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( votes)Premessa
Con Deliberazione del Consiglio n. 950 del 13 settembre 2017, l’Autorità nazionale anticorruzione ha approvato le Linee guida n. 8, recanti indicazioni in tema di <<ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando in caso di forniture e servizi ritenuti infungibili>>.
Le Linee guida che ci apprestiamo ad esaminare trovano la loro genesi in una bozza di provvedimento predisposta in vigenza del vecchio Codice dei contratti, sottoposta a consultazione pubblica svoltasi nel 2015. Tale bozza era stata oggetto nel 2016 di un parere preventivo del Consiglio di Stato[1], il quale aveva formulato una serie di osservazioni, non ultimo il fatto che occorresse adeguare le Linee guida al nuovo Codice nel frattempo entrato in vigore e che dovesse essere ripetuta la consultazione degli stakeholders, nonché acquisito il parere dell’AGID e dell’AGCM, ritenuti di particolare rilievo considerata la tematica trattata.
Espletati tali passaggi, l’ANAC ha riformulato, aggiornandole ed arricchendole, le Linee guida in questione sino a giungere alla versione attuale, che ha superato positivamente il vaglio del Consiglio di Stato ed è stata definitivamente approvata.
Considerato che le Linee guida n. 8 affrontano una tematica – quella delle procedure negoziate senza bando in caso di beni e servizi infungibili – trattata dall’art. 63 del D. Lgs. n. 50/2016, che è norma esaustiva che non richiede atti attuativi, le medesime hanno carattere non vincolante, come peraltro in esse espressamente precisato. Tale atto ha il solo scopo di fornire, ai sensi dell’art. 213, comma 2, del Codice, un indirizzo applicativo a fronte della rilevazione di una prassi di dubbia legittimità di ricorso eccessivo alle procedure negoziate senza bando.
Le Linee guida approvate dall’ANAC mirano a fornire indicazioni sulle modalità di accertamento dell’effettiva infungibilità di un bene o di un servizio così da limitare illegittime restrizioni della concorrenza da parte delle stazioni appaltanti, che spesso ricorrono a procedure negoziate senza bando perché interessate a trattare in via esclusiva con un solo fornitore, il più delle volte il fornitore uscente, pur in assenza dei presupposti stabiliti dal Codice.
1. Lo scopo delle Linee guida e il loro oggetto
Scopo dichiarato dell’ANAC è chiarire con precisione il perimetro entro cui sussistono i presupposti per avviare procedure negoziate senza bando per infungibilità dei beni e servizi da acquisire, al fine di circoscriverne l’impiego ai soli casi in cui tali presupposti sussistano effettivamente, così da limitarne l’uso eccessivo ed improprio che è emerso dal monitoraggio sulle procedure svolto negli ultimi anni dall’Autorità.
Si legge infatti nella premessa alle Linee guida che <<l’Autorità ha osservato come in diverse occasioni, per l’acquisizione di beni o servizi, le stazioni appaltanti ricorrano ad affidamenti mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara di cui all’art. 63 (…), adducendo motivazioni legate all’esistenza di privative, all’infungibilità dei prodotti o servizi da acquistare, ai costi eccessivi che potrebbero derivare dal cambio di fornitore, ecc. (…). Tale prassi determina inevitabilmente una restrizione della concorrenza, pertanto, l’Autorità ritiene necessario fornire indicazioni puntuali circa le modalità da seguire per accertare l’effettiva infungibilità di un bene o di un servizio>>.
In particolare, l’ANAC si preoccupa di suggerire alcuni accorgimenti affinché le stazioni appaltanti evitino di trovarsi in situazioni in cui le decisioni di acquisto assunte in un dato momento vincolino le decisioni future (fenomeno cosiddetto del lock-in) e individua le condizioni che devono verificarsi affinché si possa legittimamente ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara in caso di infungibilità dei beni o dei servizi da acquisire.
Seppure, invero, le Linee guida non precisino con esattezza il loro ambito di applicazione, da una attenta lettura dell’art. 63 del Codice può evincersi che si stia trattando delle fattispecie normative di cui al comma 2, lett. b) e quelle di cui al comma 3 lett. b) di detta disposizione.
