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( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Incarichi legali con l’albo: da limitare gli affidamenti in via d’urgenza
(Sezione di controllo reg. Emilia Romagna,deliberazione n. 127/2017 )
Indice
- Premessa
- La ricostruzione della disciplina della fattispecie degli incarichi legali
- Processo ricognitorio delle professionalità interne
- Le indicazioni dell’ANAC
- L’affidamento in via d’urgenza
- Le criticità rilevate nell’azione della stazione appaltante (consuete comunque a tutti gli enti)
1. Premessa
Risulta di grande interesse la deliberazione della sezione di controllo della regione E. Romagna n. 127/2017 per le importanti (e preziose) indicazioni fornite in tema di affidamento di incarichi legali.
La delibera, evidentemente, tiene conto della rilevante modifica apportata sul tema dal codice dei contratti che – in coerenza con le disposizioni comunitarie – riconduce gli incarichi legali, a tutti gli effetti, nell’ambito del sistema appalti sia pure in termini semplificati.
Come si vedrà più avanti, risultano di rilievo le specificazioni sul procedimento di affidamento e la necessità di affidarsi – come anche indicato dall’ANAC – alla predisposizione di uno specifico albo di professionisti nell’ambito del quale scegliere poi i vari soggetti da far concorrere in una ristretta competizione.
2. La ricostruzione della disciplina della fattispecie degli incarichi legali
Correttamente, nella deliberazione si precisa che la configurazione della disciplina applicabile agli incarichi aventi a oggetto un singolo patrocinio legale dev’essere rivista, alla luce dell’entrata in vigore, del nuovo codice dei contratti (il decreto legislativo 50/2016 e succ. modifiche).
A decorrere dal 19 aprile 2016 – data di entrata in vigore del codice – anche il singolo incarico di patrocinio legale deve essere inquadrato come appalto di servizi; ciò, sulla base del disposto di cui all’art. 17 (recante “Esclusioni specifiche per contratti di appalto e concessione di servizi”), che considera come contratto escluso la rappresentanza legale di un cliente, da parte di un avvocato, in un procedimento giudiziario dinanzi a organi giurisdizionali, nonché la consulenza legale fornita in preparazione di detto procedimento.
Questa interpretazione, come anticipato in premessa, pare preferibile anche tenuto conto di come l’art. 17 richiamato recepisca le direttive dell’Unione europea che accoglie una nozione di appalto più ampia di quella rinvenibile dal nostro codice civile. In ogni caso, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 del citato decreto legislativo, l’affidamento dello stesso deve comunque avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, proporzionalità e pubblicità.
Alla luce di quanto, si legge sempre nella delibera, l’incarico legale non può più essere considerato in termini fiduciari ma come obiettivo che consegue sulla base dell’attivazione di un procedimento che mira a stabilirne competenze e professionalità ponendo in posizione di parità i vari concorrenti.
In delibera si richiama la sentenza n. 334 del 6 febbraio 2017, il TAR Sicilia – Palermo, Sez. III che, nel giudicare l’affidamento di un appalto di servizi legali alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, ha rimarcato come per esso debba essere assicurata la massima partecipazione mediante una procedura di tipo comparativo idonea a permettere a tutti gli aventi diritto di partecipare, in condizioni di parità e uguaglianza, alla selezione per la scelta del contraente.
3. Processo ricognitorio delle professionalità interne
Gli enti (meglio dire i RUP) che dispongono degli uffici legali – e questo non deve essere sottovalutato a pena di danno erariale – anche dopo l’emanazione del nuovo codice dei contratti pubblici, devono preliminarmente operare una ricognizione interna finalizzata ad accertare l’impossibilità, da parte del personale, a svolgere l’incarico (così, da ultima, questa Sezione con la deliberazione n. 66/2016).
4. Le indicazioni dell’ANAC
Sulle novità normative l’ANAC, con delibera n. 1158/2016 ha evidenziato che nell’affidamento di un patrocinio legale le amministrazioni possono attuare i principi di cui all’art. 4 del codice dei contratti pubblici applicando sistemi di qualificazione, ovvero la redazione di un elenco di operatori qualificati, mediante una procedura trasparente e aperta, oggetto di adeguata pubblicità, dal quale selezionare, su una base non discriminatoria, gli operatori che saranno invitati a presentare offerte.
La scelta deve essere operata secondo principi di rotazione, applicato tenendo conto, nella individuazione della “rosa” dei soggetti selezionati, dell’importanza della causa e del compenso prevedibile. L’albo può essere – se necessario – articolato in diversi settori di competenza. La limitazione sul numero degli iscritti deve ritenersi non ammissibile.
