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Premesse

Il principio della suddivisione in lotti – Fra i principali obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici vi è sia l’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile assicurando la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara.

In tale ottica, la direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di appalti reca tra i propri principi la facilitazione della partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici.

Più specificamente, il considerando n. 78 della direttiva prevede: «E’ opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI … A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto».

La spinta del diritto comunitario è dunque verso la frazionabilità in lotti dell’appalto al fine di favorire la più ampia partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica anche delle PMI.

Con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Codice Appalti”), che ha attuato, tra le altre, la direttiva 2004/24/UE, risulta evidente che la funzione pro-concorrenziale delle regole di evidenza pubblica ha assunto ancora maggiore rilievo.

L’art. 30, comma 1 del Codice Appalti, analogamente a quanto già espresso dall’art. 2 del previgente d.lgs. 163/2006, oltre ad indicare che l’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni garantisce la qualità delle prestazioni e deve svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza (principi ispirati alla tutela della pubblica amministrazione per il controllo ed il miglior utilizzo delle finanze pubbliche), ha specificato che le stazioni appaltanti operano nel rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità nonché di pubblicità (principi tutti ispirati alla tutela delle imprese concorrenti e del corretto funzionamento del mercato).

Il successivo comma 7 dello stesso art. 30 dispone che «i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e medie imprese».

È però all’art. 51 che il Codice Appalti, in linea con il precedente d.lgs. 163/2006 (art. 2, comma 1-bis), attua il principio della suddivisione in lotti al fine di ampliare la concorrenza a favore delle PMI, prevedendo al comma 1 che nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle PMI, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali ovvero in lotti prestazionali, in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture.

Il principio della suddivisione in lotti di un appalto risponde all’intento pro-concorrenziale della disciplina comunitaria in materia di appalti

1. La disciplina della suddivisione in lotti: excursus

Nel nostro ordinamento in origine la possibilità di procedere alla suddivisione in lotti di un appalto era un’ipotesi applicabile nei casi in cui detta suddivisione fosse ritenuta vantaggiosa per la stazione appaltante. Tale era infatti il principio ricavabile dal R.D. n. 827/1924 (recante il “Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”) nell’ambito del quale l’art. 37 disponeva che «1. Tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli. 2. Le forniture, i trasporti e i lavori sono dati in appalto separatamente secondo la natura del servizio e divisi possibilmente in lotti, quando ciò sia riconosciuto più vantaggioso per l’amministrazione».

Le vere spinte verso la suddivisione in lotti si sono registrate in ambito legislativo a partire del 2011 nell’ottica della tutela delle PMI al fine di facilitarne l’accesso al mercato. In tal senso si evidenzia:

– l’art. 13 comma 2 lettera a) della Legge n. 180/2011 (cd. Statuto delle Imprese”) che ha sancito l’obbligo per le PA di suddividere l’oggetto degli appalti in lotti o lavorazioni nel rispetto della disciplina di cui al d.lgs. n. 163/2006 (disposizione oggi abrogata ai sensi dell’art. 217 del Codice Appalti)

– l’art. 44 comma 7 del D.L. n. 201/2011, convertito dalla Legge n. 214/2011 (cd. “Decreto Monti”) il quale ha inserito al testo originario dell’art. 2 del d.lgs n. 163/2006 un nuovo comma 1-bis, poi modificato dall’art. 1, comma 2 della Legge n. 135/2012 e dall’art. 26-bis, comma 1 della Legge n. 98/2013: «1-bis. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali. Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese».

Il principio dell’obbligo di suddivisione in lotti è stato quindi introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 2, comma 1-bis del d.lgs. 163/2006 in risposta ai principi comunitari del favor partecipationis alle procedure di appalto da parte delle PMI, nonché di proporzionalità e non discriminazione, inserendosi nell’alveo di quegli strumenti (avvalimento, subappalto, partecipazione in forma raggruppata) utili a garantire il rispetto e lo sviluppo della concorrenza a livello comunitario.

L’ obbligo di suddivisione in lotti è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2011

In linea con la disciplina del d.lgs. n. 163/2006, il legislatore, in applicazione del criterio di cui all’art. 1 comma 1, lettera ccc)[1] della Legge n. 11/2016 di delega al Governo a dare attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del 26 febbraio 2014, ha confermato il principio della suddivisione di un appalto in lotti distinti.

