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L’Italia occupa il 69esimo posto nel Corruption percepitions index (Cpi), l’indice di Trasparency international che misura la percezione del livello di corruzione del settore pubblico”. Lo scrive Tito Boeri su Internazionale aggiungendo che “in una scala da 0 a 100, dove 100 rappresenta l’assenza di corruzione percepita, l’Italia ottiene nel 2013 il punteggio di 43”. La posizione dell’Italia è peggiorata rispetto al 2012. “Per trovare un altro grande paese europeo bisogna risalire al 22esimo posto della Francia”, continua Boeri. Alla fine del 2014 ci chiediamo come possa cambiare la classifica in un anno segnato dallo scandalo Mose e dal caso Expo 2015. Solo per citare quelli più eclatanti. Siamo condannati ad una ulteriore declassificazione? E’ certo. Basta aprire le pagine di cronaca per imbattersi in notizie di corruzione che dilagano in tutto il territorio nazionale. Che sbiadiscono l’immagine del belpaese come una splendida scultura sottoposta all’azione deteriorante degli agenti atmosferici. La reputazione dell’Italia è condannata. Ma le condanne che dovrebbero fare giustizia e riqualificarci si lasciano attendere. A novembre sono arrivate le sentenze sul caso Expo. Le pene, ridotte con il patteggiamento, sono state oggetto di riflessione da parte del presidente dell’Autorità Anticorruzione  Raffaele Cantone intervistato da “Il Fatto Quotidiano”. Per Cantone è necessario investire sulla prevenzione, “ma anche una prevenzione amministrativa perfetta non riesce ad eliminare la corruzione se poi non funzionano gli altri due ambiti, quello repressivo-penale e quello culturale”. Il presidente dell’Anac ricorda che tra gli strumenti repressivi, con la collaborazione del Ministero dell’Interno, è ora possibile “revocare tutti gli appalti irregolari, ad esclusione solo di quelli in cui i lavori sono in fase di ultimazione”. Servono pene certe ed esemplari. E serve una cultura della legalità che metta in ombra chi “pensa che nel breve periodo la corruzione possa addirittura fare bene all’economia”. Sembra assurdo ma è così: ci sono studiosi che vedono una correlazione tra corruzione e crescita. Per questa corrente di pensiero, afferma Boeri, “le tangenti aiuterebbero a eludere gli ostacoli legali e tenderebbero addirittura a selezionare i migliori nell’assegnazione degli appalti, dato che sarebbero i migliori a pagare le mazzette più sostanziose”. Falso. Lo dice Boeri, lo dice Cantone, lo dice Leonardo Borlini su lavoce.info ricordando che “sia la Banca mondiale sia Trasparency international rivelano che il nesso tra la corruzione e il Pil è inversamente proporzionale”.

Nella lotta alla corruzione serve semplificare perché è nelle trame più contorte delle procedure burocratiche che si annida la possibilità di corrompere. Una ragione ci sarà se gli stessi studiosi che sostengono che la corruzione sia il motore dell’economia la ritengono anche come “una molla in grado di frenare la sovrapproduzione legislativa che ostacola la crescita”. Boeri ci ricorda che l’enorme quantità di leggi da rispettare favorisce la corruzione come strumento per superare gli eccessi burocratici, Borlini afferma che “le procedure burocratiche lunghe corrispondono ad alti livelli di corruzione”. 

La corruzione è un male. Non dobbiamo averne dubbi. Non ci può essere crescita, sviluppo, concorrenze in presenza della corruzione. E l’unica eccezione che possiamo fare in questo momento è di farci corrompere dallo spirito natalizio e dai buoni propositi per il 2015. Ne vogliamo suggerire uno: resistere. Lo facciamo con le parole del diplomatico, politico e scrittore tedesco naturalizzato francese Stéphane Hessel: “Resistere significa rendersi conto che siamo circondati da cose scandalose che devono essere combattute con vigore. Significa rifiutare di lasciarsi andare a una situazione che potrebbe essere accettata come disgraziatamente definitiva”.

Buone feste.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.