La prima ipotesi è quella in cui le procedure negoziate senza bando sono ammesse quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni: 1) lo scopo dell’appalto consiste nella creazione o nell’acquisizione di un’opera d’arte o rappresentazione artistica unica; 2) la concorrenza è assente per motivi tecnici; 3) la tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale.
Il Codice precisa che, fatto salvo il caso dell’opera d’arte o della rappresentazione artistica, la cui infungibilità è ex se in quanto intrinsecamente connessa all’unicità dell’artista, nelle suddette ipotesi non devono esistere altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non deve essere il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto.
Il secondo caso, limitato agli appalti di forniture, è quello della procedura negoziata senza bando per consegne complementari. In tale ipotesi, laddove tali consegne siano effettuate dal fornitore originario e siano destinate al rinnovo parziale di forniture o di impianti o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, l’affidamento al fornitore originario senza gara è ammesso purché sia dimostrato che il cambiamento di fornitore obbligherebbe la stazione appaltante ad acquistare forniture con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate. In tal caso, il Codice impone una durata massima dei contratti affidati senza gara, di regola non superiore ai tre anni, così da circoscrivere nel tempo la restrizione della concorrenza che di fatto si ha in tali situazioni.
In tutti i casi sopra descritti ci troviamo dinanzi ad ipotesi tassative che devono essere, per ciò stesso, interpretate restrittivamente. Infatti, la regola è quella della procedura aperta o ristretta, che garantisce l’apertura al mercato e la tutela della concorrenza. La procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara costituisce l’eccezione e, pertanto, i casi in cui la stessa è ammessa devono essere individuati secondo un canone interpretativo di stretto rigore.
Sotto questo punto di vista, il nuovo Codice ha innovato rispetto al D. Lgs. n. 163/2006, in quanto ha fissato dei requisiti più stringenti per giustificare l’affidamento diretto in caso di infungibilità.
Come ha avuto modo di precisare il Consiglio di Stato nel suo parere[2], <<non basta invocare ragioni di natura tecnica o afferenti la tutela di diritti di proprietà intellettuale, occorre anche che sia comprovato che “non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto”>>.
In primo luogo, l’Autorità si preoccupa di precisare che i concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L’esclusiva attiene infatti all’esistenza di privative industriali, secondo cui solo il titolare di un diritto di esclusiva (brevetto) può sfruttare economicamente un certo prodotto o servizio, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno.
In altri termini, un bene può essere sostituibile ad un altro, che sia soggetto a privativa industriale, laddove permetta di soddisfare il medesimo bisogno garantito dal secondo, così come un bene o servizio possono essere infungibili anche se non vi è alcun brevetto su essi. Vi è di più: l’Autorità rileva che, <<poiché l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi. Peraltro, anche in presenza di un diritto esclusivo potrebbero esistere distributori indipendenti o operatori economici che accedono al bene, che possono offrire, in concorrenza tra loro, un determinato prodotto o servizio>>.
Appare per tale ragione evidente che, laddove una fornitura o un servizio siano effettivamente infungibili, svolgere una procedura ad evidenza pubblica sarebbe del tutto superfluo posto che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela. In tali casi, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe solo uno spreco di tempo e di risorse. Da ciò discende la deroga all’evidenza pubblica prevista dal legislatore nell’art. 63 citato, deroga da considerarsi legittima nei limiti in cui l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella determinazione a contrarre della stazione appaltante.
In caso di beni o servizi effettivamente infungibili, svolgere una procedura ad evidenza pubblica sarebbe superfluo perché la gara avrebbe un esito scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela. In ciò trova senso la deroga legislativa all’evidenza pubblica di cui all’art. 63 del Codice, ammissibile purché l’infungibilità sia concretamente accertata, nonché motivata nella determinazione a contrarre.
2. Le possibili cause dell’infungibilità. Il fenomeno del lock-in
Secondo l’Autorità, l’infungibilità di un bene o di un servizio può scaturire da oggettive ragioni di tipo tecnico o di privativa industriale, ovvero da scelte compiute dalla stazione appaltante che la vincolano anche per decisioni future o, infine, per condotte strategiche dell’operatore economico, quali, ad esempio, il possesso di informazioni riservate, la disponibilità di una esclusiva, di fatto o di diritto, su pezzi di ricambio o su materiali di consumo o, ancora, l’approfondita conoscenza dei bisogni della stazione appaltante che un fornitore accorto acquisisce con il tempo e che costituisce un indubbio vantaggio sugli altri potenziali concorrenti.
