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1. Premesse
Il partenariato pubblico e privato (PPP), come noto, trova la propria ratio nell’esigenza di assicurare alla collettività la disponibilità di un’opera mediante la cooperazione tra soggetti pubblici e imprese, con il fondamentale obiettivo di reperire i capitali privati necessari e di avvalersi del know how delle imprese private.
Nell’ambito del PPP1, fratello “minore” del più noto istituto del project financing è il “contratto di disponibilità”, in origine introdotto nel nostro ordinamento all’art. 160-ter del D.Lgs. n. 163/2023 per effetto dell’art. 44 del Decreto Legge n. 1/2012: si tratta di uno strumento attraverso il quale le amministrazioni pubbliche possono entrare nella disponibilità di asset immobiliari realizzate da privati da destinare all’esercizio di servizi pubblici nel lungo periodo.
La peculiarità del contratto di disponibilità risiede nel fatto che la proprietà dell’opera, realizzata dall’affidatario del contratto e destinata all’esercizio di un pubblico servizio, è del tutto privata anche se l’opera (a differenza delle altre forme di PPP) non è gestita dal privato, ma utilizzata direttamente dall’amministrazione pubblica. L’affidatario privato, a fronte di un corrispettivo, si fa infatti carico della progettazione e della realizzazione dell’opera, garantendone la fruibilità da parte dell’amministrazione ed assicurandone anche la manutenzione ordinaria e straordinaria.
Nell’ambito del contratto di disponibilità, l’amministrazione assume in sostanza la veste del conduttore, con impegno a corrispondere un canone omnicomprensivo a favore del privato, mentre quest’ultimo rimane proprietario dell’opera che ha realizzato per l’Ente (fatta salva la previsione di riscatto dell’opera al termine della concessione da parte dell’amministrazione, dietro eventuale pagamento di un prezzo finale).
In tal senso si ritiene che il contratto di disponibilità sia utilizzabile per la realizzazione delle cd. “opere fredde”2, ovvero quelle opere – da destinare a un servizio pubblico – che a differenza delle cd. “opere calde” non hanno la capacità di generare flussi di cassa tramite i ricavi da utenza necessari per ripagare l’investimento, tali per cui l’amministrazione paga un canone per un determinato periodo (es. carceri, uffici pubblici).
La Corte dei Conti, Sezione Centrale di Controllo, Deliberazione n. 7/2020/G del 20.7.2020 ha così riassunto con chiarezza: «Il contratto di disponibilità appare diretto a consentire ad una Amministrazione pubblica, anche in assenza delle necessarie risorse finanziarie, di poter acquisire la disponibilità di immobili, di proprietà privata, da destinare ad un pubblico servizio, adeguati alle proprie esigenze, a seguito di un’unica procedura di gara di progettazione, realizzazione e manutenzione dell’opera. L’Amministrazione rimane libera di acquisire o meno l’immobile oggetto del contratto di disponibilità in un secondo momento». In particolare, la Corte dei Conti ha rilevato che «Tale contratto sembra rivolto, in modo particolare, alla realizzazione delle c.d. “opere fredde”, vale a dire delle opere per le quali il recupero del valore dell’investimento effettuato dal soggetto privato avviene, non attraverso i ricavi percepiti dagli utenti che usufruiscono del bene (es. parcheggi, ecc.), ma attraverso i ricavi percepiti dalla stessa Amministrazione pubblica (es. uffici, scuole, ospedali, ecc.). Si tratta, dunque, di uno strumento contrattuale che consente, almeno potenzialmente, di soddisfare le esigenze della collettività amministrata, riferite al reperimento e utilizzazione di opere che non sono in grado di produrre flussi finanziari positivi idonei a consentirne l’autofinanziamento, mediante l’utilizzazione di capitali privati di cui potrebbe risultare sufficientemente garantita la redditività nel tempo attraverso il pagamento, da parte della Amministrazione pubblica, quantomeno, del canone di disponibilità».
Nel seguito del presente contributo verranno passate in rassegna le caratteristiche del contratto di disponibilità, evidenziando le differenze introdotte dal legislatore nel D.Lgs. n. 36/2023 rispetto al precedente impianto normativo di cui al D.Lgs n. 50/2016.
Il contratto di disponibilità consente ad una P.A. di acquisire la disponibilità di immobili, di proprietà privata, da destinare ad un pubblico servizio, pur in assenza della totalità delle risorse finanziarie iniziali, dietro corresponsione di un canone periodico
2. Il contratto di disponibilità nel previgente codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016)
Il contratto di disponibilità, nella definizione dell’art. 3 comma 1 lettera hhh) del previgente codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016, è il contratto mediante il quale vengono affidate, a rischio e a spese dell’affidatario (privato), la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo.
