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Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale  ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti

La concessione gratuita di beni immobili da parte della Pubblica Amministrazione: condizioni, limiti e procedura

Parere della Corte dei Conti sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 36/201 


Indice:


1. Premessa;
2. Il parere della sezione piemontese;
3. L’attribuzione di benefici a soggetti privati;
4. La questione della trasparenza;
5. Le recenti FAQ in materia;


1. Premessa

La sezione regionale del Piemonte è stata sollecitata (dal Sindaco di un comune) in merito alla possibilità della concessione – gratuita – del diritto di superficie su un area comunale in favore di una associazione locale impegnata nel sociale.

In particolare, il Sindaco precisa – a completamento dell’istanza sulla legittimità di una concessione gratuita – che l’associazione destinataria dell’iniziativa è “un’associazione dedita alla pubblica assistenza senza fini di lucro, richiamando a tal fine le funzioni fondamentali come risultanti dallo statuto sociale”; che la concessione in argomento “in relazione all’utilità sociale dell’attività svolta (…) ed al contributo che viene all’associazione stessa dal volontariato” sarebbe avvenuta  “a titolo gratuito o comunque dietro compenso simbolico”.

2. Il parere della sezione piemontese

Si deve premettere, prima di considerare il – peraltro condivisibile – parere espresso dalla sezione, che la questione della concessione gratuita di beni immobili, da parte delle  pubbliche istituzioni è più frequente di quanto non si creda. 

La peculiarità, però, insiste nella circostanza che la concessione viene normalmente (ed erroneamente) considerata, almeno nella maggioranza dei casi, come una procedura totalmente avulsa dai principi del diritto amministrativo e che la stessa concessione possa essere presidiata unicamente da una volontà politica senza alcuna intermediazione di regole giuridiche e di interventi rimessi agli organi gestionali dell’ente.

Proprio il parere in commento consentirà di smitizzare un simile modo di pensare e di ribadire la rilevanza di alcune recenti prescrizioni normative in tema di trasparenza e di competenze.

La sezione, propedeuticamente all’analisi dell’istanza, ribadisce che la scelta di gestione alla base dell’istanza deve in primis ritenersi esclusivamente “rimessa al prudente apprezzamento degli organi amministrativi dell’ente e che, pertanto, la Corte non può esprimersi sulla specifica richiesta (né può offrire un avallo preventivo), la questione può essere affrontata in termini generali, indagando la facoltà di un ente di procedere ad attribuzioni patrimoniali (nella fattispecie, attinenti al patrimonio immobiliare) a terzi soggetti, presenti sul territorio comunale”.

Procede pertanto con l’enunciazione di alcuni principi indefettibili.

Nelle norme di contabilità, si  legge nel parere, non si rinviene alcuna disposizione che impedisca al Comune di effettuare attribuzioni patrimoniali a terzi, se necessarie per raggiungere i fini che in base all’ordinamento deve perseguire, tanto più in relazione alla necessaria attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione.

La stessa sezione della Lombardia n. 262 del 31 maggio 2012 ha rilevato che “se l’azione è intrapresa al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune l’attribuzione di beni, anche se apparentemente a fondo perso, non può equivalere ad un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico effettuato dal soggetto che riceve il contributo”.

Una prima puntualizzazione appare pertanto utile sotto il profilo pratico/operativo per il  responsabile del procedimento che venisse chiamato ad istruire una proposta di concessione gratuita di un bene immobile pubblico: nell’istruttoria in parola, fermo restando la considerazione della natura giuridica del bene (demaniale, indisponibile ecc.), non si potrà prescindere dalla dichiarata finalità che attraverso la concessione si intende soddisfare. Diventa di estrema rilevanza che i destinatari di detta attività siano rappresentati dall’intera collettività o (si potrebbe aggiungere) fasce/categorie ben identificate della cittadinanza.

In nessun caso, a sommesso avviso, potrebbe essere oggetto di considerazione una attività svincolata da finalità di solidarietà, comunanza e partecipazione. 

