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( votes)CENNI INTRODUTTIVI
L’art. 21 quinques della L. n. 241/1990 ha accolto un’ampia nozione di revoca – riconducibile al c.d. potere di autotutela decisoria della P.A. – prevedendo tre presupposti alternativi, che legittimano l’adozione del relativo provvedimento: a) sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) mutamento della situazione di fatto; c) nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Il potere di revoca autorizza, quindi, il riesame di atti amministrativi già adottati, ove reso opportuno da circostanze sopravvenute oppure da un diverso apprezzamento della situazione preesistente[1].
Anche nell’ambito dell’attività diretta alla conclusione di appalti pubblici l’Amministrazione può rivedere il proprio operato in corso di svolgimento.
In particolare, possono formare oggetto di revoca tutti gli atti della serie procedimentale preordinata alla scelta del contraente della P.A., a partire dal bando per finire all’aggiudicazione definitiva.
Il principio, finalizzato ad assicurare la tutela dell’interesse generale ad una corretta ed efficace gestione delle risorse pubbliche, è enunciato dall’art. 11, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006, il quale, nel disciplinare il termine finale per la stipulazione del contratto, fa appunto salvo il potere di autotutela della stazione appaltante[2].
REVOCA DEL BANDO DI GARA
La giurisprudenza è univocamente orientata nel senso di ritenere che l’Amministrazione possa legittimamente revocare il bando qualora sopravvengano modifiche del regime normativo vigente al momento della sua emanazione.
Esempio paradigmatico è costituito da una norma di legge successiva al regolamento di gara che abroghi o modifiche clausole in esso contenute: in detta evenienza, le ragioni di interesse pubblico sottese alla revoca coincidono con la volontà di dare applicazione alla normativa sopravvenuta.
L’Amministrazione, invece, non può disapplicare il bando nel corso del procedimento allorché talune delle regole in esso contenute risultino non conformi alle previsioni di una legge entrata in vigore successivamente (c.d. ius superveniens): infatti, il bando per l’aggiudicazione di un contratto della P.A., unitamente alla lettera d’invito, costituisce la lex specialis della procedura di selezione e, in quanto tale, vincola la stazione appaltante alla sua stretta osservanza[3].
Pertanto, a fronte di una nuova disciplina di legge, abrogativa o modificativa di talune prescrizioni della lex specialis di gara, l’Amministrazione non può ritenere quest’ultima automaticamente innovata (o integrata), ma, se intende renderla compatibile con lo ius superveniens, dovrà procedere preventivamente alla revoca e bandire, successivamente, una nuova gara nel rispetto del regime normativo sopravvenuto[4].
REVOCA DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA
Qualora l’Amministrazione intenda esercitare il proprio potere di revoca rispetto all’aggiudicazione definitiva – fondandolo su presupposti fattuali del tutto nuovi oppure sulla rivalutazione di quelli inizialmente esistenti – l’autotutela resta subordinata alle comuni e rigorose regole elaborate inizialmente dalla giurisprudenza e codificate poi dalla L. n. 241/1990 (artt. 3, 7, 21 quinques cit.), concernenti:
- l’obbligo della motivazione;
- la valutazione dell’affidamento della parte privata, destinataria del provvedimento oggetto di riesame, tenendo conto del tempo trascorso dalla sua adozione;
- il rispetto del contradditorio procedimentale;
- l’adeguata istruttoria[5].
Tali profili assumono particolare risalto nel settore dei contratti pubblici, considerando la complessità dei diversi interessi contrapposti ed il loro elevato peso economico.
Motivazione
La valutazione in ordine all’esistenza dell’interesse pubblico prevalente e dell’affidamento del destinatario è imposta a pena di illegittimità dell’atto di revoca dell’aggiudicazione definitiva.
Il principio, da tempo enunciato dalla giurisprudenza, ha trovato esplicito riscontro nella L. n. 15/2005, con la quale è stato introdotto l’art. 21 quinques della L. n. 241/1990, più volte menzionato, che richiede l’esplicitazione delle ragioni di pubblico interesse[6].
La comparazione tra interesse pubblico e interesse privato, tuttavia, non è necessaria allorché l’atto di revoca sia dovuto a comportamenti del soggetto privato che abbiano indotto in errore l’Amministrazione, come nell’ipotesi in cui l’aggiudicatario in via definitiva abbia reso false dichiarazioni attestanti il possesso dei requisiti partecipativi[7].
Contradditorio (endo)procedimentale
L’avvio del procedimento di revoca è necessario in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitiva: infatti, l’aggiudicatario è titolare di una posizione giuridica qualificata e, pertanto, meritevole della garanzia di poter interloquire, rappresentando fatti e prospettando osservazioni.
