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  1. La distinzione tra requisito di partecipazione e di esecuzione

I requisiti di partecipazione sono i requisiti necessari per accedere alla procedura di gara, in quanto requisiti generali di moralità (ex art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016) e requisiti speciali attinenti ai criteri di selezione (ex art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016).

Mentre i requisiti di esecuzione sono gli elementi caratterizzanti la fase esecutiva del servizio.

È noto, infatti, che i requisiti di esecuzione integrano requisiti “particolari”, aggiuntivi rispetto ai “requisiti” e alle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83 del Codice, che la giurisprudenza amministrativa ha sempre inteso e declinato “in una più comprensiva prospettiva pro-concorrenziale” (Cons. Stato, Sez. V, 16 agosto 2022, n. 7137).

Il requisito di partecipazione attiene prettamente all’operatore economico; il requisito di esecuzione attiene invece all’oggetto dell’appalto.

In via di principio ed in termini generali, nel rispetto della essenziale e qualificante finalità pro-concorrenziale di cui all’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, l’interpretazione della lex specialis della gara relativamente alla prefigurazione dei “presupposti”, dei “requisiti” e delle “condizioni” per l’accesso competitivo alle pubbliche commesse (art. 94, comma 1 lett. a) d. lgs. cit.), è assoggettata ad un canone di stretta interpretazione, anche in considerazione, per un verso, della formalizzazione unilaterale degli atti di indizione – che, di suo, sollecita la valorizzazione dell’affidamento degli operatori economici, se del caso perfino contra stipulatorem: ex art. 1370 c.c. – e, per altro verso, dei concorrenti principi di proporzionalità e trasparenza, che militano per una rigorosa prefigurazione de minimis, che non esorbiti dalle puntuali e circoscritte richieste della stazione appaltante, commisurate alle prestazioni contrattuali oggetto di affidamento.

La giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2021, n. 2523), non ha mancato di puntualizzare che occorre tenere adeguatamente distinti i “requisiti di partecipazione” (alla gara) e i “requisiti di esecuzione” (del contratto).

La distinzione, come è noto, fa capo alla previsione di cui all’art. 100 del d.lgs. n. 50/2016 che – nel dare recepimento alla normativa eurocomune e, segnatamente, alla previsione di cui all’art. 70 della direttiva 2014/24 e all’art. 87 della direttiva 2014/25 – assegna la facoltà alle stazioni appaltanti di richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83, ulteriori “requisiti particolari”, a condizione che:

  1. siano rispettosi degli ordinari canoni di “parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, innovazione” che ispirano le procedure evidenziali, nella logica della garanzia di compatibilità “con il diritto europeo”;
  2. siano individuati ed indicati con precisione, come tali (cioè, come distinti dai requisiti speciali di partecipazione) nel corpo della lex specialis di procedura (in tal senso dovendo acquisirsi, per evidenti ragioni di chiarezza e trasparenza, la regola che impone che “siano precisate” nel bando, nell’invito o, in alternativa, nel “capitolato d’oneri”);
  3. gli operatori economici si impegnino, già in sede di formalizzazione dell’offerta e con espressa dichiarazione di accettazione, a garantirne il possesso “nell’ipotesi in cui risulteranno aggiudicatari” (comma 2).

Sebbene si tratti di distinzione in sé non del tutto chiara, nella misura in cui non è ancorata a parametri oggettivi e, pertanto, fonte di potenziali incertezze, la giurisprudenza si è dimostrata propensa a valorizzarla in una più comprensiva prospettiva pro-concorrenziale, legittimando (talora perfino in termini di riqualificazione delle condizioni di gara) la prospettica disponibilità in executivis di requisiti di troppo onerosa – e, come tale, sproporzionata ed eccessivamente restrittiva – acquisizione preventiva.

Non essendo in discussione che il possesso dei requisiti di partecipazione sia richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell’offerta, merita evidenziare che i requisiti di esecuzione sono, quindi di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 settembre 2020, n. 5734; 30 settembre 2020, n. 5740; 12 febbraio 2020, n. 1071), pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2019, n. 2190), più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5309 e 25 marzo 2020, n. 2090).

La lex specialis, a salvaguardia dell’attendibilità delle offerte e della serietà della competizione, nonché dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, deve, tuttavia, imporre già al momento della presentazione dell’offerta un impegno a carattere vincolante del concorrente ad acquisire la disponibilità dei mezzi e delle dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto (Cons. Stato, Sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090; 23 agosto 2019, n. 5806; 29 luglio 2019, n. 5308).