Del tutto irrilevante sarà invece la natura pubblica o privata del soggetto beneficiario dell’attribuzione patrimoniali. Non a caso si evidenzia nella deliberazione in commento che “il criterio di orientamento è quello della necessità che l’attribuzione avvenga allo scopo di perseguire i fini dell’ente pubblico, posto che la stessa amministrazione pubblica opera ormai utilizzando, per molteplici finalità (gestione di servizi pubblici, esternalizzazione di compiti rientranti nelle attribuzioni di ciascun ente), soggetti aventi natura privata” (cfr. anche deliberazione Sezione Lombardia n. 349/2011/PAR)”.

3. L’attribuzione di benefici a soggetti privati 

Evidentemente, l’attribuzione di un vantaggio economico ad un soggetto privato (piuttosto che ad un soggetto pubblico, circostanza che potrebbe giustificarsi ex se), impone adeguata motivazione ed una serie di cautele imprescindibili.

Le cautele in argomento  si sostanziano nell’imprescindibile “esigenza di assicurare il rispetto dei principi di buon andamento, di parità di trattamento e di non discriminazione, di concorrenzialità e di pubblicità, predicati intrinseci dell’attività amministrativa”.

In particolare, “trattandosi dell’attribuzione di un chiaro vantaggio economico, l’ente dovrà rispettare l’articolo 12 della legge n. 241/90, avendo cura di predeterminare (auspicabilmente in forma regolamentare) i casi, le condizioni e le modalità per la concessione di simili utilità ed il confronto concorrenziale tra aspiranti”.

Alla luce di quanto appena espresso, pur non potendo, la sezione, per ovvi motivi,  esprimersi sulla fattispecie concreta puntualizza quelli che sono i momenti procedimentali a cui il responsabile del procedimento – e più in generale la pubblica amministrazione – si dovrà attenere.

In particolare:

  1. l’applicazione del principio generale secondo cui l’attribuzione patrimoniale è da considerarsi consentita solo se finalizzata allo svolgimento di servizi pubblici o, comunque, di interesse per la collettività insediata sul territorio;
  2. devono ben risultare evidenziate “le finalità pubblicistiche che esso intende perseguire con il contratto in esame, previa necessaria verifica che l’utilità sociale perseguita sia compresa nelle finalità istituzionali cui l’ente locale è deputato”.
  3. In ogni caso “l’eventuale attribuzione dovrà essere conforme, oltre a quelli sopra richiamati, anche al principio di congruità della spesa mediante una valutazione comparativa degli interessi complessivi dell’ente locale. In caso contrario, l’attribuzione non troverebbe alcuna giustificazione”.

4. La questione della trasparenza

Si palesa appena nel parere in commento una delle esigenze maggiormente sentite in tema di concessione di contributi (non necessariamente di tipo finanziario) imposte dal recente decreto legislativo c.d. della trasparenza n. 33/2013 e (si direbbe rinforzato con le recenti FAQ dell’autorità anticorruzione ex Civit).

Viene in considerazione, in tema di trasparenza, il primo comma dell’articolo 26 del decreto legislativo 33/2013 a memoria del quale  “le pubbliche amministrazioni pubblicano gli atti con i quali sono determinati, ai sensi dell’ articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i criteri e le modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi per la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati”.

L’inciso appena richiamato consente di esprimere due considerazioni.

Limitando la propria riflessione agli enti locali, come anche emerge nel parere, l’atto generale in argomento ha natura regolamentare (nella amministrazioni diverse, probabilmente, i criteri in parola   potrebbero essere declinati anche in un provvedimento avente forma di una determinazione dirigenziale).

Non solo, la pubblica istituzione potrà determinarsi a decidere una concessione ma dovrà necessariamente aver adottato a monte una documento che contenga i criteri e le norme di azione tutte, evidentemente, ispirate al principio dell’evidenza pubblica e della imparzialità.

Il regolamento in parola deve altresì essere pubblicato oltre che nella sezione dell’albo pretorio on line anche nella specifica sotto sezione della sezione Amministrazione Trasparente. Quest’ultima pubblicazione, quanto la prima, è da ritenersi richiesta a pena di legittimità dell’atto di concessione eventualmente adottato. Si badi, non una incidenza – in caso di omissione – sugli effetti ma da intendersi quale necessario presupposto per il rispetto del disposto normativo che potrebbe condurre l’atto adottato non alla dichiarazione di nullità ma di annullabilità per violazione di legge.    

Il regime della trasparenza diventa più invasivo ed intenso in relazione all’obbligo di pubblicità imposto in relazione all’atto di concessione del provvedimento.

