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( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Le condizioni per poter derogare ai vincoli della spending review
Corte dei Conti, sezione regionale della Liguria deliberazione n. 64 del 10 novembre 2014
Indice
- Premessa
- L’ampliamento concorrenziale della procedura d’acquisto
- La derogabilità dei vincoli procedurali posti dalla legislazione spending review
- L’attuale regime normativo
- Le posizioni espresse da altre sezioni regionali
- Gli ulteriori quesiti
1. Premessa
La sezione regionale della Liguria è stata oggetto di recente escussione per chiarimenti in tema di possibili deroghe alle procedure d’acquisto espletate attraverso il mercato elettronico e, più generale, sulla rilevanza dei vincoli imposti dal legislatore della spending review.
In particolare, il Sindaco di un comune ligure sottoponeva alla sezione i seguenti quesiti circa la possibilità:
a) di escludere l’applicabilità del ricorso alle centrali di committenza nelle ipotesi previste dall’art. 125 c. 11 d. lgs. 163/2006 e nelle ipotesi di cottimo fiduciario sotto i 40.000,00 euro, in considerazione che in tali casi la normativa consente di non intraprendere la procedura concorsuale;
b) di acquisire beni e servizi al di fuori del MEPA qualora il ricorso all’esterno persegua l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica;
c) nel caso in cui si debba organizzare un evento con un determinato artista curato in esclusiva da un’agenzia di spettacoli non iscritta al MEPA, di procedere all’affidamento diretto previsto dall’art. 57 d. lgs. 163/2006, senza ricorrere al mercato elettronico;
d) di affidare una collaborazione diretta con associazioni di promozione culturale o sportiva, che non possono iscriversi al MEPA, con il pagamento di una prestazione di servizi in occasione di manifestazioni ed eventi inseriti nel calendario istituzionale.
2. L’ampliamento concorrenziale della procedura d’acquisto
Già si premette che, a sommesso avviso, alcune riflessioni giuridiche, pur autorevolissime, non appaiono totalmente convincenti.
Con il primo quesito, in particolare, l’ente chiede se l’art. 23 ter d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in l. 11 agosto 2014 n. 114, che ha introdotto l’art. 33 comma 3 bis d.lgs. 163/2006, “escluda l’applicabilità del ricorso alle centrali di committenza nelle ipotesi di una procedura di affidamento diretto in base all’art. 125 comma 11 del codice dei contratti e nelle ipotesi di cottimo fiduciario sotto i40.000,00 euro, atteso che in tali casi la normativa ammette la non attivazione della procedura concorsuale”.
In altre parole, si legge nella deliberazione, il Comune intendeva sapere se sia possibile anche in questi casi ricorrere alle centrali di committenza – che in ipotesi dovrebbero assicurare risparmi di non minima entità avendo la possibilità di fare ordini di rilevante entità – anche nelle fattispecie in cui l’ordinamento consente l’acquisizione mediante amministrazione diretta per ragioni di semplificazione e di celerità, stante il ridotto importo della medesima.
Naturalmente, il riscontro fornito dalla sezione è positivo ma ciò che non convince è che, probabilmente, il quesito era sotteso ad avere ben altri chiarimenti. Quanto emerge soprattutto considerando che la finalità del comune richiedente era (in realtà) diretta a conoscere – a sommesso avviso – la possibilità di non ottemperare ai vincoli procedurali imposti dalla prima spending review (d.l. 52/2012 convertito con legge 94/2012) che impone agli enti locali (per limitare il discorso) l’obbligo di ricorrere – nel sottosoglia comunitario – ad una delle forme di mercato elettronico indicate nell’articolo 328 del regolamento attuativo del codice degli appalti (DPR 207/2010).
Il riscontro al parere,evidentemente, per effetto delle premesse poste dalla stessa sezione non poteva che essere positivo ma, come anticipato, non coglie pienamente nel segno.