Del resto, l’art. 95 del d.lgs. 50/2016 prevede al primo comma che i criteri di aggiudicazione “garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnate da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. Le stazioni appaltanti verificano l’accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti” (Cons. Stato, Sez. V, n. 1617/2022).

Si può quindi dire che il discrimen deve essere rinvenuto nel diverso oggetto di analisi. Il requisito di partecipazione attiene prettamente all’operatore economico; il requisito di esecuzione attiene prettamente all’oggetto dell’appalto (in tal senso si veda il recente caso dei servizi di corrispondenza sub § 3).

  • Il caso del requisito del possesso del centro di cottura nei servizi di ristorazione

Ricorrente ed emblematico è stato il caso della disponibilità di centri di cottura in relazione all’affidamento di servizi di ristorazione.

A tal proposito, la giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101 e, con pertinenti distinguo, Id., sez. V, 9 febbraio 2021, n. 1214) ha chiarito ormai da tempo che il possesso di un centro cottura si pone non come requisito di partecipazione bensì di esecuzione del contratto, in quanto si tratta di un elemento materialmente necessario per l’esecuzione dell’appalto del servizio di mensa scolastica, come tale legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come “condizione” per la stipulazione del contratto.

Infatti, in caso contrario si avallerebbe un’impostazione ingiustificatamente restrittiva della concorrenza e irragionevole, perché si imporrebbe a tutti i  concorrenti di procurarsi anticipatamente, e comunque prima dell’aggiudicazione  definitiva, un centro di cottura, reperendo – con evidente onere economico e organizzativo che poi potrebbe risultare ultroneo per chi non risulta aggiudicatario – immobili idonei alla preparazione di pasti per servizi di ristorazione collettiva, sostenendo i connessi investimenti in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 settembre 2020, n. 5734; id. Cons. Stato, n. 5929/2017).

La soluzione discende, in buona sostanza, dal rilievo che una prescrizione nel senso della attuale ed effettiva disponibilità del centro di cottura come requisito di ammissione alla gara (che non si accontentasse, perciò, dell’impegno a dotarsi della sede per la preparazione dei pasti in vista dell’esecuzione del servizio) si porrebbe in potenziale contrasto con la tutela della concorrenza tra gli operatori economici del settore, operando in senso discriminatorio in danno degli imprenditori che non disponessero di una struttura già territorialmente localizzato, per i quali la regola del bando finirebbe per costituire una barriera all’ingresso nel mercato non solo materiale, ma anche economica, avuto riguardo ai costi derivanti dalla necessità di procurarsi l’effettiva disponibilità del centro di cottura fin dal momento della presentazione dell’offerta. Sarebbero con ciò compromessi i principi di massima partecipazione e di proporzionalità.

Deve, per tal via, essere ragionevolmente concesso all’operatore economico di non immobilizzare ed investire immediatamente le proprie risorse economiche nella acquisizione della disponibilità di un centro cottura, quando non sia ancora certa o consolidata l’aspettativa di stipulazione del contratto, essendo sufficiente garanzia di serietà della proposta negoziale l’assunzione di un impegno in tal senso.

Pertanto, nel caso del centro di cottura, la giurisprudenza è orientata (sia pure con qualche perplessità proprio nei casi in cui sussista una chiara ed inequivoca volontà prescrittiva della stazione appaltante) a qualificare (o riqualificare) tale requisito alla stregua di una mera modalità di esecuzione del contratto, accontentandosi, per tal via, di una dichiarazione impegnativa, con la quale l’operatore economico assuma l’obbligo di dotarsi (o di acquisire, comunque, la titolata disponibilità) del centro di cottura per l’eventualità di aggiudicazione del contratto (cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 2021, n. 1214, sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101; Id., sez. III, 28 luglio 2020, n. 4795; Id., sez. V, 29 luglio 2019, n. 5308; Id., 3 aprile 2019, n. 2190; Id., 18 dicembre 2017, n. 5929; Id., 24 maggio 2017, n. 2443).

Quanto alla volontà prescrittiva della lex specialis, qualora la Stazione appaltante intenda riservare alla fase esecutiva il possesso di requisiti inerenti alla prestazione oggetto di affidamento (o, più correttamente, di autorizzare le parti a differire alla fase esecutiva la relativa acquisizione) ha, sotto il profilo formale, l’onere di formulare una inequivoca indicazione in tal senso nel corpo della disciplina di gara.

