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( vote)1. Premesse
La rilevanza dei rapporti di controllo e collegamento tra imprese e tra imprese e stazione appaltante, ai fini della legittima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, è oggetto di crescente interesse da parte della giurisprudenza amministrativa.
Il tema coinvolge trasversalmente tanto il settore degli appalti pubblici quanto quello degli affidamenti di servizi pubblici locali, giungendo a riguardare l’azione amministrativa nel suo complesso, laddove si ravvisino ipotesi di “conflitto di interesse”.
2. L’esclusione ex art. 38, c. 1, lett. m-quater)
2.1. Ambito applicativo
Tra i requisiti generali di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, il Codice degli appalti, all’art. 38, c. 1, lett. m-quater)[1], annovera l’insussistenza di rapporti di controllo o collegamento tra i partecipanti, tali che le rispettive offerte risultino imputabili ad un unico centro decisionale.
Ai sensi della disposizione in parola, “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: (…) m-quater) che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale.”[2].
La necessità che le offerte siano formulate in modo autonomo è ribadita al comma 2 dell’art. 38 e riguarda, più in generale, tutte le ipotesi in cui la legittimità del ricorso ad un dato istituto sia condizionata dal Codice al possesso dei requisiti di cui al citato articolo (si pensi all’art. 4, c. 2, in tema di avvalimento, e all’art. 118 in tema di subappalto).
Come evidenziato in giurisprudenza, l’esclusione in questione, quand’anche non sia richiamata nella disciplina di gara e benché si riferisca testualmente alle sole “procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi” (art. 38, comma 1), è pienamente applicabile anche alle concessioni di pubblico servizio, atteso che trattasi comunque di un principio generale relativo agli affidamenti pubblici” (Cons. Stato n. 3982/2008). La ratio del requisito in commento è, invero, riconducibile ai principi generali – di impronta comunitaria – di par condicio e tutela della concorrenza, di correttezza e trasparenza della gara, riposando sulla considerazione generale secondo cui “la correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza”[3]. Tali principi, che prevalgono sullo stesso favor partecipationis, si impongono non soltanto all’amministrazione, bensì anche a coloro che intendono partecipare alla gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare offerte che, al di là del loro profilo tecnico – economico (specifico oggetto della valutazione di merito da parte della stazione appaltante), abbiano caratteristiche di compiutezza, completezza, serietà, indipendenza e segretezza.
Come chiaramente emerge dal tenore letterale della norma nonché dalla relativa interpretazione giurisprudenziale, l’art. 38 citato contempla non solo le situazioni di controllo ex art. 2359 c.c. (come avveniva ai sensi dell’art. 10 della L. Merloni), bensì “qualsiasi relazione”, anche di mero fatto, tra le imprese partecipanti[4]. In conseguenza è consentito all’amministrazione di prevedere l’esclusione delle offerte anche in relazione a situazioni che siano diverse e ulteriori rispetto alle forme civilistiche tipiche di collegamento societario di cui all’art. 2359 c.c., fermo restando il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nell’autentica concorrenza tra le offerte (Cons. Stato n. 4888/2010[5]).
Al riguardo la giurisprudenza ha ravvisato la fattispecie del “collegamento sostanziale” nella “riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura ad un unico centro decisionale, con conseguente vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione” (Cons. Stato n. 530/2010). Non si è inoltre escluso che la preclusione in parola possa riguardare anche il caso in cui la situazione di controllo/collegamento delle società partecipanti alle gare sia rilevante rispetto ad un terzo non partecipante ma in grado, comunque, di esercitare sulle stesse l’influenza dominante descritta dall’art. 2359 c.c.[6].
La sussistenza di un rapporto di controllo o collegamento tra i concorrenti non è, tuttavia, sufficiente di per sé a legittimare l’esclusione dalla gara. A tal fine si richiede invero che le relative offerte siano imputabili ad un “unico centro decisionale”.