In dettaglio il comma 1 dell’art. 51 del Codice Appalti dispone oggi che «1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg) in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimporese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti».

In generale con il termine “lotto di gara” si individua quell’unità minima di regolazione del mercato che deve assicurare la concreta attuazione fra i diversi operatori economici che anno accesso a un determinato settore: una specifica parte dell’oggetto dell’appalto la cui realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità, indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 7 novembre 2007, n. 2803).

Facciamo oggi riferimento all’art. 3 del Codice Appalti per le definizioni di

– “lotto funzionale” alla lettera qq) ovvero «uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti»

– “lotto prestazionale” alla lettera ggggg) ovvero «uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, definito su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti o in conformità alle diverse fasi successive del progetto».

Circa l’”autonomia” dei lotti, si richiama il principio secondo cui un bando di una procedura di gara suddivisa in lotti costituisce un “atto ad oggetto plurimo” e determina l’indizione non di un’unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un’autonoma procedura che si conclude con un’aggiudicazione (TAR Lazio – Roma, sez. II, 13.12.2016 n. 12416; Consiglio di Stato, sez. V, 26.6.2015 n. 3241)[2].

Rispetto alla disciplina del d.lgs. n. 163/2006, la norma di cui all’art. 51 del Codice Appalti, benchè possa apparire simile nella formulazione, presenta alcune differenze.

In primis nel nuovo testo viene eliminata l’espressione “devono suddividere”, sostituita con “suddividono”. In secondo luogo, scompare la precisazione “ove possibile ed economicamente conveniente”.

Con riferimento alla prima differenza rilevata, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che l’orientamento formatosi nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006 in ordine alla discrezionalità della stazione appaltante nella decisione di suddividere o meno in lotti una gara debba essere confermato anche con il Codice Appalti poiché non ci sono «ragioni per ritenere che il d.lgs. n. 50 del 2016 abbia inteso limitare la discrezionalità della P.A. (trattandosi in sostanza della riformulazione della stessa norma, nella quale peraltro scompare la proposizione assertiva – “devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali” – che contraddistingueva la norma previgente)» (TAR Campania, sez. III, sezione III, sentenza 1 dicembre 2016 n. 5550).

Degna di nota è invece la seconda differenza poiché dalla nuova disposizione si potrebbe ricavare che la convenienza economica non sia più un criterio inderogabile, in quanto l’apertura del mercato alle PMI sia di per sé un valore e uno scopo dell’ordinamento, aspetto su cui si tornerà nel prosieguo.

In linea con la disciplina dell’art. 2-bis del d.lgs. n. 163/2006, l’art. 51, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016 ha confermato il principio della suddivisione di un appalto in lotti distinti

2. La scelta della PA di frazionare l’appalto in lotti

La scelta di frazionare gli appalti, mediante una suddivisione in lotti di gara, è rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti, le quali sono tenute a operare una corretta pianificazione degli interventi e a valutare se le “parti” di un intervento, singolarmente considerate, possiedono un’autonoma funzionalità tecnica, indipendentemente dalla realizzazione dell’opera complessiva.

In generale la possibilità del frazionamento dell’appalto in lotti di gara è subordinata quindi alla “divisibilità” dei lavori, dei servizi o delle forniture, di modo che vi possa essere ripartizione nei vari sub-lotti: l’Amministrazione deve quindi valutare approfonditamente l’effettiva modalità tecnica di realizzazione del frazionamento e i connessi aspetti economici.

Ai fini del frazionamento la stazione appaltante deve in primis considerare il valore del lotto valutando se lo stesso sia idoneo a garantire alle microimprese e alle piccole e medio imprese l’effettiva possibilità di partecipare alla gara, fermo restando che è vietato alle stazioni appaltanti la suddivisione in lotti con il solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del Codice Appalti: anche quando l’intento sia quello di favorire lo sviluppo delle microimprese e delle piccole e medie imprese, il frazionamento della gara d’appalto non può infatti essere utilizzato al fine di aggirare le procedure del Codice Appalti, operando il frazionamento artificioso di un appalto unitario. Per “frazionamento artificioso” si intende la frammentazione di un unico contratto di valore pari o superiore alla soglia comunitaria in lotti di valore inferiore, che, verrebbero conseguentemente aggiudicati con procedure meno competitive.