Nella deliberazione si legge che “l’ordinamento privilegia gli strumenti delle centrali di committenza e delle procedure selettive nel presupposto, imposto anche dal diritto comunitario, che la massima concorrenzialità consenta i migliori risparmi di spesa, contemperando però tale esigenza con il principio di efficienza dell’azione amministrativa in quanto – come è facile arguire – il ricorso a tali procedure implica sicuri costi temporali e procedimentali incompatibili con l’agere quotidiano di un ufficio pubblico. Questa è la ragione per cui gli acquisti sotto i quarantamila euro possono essere fatti direttamente dall’Ufficio economale senza attivazione di procedure concorrenziali. Nulla osta, pertanto, all’adozione delle procedure più garantistiche e al ricorso alle centrali di committenza ove l’ente locale, nel caso specifico, ritenga maggiormente opportuno intraprendere questa seconda strada”.
E’ del tutto ovvio che se un ente vuole rendere più concorrenziale, più oggettivo, il procedimento di assegnazione dell’appalto lo può fare tranquillamente, pertanto, il quesito – se mirava a questo – sarebbe stato assolutamente privo di senso e di significato.
Così come, e le norme evidentemente lo consentono, se il responsabile del servizio volesse procedere con l’affidamento diretto (quale fattispecie delle acquisizioni in economia) ben potrebbe farlo previa valutazione delle condizioni legittimanti.
In particolare, può farlo previa verifica della possibilità (importo e commessa) prevista nel regolamento delle acquisizioni in economia ed un minimo riscontro sulla congruità dei prezzi.
Ma, la questione principale che non appare emergere dalla risposta è che nell’odierno regime dei vincoli procedurali imposti con la spending review l’acquisizione di beni e servizi nel sotto soglia comunitario deve passare obbligatoriamente per una delle forme del mercato elettronico ex articolo 328 del regolamento attuativo degli appalti.
Nel momento in cui la sezione, rispondendo ad un quesito che testualmente recita se “sia da escludersi l’applicabilità del ricorso alle centrali di committenza nelle ipotesi previste dall’art. 125 comma 11 d. lgs. 163/2006 e nelle ipotesi di cottimo fiduciario sotto i 40.000,00 euro, in considerazione che in tali casi la normativa consente di non intraprendere la procedura concorsuale”, non può ritenersi congrua una risposta che puntualizza che “gli acquisti sotto i quarantamila euro possono essere fatti direttamente dall’Ufficio economale senza attivazione di procedure concorrenziali”.
Dal riscontro in argomento, tenendo ben presente il quesito, si può erroneamente dedurre, in primo luogo, che all’acquisto possa procedere l’ufficio economale e non altri.
Naturalmente non è così, perché la norma è applicabile a prescindere dalla circostanza che a procedere sia l’economo ma, soprattutto, il riscontro fornito dalla corte sembra legittimare la possibilità di avviare un procedimento extra mercato elettronico condizionato dall’importo.
In realtà le procedure d’acquisto sul mercato elettronico (in specie il Mepa di Consip) ammettono l’ordine diretto ma a condizione che venga verificata la congruità del prezzo o attraverso un confronto concorrenziale delle offerte presenti sul mercato elettronico oppure attraverso uno specifico sollecito dei soggetti presenti che possono essere invitati con la RDO a presentare una offerta migliorativa (tanto sul prezzo quanto sulle condizioni tecniche).
Pertanto, anche l’acquisizione con gli strumenti telematici non può mai prescindere da un pur minimo confronto concorrenziale sui prezzi. Anche perché chi procede potrebbe essere chiamato a rispondere sulle ragioni a supporto della propria azione (si pensi alla fase del controllo successivo da parte del segretario nei comuni).
3. La derogabilità dei vincoli procedurali posti dalla legislazione spending review
Il riscontro al secondo ed al quarto quesito, a sommesso parere, non sono assolutamente condivisibili.
Per meglio inquadrare la riflessione è opportuno riportare l’intero passo contenuto nella deliberazione della sezione.
