Questo articolo è valutato
( votes)Corte dei Conti, sez. reg. di controllo Sicilia
(Deliberazione n. 178/2023)
Premessa
- Le questioni
- L’istruttoria
- Il riconoscimento dell’arricchimento
- La conclusione
____________________
Premessa
Il Sindaco di un comune siciliano pone alla sezione la questione della la portata applicativa sulle disposizioni in tema di riconoscimento del debito fuori bilancio nelle ipotesi di invalidità del contratto per vizi comportanti la sua nullità, sulla base della considerazione che «il legislatore […] non sembra aver chiarito se tale potere [di riconoscimento], che la giurisprudenza amministrativa riconduce all’esercizio di discrezionalità amministrativa, possa essere attuato anche nei casi in cui non solo siano state violate le norme giuscontabili sulla previa registrazione dell’impegno di spesa, ma anche laddove il contratto con il privato contraente risulti viziato da nullità testuale o virtuale (come nel caso di violazione della forma scritta in modalità digitale prevista ad substantiam per i contratti d’appalto dall’art. 32 comma 12 del d.lgs. 50/2016), risultando civilisticamente nullo».
- Le questioni
Al fine di chiarire meglio gli aspetti pratico/applicativi scaturenti dalle disposizione in tema di riconoscimento del debito fuori bilancio, il richiedente osserva che, ove si valorizzi la parte del precetto che consente il riconoscimento «nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente», sembrerebbe non esistere alcun impedimento giuridico all’adozione dell’atto di competenza dell’organo consiliare a fronte di un contratto affetto da nullità per violazione della disciplina civilistica sostanziale, se della sua esecuzione si sia avvantaggiata comunque la pubblica amministrazione in relazione a prestazioni riconducibili «all’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza».
Qualora, la sezione privilegiasse l’interpretazione del precetto in aderenza alla sua formulazione letterale, il procedimento di riconoscimento sembrerebbe imprescindibilmente ancorato al presupposto della (sola) «violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 191», ossia dell’assunzione delle obbligazioni al di fuori del corretto procedimento contabile di spesa, senza potersi conseguentemente estendere anche alle ipotesi del contratto affetto da vizi sostanziali di nullità. Sempre considerando “che, in questo caso, l’individuazione della copertura finanziaria e la riconduzione dell’obbligazione al sistema di bilancio possa avere efficacia sanante anche del vizio di nullità”.
- L’istruttoria
Nella lunga (e dettagliata) istruttoria (sull’analisi della possibilità del riconoscimento dei debiti fuori bilancio).
Una delle annotazioni, per il collegamento al contratto nullo, espresso nella deliberazione ha riguardato la fattispecie della carenza della forma scritta per cui il contratto è inesistente.
Qualora a questa fattispecie si aggiungesse la corretta e doverosa assunzione dell’impegno di spesa “la giurisprudenza legittimità evidenzia che solo un contratto in forma scritta tra l’amministrazione e il privato permetterebbe il perfezionamento della fattispecie dell’accollo del debito del terzo ai sensi dell’art. 1273 c.c., con il conseguente configurarsi di un rapporto obbligatorio diretto tra amministrazione pubblica e privato. Il debitore c.d. accollato sarebbe, infatti, il dipendente o l’amministratore che, avendo autorizzato l’effettuazione dei lavori oppure l’ordinazione della prestazione, è esclusiva parte del rapporto contrattuale con il privato, originato ope legis a norma dell’art. 191, comma 4 del TUEL, in virtù della scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e pubblica amministrazione scaturente dal mancato rispetto delle regole sui procedimenti di spesa (Cass., cit., n. 15303 del 2022, punto n. 2.3. e n. 510 del 2021), alla base della speciale disciplina normativa in materia che, come è noto, rende l’ente locale estraneo alle obbligazione assunte dal dipendente/amministratore (art. 191, comma 4, del TUEL: «Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni»).