Per “messa a disposizione”, chiarisce lo stesso art. 3 del D.Lgs. n. 50/2016, si intende l’obbligo assunto dall’affidatario, a proprio rischio, di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto del contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti. Correlativamente l’art. 188 comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016 specifica che «L’affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell’opera per il periodo di messa a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice»3.
Da un lato, dunque, il contratto di disponibilità, come già evidenziato, si caratterizza per la natura privata dell’area o dell’immobile (che dovrà risultare da un titolo di proprietà o da un diritto di superficie), dall’altro dalla possibilità che l’opera realizzata possa permanere nella proprietà privata (senza necessariamente transitare nel patrimonio pubblico).
L’affidatario del contratto di disponibilità è retribuito mediante:
- un canone di disponibilità (che la PA corrisponde al privato a fronte dell’effettiva disponibilità dell’opera);
- un eventuale contributo in corso d’opera, non superiore al 50% del costo di costruzione, concedibile allorché sia previsto il trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice;
- un eventuale prezzo di trasferimento dell’opera (al termine della concessione), parametrato al valore di mercato residuo della stessa, tenuto conto dei corrispettivi già versati di cui ai precedenti punti.
L’amministrazione (in caso di procedura ordinaria ad impulso della PA) pone a base di gara un capitolato prestazionale. Esso è predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice e indica in dettaglio:
- le caratteristiche tecniche e funzionali che deve assicurare l’opera costruita;
- le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità, se l’opera dimostri, in sede di collaudo, di non rispondere pienamente al capitolato prestazionale.
Prosegue il comma 3 del menzionato articolo 188 del D.Lgs. n. 50/2016 stabilendo che il capitolato prestazionale è messo a gara e le offerte dei partecipanti dovranno contenere:
- il progetto di fattibilità rispondente alle caratteristiche indicate in sede di gara,
- la garanzia ai sensi dell’art. 93 dello stesso D.Lgs. n. 50/2016 (ovvero garanzia provvisoria pari al 2% importo a base di gara),
- il quadro economico degli investimenti,
- l’impegno a prestare, successivamente all’aggiudicazione, la successiva garanzia definitiva ai sensi dell’art. 103 del D.Lgs. n. 50/2016 (pari al 10% dell’importo contrattuale) oltre ad ulteriore cauzione a garanzia delle penali per mancato o inesatto adempimento contrattuale.
L’Amministrazione aggiudicatrice valuta le offerte presentate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
Altra caratteristica del contratto di disponibilità è che “Il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le eventuali varianti in corso d’opera sono redatti a cura dell’affidatario; l’affidatario ha la facoltà di introdurre le eventuali varianti finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione, nel rispetto del progetto di fattibilità tecnico-economica approvato dall’amministrazione aggiudicatrice e delle norme e provvedimenti di pubbliche autorità vigenti e sopravvenuti; il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le varianti in corso d’opera sono ad ogni effetto approvati dall’affidatario, previa comunicazione all’amministrazione aggiudicatrice la quale può, entro trenta giorni, motivatamente opporsi ove non rispettino il capitolato prestazionale e, ove prescritto, alle terze autorità competenti”.
La fase di progettazione e costruzione (oltre alla manutenzione) è lasciata, dunque, in maniera pressoché totale all’affidatario (da cui l’importanza della regolamentazione che si avrà in sede contrattuale). Mentre lo studio di fattibilità tecnico – economica deve essere approvato dall’Amministrazione, la progettazione definitiva ed esecutiva, come l’inserimento di alcune varianti ai fini di una maggiore economicità di costruzione o gestione, è lasciata al privato salva solo la possibilità dell’Amministrazione di opporsi entro 30 giorni in caso di mancato rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e provvedimenti di pubbliche autorità vigenti e sopravvenuti: circostanza questa che rende ovviamente molto più snella e veloce la fase di progettazione.
Il collaudo dell’opera permane, invece, in capo alla stazione appaltante.
L’art. 188 del D.Lgs. 50/2016 pur trattando gli elementi essenziali dell’istituto e del contratto stesso, si sofferma(va) anche sulla procedura di affidamento del contratto di disponibilità
3. Il contratto di disponibilità nell’attuale codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023)
Il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023 ha disposto in maniera più organica la disciplina non solo del PPP (in generale) di cui al Libro IV, ma anche del contratto di disponibilità, cui è dedicata la Parte IV, composto in realtà da un unico articolo, l’art. 197 rubricato “Definizione e disciplina”, evidenziando il ruolo centrale che si è voluto dare proprio all’elemento contrattuale.