BOX: Le offerte sono imputabili ad un “unico centro decisionale” in presenza di una concordata modalità di presentazione e formulazione, cosicché emerga un’evidente comunanza di interessi e sintomi tali da far ritenere possibile una reciproca conoscenza o un condizionamento delle stesse (Cons. Stato 1/2012).
Tale dato postula un esame fattuale e concreto delle circostanze e degli elementi che caratterizzano la fattispecie e, ove non corrisponda a ipotesi tipizzate (quali quelle dell’art. 2359 c.c.) deve scaturire da dati e indizi seri, probanti, oggettivi e univoci, non contestati in fatto.
In questi ultimi anni la giurisprudenza ha invero individuato una serie di “indici rivelatori” della sussistenza del predetto “unico centro decisionale”, oscillando tra interpretazioni restrittive e orientamenti più flessibili. Si è, ad esempio, attribuito rilevanza, ai fini della individuazione dell’”unico centro decisionale” idoneo a legittimare l’esclusione delle imprese, ad elementi quali la presenza di partecipazioni azionarie, gli intrecci tra legami familiari e le sovrapposizioni di cariche sociali[7].
Le recenti pronunce del Consiglio di Stato (sentenze n. 1/2012 e n. 844/2012) hanno contribuito a far chiarezza sul punto, evidenziandosi quanto segue:
- la sola somiglianza della veste formale delle offerte non dimostra l’identità del centro decisionale, che invece postula una somiglianza del contenuto sostanziale delle offerte, o una loro differenza voluta e studiata per turbare la gara;
- le circostanze che le buste siano spedite lo stesso giorno e dal medesimo ufficio postale, che la garanzia fideiussoria sia rilasciata dalla medesima agenzia e con polizze emesse in sequenza e lo stesso giorno, la somiglianza della veste grafica, di per sé, non sono tali da far necessariamente presumere una situazione di collegamento;
- gli intrecci di soci e amministratori delle società concorrenti non sono ravvisabili qualora siano dimostrati solo legami di parentela tra i soci e gli amministratori, non già un’identità di soci e amministratori delle due società;
- eventuali comunanze a livello strutturale sono di per sé insufficienti, essendo necessario verificare se tale comunanza abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale;
- in tale indagine può prescindersi dalla produzione di documenti, per lo più autocertificati, tendenti a escludere collegamenti e intrecci sul piano meramente formale[8].
Il controllo o collegamento rilevante ai fini dell’applicazione della norma in esame deve, inoltre, di regola sussistere alla data di presentazione delle offerte, posto che è in tale momento che si cristallizza la situazione dichiarata dall’azienda, compresa la dichiarazione della stessa in merito ad eventuali rapporti di collegamento ad altre imprese partecipanti alla stessa gara[9]. Naturalmente, al fine di ritenere sussistente la violazione delle richiamate disposizioni è necessario che le imprese sospette di collegamento abbiano partecipato alla gara vera e propria[10].
2.2. Operatività dell’esclusione
La rilevanza del controllo/collegamento come causa di esclusione (dapprima con riguardo all’art. 10, c. 1-bis, L.Merloni, poi all’art. 34 Codice) è stata oggetto di controverse interpretazioni giurisprudenziali.
La questione in sintesi ha riguardato l’operatività dell’esclusione in via automatica, operante cioè in presenza del solo controllo/collegamento, ovvero la necessità di una previa verifica, caso per caso, dell’influenza di tale rapporto sulla concreta procedura di gara[11].
Il contrasto deve oggi ritenersi superato a seguito dell’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui l’esclusione non opera in via automatica, bensì previa necessaria valutazione, “caso per caso”, del concreto atteggiarsi della fattispecie, rimessa alle amministrazioni aggiudicatrici[12].
BOX: L’esclusione non viene disposta in via automatica ma solo se si accerta che la relazione esistente tra due (o più) società ha in concreto esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione.