- Il riconoscimento dell’arricchimento
L’aspetto fondamentale (del ragionamento espresso dalla sezione) però è che ciò che fa la differenza anche sul riconoscimento non è tanto l’origine dell’obbligazione ma il fatto se vi sia stato o meno arricchimento dell’ente.
Solo in questi termini (nel caso di acquisiti di beni/servizi e lavori non assistiti dalla corretta assunzione dell’impegno di spesa), e nei limiti di detto arricchimento, vi può essere (vi deve essere) il riconoscimento del debito fuori bilancio. In difetto l’ente subirebbe l’azione di illecito arricchimento da parte del creditore con evidente aggravio di spese.
Ciò si legge nella deliberazione laddove si puntualizza che “In base al consolidato orientamento del giudice di legittimità, pertanto, rimane fermo che «il riconoscimento da parte della P.A. dell’utilità della prestazione o dell’opera può rilevare non già in funzione di recupero sul piano del diritto di una fattispecie negoziale inesistente, invalida o comunque imperfetta – trattandosi di un elemento estraneo all’istituto – bensì in funzione probatoria e, precisamente, ai soli fini del riscontro dell’imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico» (enfasi aggiunta, Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 26 maggio 2015, n. 10798, punto n. 4.2.).
In presenza dei presupposti individuati dall’art. 194, comma 1, lett. e) del TUEL, la deliberazione consiliare di riconoscimento “di una spesa scaturita da un negozio invalido non è stata considerata idonea a cagionare ex se un esborso illegittimo, salvo che esso ecceda l’utilità riconoscibile e ascrivibile alle sue funzioni essenziali, circostanza che, invero, potrebbe riscontrarsi ove l’ente”.
- riconosca l’utilità di prestazioni non collegate all’esercizio di pubbliche funzioni e di servizi di competenza dell’ente, esorbitando dai limiti del proprio potere discrezionale;
- riconosca il pagamento in relazione a somme cui non corrisponde un “arricchimento” dell’ente (da contrapporre all’impoverimento di un altro soggetto), da intendersi in senso stretto, come precisato dalle Sez. Unite della Cass. (11/09/2008, n. 23385) in relazione all’art. 2041 cod. civ., ovvero a somme rispetto alle quali non vi sia diritto all’indennizzo del privato, come ad es. l’eventuale lucro cessante da questi ottenibile qualora vi fosse stato il rispetto della legge, le somme per interessi e rivalutazione, l’utile di impresa, le spese giudiziali, i maggiori oneri imputabili al ritardo nei pagamenti, ecc., in considerazione del fatto che in questo caso nessuna utilità ed arricchimento può conseguire all’ente, rappresentando i predetti esborsi un ingiustificato danno patrimoniale del quale devono rispondere coloro che con il loro comportamento lo hanno determinato. Occorre escludere, in altri termini, dal calcolo dell’indennità dovuta all’esecutore di una prestazione resa in virtù di un contratto invalido, quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace, perché diversamente si riconnetterebbe all’istituto de quo una natura risarcitoria, estranea alla sua funzione» (Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, cit., n. 668 del 2021, confermata dal giudice dell’appello, cit., n. 21 del 2023).
- La conclusione
Stante le premesse sopra sintetizzate il riscontro è positivo, circa il possibile riconoscimento del debito fuori bilancio anche in caso di contratto nullo purchè nei limiti dell’arricchimento dell’ente.
In conclusione della deliberazione, quindi si legge che “il riconoscimento del debito fuori bilancio, nella fattispecie disciplinata dall’art. 194, comma 1, lett. e), del TUEL, è ammissibile – senza effetti sananti – nell’ipotesi di nullità del contratto, a condizione che sussistano gli inderogabili presupposti di legge della «utilità e arricchimento per l’ente» e della inerenza all’«espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza», i quali richiedono una completa istruttoria e un’analitica motivazione, soprattutto laddove il vizio di validità e d’efficacia negoziale risulti connesso all’illiceità della causa o dei motivi, oppure ancora del suo oggetto”.