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L’art. 95 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016 prevede che i contratti relativi ai servizi sociali e ai servizi ad alta intensità di manodopera sono aggiudicati esclusivamente in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata secondo il miglior rapporto qualità/prezzo. Analoga previsione è dettata dal co. 5-septies dell’art. 142 del d.lgs. n. 50/2016, che disciplina l’affidamento degli appalti dei servizi di cui all’Allegato IX del Codice dei contratti pubblici. La ratio della scelta legislativa è quella di escludere per alcune tipologie di servizi il ricorso al criterio del prezzo più basso, onde evitare, in settori particolarmente sensibili, il rischio che l’eccessivo abbattimento dei costi si traduca in affidamenti incapaci di garantire non soltanto un accettabile livello qualitativo delle prestazioni, ma anche il rispetto dei diritti dei lavoratori impiegati dall’appaltatore.
Se così è, non sembra che alle stazioni appaltanti possa considerarsi precluso l’utilizzo, con riferimento alle tipologie di servizi in questione, della facoltà – consentita dall’art. 95 co. 7 d.lgs. n. 50/2016 – di limitare il confronto concorrenziale ai soli profili qualitativi delle offerte, azzerando il peso della componente “prezzo”. Detto criterio non rappresenta, infatti, un tertium genus alternativo a quelli del prezzo più basso e del miglior rapporto qualità/prezzo, bensì una specificazione di quest’ultimo, e appare allo stesso modo idoneo a prevenire i rischi di ribassi eccessivi che il legislatore, nei settori considerati, ha inteso scongiurare (Cfr. TAR Firenze, 04.10.2021 n. 1260).

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Redazione MediAppalti
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