Quanto alle cautele da adottarsi in sede di redazione della lex specialis, può osservarsi quanto segue:
- l’esclusione ex art. 38, c. 1, lett.m-quater, opera a prescindere da una espressa previsione nel bando di gara, sebbene preferibile[13];
- l’eventuale previsione nel bando gara di un aprioristico divieto di partecipazione a carico delle imprese legate da rapporti di controllo e/o collegamento si verrebbe a configurare come lesiva e meritevole di impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria competente;
- l’eventuale previsione del bando di gara che tipizzasse i casi di operatività del divieto in questione non potrebbe, in ogni caso, ritenersi vincolante per la stazione appaltante e/o per il giudice[14].
3. Controllo e avvalimento
Fermo restando che anche ai fini dell’avvalimento l’art. 49 del Codice richiede espressamente il rispetto dei requisiti di cui all’art. 38 da parte dell’ausiliaria, non sussistono limiti di carattere soggettivo riguardo all’impresa ausiliaria e ai rapporti di controllo della stessa nei confronti dell’ausiliata. Come peraltro riconosciuto a livello comunitario, è consentito, infatti, sia l’avvalimento “esterno” (sussistente tra imprese tra loro non collegate né controllate) sia quello cd. “interno” (sussistente fra società del medesimo gruppo). In caso di ATI, dunque, qualora una delle imprese utilizzi l’avvalimento, è del tutto legittimo che l’ausiliaria, che sia parte dell’ATI, si trovi in rapporto di controllo o di collegamento con l’ausiliata[15].
Non è, tuttavia, consentito avvalersi di un soggetto che a sua volta utilizzi i requisiti di un altro soggetto, sia pure ad esso collegato, realizzandosi altrimenti una vietata fattispecie di “avvalimento a cascata”[16].
Nel caso dell’avvalimento, inoltre, il legame di controllo tra le imprese assume rilevanza in quanto consente di dispensare l’ausiliata dalla produzione di un apposito contratto di avvalimento, potendosi, ai sensi dell’art. 49, provare il vincolo giuridico mediante una mera dichiarazione di appartenenza al gruppo societario.
4. Divieti di partecipazione nel settore dei servizi pubblici locali
Analogamente alla normativa sopra descritta, anche la disciplina dettata in materia di affidamento di servizi pubblici locali di rilevanza economica dall’art. 4, comma 33, D.L. 138/2011 s.m.i. è volta a tutelare la concorrenza e, in particolare, la par condicio tra concorrenti[17]. Mentre la prima, tuttavia, intende colpire i rapporti di controllo tra imprese rispetto alla partecipazione alla medesima gara, la seconda, che attiene alle sole procedure di affidamento di servizi pubblici locali, impedisce alle società e alle relative controllate e controllanti di partecipare a tali procedure, non già in ragione dell’eventuale controllo di per sé considerato, bensì in virtù della titolarità, da parte anche di una sola delle imprese del gruppo, di un affidamento ottenuto senza gara.
Conseguenza di tale divieto è, anche in tale caso, l’esclusione ed eventualmente la revoca dell’aggiudicazione a carico della società concorrente, sia che si tratti di affidataria diretta sia che si tratti di società controllante o controllata da un’affidataria diretta.
5. Controllo e conflitto di interessi
Il controllo può interessare anche i rapporti esistenti tra il soggetto concorrente e la stazione appaltante, assumendo rilievo ai fini della configurabilità di ipotesi di “conflitto di interessi” tra i medesimi soggetti.
Sul piano normativo non è dato ravvisare l’esistenza di espressi divieti di partecipazione alla gara a carico dell’impresa le cui quote siano detenute dall’ente banditore della gara stessa.
Il Codice dei Contratti, all’art. 3, comma 28, si limita a definire le imprese pubbliche sulla base del criterio dell’”influenza dominante”[18].
Per altro verso, nel settore dei servizi pubblici locali (art. 4, commi 19-27, D.L. 138/2012 s.m.i.), la circostanza che il legislatore abbia espressamente previsto, in tema di modalità di costituzione delle commissioni di gara, la partecipazione alla gara di società partecipata dall’ente locale banditore – senza tuttavia disporre alcun divieto in merito – ragionevolmente induce a ritenere che lo stesso abbia, sia pure implicitamente, inteso ammettere la suddetta ipotesi come di per se legittima[19].
