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1. Finalità del d.lgs. 19 Agosto 2016, n. 175 e riorganizzazione delle Società a partecipazione pubblica

Con l’entrata in vigore del d.lgs. 19 Agosto 2016, n. 175 – T.U. in materia di Società a partecipazione pubblica si è proceduto a sistematizzare in un unico corpo normativo le disposizioni rivolte alla regolazione delle partecipazioni societarie collegate alla Pubblica Amministrazione.

Il provvedimento si inquadra nell’ambito della generale riorganizzazione delle norme finalizzate alla riduzione delle società a partecipazione pubblica: di fatto, per quanto attiene alla realizzazione di opere pubbliche e alla gestione di servizi si è passati da un atteggiamento di favor verso il ricorso alla forma societaria e alla cooperazione tra soggetti pubblici e privati, ad un atteggiamento di sostanziale sfavore.

Ciò è avvenuto progressivamente, in particolare nel corso dell’ultimo decennio, con l’introduzione di disposizioni rivolte alla diminuzione del numero di società a partecipazione pubblica, considerate causa della lievitazione della spesa pubblica: si sono così susseguiti nel tempo provvedimenti finalizzati ad incentivare l’aggregazione o la dismissione delle partecipazioni, in un’ottica di spending review.

Con il T.U. in materia di Società a partecipazione pubblica si è confermata la tendenza alla circoscrizione della legittima detenibilità di partecipazioni societarie per la P.A., che da una parte deve giustificare con motivazioni specifiche e analitiche la costituzione o l’acquisto di partecipazioni societarie, dall’altra deve procedere alla ricognizione delle partecipazioni in essere con finalità di razionalizzazione.

Procedendo in questa logica, la riforma è stata dunque principalmente finalizzata a definire un quadro il più possibile chiaro ed organico delle regole in un testo normativo unico, allineato alle definizioni di matrice comunitaria e ai contenuti delle Direttive UE del 2014, nel rispetto – in particolare – dei principi di semplificazione e di tutela della concorrenza.

Nell’ambito del d.lgs.175/2016 si è così proceduto a definire le modalità di costituzione, dei acquisto, di mantenimento e di gestione delle partecipazioni dirette ed indirette della P.A., con lo scopo di ottenere un efficientamento gestionale, una generale razionalizzazione delle partecipazioni societarie e, dunque, la riduzione della spesa pubblica.

Dopo l’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 251 del 25 Novembre 2016, il testo del d.lgs. 175/2016 è attualmente in fase di modifica: il Consiglio dei Ministri in data 17 Febbraio 2017 ha approvato uno schema di Decreto Correttivo, per il quale dovranno essere acquisiti l’intesa della Conferenza Unificata Stato-Regioni e i pareri delle Commissioni Parlamentari.

Nell’analisi di seguito proposta si darà conto delle indicazioni riportate dallo Schema di Decreto Correttivo in discussione.

Con il T.U. in materia di Società a partecipazione pubblica si è confermata la tendenza alla circoscrizione della legittima detenibilità di partecipazioni societarie per la P.A., che da una parte deve giustificare con motivazioni specifiche e analitiche la costituzione o l’acquisto di partecipazioni societarie, dall’altra deve procedere alla ricognizione delle partecipazioni in essere con finalità di razionalizzazione.

2. Casistica delle partecipazioni societarie della P.A.: finalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche

Il punto centrale della nuova regolazione introdotta dal T.U. di cui al DLgs. 175/2016 è l’introduzione di criteri di selezione delle società a partecipazione pubblica.

Questo concetto sta alla base di una serie di disposizioni, principalmente concentrate nell’ambito degli artt. 4 Finalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche”, 20 “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche” e 24 “Revisione straordinaria delle partecipazioni”.

Se dunque la P.A. è chiamata a razionalizzare le proprie partecipazioni societarie, lo dovrà fare nell’alveo delle prescrizioni del T.U., che riguardano:

  • la casistica delle partecipazioni detenibili
  • le modalità con cui queste dovranno essere periodicamente valutate
  • le modalità con cui si dovrà procedere alla loro revisione straordinaria.

Preliminarmente viene quindi indicata una macro-casistica delle partecipazioni dirette o indirette che possono fare capo alla P.A.; allo scopo l’art. 4 del T.U. prescrive al c. 1 che le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

Questa disposizione è di grande rilievo, dal momento che sottolinea ancora una volta come a monte di ogni scelta della P.A. vi deve essere la vera e propria necessità di operare per il tramite di partecipazioni societarie che, quindi, devono – ancor prima di essere inquadrate nelle categorie individuate dal T.U. – essere strettamente necessarie  e finalizzate al perseguimento dei propri fini istituzionali.