L’atto di revoca dovrà contenere la confutazione delle ragioni eventualmente presentate dall’aggiudicatario.
REVOCA DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E PROFILI DI RESPONSABILITÀ
Il potere di revoca dell’aggiudicazione definitiva, che chiude la fase pubblicistica della gara ed accerta l’idoneità dell’offerta sulla base di predeterminati parametri oggettivi, sussiste anche se risulti già intervenuta la stipulazione del contratto.
Infatti, il comma 1 bis dell’art. 21 quinques, L. n. 241/1990, aggiunto dal D.L. n. 7/2007, convertito in L. n. 40/2007, fa espressamente salvo il potere di revoca del provvedimento successivamente alla nascita del vincolo negoziale.
In tale eventualità, però, sorge in capo al destinatario dell’atto di revoca un diritto all’indennizzo – cui si correla l’obbligo a carico della stazione appaltante – derivante dai principi generali sulla tutela dell’affidamento nei rapporti di durata[8].
Tale indennizzo:
- circoscritto al solo “danno emergente” (come testualmente stabilisce il ripetuto comma 1 bis dell’art. 21 quinques ) e include le spese di partecipazione alla procedura di gara, purché adeguatamente documentate e rispettose dei correnti prezzi di mercato (si pensi alle ipotesi in cui la legge speciale di gara imponga adempimenti specifici quali sopralluoghi, redazione di progetti ed elaborati, la cui realizzazione sia economicamente valutabile)[9];
- rescinde dall’accertamento della colpa dell’apparato amministrativo[10] (ovvero del R.U.P.);
- la sua mancata liquidazione contestualmente alla revoca non inficia la legittimità di quest’ultima[11];
- non è dovuto allorquando la revoca sia dipesa da un comportamento colpevole del privato[12], come nel caso – ancora una volta – in cui emerga la falsità delle autocertificazioni emesse dall’aggiudicatario circa la sussistenza dei requisiti minimi di ammissione alla gara;
- presuppone la legittimità del provvedimento di revoca[13];
In caso di revoca illegittima, invece, subentra un problema di risarcimento e l’eventuale responsabilità dell’Amministrazione può estendersi sino a ricomprendere il danno che il contraente (aggiudicatario) dimostri di avere subito a titolo di “lucro cessante” (art. 1223 cod. civ.), commisurato cioè alla perdita dell’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione del contratto.
In definitiva, possono darsi due casi:
- il contraente (aggiudicatario) inciso dalla revoca supposta illegittima, la contesta in sede giurisdizionale e chiede il risarcimento;
- il contraente (aggiudicatario) non la contesta e chiede l’indennizzo (in tale ipotesi non deve dimostrare né l’illegittimità, né la colpa della P.A.).
Solo nel primo caso il giudice, qualora ritenga illegittima la revoca e ricorrano gli ulteriori presupposti di legge, condanna l’Amministrazione al risarcimento integrale del danno[14].
Se la revoca è legittima, la responsabilità dell’Amministrazione sussisterà ugualmente, ma – per così dire – in forma attenuata, traducendosi nell’obbligo di corrispondere unicamente l’indennizzo ex art. 21 quinques L. n. 241/1990.
Questione dibattuta è se a fronte di comportamenti della stazione appaltante che integrino violazione dei doveri di correttezza e lealtà nella conduzione delle trattative (si pensi all’atto di autotutela non adottato entro un termine ragionevole), il privato abbia diritto, nonostante la legittimità del provvedimento di revoca, al risarcimento del danno da lesione del c.d. interesse negativo, corrispondente alla perdita – ove dimostrata – della chance di aggiudicarsi altre gare di appalto.
Attingendo alla casistica giurisprudenziale, viene in rilievo il caso – frequente – in cui la revoca dell’aggiudicazione sia motivata dall’esigenza di porre al riparo l’interesse pubblico dalla stipula e dalla conseguente esecuzione di un contratto che la P.A. non avrebbe potuto fronteggiare per carenza delle risorse finanziarie occorrenti. Trattasi di un’ipotesi di revoca che i giudici amministrativi ritengono legittima, benché frutto di una condotta contraria al canone della buona fede.
Ebbene, la giurisprudenza, valorizzando il dato testuale dell’art. 21 quinques, comma 1 bis, L. n. 241/1990 – che parla di indennizzo limitato al “danno emergente” e non di risarcimento – pare orientata, pur con talune incertezze, nel senso di escludere la configurabilità di una responsabilità risarcitoria (c.d. precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 cod. civ.) anche quando vengano deluse le legittime aspettative dell’aggiudicatario per colpa imputabile all’Amministrazione, derivante, nell’esempio considerato, all’omessa vigilanza e coordinamento sugli impegni economici conseguenti all’avvio e alla definizione della procedura di evidenza pubblica[15].