La compartecipazione societaria dell’amministrazione aggiudicatrice alla società concorrente non determina alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento.
Nello stesso senso sembra muoversi la giurisprudenza, peraltro scarna, che sul punto ha osservato come, in linea generale, “la compartecipazione societaria dell’amministrazione aggiudicatrice alla società concorrente non determini alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 11.7.2008 n. 3499[20]).
Anche la CGUE ha precisato che il principio di parità di trattamento non è violato per il solo fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ammetta a partecipare ad una procedura di aggiudicazione organismi che ricevono, da essa stessa o da altre amministrazioni aggiudicatrici, sovvenzioni, indipendentemente dalla loro natura (sentenza 7.12.2000, C-44/99) o che sono da essa partecipati (sentenza 11.1.2005, C-26/03).
Analogamente, la giurisprudenza di merito ha ritenuto legittima l’ammissione di una società partecipata da un ente locale alle procedure di evidenza pubblica bandite dall’ente medesimo, godendo comunque la società in questione di tutte le prerogative di una normale società di diritto privato[21].
Quanto detto non esclude, tuttavia, che, caso per caso, possa riscontrarsi la sussistenza di ipotesi di “conflitto di interessi”, come rilevato dal Consiglio di Stato (sentenza 25.8.2008 n. 4080), che, in tema di affidamento tramite gara “a doppio oggetto” di un servizio pubblico locale ad una società mista, motiva la non necessità del ricorso ad una seconda gara (per l’affidamento del servizio) sulla base della considerazione secondo cui, ove si ricorresse a tale seconda gara, “l’amministrazione si troverebbe ad assumere la duplice veste di stazione appaltante e di socio di una delle società concorrenti, in palese conflitto di interessi”.
In via generale, le ipotesi di conflitto di interessi in esame si riscontrano nel momento in cui comportano la violazione dei fondamentali principi in tema di procedura ad evidenza pubblica nonché, prima ancora, dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.),quali in primis il principio di imparzialità. Invero, secondo un incontrastato indirizzo interpretativo, “le situazioni di conflitto d’interesse, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico, non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite”[22].
In questo senso se è osservato che “ogni pubblica amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione, al principio generale di imparzialità e di trasparenza ex art. 97 Cost.”[23]; pertanto “le regole sull’incompatibilità, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della Pubblica Amministrazione ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o non un risultato illegittimo” (Cons. Stato, sez. VI, 13.2.2004, n. 563).
Quanto detto è, del resto, pienamente conforme ai principi comunitari in materia secondo cui, come si legge nella Comunicazione interpretativa della Commissione Europea, “la scelta del candidato, o dei candidati, deve essere operata in base a criteri obiettivi e che la procedura deve svolgersi nel rispetto delle regole procedurali e dei requisiti fondamentali così come inizialmente stabiliti. Qualora tali regole non siano state fissate, l’applicazione del principio di parità di trattamento esige, comunque, che la scelta dei candidati avvenga in maniera obiettiva”[24].
Una netta posizione in senso favorevole all’esclusione della società partecipata dall’ente pubblico banditore della gara, proviene dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, secondo cui “Nel caso di partecipazione di un organismo di diritto pubblico ad una società per azioni, i reciproci rapporti, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica bandite dall’organismo di diritto pubblico cui partecipa la società per azioni, sono, di fatto, presupposti per la potenziale violazione dei principi di buon andamento e imparzialità nonché del principio della parità di trattamento che deve presiedere le procedure ad evidenza pubblica, e pertanto la partecipazione della società per azioni alle procedure di gara indette dall’organismo di diritto pubblico da cui è partecipata configura un’ipotesi di conflitto di interessi ed è, quindi, inammissibile” (AVCP, parere del 9.1.2008).