Per legittimare la scelta della P.A. non basta dunque la generica appartenenza alle categorie di società individuate dal T.U., ma occorre la specifica dimostrazione della stretta necessità del modulo societario per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali.

E’ pur vero che permangono spazi di discrezionalità amministrativa che non possono che essere ricondotti all’Amministrazione, ma la necessità di analiticamente motivare ogni scelta in materia riduce sensibilmente le aree di autonomia.

Dunque, nei limiti sopra indicati è possibile per le amministrazioni pubbliche – direttamente o indirettamente – costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni secondo quanto indicato all’art. 4, c. 2 del T.U., ovvero in società esclusivamente finalizzate allo svolgimento delle attività di:

a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del d.lgs. n. 50 del 2016;

c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2 del T.U. (cd. gara a doppio oggetto);

d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti (o alle loro funzioni, secondo quanto indicato dallo schema di Correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri del 17 Febbraio scorso), nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;

e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 50 del 2016.

In estrema sintesi la P.A. – in linea generale, fatte salve le eccezioni espressamente previste dallo stesso art. 4 – per detenere legittimamente partecipazioni societarie ne deve dimostrare la stretta necessità, la finalizzazione al perseguimento dei propri scopi istituzionali e l’appartenenza alle categorie individuate dal T.U., art. 4, c. 2.

Il punto centrale della nuova regolazione introdotta dal T.U. di cui al DLgs. 175/2016 è l’introduzione di criteri di selezione delle società a partecipazione pubblica.

Per legittimare la scelta della P.A. non basta dunque la generica appartenenza alle categorie di società individuate dal T.U., ma occorre la specifica dimostrazione della stretta necessità del modulo societario per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali.

Permangono spazi di discrezionalità amministrativa che non possono che essere ricondotti all’Amministrazione, ma la necessità di analiticamente motivare ogni scelta in materia riduce sensibilmente le aree di autonomia.

3. Piani di razionalizzazione periodica e Revisione straordinaria delle partecipazioni

Al fine di ottenere da una parte la sostanziale riduzione delle società a partecipazione pubblica, dall’altro il loro efficientamento, il d.lgs. 175/2016 ha poi previsto due disposizioni strettamente collegate fra loro: l’art. 20 “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche” e l’art. 24 “Revisione straordinaria delle partecipazioni”.

La ratio delle due disposizioni è la medesima: la razionalizzazione di cui all’art. 20 T.U. opera a regime, mentre la revisione straordinaria di cui all’art. 24 T.U. deve operare da subito, con un primo termine fissato dal T.U a 6 mesi dalla sua entrata in vigore, data per la quale è stato proposto lo slittamento al 30 giugno 2017 dallo schema di Correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 17 Febbraio.

Per quanto attiene ai Piani di razionalizzazione periodica, l’art. 20 del T.U. prevede che le Amministrazioni pubbliche effettuino annualmente un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette.

Se da questa analisi emergono gli elementi di criticità che lo stesso T.U. all’art. 20, c. 2 individua, dovrà essere predisposto un piano di riassetto delle partecipazioni, finalizzato alla loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione.

Dunque l’obbligo di adozione dei Piani di razionalizzazione scatta solo se la P.A. verifica la sussistenza delle specifiche situazioni di criticità di cui all’art. 20, c.2:

a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’articolo 4 T.U.;

b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (questo tetto economico risulta essere attualmente in discussione, con l’ipotesi di abbassamento a 500.000. Euro);

e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento;

g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all’articolo 4 T.U.

I Piani di razionalizzazione devono essere adottati entro il 31 dicembre di ogni anno e devono essere corredati da un’apposita relazione tecnica, che dovrà in particolare specificare le modalità ed i tempi per la loro attuazione: l’Amministrazione dovrà poi curarne la trasmissione alla sezione di controllo della Corte dei conti competente e alla struttura finalizzata al controllo ed al monitoraggio dell’attuazione del T.U.,  istituita ex art. 15 T.U. presso il Ministero dell’economia e delle finanze.

Sugli atti adottati dall’Amministrazione verrà poi esercitato il controllo anche per quanto attiene alla fase attuativa: ai sensi di quanto previsto dallo stesso art. 20, c.4, entro il 31 dicembre dell’anno successivo le pubbliche amministrazioni devono approvare una relazione sull’attuazione del Piano di razionalizzazione, evidenziando i risultati conseguiti; la relazione dovrà poi essere trasmessa ai medesimi soggetti cui è stato inviato preventivamente il Piano stesso.

Va poi segnalato che la mancata adozione degli atti indicati comporta sanzioni amministrative (da 5.000 a 50.000 Euro) salvo l’eventuale danno rilevato dalla Corte dei conti.