REVOCA DELL’AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, con effetti ancora instabili e del tutto interinali.
Da tale premessa, la giurisprudenza trae implicazioni di notevole rilevanza sul piano procedurale.
I. Innanzitutto, viene esclusa la necessità di sollecitare la partecipazione dell’interessato, ai sensi degli artt. 7 e ss. L .n. 241/1990, potendosi ravvisare in capo all’aggiudicatario provvisorio solo una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento[16].
II. In assenza di posizioni “consolidate” viene altresì riconosciuto all’Amministrazione il potere di provvedere alla rimozione in autotutela dell’aggiudicazione provvisoria senza obbligo di particolare motivazione[17].
III. Infine, la caratterizzazione “precaria” dell’aggiudicazione provvisoria incide sull’aspetto della non titolarità del diritto all’indennizzo di cui all’art. 21 quinques, comma 1, L. n. 241/1990, trattandosi di norma espressamente riservata ai “provvedimenti ad efficacia durevole”[18].
REVOCA – SANZIONE (o revoca – decadenza)
Dall’ordinaria revoca dei provvedimenti amministrativi, disciplinata dall’art. 21 quinques della L. n. 241/1990, vanno distinte le fattispecie di “revoca – sanzione” o “revoca – decadenza”, mediante le quali l’Amministrazione dispone, nei casi previsti dall’ordinamento, il ritiro di un provvedimento favorevole come conseguenza della condotta del destinatario, quando essa violi specifiche previsioni normative.
In detti casi la revoca non dipende da valutazioni di opportunità, ma è la conseguenza vincolata di una violazione di legge.
Relativamente alla “revoca – sanzione” o “revoca – decadenza”, fermi restando l’onere della motivazione – che attesa la natura vincolata del provvedimento può essere assolto mediante il mero richiamo ai referenti normativi – e della comunicazione di avvio del procedimento, non si pone il problema della corresponsione dell’indennizzo ex art. 21 quinques L. n. 241/1990, proprio perché tali ipotesi di revoca sono legate ad una condotta addebitabile alla parte privata e non a valutazioni dell’Amministrazione[19].
Nell’ambito degli appalti pubblici, sono ascrivibili allo schema tipico della “revoca – sanzione” le ipotesi in cui la verifica dei requisiti di partecipazione in capo all’aggiudicatario dia esito negativo (per mancata produzione dei necessari documenti probatori o falsità delle dichiarazioni sostitutive ex art. 75 D.P.R. n. 445/2000)[20]; a quello della “revoca – decadenza” il caso della mancata costituzione della cauzione definitiva[21].
A quest’ultimo riguardo, giova rammentare che l’Amministrazione può fissare un termine per il deposito della cauzione definitiva congruo (ovvero idoneo a consentire all’aggiudicatario di perfezionare quanto richiesto). Inoltre, in coerenza al principio di buona fede, deve essere consentito all’aggiudicatario di rappresentare le ragioni del suo preteso inadempimento e l’Amministrazione deve valutare le giustificazioni addotte[22].
Pertanto, il lasso temporale trascorso dalla conclusione della gara, l’assenza di una fattiva collaborazione dell’aggiudicatario ai fini della costituzione del deposito cauzionale (fin dal momento della ricezione della relativa richiesta da parte dall’Amministrazione) e la mancanza di idonee giustificazioni del ritardo, integrano i presupposti per l’adozione dell’atto di “revoca – decadenza” dell’aggiudicazione.
Ai fini della “revoca – sanzione” per carenza dei requisiti partecipativi, invece, rilevante è il solo dato oggettivo della “non veridicità” della dichiarazione, mentre ininfluente è la condizione soggettiva del dichiarante, ovvero l’eventuale ignoranza in cui questi versava in ordine al requisito prescritto[23].
CONCLUSIONI
In definitiva, la revoca si atteggia diversamente, quanto a contenuto – profondità o meno del discorso giustificativo idoneo a sorreggerla – e adempimenti procedimentali prodromici – garanzie partecipative o meno ex art. 7 L. n. 241/1990 – a seconda della tipologia (revoca discrezionale o “revoca – sanzione /decadenza” vincolata) e dell’atto di gara sul quale è destinata ad incidere (aggiudicazione provvisoria, definitiva, bando[24]).