In questa si legge:
“Con il secondo e il quarto quesito, che possono essere affrontati congiuntamente, il Comune di (…) chiede se sia possibile acquistare beni e servizi al di fuori del MEPA (Mercato Elettronico delle Pubbliche Amministrazioni), eventualmente anche solo limitatamente alle spese economali.
La questione è più complessa della precedente.
L’art. 1 c. 450 l.296/2006 dispone che <<fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti dal comma 449 del presente articolo, le altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 [tra cui rientrano gli enti locali] per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328>>-
Il chiaro obbligo di ricorso ad un mercato elettronico (altro significato semantico non può assumere la locuzione <<sono tenuti>>), previsto dal comma 450, deve però tenere conto dell’espressa clausola di riserva prevista dalla disposizione che si pone in una evidente posizione di sussidiarietà rispetto alle <<facoltà previst[e] dal comma 449 del presente articolo>>, le quali ricomprendono la possibilità per gli enti locali di rivolgersi al libero mercato con il limite imperativo, soggetto alla eterointegrazione prevista dall’art. 1339 c.c., dello stesso prezzo – qualità/quantità previsto dal sistema delle convenzioni CONSIP e dei mercati elettronici. Tale interpretazione congiunta, oltre a coordinarsi sistematicamente con il principio generale di economicità dell’attività amministrativa, codificato nell’art. 11 l. 7.08.1990 n. 241, trova ulteriore conferma letterale nell’ultima parte dell’art. 1449 l. cit. che espressamente stabilisce che i soli <<enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni quadro stipulate da Consip S.p.A.>>.
Pertanto si può ritenere che i Comuni siano legittimati ad acquistare beni e servizi al di fuori del MEPA con il limite imperativo ed ablativo dell’assoluto rispetto dei limiti massimi di prezzo presenti sul mercato elettronico”.
Una prima considerazione che si deve esprimere riguarda la questione delle spese economali.
Le spese economali – ed evidentemente si intendono quelle minime che l’economo può effettuare per piccoli acquisti disciplinati da ogni ente nel tipo e nella misura della spesa possibile da uno specifico regolamento (o nel regolamento di contabilità) – come affermato dalla stessa AVCP non sono appalti, tant’è che le prestazioni/forniture possono essere pagate in contanti e non esigono, appunto, il codice identificativo di gara.
E’evidente che questi non possono essere effettuati attraverso il mercato elettronico. Si pensi all’acquisto del quotidiano o ad una risma di carta e via discorrendo. Se anche per questo tipo di acquisti si dovessero ossequiare i vincoli procedurali imposti dalla spending review.
E’ altrettanto logico, per inquadrare il quesito ed il riscontro fornito dalla sezione, che una ipotesi è l’acquisto economale altra questione è l’acquisto, ad esempio della cancelleria, da parte dell’economo comunale. In questo caso – il secondo – si è in presenza di un autentico appalto.
E’ impensabile che sia congruo e legittimo procedere all’acquisto, a titolo esemplificativo, della carta per gli uffici comunali procedendo direttamente senza passare attraverso il mercato elettronico o, addirittura, procedere senza CIG o senza il rispetto delle norme sulla tracciabilità.
Ben diversa, rispetto a questo caso, è l’ipotesi dell’acquisto di una risma di carta, necessaria ed urgente. Si pensi solo agli inconvenienti pratico/operativi se per un acquisto simile si dovessero rispettare i rigidissimi vincoli in tema di appalti pubblici.
Espletata la necessaria premessa – che pare uno degli elementi che, a sommesso avviso, determinano il fraintendimento – si può rilevare l’incongruità della risposta della sezione secondo cui “si può ritenere che i Comuni siano legittimati ad acquistare beni e servizi al di fuori del MEPA con il limite imperativo ed ablativo dell’assoluto rispetto dei limiti massimi di prezzo presenti sul mercato elettronico”.
Secondo la sezione il meccanismo definito dal legislatore per gli acquisti di beni e servizi nel sopra soglia comunitario si applicherebbe anche per il sottosoglia.
