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Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti

Contratto senza forma scritta è fonte di danno erariale

(Corte dei Conti, sez. Giurisd. Campania, sentenza n. 401/2017)


Indice:

1.   Premessa,

2.   La vicenda

3.   La colpa grave


1.   Premessa

La procura campana affronta, in tempi recenti, anche un altro caso di incarico conferito in modo non rituale e, soprattutto, con prestazioni avviate e conclude (a parte del professionista) senza che venisse stipulato il relativo contratto in forma scritta.

2.   La vicenda

Il comune campano, procedeva con delibera consiliare n. 72 del 1988, aveva a conferito congiuntamente a due ingegneri  “l’incarico di redigere il progetto per l’impianto della rete di distribuzione del gas metano nel territorio comunale, subordinando la liquidazione delle competenze tecniche alla condizione sospensiva dell’avvenuto finanziamento dell’opera nei termini previsti dalla delibera CIPE 11 febbraio 1988”.

Nonostante la mancata concessione del finanziamento richiesto il consiglio comunale approvava il progetto redatto dagli ingegneri per partecipare ad un nuovo bando indetto dal Ministero dell’Industria.

In sostanza, semplificando, l’ente non solo procedeva ad utilizzare la prestazione professionale ma non stipulava neppure il contratto con i professionisti incaricati circostanza che – su azione dei diretti interessati –  determinava la condanna della pubblica amministrazione per indebito arricchimento (e quindi a pagare prestazioni rese con aggravio di spese e rivalutazione monetaria).

3. La colpa grave

La Procura individua la colpa grave dei consiglieri dell’epoca nella “incredibile leggerezza e superficialità” con cui essi conferirono un incarico professionale per la redazione del progetto senza la forma scritta ad substantiam, ritenendo irrilevante che “la obbligazione extracontrattuale sia sorta in data antecedente al marzo 1989 (data di entrata in vigore del D.L. n. 66/1989), assumendo che l’esperibilità dell’azione ex art. 2041 non impedisce alla giurisdizione contabile di verificare la legittimità dell’impegno”.

Il Collegio ritiene di aderire alla tesi del giudice civile (che ha accolto la domanda di indebito arricchimento formulata da uno dei professionisti incaricati) – peraltro in linea con il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito – secondo la quale per il contratto d’opera professionale, come per ogni altro contratto in cui sia parte una P.A. e anche quando  questa agisca “iure privatorum“, è richiesta, secondo il disposto di cui agli art. 16 e 17 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, la forma scritta “ad substantiam“.

La forma scritta, secondo principi notissimi, costituisce lo strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia del cittadino sia della collettività, ed è, quindi, espressione dei principi d’imparzialità e buon andamento della P.A. posti dall’art. 97 costituzione.
La deliberazione consiliare, con cui venivano affidati gli incarichi, si legge nella sentenza,  non avrebbe potuto avere alcun effetto costitutivo dell’incarico professionale, essendo a ciò necessario a pena di nullità la redazione di un apposito documento, sottoscritto dal professionista e dal titolare dell’organo titolare del potere rappresentativo dell’Ente nei confronti dei terzi. Solo dal contratto – in forma scritta – può desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere.

La  conclusione del giudizio civile, condivisa dal giudice dell’erario, è conforme all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la delibera di conferimento dell’incarico professionale “non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all’Ente che, almeno ai fini considerati, ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all’esterno” nonché all’orientamento della Suprema Corte, che ha ritenuto “l’irrilevanza dell’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale di un Ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico al professionista, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell’Ente stesso e dal professionista” (ex plurimis, Cass. 6182/94; Cass. 1117/97; Cass. 2772/98; Cass. 2619/00; Cass. 8023/00; Cass. 13628/01).

Da notare che nelle memorie difensive – pur non oggetto di considerazione – i convenuti hanno rilevato il fatto che la stipula del contratto non rientra tra le competenze politiche ma tra quelle gestionali. Il giudice non ha considerato degna di interesse questa puntualizzazione considerando nel complesso la vicenda che ha portato all’azione di indebito arricchimento presentata da uno dei  professionisti incaricati in modo irrituale.

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Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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