In particolare, con riguardo ai servizi pubblici locali, l’Autorità ha affermato che “In questo contesto, un rilievo assolutamente primario assume l’eliminazione dei conflitti di ruolo derivanti dai diffusi legami proprietari tra un soggetto pubblico (regione o ente locale) e società affidataria del servizio, al fine di garantire una maggiore trasparenza ed imparzialità delle procedure di selezione del gestore e di favorire una concorrenza non distorta tra imprese operanti nell’esercizio di attività pienamente liberalizzate”[25].
L’Autorità non manca di stigmatizzare, poi, il “palese conflitto di interessi, derivante dal fatto che l’ente territoriale risulta essere anche azionista di controllo del soggetto gestore dell’ambito corrispondente all’intero territorio pugliese (..). Si ricorda come l’Autorità abbia già avuto modo, in una precedente segnalazione, di stigmatizzare le conseguenze anticoncorrenziali derivanti dalla circostanza che enti pubblici locali siano al contempo affidatari di servizi, azionisti della società di gestione e componenti degli organismi chiamati a vigilare la medesima”[26].
[1]La lettera m-quater è stata introdotta nel Codice dall’art. 3, comma 1,
legge n. 166 del 2009 recante Conversione
in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135,
recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per
l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
La precedente disciplina era contenuta nell’abrogato art. 34, comma 2, del
Codice, relativo ai soggetti ammessi a partecipare alle gare, secondo cui: “Non possono partecipare alla medesima gara
concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di
cui all’articolo 2359 del codice civile. Le stazioni appaltanti escludono
altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte
sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”.
La L. Merloni, invece, all’art. 10, c. 1-bis, vietava espressamente soltanto la
partecipazione alla medesima gara di imprese tra le quali intercorresse una
relazione di controllo ai sensi dell’art. 2359 cod. civ..
[2] Ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, “Società controllate e società collegate”:
Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei nn. 1 e 2 del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
[3]Cfr. Cons. Stato n. 3982/2008. Come da ultimo osservato dal Consiglio di Stato, “gli appalti pubblici debbano essere informati, anche secondo la normativa europea, ai principi e ai postulati della legalità e dell’imparzialità nonché della chiarezza e trasparenza delle procedure in ogni fase, della par condicio e dell’indipendenza, dell’affidabilità e della segretezza, della completezza e autenticità delle offerte, sì da porre la stazione appaltante al riparo da qualsivoglia possibile contestazione, pregiudizievole sia per la gara che per il buon nome della P.A.” (Cons. Stato 2.1.2012 n. 1).
[4]Durante la vigenza dell’art. 10, c. 1 bis, L. Merloni, la giurisprudenza, in un primo tempo, aveva ritenuto che le ipotesi di collegamento previste dall’art 2359 cod.civ. richiamato dal citato art 10 della legge n° 109 del 1994, fossero di stretta interpretazione con la conseguente illegittimità di clausole della lex specialis che prevedessero ipotesi di collegamento ulteriori. Tale orientamento restrittivo è stato in seguito superato dal Consiglio di Stato, secondo cui la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, in maniera legittima poteva introdurre la rilevanza del collegamento sostanziale, in funzione di tutela della concorrenza e del rispetto della par condicio tra i candidati, anche prima della previsione espressa di cui all’art 34, c. 2 del Codice (ora confluita nella lett. m-quater dell’art 38).
[5] Il fine è in tutta evidenza quello di evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 cod. civ., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del giusto contraente.
[6]Cfr. Cons. Stato n. 2950/2007.
[7] Ha così assunto rilievo, ad esempio, la situazione in cui le rispettive offerte risultino spedite nello stesso giorno e ora, con le medesime modalità e dallo stesso ufficio postale; si sia preso visione dei luoghi e della documentazione di gara nello stesso giorno; si sia costituita cauzione con polizze fideiussorie rilasciate dalla stessa compagnia, in sequenza, in pari data e con identica autentica notarile; l’amministratore di una società sia anche procuratore con potere di rappresentanza e di gestione, proprio per quanto concerne le gare di appalto, dell’altra.
