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( votes)Secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale il più importante criterio discriminante tra “componente beni” e “componente servizi” risiede, negli obiettivi di fondo perseguiti dall’Amministrazione concedente, i quali – se travalicano il mero utilizzo ordinario del bene, collocandosi in una prospettiva più ampia – “colorano necessariamente il rapporto in termini di servizi” (Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 1 dicembre 2017, n. 2306).
Il Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, con sentenza n. 547 del 18 giugno 2019 precisa che “la sola appartenenza del bene al patrimonio indisponibile non qualifica di per sé la concessione in termini di “concessione di beni”, essendo un simile automatismo certamente da escludere tutte le volte in cui, la natura pubblicistica del bene trovi fondamento nella sua strumentalità allo svolgimento di un servizio pubblico, secondo il criterio teleologico di cui all’art. 826, comma 2, c.c., giacché tale schema implica, per sua natura, una “coesistenza” tra natura pubblica del bene e funzione pubblica del servizio cui è destinato; in questi casi, dunque, compete all’interprete individuare, tra i due profili, quello in concreto prevalente e, come tale, capace di qualificare giuridicamente il rapporto; occorre, in altre parole, operare un giudizio di “prevalenza sostanziale”, per certi versi analogo a quello previsto in materia di appalti pubblici dall’art. 169, comma 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 secondo cui “se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all’oggetto principale del contratto in questione”.