Ciò è quanto si desume nel momento in cui fa emergere questa prerogativa dalla circostanza che l’articolo 1, comma 450, modificato dalla legge 228/2012 (finanziaria2013) con l’articolo 1,comma 149, accanto al riferimento agli obblighi a inserito l’inciso facoltà (fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti nel comma 449).
Il punto principale, pertanto, è quello di chiarire la portata della modifica.
La modifica (con l’inciso “e le facoltà”) è posto per chiarire l’intensità del rapporto tra l’adesione alle convenzioni Consip o altra centrale di committenza e – in particolare – gli enti locali.
Come noto gli enti locali non hanno l’obbligo di aderire alle convenzioni ma hanno l’obbligo, a pena di nullità del contratto, di rispettare un procedimento amministrativo specifico come fissato dall’articolo 26 comma 3 della legge 488/1999 come richiamato dall’articolo 1, comma 1, della legge 135/2012 (seconda spending review).
Il comma 3, dell’articolo 26 della legge 488/1999 dispone che “le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisizione di beni e servizi ai sensi del d.P.R. 4 aprile 2002, n. 101. La stipulazione di un contratto in violazione del presente comma è causa di responsabilità amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni e quello indicato nel contratto. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e ai comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti”.
Per effetto di quanto,limitando l’analisi, i comuni non hanno l’obbligo di aderire alle convenzioni ma se queste risultassero aggiudicate dalla centrale di committenza con i prodotti/servizi che il comune intende acquisire, il RUP – a pena di nullità del contratto – può proporre al dirigente/responsabile del servizio o l’adesione alle convenzioni oppure la gara condizione che a base di gara siano poste le condizioni tecnico/economiche declinate nella predetta convenzione.
Non solo, oltre al comma annotato, risultano estremamente rilevanti i commi 3-bis e 4 dell’articolo in argomento.
Nel primo, secondo la modifica intervenuta con la legge 191/2004 si puntualizza che “i provvedimenti con cui le amministrazioni pubbliche deliberano di procedere in modo autonomo a singoli acquisti di beni e servizi sono trasmessi alle strutture e agli uffici preposti al controllo di gestione, per l’esercizio delle funzioni di sorveglianza e di controllo, anche ai sensi del comma 4. Il dipendente che ha sottoscritto il contratto allega allo stesso una apposita dichiarazione con la quale attesta, ai sensi e per gli effetti degli articoli 47 e seguenti del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modifiche, il rispetto delle disposizioni contenute nel comma 3”.
Quindi, con il comma 4, si precisa che “nell’ambito di ciascuna pubblica amministrazione gli uffici preposti al controllo di gestione (…) verificano l’osservanza dei parametri di cui al comma 3, richiedendo eventualmente al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica il parere tecnico circa le caratteristiche tecnico-funzionali e l’economicità dei prodotti acquisiti. Annualmente i responsabili dei predetti uffici sottopongono all’organo di direzione politica una relazione riguardante i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l’attuazione di quanto previsto dal presente articolo. Tali relazioni sono rese disponibili sui siti Internet di ciascuna amministrazione. Nella fase di prima applicazione, ovegli uffici preposti al controllo di gestione non siano costituiti, i compiti di verifica e referto sono svolti dai servizi di controllo interno”.
Non si ritenga superfluo annotare che le norme appena richiamate sono state costantemente disapplicate.
4. L’attuale regime normativo
A differenza del pregresso regime, ante seconda spending review (legge 135/2012) la violazione del precetto appena richiamato (che,sorprendentemente, esiste dalla fine degli anni 90) determinava solamente l’illegittimità della procedura per violazione di legge; nell’odierno, appunto ex articolo 1, comma 1, della legge 135/2012, il vizio è di tutt’altra gravità: il contratto eventualmente stipulato è nullo con conseguenze anche disciplinari per l’autore.
In questo senso la norma da ultimo richiamata – il primo e secondo periodo – evidenzia che “successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo, ove indicato, dei detti strumenti di acquisto e quello indicato nel contratto”.
Questo procedimento obbligatorio riguarda solamente gli acquisti relativi al sopra soglia comunitario.