5. L’affidamento in via d’urgenza
La sezione critica l’approccio delle stazioni appaltanti di affidare gli incarichi attraverso procedimenti derogatori.
A tal riguardo precisa che quando insistano ragioni di urgenza, “motivate e non derivanti da un’inerzia dell’Ente conferente, tali da non consentire l’espletamento di una procedura comparativa, le amministrazioni possono prevedere che si proceda all’affidamento diretto degli incarichi dettagliatamente motivato, sulla base di un criterio di rotazione (ove siano stati istituiti elenchi di operatori qualificati, l’affidatario dev’essere individuato tra gli avvocati iscritti in (…) elenchi)”.
6. Le criticità rilevate nell’azione della stazione appaltante (consuete comunque a tutti gli enti)
Nella deliberazione vengono quindi evidenziati una serie di criticità nella gestione del servizio legale che, pur riferiti ovviamente al caso specifico, rivestono comunque una rilevanza generale per tutti gli enti e su cui i RUP dovrebbero attentamente soffermarsi.
In primo luogo si rileva la mancata adozione di norme regolamentari finalizzate a disciplinare l’affidamento dei patrocini legali (i disciplinari di gara).
Una precisa e completa normativa finalizzata a regolamentare la materia, si legge nella deliberazione, è funzionale ad un corretto agere amministrativo da porsi anche a presidio di una attenta spendita delle risorse pubbliche.
Si rileva la violazione dei principi di libera concorrenza e di imparzialità. Nel caso di specie, l’Ente ha affidato tramite bando pubblico, l’appalto di servizi legali per l’attività stragiudiziale e giudiziale di gestione dei sinistri passivi per il periodo dal 18/02/2015 al 17/02/2016 (determina dirigenziale n. 159 del 9/3/2015). La sezione ha analizzato l’analogo bando di gara per l’anno successivo che ha visto vincitori i medesimi due avvocati.
Dall’analisi del bando la sezione rileva una irragionevole restrizione dei principi di concorrenza ed imparzialità laddove il Comune richiede, all’art.8, come requisito professionale per partecipare alla procedura aperta “lo svolgimento pregresso di appalti di servizi legali o di incarichi analoghi di collaborazione e consulenza legale per questa Amministrazione Comunale ovvero per Enti Territoriali Locali di dimensioni non inferiori all’Amministrazione Comunale di Reggio Emilia, per un periodo di almeno 5 anni, senza soluzione di continuità”.
Il principio di adeguatezza e proporzionalità impongono requisiti di ammissione congrui rispetto al conseguimento dell’oggetto dell’appalto, risultando invece irragionevole una previsione della lex specialis che consenta la non ammissione alla procedura di un professionista che abbia indicato solo rapporti “con Enti pubblici diversi dagli Enti territoriali locali e con Enti pubblici territoriali locali svolti per un periodo non corrispondente alla durata quinquennale, senza soluzione di continuità”.
A margine, la sezione rileva anche la violazione dei principi sul rimborso delle spese legali. Il rimborso delle spese legali, precisa il collegio di controllo, in favore dei dipendenti e degli amministratori pubblici, assolti per non avere commesso il fatto nell’ambito di un procedimento connesso con l’espletamento del servizio, deriva dal principio per cui non solo nei rapporti privati, ma anche in quelli pubblici, chi agisce per un interesse altrui non deve sopportare nella sua sfera personale gli effetti svantaggiosi di questa attività, bensì deve essere tenuto indenne sia dalle spese sostenute sia dai danni subiti per la fedele esecuzione del suo compito (C. conti, S.r. n 707/1991).
Con l’art. 7-bis del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, il legislatore ha recentemente riconosciuto questo diritto anche in favore degli amministratori locali “nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti: a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato; b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; c) assenza di dolo o colpa grave”. Purché ciò avvenga in situazione di invarianza finanziaria naturalmente.
L’insussistenza di conflitto d’interessi con l’Ente, condicio sine qua non della risarcibilità delle spese in argomento, richiede l’accertamento che i beneficiari del rimborso non abbiano tenuto comportamenti contrari ai doveri d’ufficio.
Solo le pronunce di assoluzione motivate per insussistenza del fatto o perché l’imputato non lo ha commesso, consentono di escludere in radice il conflitto d’interessi.
Qualora, invece, siano motivate ai sensi del comma 2, dell’art. 530, del c.p.p., che ricorre qualora “manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile”, occorre altresì verificare l’assenza del conflitto d’interessi con l’Ente pubblico imponendosi pertanto onere del responsabile del procedimento, prima di rimborsare le spese legali, effettuare un accertamento interno.