Fatta eccezione per il primo caso, ossia le oggettive ragioni di natura tecnica o di privativa industriale, negli altri casi l’infungibilità è per così dire indotta. Infatti, è la stessa stazione appaltante che, per scarsa lungimiranza, inerzia amministrativa o cattiva prassi, si mette nella condizione di trovarsi costretta ad acquisire un bene o un servizio sempre dallo stesso fornitore e ciò in quanto il cambiamento di fornitore avrebbe dei costi troppo elevati in termini di perdita dell’investimento iniziale consistente nelle spese sostenute per la formazione del personale, di necessità di un nuovo aggiornamento del personale medesimo, di altri costi organizzativi o, ancora, di costi connessi alla migrazione di dati.
Con riferimento in particolare al settore dell’ICT, il fenomeno per il quale un’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza di un contratto, perché non sono disponibili informazioni essenziali sul sistema informatico in uso che consentirebbero ad un altro fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente, è definito lock-in.
Tale definizione può essere facilmente traslata anche in settori differenti dall’ICT, quale il settore sanitario o i servizi di manutenzione o, ancora, gli acquisti di materiali di consumo per determinati macchinari o attrezzature.
In tutti questi ambiti, spesso, la pubblica amministrazione rimane “incastrata” nel rapporto contrattuale con un unico fornitore in quanto, ad esempio, ha acquistato uno stock di macchinari su cui possono essere montati soltanto pezzi di ricambio originali forniti, per ipotesi, esclusivamente dal fornitore originario. In tali casi, capita spesso che l’operatore economico in questione riesca a “conquistare” il committente con la prima fornitura di macchinari offrendo prezzi particolarmente vantaggiosi, sapendo bene però di potersi rifare in seguito in termini di maggior guadagno con i cosiddetti aftermarket, ovvero i costi successivi di manutenzione o fornitura di materiali di consumo, accessori o pezzi di ricambio relativi a quei macchinari.
Considerato che l’assenza di concorrenza che giustificherebbe il ricorso alla procedura negoziata senza bando per infungibilità del bene o servizio non deve essere il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto, le stazioni appaltanti hanno il dovere di prevenire ed evitare in generale il fenomeno del lock-in, in primo luogo, pianificando con lungimiranza gli acquisti da effettuare e, per i contratti già in essere, non riducendosi a dover rinnovare il contratto con il fornitore originario perché si è giunti a ridosso della scadenza del primo contratto senza aver seriamente affrontato il problema. E’ evidente infatti che cambiare fornitore comporta l’essere in grado di affrontare i costi di tale cambiamento minimizzandoli mediante un’accurata pianificazione di tale passaggio ed avviando per tempo l’attività di progettazione e predisposizione della documentazione di gara per la nuova procedura.
Le stazioni appaltanti devono prevenire il fenomeno del lock-in, ovvero la situazione per cui un’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza di un contratto a causa dell’esistenza di un rapporto di dipendenza “indotto” con il fornitore originario, che rende sommamente difficile ad un altro fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente.
3. I presupposti per la scelta della procedura negoziata senza bando: l’accertamento dell’infungibilità
Come già accennato, la deroga all’evidenza pubblica è ammissibile in termini eccezionali solo laddove il sacrificio del confronto concorrenziale sia compensato e giustificato, in termini di proporzionalità e adeguatezza, con un guadagno in efficienza, qualità ed economicità dei beni o dei servizi forniti.
Di tale compensazione deve essere fatto un bilancio preventivo da parte della stazione appaltante e se ne deve dare puntuale motivazione nella determina a contrarre.
Il primo fondamentale passo da compiere è quello dell’accertamento della reale infungibilità del bene o servizio che si intende acquisire. Tale accertamento deve essere rigoroso e comprovato dalla stazione appaltante e, come detto, non deve essere determinato da scelte arbitrarie, o comunque poco lungimiranti, della stessa.