Nel sottosoglia gli enti locali sono obbligati a ricorrere al mercato elettronico (non necessariamente il MEPA di Consip).
Nel senso che se il prodotto/servizio è presente nella convenzione il punto istruttore può aderire alla convenzione oppure avviare una gara ma sul mercato elettronico ponendo a base di gara – per le RDO – il prezzo e le condizioni tecniche declinate nella convenzione.
Qualora non via sia convenzione disponibile, il RUP si deve rivolgere direttamente ad una delle forme di mercato elettronico a pena di nullità del contratto (sempre ex articolo 1, comma 1, della legge 135/2012).
Solamente nel caso in cui il prodotto/servizio non sia presente in una delle forme di mercato elettronico, ecco che si riapre la possibilità del procedimento tradizionale secondo le varie modalità indicate o all’ articolo 124 del codice degli appalti oppure con il sistema delle acquisizioni in economia.
Non è affatto vera, e non può ritenersi condivisibile, l’affermazione per cui in presenza del prodotto sul mercato elettronico il RUP può valutare di proporre al dirigente/responsabile del servizio l’avvio di una gara tradizionale ponendo a base d’asta il prezzo declinato sulla vetrina virtuale.
Lo scopo della legislazione spending è quello della tracciabilità e trasparenza dei procedimenti non solo quello dell’economicità.
Ciò è quanto si desume, correttamente, dalle stessa FAQ pubblicate nel sito ministeriale Consip in cui si esclude la praticabilità di un procedimento tradizionale in presenza del bene/servizio sul mercato elettronico anche nel caso in cui il prezzo risulti più conveniente (a pari condizioni).
Anzi, nelle stesse FAQ si puntualizza che in questo caso, il punto istruttori o il punto ordinante ben possono chiedere al soggetto interessato di aderire ad uno dei bandi e proporre la propria offerta nel mercato elettronico.
In dettaglio sul sito www.acquistinretepa.it, si legge:
Come mi comporto nel caso in cui un bene/servizio presente sul catalogo MEPA sia reperibile sul libero mercato a condizioni migliorative?
Partendo dalla considerazione che quanto pubblicato sul catalogo MEPA
rappresenta un’offerta pubblica di vendita valida per tutte le PA che accedono
al MEPA (e per tanto impegnativa per il Fornitore indipendentemente dalla PA
ordinante) è possibile che le condizioni di fornitura non vengano giudicate
appropriate dalla PA. Per ottenere una “personalizzazione” delle
condizioni di fornitura (ad es. il prezzo), rispetto a quanto pubblicato dalle
imprese sul catalogo, è possibile negoziare le condizioni tecnico/economiche,
effettuando una RDO al/ai fornitori abilitati sul MEPA. Qualora il fornitore identificato sul libero mercato non sia ancora
abilitato al MEPA, gli si può chiedere di abilitarsi. I Bandi MEPA sono infatti
sempre aperti e l’abilitazione, peraltro gratuita, è possibile per tutti i
fornitori che ne facciano richiesta, salvo il rispetto dei requisiti generali
previsti.
L’impossibilità di avviare una procedura tradizionale se il prodotto è presente sul mercato elettronico, anche nel caso in cui sia possibile ottenere condizioni economiche migliori è stato già espresso da altre sezioni regionali.
5. Le posizioni espresse da altre sezioni regionali
In questo senso, tra i più rilevanti, risulta essere il parere n. 286 del 17 dicembre 2013, della sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna.
Nel caso di specie, si poneva alla sezione il quesito se potesse ritenersi praticabile “l’accesso al libero mercato,
qualora l’indagine nell’ambito del mercato elettronico della pubblica amministrazione, ovvero di altri mercati elettronici istituiti ai sensi dell’articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010 n.207, evidenzi la disponibilità dei beni e servizi necessari ma a prezzi superiori rispetto a quelli normalmente praticati nel contesto commerciale di riferimento che “la soluzione del quesito si fonda sull’interpretazione da fornire all’inciso del comma 450 dell’art.1 della finanziaria 2007 e s.m.i. per cui le altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328”.
