto, conclude la Corte, <<L’articolo 53, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letto alla luce del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza che ne deriva, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso di un appalto di servizi che debba essere attribuito secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice, quest’ultima non è tenuta a portare a conoscenza dei potenziali offerenti, nel bando di gara o nel capitolato d’oneri relativi all’appalto in questione, il metodo di valutazione da essa applicato al fine di valutare e di classificare concretamente le offerte. Per contro, detto metodo non può avere l’effetto di modificare i criteri di attribuzione e la loro ponderazione relativa.>>.

4. L’incidenza della decisione sul diritto interno italiano

Spostando l’attenzione sul diritto interno, soprattutto successivamente al recepimento della direttiva n. 24 del 2014 nel nuovo Codice degli Appalti Pubblici (D.lgs. n. 50/2016), è possibile notare che il termine “trasparenza” è quello più menzionato nella legge delega n. 11/2016. Infatti, il nuovo Codice esalta tale concetto attraverso un rafforzamento degli strumenti di negoziazione telematica ed una ulteriore centralizzazione delle banche dati presso l’Autorità Anticorruzione ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per quanto riguarda le stazioni appaltanti, i collaudatori, i direttori dei lavori e le imprese.

Con particolare riferimento all’offerta economicamente più vantaggiosa, possiamo ritenere la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea molto attuale e di rilevanza pratica, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice, pur riferendosi ad una controversia sorta prima del 2014.

La direttiva 2014/24/UE, infatti, non ha modificato il paragrafo 2 dell’art. 53 della precedente 2004/18/CE, di conseguenza, il ragionamento effettuato dalla Corte può ritenersi in linea con le ultimissime modifiche legislative.

Il nuovo codice disciplina il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio principale e preferibile a quello del prezzo più basso, tuttavia, anche in questo caso, al comma 1, si precisa che le Stazioni Appaltanti non godono di un potere illimitato sulla scelta dell’offerta.

Il procedimento di attribuzione dei punteggi, e la metodologia che vi sta alla base, tendono alla standardizzazione. I criteri di aggiudicazione devono, infatti, essere accompagnati da specifiche che consentano l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti, al fine di valutare il grado di soddisfacimento delle offerte nel modo più oggettivo.

Considerato il posizionamento di tale specificazione al primo comma, anziché al quarto (art. 67 direttiva 2014/24/UE), si può pensare che il legislatore nazionale abbia voluto conferire a tale dettato un valore ancora più elevato, individuando una obbligatorietà della specificazione delle metodologie di valutazione dei criteri e dei criteri motivazionali relativi ai subcriteri.

Tale ultima ricostruzione sarebbe in linea con la ratio dell’intero Codice degli Appalti Pubblici che sottolinea l’importanza della trasparenza in ogni fase dell’affidamento, al fine di garantire un’equa competizione e consentire la massima partecipazione, evitando favoritismi.

5. Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, si può sottolineare come la massima emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella causa sopra esaminata, attribuisca all’operatore economico una tutela della trasparenza che può definirsi sia attiva, che passiva.

Diritto alla trasparenza “attivo”, in quanto l’impresa partecipante alla gara se posta nelle condizioni di conoscere i criteri e le modalità di valutazione della propria offerta, sarà in grado di presentare un’offerta il più possibile aderente alle richieste della Stazione Appaltante.

Per diritto alla trasparenza “passivo” ci si vuole invece riferire alla fase di valutazione delle offerte effettuata dai comitati di valutazione, o dalle commissioni aggiudicatrici, i quali, applicando modalità definite ex ante, prima dell’apertura delle buste, ovvero direttamente nei documenti di gara, potranno garantire una più concreta tutela dell’imparzialità, non discriminazione ed equità.

È, pertanto, auspicabile che le Pubbliche Amministrazioni, anche alla luce della recentissima pronuncia della CGUE, si impegnino ad individuare direttamente dei documenti di gara non solo i criteri ed i sub criteri di aggiudicazione, ma anche le modalità di valutazione, in quanto in una analisi successiva potrebbero risultare modificativi dei criteri stessi, contrastando apertamente con la normativa interna ed europea.

A conclusione di ciò, emerge inoltre come grazie a tali strumenti ci si avvicini sempre più a quell’immagine di Amministrazione come “casa di vetro”, tanto cara a Filippo Turati,  all’interno della quale tutto è sempre e costantemente visibile dall’esterno; questa piena visibilità tende infatti a promuovere un controllo dell’attività amministrativa capillare dal basso, ma non generalizzato, in modo da garantire il massimo grado di correttezza ed imparzialità.

La trasparenza dell’azione amministrativa rappresenta un’esigenza fondamentale, soprattutto nel settore degli appalti pubblici, permeato dalla corruzione, degli ordinamenti democratici, costituendo uno strumento indispensabile per realizzare un effettivo rapporto di collaborazione tra governanti e governati, consentendo a questi ultimi una consapevole partecipazione all’esercizio del potere pubblico.

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Avv. Ilenia Paziani
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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