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( votes)«La corruzione è un male che colpisce il sistema e pregiudica le opportunità di tutti. È un male da contrastare con la repressione penale, ma anche con un sistema di prevenzione da migliorare, da irrobustire, da completare, da rafforzare». Con questo appello Raffaele Cantone si è rivolto nei mesi scorsi ai giovani universitari durante l’inaugurazione dell’anno accademico del Dipartimento di Scienze Politiche, all’Università di Perugia. Il magistrato ha presentato l’idea di prevenzione che ha ispirato il difficile lavoro dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, da lui presieduta, nei suoi primi anni di vita. Va premesso che, come ricordato dallo stesso Cantone nella sua ultima relazione annuale, l’Anac ha terminato una fase “costituente” che ha caratterizzato il primo triennio con una continua implementazione normativa di poteri e funzioni, e ha ormai dismesso gli abiti della novità rendendosi riconoscibile non solo alle amministrazioni pubbliche e agli operatori economici, ma anche a gran parte dei cittadini. D’altro canto la creazione, per la prima volta nella storia del Paese, di un organismo amministrativo anticorruzione, con poteri reali ed effettivi, ha ingenerato aspettative forse eccessive e qualche equivoco che rischia di tradursi in delusione o in critiche aspre che rappresentano un segnale da non sottovalutare. Risulta infatti evidente che le sfide dell’Autorità fino ad oggi abbiano messo a dura prova l’operato della Pubblica Amministrazione con nuovi adempimenti, procedure, pianificazioni, formalità burocratiche, testi da prendere in esame, linee guida da apprendere e adottare nella pratica quotidiana, strumenti da applicare. Spesso in un clima di confusione, tra incertezze, proroghe e ritardi. Inevitabilmente sono arrivati i conseguenti malumori da parte di chi lavora negli enti pubblici: ma tant’è. Del resto i sacrifici, le difficoltà e la pazienza stanno alla base delle sfide più ambiziose. Sono direttamente proporzionali alla grandezza dei traguardi da raggiungere, che possiamo discutere e criticare nel metodo, ma non nel merito. Qualcosa, insomma, bisogna pur fare, e da qualche parte bisogna cominciare, in un’Italia devastata dalla corruzione, come dimostra in primis la centralità che continua ad avere nel dibattito pubblico la tematica della corruzione alla luce di un’onda lunga degli scandali e delle indagini giudiziarie che non sembra arrestarsi. In quanto a presenza di fenomeni corruttivi ancora oggi siamo ai primissimi posti in Europa, davanti soltanto a Grecia e Bulgaria, e in tutto il mondo ben 60 Paesi su 176 possono vantare performance migliori delle nostre. Secondo l’ultimo rapporto di Trasparency International, organizzazione internazionale tra le più accreditate nella lotta alla corruzione, sono stati 566 i casi riportati dai media nel periodo compreso tra gennaio e ottobre del 2017, con 439 nuove indagini, 76 condanne, 27 assoluzioni, 10 prescrizioni e 8 patteggiamenti. Va tuttavia sottolineato che, in base agli indici forniti dalle statistiche su corruzione reale e percepita, la tendenza attribuita all’Italia negli ultimi anni è di un lento e progressivo miglioramento. Viene riconosciuto addirittura un quadro normativo anticorruzione nel complesso sufficiente per il settore pubblico, e rafforzato di recente anche dalla legge sul Whistleblowing a tutela di chi segnala illeciti, mentre l’applicazione pratica delle leggi stesse e la capacità sanzionatoria destano ancora preoccupazioni. Sempre per non trascurare le note positive, Trasparency International considera decisamente soddisfacente anche la normativa antiriciclaggio, anche se il voto più alto viene assegnato alla trasparenza contabile e societaria, soprattutto in virtù della recente reintegrazione del reato di falso in bilancio. Ma sulla corruzione nel settore pubblico il lavoro da fare è ancora enorme. E in questo contesto Raffaele Cantone ha evidenziato come l’Anac rappresenti un’esperienza nuova proprio per prevenire la corruzione, e cosa si stia facendo per far attecchire questo meccanismo, puntando a intervenire prima piuttosto che dopo: «Il quadro dei provvedimenti normativi è completo – ha ribadito agli studenti – in un contesto, quello della legislazione italiana, dove uno dei vizi tipici è l’iperlegislazione. Semmai c’è necessità di stabilizzare gli interventi normativi attraverso l’applicazione». Prevenire resta così il punto fermo, che sta alla base di ogni possibile azione da intraprendere per trasformare un’idea astratta in azioni concrete. In un sistema di corruzione troppo vasto e difficilmente controllabile nella sua intera portata, la repressione tappa alcune buche e “salva il salvabile” con interventi a macchia di leopardo. La sfida della prevenzione può fare invece molto di più: portare un cambiamento alla radice, che parte da buone (anche se spesso ingombranti) pratiche di trasparenza, fino ad arrivare a un rinnovamento culturale da lasciare ai nostri figli, chiamati a gestire e amministrare la cosa pubblica meglio di chi li ha preceduti. E anche per questo Cantone ha posto l’attenzione verso le nuove generazioni: «Ai giovani, e soprattutto agli studenti universitari, rivolgo l’appello di provare a capire cos’è la corruzione: sembra un fenomeno “da grandi”, che interessa chi è già inserito nel mondo del lavoro, nella vita di tutti i giorni, ma non è così e gli effetti finiscono per avere un impatto enorme in modo particolare proprio sui giovani: corruzione è perdita di occasioni di posti di lavoro, stimolo alla fuga dei cervelli, minore meritocrazia». Serve quindi credere nella prevenzione della corruzione, che in qualche modo significa credere in noi stessi, come individui con legittimi interessi personali ma soprattutto come cittadini capaci di dare un contributo sostanziale alla piena affermazione dell’interesse pubblico. Per tutto questo la Pubblica Amministrazione chiede ai suoi dipendenti di non arrendersi. Di resistere allo sconforto e rimboccarsi le maniche. Di dare una mano a chi amministra la lotta alla corruzione per mettere in pratica nuove soluzioni, siano esse da rivedere, aggiustare, semplificare o implementare, anche attraverso il dibattito e la critica. Ma mai rischiando di delegittimare o abbandonare l’idea di un impegno costante e unitario per favorire un sistema di gestione della cosa pubblica più sano e giusto per tutti.