Così si legge, infatti, nelle Linee guida ANAC: <<spetta alla stazione appaltante verificare rigorosamente l’esistenza dei presupposti che giustificano l’infungibilità del prodotto o servizio che si intende acquistare. In altri termini, la stazione appaltante non può accontentarsi al riguardo delle dichiarazioni presentate dal fornitore, ma deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di mercato, rivolte anche ad analizzare i mercati comunitari e/o, se del caso, extraeuropei. Neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità. Si tratta, infatti, di elementi che, da soli, non possono condurre al ricorso alla procedura negoziata senza bando precludendo, in tal modo, ad altri potenziali concorrenti di presentare offerte qualitativamente equipollenti se non superiori al presunto unico fornitore in grado di soddisfare certi standard. Ne consegue, pertanto, che qualora questi ultimi siano imposti da specifiche disposizioni comunitarie o nazionali o da accordi internazionali e vi siano sul mercato più operatori economici capaci di fornire un prodotto o un servizio conforme ai predetti standard, le stazioni appaltanti non possono utilizzare la procedura di cui all’art. 63 d.lgs. 50/2016, mancandone il presupposto>>, cioè l’effettiva unicità dell’operatore economico. In tale caso, la stazione appaltante dovrà ricorrere alle procedure ordinarie, inserendo nel capitolato le specifiche tecniche richieste nel rispetto di quanto previsto dall’art. 68 del Codice.
Laddove invece sussistano particolari vincoli imposti dal legislatore nazionale o comunitario o da accordi internazionali che rendano concretamente impossibile rivolgersi a più fornitori, allora le stazioni appaltanti potranno legittimamente avviare una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, fermo restando l’obbligo di indicare le ragioni che giustificano tale scelta nella determinazione a contrarre.
Degno di nota è l’esempio riportato nelle Linee guida n. 8 secondo cui, se un’amministrazione abbia già acquistato un’apparecchiatura – per la quale il produttore dichiara formalmente di essere l’unico ad effettuare l’assistenza tecnica – ma vi siano altri operatori economici che dimostrano di possedere i requisiti tecnici necessari per effettuare la medesima assistenza ovvero nel caso in cui possa utilizzare materiali di consumo “compatibili”, se il produttore di questi ultimi certifica che sono utilizzabili sull’apparecchiatura in questione, ma il produttore dell’apparecchiatura dichiara nel manuale d’uso che la stessa deve essere utilizzata solo con materiali “originali”, si pone il problema di capire se la stazione appaltante sia o no obbligata a rivolgersi al fornitore originario. Secondo l’ANAC sarebbe astrattamente possibile per l’amministrazione rivolgersi a più operatori economici, ma – stanti le dichiarazioni del produttore – non è detto che la stessa otterrebbe il medesimo grado di qualità delle prestazioni. Tuttavia, a parere dell’Autorità, la stazione appaltante dovrà attentamente ponderare se l’eventuale minor qualità possa essere compensata, in termini di convenienza e di rispondenza alle concrete esigenze dell’amministrazione, da un costo più basso. Se l’esito di tale ponderazione dovesse propendere per tale secondo elemento, la stazione appaltante non potrebbe evidentemente affidare direttamente al fornitore originario, ex art. 63, comma 2 del Codice, il servizio di assistenza tecnica ma dovrebbe avviare un confronto concorrenziale.
Il primo fondamentale passo da compiere per percorrere legittimamente la strada della procedura negoziata senza bando è quello dell’accertamento della reale infungibilità del bene o servizio che si intende acquisire. Tale accertamento deve essere rigoroso e comprovato dalla stazione appaltante, indicando l’iter seguito nella determina a contrarre.
4. (Segue) I presupposti per la scelta della procedura negoziata senza bando: le consultazioni preliminari di mercato
Perché la stazione appaltante possa accertare l’effettiva infungibilità di un bene o di un servizio e, di conseguenza, ricorrere legittimamente ad una procedura negoziata senza bando, è necessario che la stessa ponga in essere degli approfondimenti preliminari per acquisire tutte le informazioni disponibili.
L’infungibilità di un bene o di un servizio non può fondarsi su una indimostrata convinzione del RUP ovvero sulle dichiarazioni del fornitore, il quale, come è ovvio, ha tutto l’interesse a sostenere di essere l’unico sul mercato ad offrire quel dato prodotto o servizio.
Occorre che l’amministrazione verifichi l’effettiva infungibilità di un bene o di un servizio attraverso un’indagine di mercato.
Innanzitutto, può essere utile osservare la condotta di altre amministrazioni aggiudicatrici per l’acquisto di beni o servizi similari e verificare se le stesse abbiano o meno fatto ricorso a procedure ad evidenza pubblica.