È dunque al valore dell’appalto che occorre far riferimento; in tal senso l’art. 35, comma 6 del Codice Appalti dispone che «La scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente codice relative alle soglie europee. Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino».

Anche nelle Linee Guida n. 4 ANAC (approvate con delibera n. 1097 del 26 ottobre 2016 e aggiornate con delibera n. 206 del 1 marzo 2018), recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici” al punto 2.1 si legge: «Il valore stimato dell’appalto è calcolato in osservanza dei criteri fissati all’articolo 35 del Codice dei contratti pubblici. Al fine di evitare un artificioso frazionamento dell’appalto, volto a eludere la disciplina comunitaria, le stazioni appaltanti devono prestare attenzione alla corretta definizione del proprio fabbisogno in relazione all’oggetto degli appalti, specialmente nei casi di ripartizione in lotti, contestuali o successivi, o di ripetizione dell’affidamento nel tempo».

In sintesi, dunque, come osservato recentissimamente dai Giudici di Palazzo Spada, la scelta di suddividere in lotti un appalto costituisce una decisione ancorata a valutazioni di carattere tecnico-economico, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (Consiglio di Stato, sez. VI, 2 gennaio 2020 n. 25). È stato osservato che la discrezionalità amministrativa che sovrintende alla scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto. In ogni caso, si tratta di scelta di carattere tecnico-economico, che resta sempre delimitata, oltre che dalle specifiche norme del Codice Appalti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza, oltre che dall’obbligo di motivazione «perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza». Nel richiamare un precedente (Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044), Palazzo Spada in detta pronuncia ha ancora ricordato che «è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50-2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163-2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139».

La scelta di suddividere in lotti un appalto costituisce una decisione discrezionale ancorata a valutazioni di carattere tecnico-economico

3. La motivazione della scelta di derogare alla suddivisione in lotti: il bilanciamento degli interessi

Il Codice Appalti considera, dunque, quale ipotesi ordinaria e regolare la suddivisione in lotti funzionali o prestazionali di un appalto e condiziona la deroga all’ordinaria suddivisione in lotti alla formulazione di una specifica motivazione.

Il principio della suddivisione in lotti può, dunque, essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata: tale scelta di carattere strettamente discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081) è stata ritenuta sindacabile nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti”.

La norma, dunque, se da un lato favorisce la suddivisione in lotti, dall’altro intensifica l’onere motivazionale delle stazioni appaltanti le quali devono espressamente giustificare l’articolazione dell’appalto nel rispetto delle condizioni poste dal Codice Appalti. In tal senso, la motivazione non deve essere intesa come un mero adempimento formale, a cui far fronte mediante formule generiche o di rito, ma deve chiaramente dar conto delle ragioni che impongono di non frazionare l’appalto. L’onere motivazionale in questione non può infatti essere soddisfatto in maniera solo apparente o generica, dovendo invece, la Stazione Appaltante, indicare specificatamente le ragioni tecniche ed economiche che giustificano l’affidamento in unitario del servizio.

Sul punto giova tornare sul Considerando 78 della Direttiva 2014/24/UE ai sensi del quale gli eventuali motivi a sostegno della scelta di non suddividere l’appalto in lotti – da indicare nei documenti di gara – potrebbe «… potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto…».

In merito alla sindacabilità della scelta di non frazionare l’appalto è stato tra l’altro osservato che «..come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria» (Consiglio di Stato, sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038).

E ancora «la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza» (Consiglio di Stato, sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491).