In difetto di una siffatta chiara previsione tutti i requisiti di idoneità e di capacità devono ritenersi presuntivamente previsti per l’utile partecipazione alla procedura: salvo, peraltro, che la natura stessa del requisito non militi, ragionevolmente, nel senso della sufficienza di una dichiarazione che, in termini seri ed affidanti, impegni il concorrente a garantirne la concreta disponibilità per la sola eventualità di aggiudicazione della commessa.

  • Il più recente caso dei servizi postali

Un caso più recente concerne i “servizi di recapito e di gestione della corrispondenza non automatizzata” di I.N.P.S.. Nell’ambito della procedura di affidamento di siffatti servizi oggetto di querelle è stata la natura della clausola di gara secondo cui il concorrente doveva garantire una copertura geografica diretta pari al 100% della popolazione residente nel Lotto, senza possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale ovverosia a Poste Italiane S.p.A..

Il TAR Lazio con sentenza 12 agosto 2022, n. 11164 ha respinto la tesi della natura di requisito di partecipazione di tale clausola, ritenendo che la previsione di cui alla lex specialis in cui si stabilisce che l’operatore economico debba garantire la copertura del 100% dei CAP del lotto assegnato deve essere intesa quale requisito di esecuzione dell’appalto e non invece di partecipazione.

Questo requisito, infatti, attiene prettamente alle modalità di esecuzione del servizio aggiudicato e agli obiettivi che la stazione appaltante ambisce raggiungere. Non ha invece a che vedere con la selezione del concorrente alla luce dei suoi propri requisiti.

Il TAR ha peraltro escluso che una previsione di tal fatta finisca “sostanzialmente” per confondersi in requisito di partecipazione, posto che tale considerazione porterebbe a ritenere tutti i requisiti essenziali dell’offerta quali condizioni di partecipazione e non valuta, invece, che il discrimine deve essere rinvenuto nel diverso oggetto di analisi. Il requisito di partecipazione attiene prettamente all’operatore economico; il requisito di esecuzione attiene prettamente all’oggetto dell’appalto.

Tale indirizzo è stato di recente confermato dal TAR Lazio, il quale con sentenza del 19 gennaio 2023, n. 1012, ha rigettato, altresì, il ricorso proposto dall’AGCM avverso la medesima procedura.

  • Requisiti minimi dell’offerta e requisiti premiali: differenza e casistica

Come si è detto, i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto ma possono altresì essere considerati nella lex specialis come elementi indefettibili ed essenziali dell’offerta o più spesso elementi idonei all’attribuzione di un punteggio premiale.

La loro regolazione va quindi rinvenuta nella lex specialis. La distinzione tra requisiti minimi dell’offerta e requisiti premiali va dunque effettuata caso per caso, avendo riguardo all’oggetto dell’appalto, all’architettura dell’offerta tecnica della gara ed alle espresse previsioni in tal senso stabilite dalla singola disciplina di gara.

Ciò posto, la carenza di elementi dell’offerta che siano al contempo requisiti di ammissione e condizione per la stipula del contratto comporta l’esclusione del concorrente.

In particolare, per la giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2022, n. 9249; 1° dicembre 2022, n. 10577), le caratteristiche indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis di gara costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, e le difformità dell’offerta tecnica che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto a essi legittimano l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, perché determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto e quindi l’incertezza assoluta o l’indeterminatezza del suo contenuto (Cons. Stato, Sez. III, 7  luglio 2022, n. 5650; Cons. Stato, Sez. III, 19 agosto 2020, n. 5144; V, 25 luglio 2019, n. 5260; 13 febbraio 2019, n. 1030; III , 26 febbraio 2019, n. 1333; 26 aprile 2017, n. 1926).

E ciò anche in ossequio al principio per cui nelle gare pubbliche le offerte tecniche devono essere improntate alla massima linearità e chiarezza, onde prefigurare alla pubblica amministrazione un quadro certo dei rispettivi doveri e obblighi contrattuali in corrispondenza agli atti di gara (C.G.A.R.S., 18 gennaio 2017, n. 23).

I requisiti minimi delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis della gara costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, non essendo ammissibile che il contratto venga aggiudicato a un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito che vale a individuare l’essenza stessa della res richiesta.