Oltre a ciò, la stazione appaltante dovrà accertare quali siano le soluzioni effettivamente disponibili sul mercato per soddisfare il suo peculiare interesse pubblico mediante una consultazione preliminare, da svolgersi ai sensi dell’art. 66 del D. L.gs. n. 50/2016.
Detta disposizione prevede che, prima dell’avvio di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possano svolgere consultazioni di mercato propedeutiche alla preparazione della documentazione di gara e allo svolgimento della relativa procedura, nonchè per informare gli operatori economici degli appalti programmati e dei requisiti richiesti, così da consentire agli stessi operatori di suggerire e dimostrare la praticabilità di soluzioni alternative a quelle che farebbero propendere per l’esistenza di un unico fornitore.
Come è ovvio, la consultazione preliminare deve avvenire nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e par condicio, nonché della massima partecipazione.
Secondo l’Autorità, ciò consentirebbe alla stazione appaltante <<di delineare un quadro chiaro e completo del mercato di riferimento e di ridurre proprio quelle asimmetrie informative che creano ostacoli allo sviluppo della concorrenza. La consultazione, ad esempio, potrebbe svelare che i costi di passaggio ad altro produttore o tecnologia interoperabile rappresentano un’alternativa economicamente più vantaggiosa rispetto al proseguimento del contratto in essere e, quindi, indurre la stazione appaltante a bandire una procedura aperta o ristretta>>.
L’ANAC inoltre precisa che non possono essere utilmente utilizzati gli esiti di consultazioni effettuate in passato. Infatti, capita spesso che le condizioni che hanno portato a considerare infungibile una certa fornitura o servizio varino con il tempo, soprattutto nei settori in cui prevale la componente tecnologica. In altri termini, la dimostrazione dell’infungibilità del servizio o della fornitura si deve basare su valutazioni attuali, non legate ai risultati di precedenti verifiche o a ipotesi circa futuri sviluppi nel mercato, che, pure, vanno presi in considerazione per la determinazione della durata dell’affidamento[3].
Gli esiti della consultazione preliminare di mercato dovranno essere puntualmente sintetizzati nella determinazione a contrarre e posti a fondamento della infungibilità del bene o servizio e quindi del presupposto che giustifica il ricorso alla procedura negoziata senza bando.
L’Autorità ha cura infine di raccomandare prudenza nella determinazione del prezzo e della durata dell’affidamento diretto così giustificato: il prezzo dovrà essere calcolato <<secondo le procedure standard seguite dalla stazione appaltante, avendo a riferimento, ad esempio, anche il prezzo attualmente praticato alla stazione appaltante o, per affidamenti analoghi, ad altre stazioni appaltanti>>. Per quanto concerne la durata dell’affidamento, invece, questa dovrebbe essere calcolata <<tenendo conto, da un lato, delle esigenze di non gravare eccessivamente gli oneri per la stazione appaltante, dall’altro, del fatto che si tratta di una procedura in deroga ai principi di evidenza pubblica, circostanza che impone di limitare la durata dell’affidamento>>.
Tale ultima considerazione vale tanto più laddove si possa ragionevolmente prevedere l’introduzione a breve nel mercato di nuovi beni o servizi fungibili con quelli in esclusiva.
Per verificare l’effettiva infungibilità di un bene o di un servizio, la stazione appaltante deve espletare una consultazione preliminare di mercato così da avere un quadro chiaro e completo del mercato di riferimento e di ridurre le asimmetrie informative che creano ostacoli allo sviluppo della concorrenza.
5. (Segue) I presupposti per la scelta della procedura negoziata senza bando: una corretta programmazione e progettazione delle forniture e dei servizi da acquisire
Prima ancora di svolgere eventuali consultazioni preliminari di mercato, per prevenire l’insorgere di forme di lock-in o di infungibilità di prodotti o processi, è fondamentale che le amministrazioni compiano innanzitutto un’attenta programmazione dei propri fabbisogni.
La programmazione consente l’effettivo rispetto dei principi di buon andamento, economicità ed efficienza dell’azione amministrativa in quanto la stessa, come ha modo di affermare l’ANAC nelle Linee guida in esame – <<da un lato, consente di prevenire situazioni di urgenza, che spesso costituiscono lo strumento utilizzato dall’amministrazione per giustificare il ricorso a procedure negoziate senza pubblicazione del bando, e, dall’altro, permette l’ottimizzazione delle risorse, il controllo delle diverse fasi gestionali nonché la verifica della corretta esecuzione dell’affidamento>>.