Come ricavabile dalla lettura delle pronunce segnalate, tuttavia, la suddivisione i lotti in alcuni casi potrebbe ledere il principio di economicità: se da una parte la scelta di non suddividere l’appalto in lotti configura oggi – alla luce dell’espresso “obbligo” di frazionamento imposto dall’art. 51 del Codice Appalti – una violazione di legge, dall’altra anche l’artificiosa suddivisione in lotti potrebbe, all’opposto, essere censurata per eccesso di potere nelle forme della carenza dell’istruttoria, della irragionevolezza e non proporzionalità, potendo il frazionamento “forzoso” condurre allo sviamento delle regole di concorrenza nonché al possibile affidamento “diretto” ad un operatore economico, tanto da giungere a poter configurare il reato di abuso d’ufficio, che assume rilievo penale (Corte di Cassazione, Sez. penale, 11 giugno 2018 n. 26610, sul perfezionamento del reato di abuso d’ufficio).

Recentissima la pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada che, con riferimento a una procedura per l’affidamento di un contratto misto di servizi e lavori in ragione di connessione fra le diverse prestazioni ai sensi dell’art. 28 del Codice, hanno rilevato che «Deve inoltre essere esclusa la violazione dell’obbligo di suddivisione degli appalti in lotti funzionali sancito dall’art. 51 del codice dei contratti pubblici “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”. In tanto può configurarsi l’obbligo in questione in quanto non vi si oppongano obiettive esigenze di connessione funzionale che rendano opportuno affidare congiuntamente prestazioni di servizi e lavori e che all’opposto sconsiglino di separare le stesse, come nel caso di specie dimostrato (…) (sulla preferenza solo tendenziale espressa dalla disposizione in esame per la suddivisione degli appalti pubblici in lotti, Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044, cui aderisce Cons. Stato, III, 21 marzo 2019, n. 1857 e 22 febbraio 2019, n. 1222). Peraltro, nell’indire la gara de qua la Regione Toscana ha dato conto delle caratteristiche di “stretta interconnessione” oltre che di omogeneità e complessità delle forniture e dei servizi oggetto di appalto che avrebbero reso antieconomico e non efficiente la sua suddivisione in lotti, con ciò adempiendo all’obbligo di motivazione previsto dalla disposizione del codice dei contratti da ultimo citata per derogare alla regola della suddivisione in lotti. Deve ancora aggiungersi che il dichiarato obiettivo di favorire la partecipazione di imprese di minori dimensioni, cui la regola della suddivisione in lotti è preordinata, non sarebbe stato ragionevolmente raggiunto con la separazione dei lavori dalla preponderante componente di servizi oggetto dell’appalto (…)» (Consiglio di Stato, sez. V, 15 gennaio 2020, n. 378).

Fermo restando l’obbligo di suddividere l’appalto in lotti sancito dalla norma e la contestuale previsione di derogabilità, la giurisprudenza ha individuato una terza possibilità per le stazioni appaltanti, ovvero possibilità “intermedia” di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato, quale frutto del citato bilanciamento di interessi.

È stato infatti osservato – con riferimento al settore sanitario – che «L’art. 2-bis del d.lgs. n. 163/2006 stabiliva che gli appalti fossero suddivisi in lotti funzionali al fine di favorire l’accesso alle gare delle piccole e medie imprese, sempre che la suddivisione fosse “possibile ed economicamente conveniente”, onerando le stazioni appaltanti della facoltà di esporre le ragioni della scelta di non frazionare l’affidamento. Con il passaggio all’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016, sembra assistersi a un mutamento di prospettiva, venendo sancita la regola (almeno apparentemente) incondizionata della suddivisione della gara in lotti di importo adeguato e proporzionato, in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. Resta tuttavia ferma la praticabilità della scelta di non suddividere l’appalto in lotti, purché adeguatamente motivata. Nell’assetto disegnato dall’art. 51 cit., non può ritenersi preclusa alle stazioni appaltanti – con il corredo di idonea motivazione – l’ulteriore possibilità “intermedia” di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato, sebbene questo finisca per rendere difficoltosa, se non impossibile, la partecipazione delle MIPMI. Lo spunto offerto dalla norma non è sfuggito alla giurisprudenza, la quale ha osservato come l’indizione di una gara suddivisa in lotti dal valore non adeguato ad assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione di microimprese, piccole e medie imprese, non escluda di per sé la legittimità dell’operato della stazione appaltante, tenuto conto che il modello legale ammette la deroga a una suddivisione in lotti rigidamente rispettosa dell’interesse partecipativo delle PMI, pur subordinata alla congrua illustrazione delle ragioni sottese alla suddivisione in lotti concretamente disposta e alla verifica della logicità e plausibilità delle ragioni stesse, in rapporto all’interesse pubblico perseguito in concreto (così Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2018, n. 5534). Quello della suddivisione in lotti, in altri termini, non è un obbligo inderogabile, come pure non è esclusa dal legislatore la formazione di lotti di importo elevato…. D’altro canto, è parimenti palese che l’individuazione sempre e comunque di lotti di importo contenuto e agevolmente accessibili alle piccole e medie imprese riduce il vantaggio competitivo derivante alla stazione appaltante dalla formazione di lotti più ampi. In estrema sintesi, nell’ambito sanitario il tema della suddivisione degli appalti in lotti risente del rapporto dialettico con l’obbligo legale di fare ricorso ad acquisiti centralizzati. La convivenza di interessi potenzialmente confliggenti – revisione della spesa e tutela della concorrenza, sullo sfondo del diritto alla salute – esige di essere regolata, caso per caso, attraverso la consueta opera di bilanciamento discrezionale affidata alle amministrazioni coinvolte nella scelta e filtrata all’esterno attraverso la motivazione degli atti di indizione della procedura di gara» (TAR Toscana, Firenze, sez. III, 29 luglio 2019, n. 1162 – avverso la quale è stato proposto appello ma non è stato ancora pubblicato nessun provvedimento).