E’ inoltre importante sottolineare che dal mancato adempimento delle disposizioni sopra descritte derivano conseguenze anche sotto il profilo societario: in proposito il c. 7 dell’art. 20 T.U. prevede il rinvio all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 24, c. 5, 6, 7, 8 e 9, ovvero a quanto disposto per i casi di revisione straordinaria delle partecipazioni.

Dunque in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo, o di mancata alienazione nei termini indicati dal T.U., il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società.

Inoltre la partecipazione è alienata o liquidata in denaro ex art. 2437 – ter, c. 2 Codice Civile, con procedimento ex art. 2437-quater C.C.. Per quanto attiene alla determinazione del valore delle partecipazioni e all’iter procedurale di alienazione o liquidazione si fa dunque riferimento ai criteri civilistici: il valore di liquidazione è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni.

Per quanto poi attiene all’iter procedurale, il T.U. fa riferimento al procedimento disposto dall’art. 2437-quater C.C., che può essere sintetizzato come di seguito:

  • gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci, in proporzione alle azioni possedute;
  • se le azioni non vengono acquistate gli amministratori possono collocarle presso terzi;
  • in caso di mancato collocamento, le azioni vengono rimborsate mediante acquisto da parte della società;
  • in caso di mancanza di utili e riserve disponibili deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale ovvero lo scioglimento della società.

Per quanto poi attiene alla Revisione straordinaria delle partecipazioni (che, secondo quanto previsto allo stato dallo Schema di Correttivo del 17 Febbraio 2017, dovrebbe essere effettuata entro il prossimo 30 Giugno), l’art. 24 del T.U. fa riferimento alle partecipazioni dirette e indirette delle amministrazioni pubbliche, e provvede a definire le tipologie di società che sono soggette a tale operazione:

  • società non riconducibili alle categorie dell’art. 4 T.U., ovvero che non rientrano nelle tipologie ivi indicate;    
  • società che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 5, c. 1 e 2  T.U. (mancanza o insufficienza della motivazione analitica nell’adozione dei provvedimenti relativi alle partecipazioni);
  • società che rientrano nelle stesse condizioni previste per i Piani di razionalizzazione periodica (ovvero per le quali a regime sarebbe necessario provvedere con Piano di razionalizzazione ex art.20, c.2 T.U.).

Le Amministrazioni sono quindi tenute a procedere all’alienazione di queste partecipazioni o all’adozione delle misure indicate all’art. 20, c.1 e 2 T.U., ovvero a procedere alla loro razionalizzazione, fusione, soppressione,  liquidazione o cessione, definendo anche in questo caso un Piano di razionalizzazione.

La P.A. dovrà quindi procedere ad effettuare la ricognizione di tutte le partecipazioni, dirette ed indirette ad essa facenti capo, individuando le partecipazioni da alienare. L’esito di tali operazioni dovrà essere comunicato  alla Sezione competente della Corte dei conti e alla struttura per il controllo e il monitoraggio presso il Ministero dell’economia e delle finanze, per la verifica del puntuale adempimento degli obblighi di cui al T.U..

Si dovrà poi procedere all’alienazione delle partecipazioni non conformi ai requisiti indicati dal T.U. entro 1 anno dalla ricognizione, secondo principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione: in casi eccezionali, debitamente motivati, si potrà procedere anche a trattativa diretta con un singolo acquirente.

Va comunque sottolineato che per tutte queste operazioni l’Amministrazione dovrà procedere sostenendo i provvedimenti con adeguata motivazione analitica sulla convenienza economica e sulla congruità del prezzo. E’ in ogni caso fatto salvo il diritto di prelazione dei soci, eventualmente previsto da legge o statuto.

In coordinamento con quanto previsto al c. 7 dell’art. 20 per i casi di Razionalizzazione periodica delle partecipazioni, per le ipotesi di Revisione straordinaria si applicano le disposizioni di cui all’ art. 24, c. 5, 6, 7, 8 e 9 che richiamano l’applicazione dei criteri e delle procedure civilistiche di liquidazione delle partecipazioni, ex artt. 2437-ter, c.2 e 2437-quater Codice Civile.

La ratio a cui rispondono i provvedimenti da adottarsi da parte delle Amministrazioni pubbliche è sempre quella dell’efficientamento: la razionalizzazione di cui all’art. 20 T.U. opera a regime, mentre la revisione straordinaria di cui all’art. 24 T.U. deve operare nell’immediato.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Emilia Giulia Di Fava
Docente ed esperta in disciplina di Diritto Amministrativo - Servizi Pubblici Locali
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