La diversa natura dell’atto oggetto di revoca (aggiudicazione definitiva o provvisoria) rileva, altresì, al fine di determinare l’eventuale insorgenza di forme di responsabilità patrimoniale – e quindi erariale – a titolo indennitario o risarcitorio, rispettivamente per le ipotesi di legittimità o illegittimità (accertata giudizialmente) della revoca stessa.
Occorre, quindi, prestare massima attenzione alle tecniche redazionali
e selezionare con cura il momento procedurale più idoneo ad intervenire.
[1] Secondo la consolidata giurisprudenza, infatti, “la revoca di provvedimenti amministrativi è possibile non solo a seguito di sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”: Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 2010, n. 2244; Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2010, n, 1554; nello stesso senso, tra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 15 ottobre 2010, n. 19651.
[2] L’art. 11, comma 9, del Codice dei contratti pubblici, operando un mero richiamo al rispetto di non specificate norme di settore vigenti in materia, determina l’automatica applicazione delle disposizioni di cui alla L. n. 241/1990, così come stabilito dall’art. 2, comma 3, del medesimo Codice. Pertanto, qualora l’Amministrazione intenda esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione definitiva, dovrà fare applicazione dell’art. 21 quinques della L. n. 241/1990 cit., nel caso di revoca per ragioni di opportunità, ovvero dell’art. 21 nonies della medesima legge nel caso di annullamento per illegittimità della procedura svolta.
[3] Per tutte: Cons. Stato, Sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5316.
[4] Diverso è il caso in cui il bando sia illegittimo sin dall’origine perché, ad esempio, richiami una disposizione di legge abrogata dalla normativa di settore vigente al momento della sua emanazione: detta circostanza giustifica l’annullamento in autotutela (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 29 gennaio 2007, n. 616). Altro esempio di illegittimità ab origine è offerto dalla pubblicazione telematica, nel sito della stazione appaltante, di una versione informale che preveda requisiti di ammissione alla procedura più rigorosi di quelli indicati nella versione ufficiale, stante la capillare diffusività del mezzo telematico e il conseguente effetto dissuasivo sulla partecipazione (Cons. Stato, Sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1949).
[5] Tra le tante: T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 6 maggio 2010, n. 1085.
[6] T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 9 aprile 2010, n. 1885; Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8516.
[7] Tale principio è ricollegato dalla giurisprudenza alla condotta frodatoria del privato diretta a creare un’apparenza documentale destinata a mascherare la realtà: Cons. Stato, Sez. V, 8 febbraio 2010, n. 592. La falsità delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni amministrative rese in sede di gara integra il presupposto della “revoca-sanzione” di cui si dirà infra nel testo.
[8] Art. 21 quinques, comma 1 bis, L. n. 241/1990:“Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico”.
[9] Cons. Stato, Sez. V, 6 ottobre 2010, n. 7334; Cons. Stato, Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144.
[10] Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2010, n. 671.
[11] Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 2010, n. 2244.
[12] Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1554.
[13] Cons. Stato, n. 1554/2010 e n. 7334/2010 cit.
[14] Ad esempio se la revoca, quale espressione tipica del potere discrezionale della P.A., venga annullata in sede giurisdizionale per un vizio formale, come la carenza di motivazione, il giudice denega l’accesso alla tutela risarcitoria per c.d. equivalente monetario, ben potendo l’Amministrazione, in sede di riedizione del potere, adottare un nuovo provvedimento a contenuto non favorevole (revoca), emendandolo dal vizio riscontrato (ovvero congruamente motivando).
[15] T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 12 aprile 2010, n. 1897; conforme T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 settembre 2010, n. 4745. Contra: T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 11 novembre 2010, n. 2582; Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 20100, n. 2244, cit.
[16] Giurisprudenza costante: ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 30 aprile 2010, n. 8975.
[17] T.A.R. Piemonte, Sez. I, 23 aprile 2010, n. 2085.
[18] T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 24 marzo 2009, n. 3063; T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 11 novembre 2010, n. 2582, cit.; T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 settembre 2010, n. 4745, cit.
[19] Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2010, n. 4534.
[20] Art. 48 comma 2, nonché artt. 38 comma 3, 41 comma 4 e 42 comma 4, D.Lgs. n. 163/2006.
[21] Art. 113, comma 4, D.Lgs. n. 163/2006.
[22] Cons. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2009, n. 2197.
[23] Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 18 giugno 2008, n. 544.
[24] Si ricorda che il bando di gara è riconducibile alla categoria degli atti amministrativi generali per i quali l’art. 13 della L. n. 241/1990 esclude la comunicazione dell’avvio del procedimento.