[8]Cons. Stato n. 1/2012 cit.. Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha escluso che il mero rapporto produttore – distributore, anche se esclusivo, testimoniasse l’esistenza di un centro decisionale sottostante (Cons. Stato 1/2012).
[9] E’ possibile, tuttavia, ritenere che in alcuni casi una circostanza sopravvenuta possa costituire un serio indizio circa la preesistente situazione di collegamento a condizione che la stessa costituisca oggetto di prova rigorosa, pena un’indebita restrizione dell’autonomia imprenditoriale degli operatori economici.
[10] V. TAR Lazio Roma sez. III 29.4.2011 n. 3686: “La fase di prequalifica pur potendo essere ritenuta strettamente connessa, sul piano funzionale, alla fase successiva del procedimento, volta all’aggiudicazione previo esame delle offerte presentate dai soggetti previamente qualificatisi, è tuttavia nettamente separata, dalla gara vera e propria”.
[11] Cfr. sul punto TAR Lombardia Brescia, Sez. II, 8.3.2012 n. 384.
[12]Cfr. CGCE 19.5.2009, C-538/2007, su interpello del TAR Lombardia in merito all’art. 10, comma 1-bis, L. 109/1994. Con la citata pronuncia si statuisce che “il diritto comunitario si oppone a che una disposizione nazionale istituisca un divieto assoluto a carico di imprese – fra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano fra loro collegate – di partecipare in modo simultaneo e concorrenziale alla stessa gara d’appalto, senza lasciar loro la possibilità di dimostrare che tale rapporto non influisce sul rispettivo comportamento nell’ambito della procedura di gara.” Ad avviso dei giudici comunitari, precisamente, “il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un’influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall’assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto .
[13] Invero, “..anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante debba comunque disporre l’esclusione di offerte contenenti indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale, per quanto rimanga preferibile che il divieto sia rafforzato attraverso clausole espresse del bando di gara” (Cons. Stato n. 3982/2008).
[14] Secondo la giurisprudenza, infatti, sarebbe “irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all’articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societari capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili” (Cons. Stato n. 3982/2008). In questa prospettiva si è statuito che “il divieto di partecipare alle gare di appalto per le imprese che siano tra loro in condizioni di collegamento opera indipendentemente dall’accertamento che l’amministrazione abbia condotto, per cui nel caso in cui sia dedotta la relativa doglianza il giudice non può esimersi dall’ esaminarla per stabilirne in concreto la fondatezza o meno” (Cons. Stato n. 5284/2007; Cons. Stato n. 3982/2008).
[15]Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 29.12.2010, n. 9577. Lo scopo dell’istituto dell’avvalimento è infatti quello di favorire la massima partecipazione alle gare, consentendo ai concorrenti di utilizzare i requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria di soggetti terzi, indipendentemente dalla natura giuridica dei legami con tali soggetti. A conclusioni analoghe è giunta l’AVCP, la quale ha sottolineato che è vietata la partecipazione dell’impresa avvalente e di quella avvalsa alla medesima gara solo qualora dette imprese siano in concorrenza l’una con l’altra e quindi siano presentatrici entrambe di autonome e contrapposte offerte, non già quando avvalente ed avvalsa facciano parte di uno stesso RTI e presentino quindi un’unica offerta, facendo capo ad uno stesso centro di interessi (v. AVCP, parere del 28.1.2010 n. 22).
[16]Cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. III, 2.3.2012 n. 2169, secondo cui “Il collegamento societario non si cumula con l’istituto dell’avvalimento, ma ne rappresenta un possibile fattore – genetico e giustificativo – atto a dimostrare, sul piano sostanziale, una comunanza di interessi fra i due soggetti interessati al prestito dei requisiti”.
[17] Ai sensi del citato comma, “Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, che, in Italia o all’estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero non ai sensi del comma 12, nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, nè svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, nè direttamente, nè tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. (…)”.
[18] Ai sensi di tale norma, le imprese pubbliche sono “imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente:
a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto;
b)controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa;
c) hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa”.