La pubblicazione – nel caso di concessioni di vantaggi patrimoniali superiori ai mille euro – è imposta, dal  secondo comma dell’articolo 26 del decreto legislativo 33/2013 a pena di inefficacia ed improseguibilità dell’atto adottato.  

A tal riguardo, il comma citato – nell’ultimo periodo – chiarisce che l’ eventuale omissione o incompletezza circa la pubblicazione ed il contenuto dell’atto di concessione “è rilevata d’ufficio dagli organi dirigenziali, sotto la propria responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l’indebita concessione o attribuzione del beneficio economico. La mancata, incompleta o ritardata pubblicazione rilevata d’ufficio dagli organi di controllo è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 30, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

Per effetto di quanto appena riportato, non solo l’atto di concessione – se non viene effettuata la pubblicazione per la prescritta trasparenza – non produce effetti, ma potrebbe originare una peculiare fattispecie di danno da ritardo con conseguente risarcimento a carico del soggetto inerte.

5. Le recenti FAQ in materia

In relazione agli adempimenti prescritti dalla norme “trasparenza” appena citate, nel mese di Febbraio l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e per la trasparenza delle amministrazioni pubbliche) ha reso note alcune FAQ di ausilio agli operatori tendenti ad esplicitare contenuti e modus operativi degli obblighi imposti dalla recente normativa.

In relazione all’atto oggetto di pubblicazione in caso di concessione di vantaggi patrimoniali e di qualsiasi natura a soggetti pubblici o privati  ed in particolare al quesito “se fosse corretto pubblicare i provvedimenti di impegno e liquidazione degli importi relativi a benefici concessi” l’Authority ha dato un riscontro non totalmente persuasivo.   

Secondo l’ANAC, non costituirebbero oggetto di pubblicazione – ai sensi dell’articolo 26 e 27 del decreto legislativo 33/2013 “gli atti contabili di impegno e di liquidazione” ma i  “provvedimenti e agli atti con cui vengono concessi sovvenzioni, contributi, sussidi e vantaggi economici”.  

Già prima facie, sembrache il riscontro non sia perfettamente aderente al dato letterale della norma.  La risposta – come in qualche occasione già palesato ([1]) – afferma che oggetto di pubblicazione nella specifica sezione dell’amministrazione aperta sia la comunicazione del dirigente/responsabile del servizio al beneficiario in cui si precisa l’avvenuta concessione. Provvedimento (ammesso che si possa definire tale) che effettivamente precede la determinazione di liquidazione e segue, ovviamente, la determinazione di impegno di spesa che suggella la concessione.

Ammesso che l’Authority   intenda effettivamente l’atto sinteticamente descritto si deve dissentire – se pur autorevoli – dalle riflessioni espresse.

La concessione del contributo, normalmente e salvo situazioni eccezionali da motivarsi adeguatamente, segue (deve seguire) un procedimento che – come annotato – può essere definito “ad evidenza pubblica”.

In questo senso, del resto, il primo comma dell’articolo 12 della legge 241/90 statuisce che “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi”.

Pertanto, il procedimento amministrativo si articola secondo la classica sequenza della prenotazione di impegno di spesa con cui si avvia la procedura; la determinazione di impegno di spesa con cui si suggella l’assegnazione ed infine la determinazione di liquidazione.

Come annotato, tra le due determinazioni di impegno di spesa e di liquidazione (che appare troppo semplicistico definire sic et simpliciter come atti contabili trattandosi di autentici atti amministrativi) si inserisce la comunicazione al beneficiario delle risultanze della procedura e dell’imminente provvedimento di liquidazione.

Ora, esigere, come fa la norma (comma 2 dell’articolo 26 del decreto legislativo 33/2013) un controllo sul provvedimento in argomento, che riguarda dirigente competete per materia e destinatario del beneficio, è impresa diabolica. Si potrà al più pretendere che la determinazione di liquidazione, trasmessa al servizio finanziario per l’emissione del mandato, riporti chiaramente l’avvenuta pubblicazione sulla sezione della trasparenza.


[1] Cfr. in LexItalia.it, nn. 7/8,2013S. Usai  Trasparenza in tema di concessione di sovvenzioni e contributi: è davvero obbligatorio pubblicare anche la determinazione di assegnazione?

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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