Il D.Lgs. n. 36/2023 – dopo aver confermato nell’Allegato all’art. 2 lettera i) la definizione di contratto di disponibilità già presente nel D.Lgs. n. 50/2016 – propone una disciplina in parte innovativa rispetto a quella del previgente codice.
Il contenuto del contratto di disponibilità, introduce l’art. 197, deve esser determinato tenendo conto dei bandi-tipo e dei contratti-tipo redatti dall’Autorità di settore che l’ente concedente “potrà” utilizzare come base del proprio bando e del contratto per poi redigere anche il capitolato prestazionale con le specifiche dell’opera, i criteri di determinazione del corrispettivo, le cauzioni e garanzie.
Il primo comma dell’art. 197 deve, quindi, essere letto in combinato con il successivo comma 9 il quale prevede che «L’ente concedente redige, unitamente al bando o all’avviso, avvalendosi anche dei bandi-tipo e dei contratti-tipo dell’ANAC, un capitolato che indica le caratteristiche specifiche dell’opera, i criteri di determinazione e di riduzione del corrispettivo e i modi di prestazione di garanzie e cauzioni, anche funzionali ad assicurare l’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali».
Centrale è il riferimento al canone di disponibilità (v. comma 3) inteso come corrispettivo del contratto parametrato al godimento dell’opera e alla sua durata, enunciato nelle sue componenti ulteriori qualora sia previsto il trasferimento della proprietà dell’opera all’ente concedente, con previsione dunque:
- di un eventuale contributo in corso d’opera, non superiore al 50 % del costo di costruzione dell’opera;
- di un prezzo di trasferimento, da pagare al termine del contratto, determinato in relazione al valore di mercato residuo dell’opera e tenendo conto dell’importo già versato a titolo di canone di disponibilità e di eventuale contributo in corso d’opera.
Permane, quindi, il criterio della “proporzionalità” del canone parametrato all’effettiva disponibilità dell’opera con indicazione (nel capitolato di gara) dei criteri per la sua determinazione e la sua riduzione eventuale (v. il comma 9 già richiamato ed il comma 13). La durata del contratto viene determinata in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate.
Maggiormente dettagliata (nel D.Lgs. n. 36/2023) risulta la disciplina relativa all’assunzione del rischio da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni o atti necessari per il compimento o la gestione dell’opera a seconda che essi siano a carico dell’ente concedente (il rischio in questo caso è carico del concedente stesso) ovvero di amministrazioni o autorità terze (in questo caso il rischio è a carico dell’operatore economico).
Come nel D.Lgs. n. 50/2016, le varianti possono essere proposte e decise direttamente dall’operatore economico che però dovrà comunicarle al concedente che si potrà opporre «qualora alterino le caratteristiche specifiche dell’opera indicate nel capitolato prestazionale» (anche se nel nuovo art. 197 non è indicato un termine esplicito per il concedente per proporre l’opposizione).
Prima della consegna dell’opera il concedente – «nei modi previsti dal contratto» – può controllare lo svolgimento dei lavori e anche lui proporre varianti o modifiche, con il medesimo limite di cui alle varianti proposte dall’operatore ossia sempre che «non alterino le caratteristiche specifiche dell’opera indicate nel capitolato prestazionale».
Ogni altra precisazione e regolamentazione trova il suo alveo nel contratto: precisazione ripetuta nell’articolo e riferita a più contesti (ad es. comma 7 «il contratto determina i modi di attribuzione alle parti degli eventuali oneri sopravvenuti, ecc.».
Chiaro è il comma 11 nel prevedere che il contratto di disponibilità può essere sottoscritto solo dall’operatore economico in possesso dei requisiti generali di qualificazione e di partecipazione alle procedure di affidamento (con un richiamo implicito alle previsioni di cui al Capo II e III del D.Lgs. n. 36/2023).
Rispetto alla precedente disciplina, dunque, non troviamo, nel capitolo dedicato al contratto di disponibilità, un riferimento mirato alla procedura di gara, ma un dettagliato riferimento ai contenuti ed all’oggetto del contratto, ovviamente da coordinarsi con il contenuto del capitolato prestazionale.