Di conseguenza, non depone in senso contrario la circostanza che la lex specialis non disponga espressamente la sanzione espulsiva per l’offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle pretese, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria in tal senso (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5260). Tale automatismo opera nei casi in cui la disciplina di gara prevede qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime, vuoi perché espressamente definite come tali nella disciplina stessa, vuoi perché la descrizione che se ne fa nella disciplina di gara è tale da farle emergere come qualità essenziali della prestazione richiesta (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084).

Le caratteristiche essenziali e indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene, definite dalla legge di gara, costituiscono una legittima condizione di partecipazione alla procedura: logica del resto vuole che il contratto vada aggiudicato a un concorrente che sia in grado di assicurare il minimo prestabilito che corrisponde all’essenza della res richiesta. E la significatività della regola è dimostrata anche dal fatto che essa vale anche se la lex specialis non commini espressamente l’esclusione per l’offerta che abbia caratteristiche difformi da quelle richieste. Ciò perché una tale difformità comunque concretizza un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria.

Del resto, è rimessa alla valutazione della Stazione appaltante indentificare le caratteristiche della prestazione contrattuale che ha necessità di procurarsi e per la quale va alla ricerca di un contraente adeguato, e definirle nella legge di gara, anche con l’individuazione dei contenuti necessari delle offerte, e in ipotesi anche con la previsione dell’esclusione pel caso della loro carenza (quanto al principio secondo cui un requisito previsto dal capitolato, per potersi ritenere minimo ed essenziale, non deve necessariamente essere espressamente qualificato in tal senso dalla lex specialis si veda, altresì, Cons. Stato, V, 8 gennaio 2021, n. 295).

Il contenuto dell’offerta definito dalla lex specialis corrisponde, infatti, all’utilità che l’amministrazione intende perseguire ed acquisire mediante la procedura, ferme ulteriori utilità da elementi dell’offerta che il bando non precostituisce e rimette alle scelte organizzative dell’operatore economico che partecipa alla gara, e che concorrono, nella misura in cui si innestano sul livello delle componenti necessarie dell’offerta, al raggiungimento di un livello di qualità da poi comparare con le parallele offerte e graduare al fine della selezione del miglior contraente (Cons. Stato, V, 20 aprile 2020, n. 2486).

Di conseguenza, se la qualificazione di un requisito dell’offerta come essenziale può certamente manifestarsi con la sanzione espulsiva che vi sia correlata, la carenza di questa non è però elemento sufficiente a escluderla, all’uopo dovendo aversi concorrente riguardo all’essenza della res richiesta, in rapporto all’utilità che l’amministrazione intende acquisire mediante la procedura (Cons. Statto, Sez. V, 2 marzo 2022, n. 1486).

D’altra parte, le stazioni appaltanti hanno, altresì, il potere discrezionale – da esercitare in osservanza dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza – di fissare nella lex specialis elementi dell’offerta che, pur riferendosi in senso lato a requisiti soggettivi dell’operatore concorrente, in attenuazione del generale divieto di commistione tra criteri soggettivi di qualificazione e oggettivi afferenti la valutazione dell’offerta, per la capacità di “illuminare” sulla qualità della stessa, rappresentano un elemento di quest’ultima, poiché esprimono la sua affidabilità (cfr. Cons. Stato, V, 20 giugno 2019, n. 4198; Cons. Stato, V, 17 marzo 2020, n. 1916).

Ai sensi dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, l’offerta economicamente più vantaggiosa può essere individuata anche in relazione all’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità dello stesso possa avere un’influenza significativa sul livello di esecuzione dell’appalto.

Ai sensi dell’articolo 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, le stazioni appaltanti possono indicare “livelli minimi di capacità” – evidentemente intesi quali forme di barrage condizionanti la stessa partecipazione alle gare – e, allo stesso tempo, procedere alla verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative e delle competenze tecniche; intesa evidentemente in senso gradualistico e parametrico, con possibilità di modulare la valutazione in ragione del diverso grado di capacità riscontrato (Cons Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1186; id. 22 ottobre 2018, n. 6026).