La deroga alla suddivisione in lotti è condizionata alla formulazione di una specifica e concreta motivazione

4. Conclusioni

Alla luce di quanto sin qui rilevato, tenuto in particolare conto degli indirizzi giurisprudenziali attestatisi in materia di frazionamento di una gara in lotti, il punto di snodo sembra risiedere proprio nella necessità di trovare un contemperamento tra interessi pubblici contrapposti: da una parte, garantire la più ampia partecipazione alle gare d’appalto da parte delle PMI ma garantendo al contempo l’appetibilità della procedura anche da parte delle imprese di più grandi dimensioni, dall’altra assicurare la razionalizzazione e il contenimento della spesa al fine di ottenere economie di mercato. In tal senso, dunque, è il dimensionamento del lotto che rileva, fino al punto di ricorrere all’eventuale deroga al frazionamento, da motivare compiutamente affinchè la scelta non sia censurabile in sede giudiziaria.


[1] art. 1 comma 1, lettera ccc)[1] della Legge n. 11/2016 « … miglioramento delle condizioni di accesso al mercato degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, anche con riferimento ai servizi di architettura e ingegneria e agli altri servizi professionali dell’area tecnica, per i piccoli e medi operatori economici, per i giovani professionisti, per le micro, piccole e medie imprese e per le imprese di nuova costituzione, anche attraverso il divieto di aggregazione artificiosa degli appalti e l’obbligo di motivazione della mancata suddivisione in lotti, prevedendo in particolare che la dimensione degli appalti ed il conseguente valore delle gare e dei lotti in cui queste risultino eventualmente suddivise siano adeguati al fine di garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese nonchè introducendo misure premiali per gli appaltatori e i concessionari che coinvolgano i predetti soggetti nelle procedure di gara e nell’esecuzione dei contratti») –

[2] Nel caso di specie i giudici hanno ritenuto che detta autonomia dei singoli lotti emergesse tra l’altro:

«– dall’attribuzione ai singoli lotti di specifici CIG;

– dall’individuazione di uno specifico importo a base di gara per ciascuno dei 4 lotti (part. 1.2 del disciplinare di gara);

– dalla possibilità, per ciascun concorrente, di concorrere per tutti e 4 i lotti, sebbene la stazione appaltante, quale misura pro-concorrenziale, abbia previsto che questi “potrà risultare aggiudicatario di un solo lotto” (par. 2.3);

– dalla previsione della stipulazione di distinti contratti per ciascun lotto (part. 10.5);

– dalla richiesta di pagamento del contributo in favore dell’ANAC per ogni singolo lotto al quale si partecipa (par. 12);

– dalla prescrizione relativa alla presentazione di dichiarazioni sostitutive, relative ai requisiti di ordine generale, distintamente per ciascun lotto (par. 16.2)».

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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