Nel nuovo assetto del D.Lgs. n. 36/2023, la disciplina generale (di gara) dettata dall’art. 174 è applicabile, infatti, per tutti le fattispecie riconducibili al PPP come chiaramente indicato nel comma 3 del citato articolo: «Il partenariato pubblico-privato di tipo contrattuale comprende le figure della concessione, della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità, nonché gli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti di cui al comma 1 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. L’affidamento e l’esecuzione dei relativi contratti sono disciplinati dalle disposizioni di cui ai Titoli II, III e IV della Parte II (forse si intendeva della parte V – n.d.r.). Le modalità di allocazione del rischio operativo, la durata del contratto di partenariato pubblico-privato, le modalità di determinazione della soglia e i metodi di calcolo del valore stimato sono disciplinate dagli articoli 177, 178 e 179».
A queste disposizioni bisognerà, quindi, riferirsi per organizzare la procedura di gara per affidare un contratto di disponibilità.
Il D.Lgs. 36/2023 si sofferma (art. 197) sulla definizione e sul contenuto proprio del contratto di disponibilità, rinviando per la procedura di gara alla regolamentazione generale prevista per tutte le figure di partenariato pubblico-privato (art. 174)
4. PPP ad iniziativa privata: la proposta spontanea anche per il contratto di disponibilità
Tra le disposizioni della Parte V “Altre disposizioni in materia di PPP” in tema di procedura l’art. 198 del D.Lgs. n. 36/2023 precisa al comma 1 che «Le proposte di cui all’articolo 193, comma 1, primo periodo, possono riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di partenariato pubblico privato. …» ricalcando quanto già era previsto all’art. 183 del previgente D.Lgs. n. 50/2016, dedicato alla proposta ad iniziativa del privato, il cui comma 16 indicava che «La proposta di cui al comma 15, primo periodo, può riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di partenariato pubblico privato»).
La possibilità di presentare una proposta ad iniziativa del privato, che viene espressamente disciplinata dall’art. 193 del D.Lgs. n. 36/2023 per la finanza di progetto, può riguardare, quindi, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di PPP, fra cui anche il “contratto di disponibilità”.
Le indicazioni di cui all’art. 193 del D.Lgs. n. 36/2023 possono dunque esser mutuate, ferme restando le differenziazioni desumibili dal combinato disposto con l’art. 197, per ripercorrere la disciplina relativa alla presentazione di una proposta spontanea per l’affidamento di un contratto di disponibilità.
In estrema sintesi, è prevista la possibilità per gli operatori economici di presentare alle amministrazioni proposte relative alla realizzazione di una concessione di lavori o di servizi, sia in relazione a progetti già presenti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione, sia per iniziative non presenti nei predetti strumenti di programmazione, ma proponendo modalità diverse di realizzazione. È segnalata, inoltre, la possibilità per l’ente concedente di sollecitare i privati a farsi promotori di iniziative volte a realizzare i progetti compresi negli strumenti di programmazione (cfr. ultimo comma dell’art. 193).
Ciascuna proposta dovrà contenere:
- un progetto di fattibilità,
- una bozza di convenzione,
- il piano economico-finanziario asseverato e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione (il piano economico-finanziario comprende l’importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell’ingegno),
- la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.
Nel caso del contratto di disponibilità, il progetto di fattibilità può intendersi sostituito dal capitolato (prestazionale) recante tutte le caratteristiche dell’opera ed i contenuti specificati nel già richiamato comma 9 dell’art. 197 D. Lgs. n. 36/2023.
La “bozza di convenzione”, in cui viene disciplinato il rapporto contrattuale tra il concedente ed il concessionario per tutta la durata della concessione, rappresenta il nucleo centrale di tutte le relazioni contrattuali relative al progetto: è il documento che consente di delineare i contenuti e le modalità delle reciproche obbligazioni, anche finanziarie, delle parti del rapporto concessorio. La “bozza di convenzione” alias “di contratto”, oltre ad avere il contenuto tratteggiato nell’art. 197, servirà a delineare con maggior chiarezza il contenuto essenziale del Capitolato prestazionale (quindi le caratteristiche tecniche e funzionali che deve assicurare l’opera costruita, nonché le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità, se l’opera dimostri, in sede di collaudo, di non rispondere pienamente al capitolato prestazionale, i parametri gestionali, oltre a rappresentare i meccanismi di applicazione delle penali, le ipotesi di risoluzione, l’assunzione dei rischi tc).