La centralità della programmazione anche per servizi e forniture, oltre che per i lavori, necessaria per garantire una concreta apertura dei mercati ed una efficace prevenzione della corruzione, è stata più volte sottolineata dall’Autorità in vigenza del vecchio Codice dei contratti. Ciò ha senza dubbio contribuito a veder riconosciuto a livello normativo l’obbligo di tale rilevante fase con l’avvento del nuovo Codice. Il D.Lgs. n. 50/2016 infatti stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici devono adottare un programma biennale per l’acquisto di beni e servizi di importo stimato pari o superiore ai 40 mila euro e procedere poi a successivi aggiornamenti annuali degli stessi.
Mediante un’adeguata programmazione, le stazioni appaltanti definiscono a monte le proprie esigenze, individuano le conseguenti migliori soluzioni idonee a soddisfarle, evidenziando anche quali, tra le soluzioni percorribili, possano comportare rischi di lock-in.
In merito a ciò, l’ANAC suggerisce di procedere secondo i seguenti passaggi:
a) individuare gli effettivi fabbisogni, sulla base dell’analisi dei processi interni e degli obiettivi da perseguire;
b) identificare la soluzione che appare preferibile, valutandone la fattibilità, dal punto di vista tecnico, dei costi connessi alla realizzazione, dei benefici attesi, dei rischi e dei vincoli tecnologici, temporali e normativi.
Dopo un’attenta e ponderata programmazione dei fabbisogni, le stazioni appaltanti devono conseguentemente procedere ad una corretta progettazione dei beni e dei servizi da acquisire.
Anche tale fase, strettamente connessa alla prima, è di fondamentale importanza per prevenire i rischi di lock-in. Infatti, il progetto di un appalto di beni o servizi non può limitarsi a considerare solo l’immediata utilizzabilità del prodotto/servizio, ma, deve prendere necessariamente in considerazione anche i costi che l’amministrazione dovrà sopportare in futuro, soprattutto nei casi di contratti durevoli. Con riferimento ai rischi di infungibilità, i costi futuri da considerare sono ad esempio quelli connessi ai materiali di consumo, ai pezzi di ricambio e alla difficoltà concreta di sostituire il fornitore.
Una progettazione che tenga conto dei costi presenti e futuri di un prodotto o di un servizio è una progettazione che prende in considerazione l’intero ciclo di vita del bene e lo pone ad oggetto del confronto competitivo, così come raccomandato dallo stesso legislatore, il quale, all’art. 3 lett. hhhh) del nuovo Codice, definisce il ciclo di vita come comprensivo di tutte le fasi consecutive o interconnesse, compresi la ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli scambi e le relative condizioni, il trasporto, l’utilizzazione e la manutenzione, della vita del prodotto o del lavoro o della prestazione del servizio, dall’acquisizione della materia prima o dalla generazione delle risorse fino allo smaltimento, smantellamento e fine del servizio.
Come è facile intuire, quanto più saranno estese ed accurate le eventuali consultazioni preliminari di mercato svolte dalla stazione appaltante per accertare l’infungibilità del bene o del servizio da acquisire, tanto più sarà adeguata ed efficace la conseguente progettazione dell’appalto da affidare.
Progettare un appalto basandosi sull’intero ciclo di vita di un prodotto o di un servizio ha il pregio, da un lato, di prevenire strategie aggressive da parte dei fornitori, che potrebbero abbassare notevolmente il prezzo dei prodotti da offrire, contando su elevati guadagni connessi ai servizi successivi all’aggiudicazione, i c.d. aftermarket; dall’altro, tale analisi preventiva consente alle stazioni appaltanti di prevenire fenomeni di lock-in programmando per tempo la sostituzione del bene o servizio mediante una nuova procedura concorrenziale[4].
Per prevenire i rischi di lock-in, le stazioni appaltanti devono innanzitutto programmare adeguatamente gli acquisti da compiere, individuando le proprie esigenze e le migliori soluzioni idonee a soddisfarle; in secondo luogo, devono progettare l’appalto di beni o servizi non limitandosi a considerare i costi connessi all’immediata utilizzabilità del prodotto/servizio, ma il loro intero ciclo di vita.