Ebbene, con riferimento alle certificazioni di qualità, il superamento del divieto di possibile commistione tra elementi soggettivi di partecipazione e criteri valutativi dell’offerta è desumibile dal tenore dell’art. 95, comma 6, secondo periodo, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, che fa rientrare, fra l’altro, le “attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001 [n.d.r. oggi ISO 45001]” tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Quindi non è in contestazione che le leggi di gara possano prevedere il possesso di certificazioni di qualità come requisito di partecipazione oppure come criterio valutativo dell’offerta, al fine di attribuire punteggi premiali (cfr. Cons. Stato, III, 12 luglio 2018, n. 4283 e id., V, 22 ottobre 2018, n. 6026, nonché id., III, 27 settembre 2016, n. 3970).

Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 17 marzo 2020, n. 1916, si è, ad esempio, affermato che, così come ritenuto per il caso in cui la certificazione di qualità sia richiesta per la qualificazione, anche quando è richiesta per l’attribuzione del punteggio premiale, in caso di concorrente plurisoggettivo essa deve essere posseduta da tutti i componenti del raggruppamento.

Tuttavia, con altro precedente della stessa Sezione V, 16 marzo 2020, n. 1881, si è affermato che, quando il possesso della certificazione di qualità non costituisce un requisito di ammissione alla procedura, ma solo elemento integrativo e di valorizzazione dell’offerta, ai fini del riconoscimento di un punteggio aggiuntivo per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, se il possesso non è richiesto dalla legge di gara, a pena di inammissibilità, in capo ad ogni ditta, le certificazioni di qualità sono da ascrivere al raggruppamento nel suo complesso.

In particolare, secondo il recente orientamento del Consiglio di Stato, Sez. V, espresso nella sentenza 1° dicembre 2022, n. 10566, va superato l’assunto a base di entrambi i citati precedenti che vi sia un principio generale ricavabile dalla disciplina in materia secondo cui il requisito in parola è valutabile per l’attribuzione del punteggio premiale nei confronti dei raggruppamenti solo quando sia posseduto da tutti i membri del raggruppamento, a meno che la legge di gara non contenga un’esplicita deroga in tal senso, ovvero, all’opposto, solo quando la legge di gara lo richieda esplicitamente a pena di inammissibilità in capo a ogni ditta.

Secondo il Collegio, va considerato che quando le certificazioni di qualità siano richieste per la valutazione delle offerte tecniche, esse devono essere funzionali a qualificare l’offerta tecnica dal punto di vista oggettivo, cioè ad offrire garanzie di qualità dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, senza tradursi in un indebito vantaggio per gli operatori economici che, sul piano soggettivo, possano vantare certificazioni o marchi che prescindano dal contenuto dell’offerta.

Il relativo apprezzamento è rimesso in toto alla stazione appaltante. Spetta, infatti, all’Amministrazione all’atto della predisposizione della documentazione di gara, di esercitare il proprio potere discrezionale nella definizione dei criteri di valutazione e nella loro ponderazione, attraverso la previsione di un punteggio (seppure non graduabile tra un minimo e un massimo) differenziato per ciascun criterio, in modo da soddisfare lo scopo – sotteso alla scelta di ricorrere all’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – di valorizzare il merito tecnico di ciascuna offerta.

La legge di gara quindi può variamente connotare la rilevanza della qualità dell’offerta del concorrente, singolo o plurisoggettivo, ai fini dell’attribuzione del punteggio.

Si tratta di una conclusione supportata dal testo dell’art. 95, comma 6, il quale, nel prevedere la valutazione delle offerte sulla base di caratteristiche soggettive dell’impresa, purché connesse all’oggetto dell’appalto, consente di valorizzare il possesso delle certificazioni anche in capo ad una soltanto delle imprese del raggruppamento se idoneo comunque a connotare positivamente l’offerta di quest’ultimo.

Si tratta, in sostanza, di un meccanismo analogo a quello delineato dallo stesso art. 95, comma 6, in relazione ad altri criteri di valutazione dell’offerta tra quelli contemplati nelle lettere da b) a g), i quali, pur potendo dipendere dalle caratteristiche soggettive di una singola impresa vengono però considerati, nel caso di imprese raggruppate, sommando, o meglio valutando complessivamente, il criterio riferito al concorrente plurisoggettivo.

Anche per il criterio di valutazione dell’offerta riferito al possesso di certificazioni ambientali, la disciplina va, quindi, desunta dall’interpretazione della legge di gara, secondo i consueti canoni ermeneutici.

Di conseguenza, la natura del requisito va necessariamente risolta componendo il contrasto mediante l’affermazione della necessità di considerare volta a volta i contenuti complessivamente desumibili dalla legge di gara.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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