Il “piano economico finanziario” asseverato è correlato al progetto di fattibilità (ovvero al capitolato prestazionale) ed allegato alla bozza di convenzione/contratto, a dimostrazione dell’equilibrio economico e finanziario dell’investimento, da coordinare[nel caso del contratto di disponibilità]con la verifica della congruità del canone di disponibilità previsto per l’affidatario e con l’obbligo manutentivo dell’opera per la durata del rapporto (e comprensivo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta e dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui all’art. 2578 c.c.).
La specificazione delle “caratteristiche del servizio” offerto all’utenza e della gestione dell’opera [nel caso del contratto di disponibilità] risulterebbe già inserita nel capitolato prestazionale con indicazione dei “parametri gestionali”.
Rispetto al D.Lgs. n. 50/2016, dunque, non sono più richieste a corredo della proposta la garanzia provvisoria e le dichiarazioni sul possesso dei requisiti del concessionario (che serviranno solo nella successiva fase di gara). Inoltre, tra le novità di maggior portata pratica introdotte dal D.Lgs. n. 36/2023, vale la pena segnalare quella disposta al comma 4 dell’articolo 193, a mente della quale la configurazione giuridica del soggetto proponente può essere modificata e integrata sino alla data di scadenza della presentazione delle offerte.
Come nella previgente disciplina è previsto che l’operatore privato possa presentare una proposta di propria iniziativa ai sensi dell’art. 193 D.Lgs. 36/2023 anche per l’affidamento di un contratto di disponibilità
5. Conclusioni
La possibilità di unificare in un’unica procedura di affidamento le diverse attività di progettazione, realizzazione/costruzione e manutenzione dell’opera, avendo un unico interlocutore, porta per la parte pubblica ad un evidente semplificazione delle procedure (e riduzione degli oneri connessi) oltre che una riduzione dei tempi e dei rischi di potenziali contenziosi. In particolare, l’allocazione della gran parte dei rischi a carico del privato e la possibilità – per l’amministrazione – di non dover reperire fin dall’inizio le risorse finanziarie necessarie, cui si aggiunge una struttura contrattuale “aperta” a considerare ed esplicitare le esigenze specifiche della pubblica amministrazione, risultano elementi vantaggiosi per la parte concedente.
Di contro l’operatore privato a fronte del suo investimento e (dell’utilizzo) del suo know how per la realizzazione e la messa a disposizione di un’opera che per sua vocazione non risulterebbe idonea (da sola) a generare i ricavi necessari per assicurare il rientro dell’operazione, gode del beneficio di vedersi garantire dall’amministrazione un canone predeterminato nel tempo, ferma la messa a disposizione dell’opera con le caratteristiche funzionali prestabilite.
La scelta di tale forma di partenariato pubblico-privato sembrerebbe, dunque, idonea a velocizzare e semplificare la realizzazione di opere pubbliche, garantendo il contemperamento degli interessi pubblici-privati. In realtà, però, tale forma di “partenariato” non ha trovato nel tempo una concreta ed apprezzabile applicazione.
Da un lato, come tutte le forme di PPP, esso incontra la criticità di una disciplina ed un quadro normativo piuttosto complesso, cui si aggiunge (per l’amministrazione che vuole attivare la procedura) la difficoltà di poter garantire la redazione di documenti tecnici quali il capitolato prestazionale e il piano di fattibilità tecnico ed economico, ad esempio, che richiedono differenti, specifiche ed adeguate professionalità che sappiano lavorare in sinergia (non sempre presenti soprattutto in piccole amministrazioni). Dall’altro, la necessità del privato di acquisire un adeguato ritorno economico a fronte dei diversi compiti ed oneri a lui attribuiti dalla legge, potrebbe richiedere un impegno economico per l’amministrazione ritenuto non conveniente o sostenibile.
In questo quadro, i finanziamenti messi in campo per l’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) potrebbero d’altro canto costituire un incentivo ed una possibilità per le pubbliche amministrazioni per la realizzazione di opere a servizio della collettività, attraverso anche la scelta di procedure più rapide e coordinate con il supporto degli operatori privati.
L’utilizzo di una proposta (di contratto di disponibilità) ad iniziativa del privato, ad esempio, potrebbe consentire di superare tutta una serie di adempimenti di solito di competenza dell’amministrazione (nella procedura ordinaria), velocizzando ed unificando l’iter autorizzativo, di progettazione e realizzazione dell’opera in una sola procedura, a fronte di un corrispettivo che, grazie alle risorse oggi immesse nel sistema economico, potrebbe risultare effettivamente adeguato e sostenibile per il privato.