6. Gli strumenti per prevenire o superare il lock-in
Il ricorso ad una procedura negoziata senza bando è ammissibile in presenza di un unico fornitore sul mercato se la situazione di esclusività non sia stata creata dalla stessa stazione appaltante in previsione della futura gara di appalto.
Laddove però tale situazione “patologica” si sia in concreto verificata, talvolta anche in modo inconsapevole da parte della stessa stazione appaltante, che, nella predisposizione degli atti di una prima gara, può non aver valutato con attenzione i rischi che, a seguito del primo affidamento, venga di fatto individuato il nominativo del vincitore dei successivi, occorre trovare una soluzione per uscire gradatamente dalla situazione di lock-in venutasi a creare.
Come già accennato, il rischio di lock-in è tanto più probabile quanto più non sia stata effettuata una adeguata programmazione dei fabbisogni a monte e si sia arrivati a predisporre i documenti di gara a ridosso della scadenza dei contratti.
Una delle possibili soluzioni suggerite dall’ANAC nelle Linee guida per uscire da una situazione di lock-in consiste nel prevedere gare multi-sourcing, nelle quali un singolo affidamento può essere assegnato a due o più fornitori. In tali casi, è possibile prevedere più aggiudicatari per la singola gara (o per il singolo lotto), con l’assegnazione al primo classificato di una quota predefinita del quantitativo massimo previsto e, a scalare, per i concorrenti classificatisi dopo il primo; in alternativa, si può dividere la gara in due o più lotti, imponendo restrizioni sul numero massimo di lotti aggiudicabili.
Tale soluzione offre il vantaggio di far sì che la stazione appaltante possa contare sull’esistenza di più imprese che abbiano acquisito una conoscenza sulle caratteristiche e sulle necessità dell’amministrazione (c.d. riduzione dell’asimmetria informativa), ciò che renderà più semplice il ricorso al confronto concorrenziale per gli affidamenti successivi.
D’altro canto, tale sistema presenta alcuni rischi: vi è una inevitabile duplicazione dei costi oltre a possibili diseconomie di scala. Inoltre, lo stesso non dovrebbe essere utilizzato in settori esposti a rischio di collusione, in quanto le imprese potrebbero fare facilmente “cartello” tra loro, perseguendo soluzioni collaborative di spartizione del mercato.
L’altra interessante soluzione proposta dall’ANAC, sulla falsariga di quanto suggerito dalla Commissione Europea per il settore dell’ICT[5], è quella di agire sulle specifiche tecniche, bandendo gare su standard e non su sistemi proprietari.
Ricorrere a gare basate su standard permette, specialmente nel lungo periodo, rilevanti risparmi di spesa, favorisce l’interoperabilità tra le banche dati delle diverse amministrazioni, il riutilizzo delle informazioni, una migliore comunicazione tra cittadini e pubblica amministrazione, nonché, in ultima analisi, una maggiore concorrenza nel mercato.
D’altro canto, l’espletamento di gare basate su standard comporta, almeno inizialmente, maggiori costi per dismettere i sistemi esistenti e per garantire la sicurezza dei sistemi software dai rischi che potrebbero nascere nel passaggio da un sistema all’altro, nonché maggiori costi per implementare le competenze specifiche del personale coinvolto nell’uso di tali sistemi.
In merito, l’ANAC afferma che <<nella predisposizione dei documenti di gara, occorre evitare di fare riferimento a marchi e altri elementi tecnici su cui esiste una privativa, nonché invitare gli offerenti ad indicare i costi necessari per rendere i prodotti serviti aperti ad altri fornitori al termine del periodo di vigenza del contratto>>. L’Autorità propone, inoltre, <<di richiedere agli aspiranti concorrenti un’espressa dichiarazione, in sede di presentazione dell’offerta, circa elementi che possano comportare lock-in o che richiedano utilizzo di licenze>>.
Tali suggerimenti appaiono pienamente in linea anche con le attuali disposizioni legislative nazionali in tema di amministrazione digitale. Infatti, il D. Lgs. n. 82/2005 impone alle pubbliche amministrazioni di utilizzare nei rapporti interni, con altre amministrazioni e con i privati, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, garantendo l’interoperabilità dei sistemi e l’integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni nel rispetto delle regole tecniche, necessarie per assicurare la sicurezza e l’interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime.