[19]Ai sensi dell’art. 4, comma 26, D.L. 138/2011 s.m.i., “Nell’ipotesi in cui alla gara concorre una società partecipata dall’ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non possono essere né dipendenti nè amministratori dell’ente locale stesso.”.
[20] Cfr. altresì Cons. Stato, sez. V, 27.7.2004, n. 6325; Cons. Giust. Amm., 24.12.2002, n. 692.
[21]TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 10.7.2003, n. 7547. Il TAR Puglia, Bari 22.7.2009 n. 1909, ha evidenziato, inoltre, che le situazioni di conflitto di interesse possono essere rinvenute allorquando esistano contrasto e incompatibilità anche solo potenziali tra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite. Cfr. TAR Umbria, Sez. I, 14.3.2012 n. 96; Deliberazione Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 25/1/2012 n. 7.
[22]Cfr. Cons.Stato, Sez. V, 19.7.2006 n. 5444; sez. II, 20 ottobre 2004, n. 8487/04.
[23]Cons. Stato, sez V, 19. 9.2006 n. 5444; sez. IV, 7.10.1998, n. 1291; sez. IV, 25.7.1995, n. 755; Cons. giust. amm. sic., sez. giur., 26.4.1996, n. 83.
[24]Comunicazione interpretativa della Commissione Europea del 29 aprile 2000 – 2000/C 121/02, secondo cui, tra l’altro, “vanno considerate contrarie a dette norme del trattato ed al principio della parità di trattamento, ad esempio, le disposizioni che riservano determinati contratti pubblici alle società a prevalente o totale partecipazione statale o pubblica, diretta o indiretta”; nello stesso senso, si afferma, altresì, che “l’osservanza del principio di parità di trattamento esige non soltanto la fissazione di condizioni d’accesso non discriminatorie all’attività economica, ma altresì che le autorità pubbliche adottino ogni misura atta a garantire l’esercizio di tale attività” (Commissione europea del 29 aprile 2000 – 2000/C 121/02).
[25]AGCM, segnalazione 11.6.2008 (AS 453), “Considerazioni e proposte per una regolazione proconcorrenziale dei mercati a sostegno della crescita economica”.
[26] Cfr. AGCM, AS446 del 5 marzo 2008, “Interventi di normativa secondaria per la definizione della tariffa del servizio idrico integrato”. Cfr. altresì AGCM, Atto di Segnalazione del 28 dicembre 2006 n. 375, avente ad oggetto “Affidamento di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica secondo modalità c.d. in house e ad alcuni contenuti della legge delega in materia di tali servizi“, ove si osserva che ” le condizioni alle quali è consentito agli enti locali di erogare direttamente tali servizi ed evitare il ricorso al mercato ed il confronto previsto dalla gara sono da interpretarsi in senso restrittivo anche in ragione dell’obiettiva situazione di conflitto di interesse che tale modalità di affidamento – allo stesso modo, del resto, di quella nei confronti di società costituite secondo le modalità del c.d. partenariato pubblico – privato – determina in capo agli enti pubblici locali, i quali risultano essere al contempo affidatari del servizio, azionisti e amministratori della società di gestione dei servizi, nonché componenti degli organismi chiamati a vigilare e disciplinare la medesima (es. le autorità di ambito territoriale ottimale nel caso di servizi idrici e ambientali)“; e, altresì, che “Solo attraverso un’adeguata regolamentazione svolta da organismi indipendenti e altamente specializzati cui venga affidato sia il controllo delle modalità di affidamento che delle modalità di gestione del servizio (quali il pieno rispetto del contratto di servizio e dei relativi standard qualitativi), appare possibile evitare situazioni di conflitto di interesse o fenomeni di cattura del regolatore, che, come noto, possono ingenerare distorsioni concorrenziali e determinare, tra l’altro, tariffe più elevate, servizi di qualità inferiore e/o minori investimenti, con evidente pregiudizio per i cittadini in quanto consumatori”.