Tali previsioni normative perseguono la finalità di assicurare l’apertura dei sistemi informativi e la circolazione dei dati fra gli stessi sistemi, da realizzare tramite l’emanazione di regole tecniche e di standard, quindi una finalità diametralmente opposta rispetto alla chiusura riscontrabile nelle situazioni di lock-in.
Le stazioni appaltanti dovranno prevedere nella documentazione di gara apposite clausole che garantiscano loro il controllo e la proprietà sui dati e che assicurino che la creazione o l’implementazione delle banche dati risulti essere facilmente replicabile con strumenti non proprietari.
Ulteriori misure per prevenire fenomeni di lock-in suggerite nelle Linee guida sono:
a) prevedere, nel caso di contratti di outsourcing in cui l’infrastruttura sia messa a disposizione dal fornitore, una specifica clausola di riscatto tramite la quale l’amministrazione, a conclusione del periodo contrattuale, possa acquisire la proprietà dell’infrastruttura stessa;
b) prevedere la pianificazione, nell’ambito della documentazione di gara, di una strategia che, laddove risulti inevitabile incorrere in una situazione di lock-in, consenta di prevedere un percorso di uscita in tempi brevi da tale situazione;
c) seguire il principio di modularità del software nell’acquisizione delle soluzioni informatiche, in modo da poter effettuare, se necessario, la modifica o la revisione del software con costi ridotti, perchè si opererebbe su singoli moduli e non sull’intero software e li si potrebbe altresì sostituire con componenti software di altro produttore.
Una soluzione per evitare o superare fenomeni di lock-in è, secondo l’ANAC, quella di ricorrere a gare basate su standard e non su sistemi proprietari. Si garantirebbe, in tal modo, l’interoperabilità tra le banche dati delle diverse amministrazioni, il riutilizzo delle informazioni, una migliore comunicazione tra cittadini e pubblica amministrazione e un generale risparmio di spesa nel lungo periodo.
[1] Parere n. 1708 del 19.07.2017, reso dalla Commissione speciale in data 06.07.2017.
[2] Si veda nota n. 1.
[3] L’Autorità sostiene che <<in giurisprudenza è stato puntualizzato che la “unicità” dello “operatore economico determinato”, id est del prodotto o del servizio, chiesta dalla norma in parola, non esprime un concetto astratto, essendo un rispettivo esempio ben difficilmente rinvenibile in rerum natura, bensì ne è ragionevole l’interpretazione secondo cui va considerato “unico” il prodotto che, anche in relazione al fattore temporale, “in quel momento, sia pronto all’uso, senza necessità di adeguamenti, modifiche ed ulteriori incrementi ed adattamenti”, pena altrimenti una lettura della norma stessa trasmodante in una interpretatio abrogans della medesima, non conforme al canone pur restrittivo individuato dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria>>.
[4] Secondo l’ANAC, per quanto concerne, in particolare, gli appalti nel settore ICT, le stazioni appaltanti devono considerare il ciclo di vita del prodotto o del servizio da acquisire avendo presente che, in tale ambito, l’evoluzione tecnologica è molto rapida e, pertanto, prodotti inizialmente caratterizzati da un certo grado di infungibilità potrebbero a distanza di poco tempo diventare pienamente fungibili. Occorre valutare anche i c.d. switching cost, cioè i costi da sostenere per affrontare la sostituzione del fornitore. L’Autorità sostiene che <<la fase di progettazione del servizio o del bene diviene allora fondamentale per verificare l’eventuale rilevanza dell’aftermarket sull’economia generale del contratto e la conseguente opportunità di stimolare la presentazione di offerte sull’intero ciclo di vita del prodotto o servizio. Laddove, invece, gli aftermarket e gli eventuali switching cost presentano un valore trascurabile nell’economia complessiva del contratto o non esistono vincoli tecnologici, economici o giuridici che impediscano all’amministrazione di rivolgersi ai fornitori universali di ricambi o servizi di manutenzione, potrebbe essere riconosciuta la possibilità di ricorrere ad affidamenti non integrati>>, ovvero progettati senza dover tenere necessariamente conto del costo dei servizi accessori alla fornitura.
[5] Comunicazione della Commissione europea del 25 giugno 2013, e relative Linee guida.