Nel parere puntualizzato che “il richiamato art.328 del D.P.R. 207/2010 ne prevede tre tipologie diverse: quello della stessa stazione appaltante, quello realizzato dal Ministero dell’economia e delle finanze tramite il sistema Consip, quello realizzato summenzionate tipologie di mercato elettronico normativamente previste, l’eventualità di prezzi inferiori reperibili sul mercato, rispetto a quelli catalogati, per i beni e servizi necessari, trova una risposta adeguata nel vigente testo normativo”, si annota che il sistema “virtuale” si configura come un “mercato aperto cui è possibile l’adesione da parte di imprese che soddisfino i requisiti previsti dai bandi relativi alla categoria merceologica o allo specifico prodotto e servizio e, quindi, anche di quella asseritamente in grado di offrire condizioni di maggior favore rispetto a quelle praticate sul Me. PA (…). D’altro canto (…) nell’ambito dello stesso è prevista una duplicità di modalità d’acquisto: così, oltre all’ordine diretto che permette di acquisire sul Mercato Elettronico i prodotti/servizi con le caratteristiche e le condizioni contrattuali già fissate, è prevista la richiesta di offerta (cd. R.d.O.) con la quale è possibile negoziare prezzi e condizioni migliorative o specifiche dei prodotti/servizi pubblicati su cataloghi on/line” (cfr. Sezione regionale di controllo Marche n.169/2012)”.
In sostanza, condivisibilmente, l’intero microsistema giuridico degli acquisti virtuali è strutturato in modo tale da consentire di operare in modo da superare la possibile contraddizione che si può registrare nei rapporti mercato elettronico e mercato tradizionale attraverso le richieste di offerte migliorative. Dall’intero contesto normativo, pertanto, emerge che laddove il prodotto/servizio sia presente in entrambi e nel secondo il prezzo, a parità di qualità/condizioni tecniche, risultasse più vantaggioso, l’operatore economico che non opera per il tramite del mercato virtuale, non ha la prerogativa contrattuale essenziale per poter, appunto, dialogare con la p.a. (o comunque la stazione appaltante che sia tenuta ad approvvigionarsi dal mercato virtuale).
Semplificando, l’operatore economico che si trovi extra vetrina è come se risultasse assolutamente privo di un requisito indisponibile ed essenziale pena non tanto la classica esclusione ma l’impossibilità totale di essere preso in considerazione in
un avviato procedimento contrattuale.
Non solo, l’eventuale coinvolgimento del soggetto in questione da parte del punto istruttore, poco avveduto, e l’eventuale aggiudicazione da parte del punto ordinante non produrrebbe nessun effetto considerata l’insanabile nullità da cui risulterebbe affetto l’eventuale contratto stipulato.
Non a caso, nel parere in commento si legge che “l’acquisizione di beni e servizi secondo modalità diverse da quelle previste dal novellato art. 1 comma 450 della L.296/2006 saranno causa di nullità del contratto stipulato con configurazione di un illecito disciplinare e di una fattispecie di responsabilità amministrativa, non potendo revocarsi in dubbio che il Me.PA, sia ascrivibile al genus degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip Spa” (cfr. Sezione regionale di controllo per le Marche n.169/2012).
L’inciso da ultimo riportato consente l’ulteriore, la conseguente affermazione secondo cui allo stesso RUP (o al punto istruttore) è inibito ad avviare (o meglio a proporre di avviare) trattative in un caso come quello descritto. Sarebbe interessante, ma ciò si affranca dalle questioni oggetto del presente contributo, verificare se sia addirittura configurabile una ipotesi di responsabilità aquiliana nel caso in cui il RUP conduca delle trattative extra mercato, inducendo in affidamento l’operatore economico, per poi abbandonarle in ossequio alle prescrizioni normative appena riportate.
Il parere si chiude con l’ovvia affermazione che “l’inderogabilità della richiamata procedura è suffragata dall’interpretazione letterale del dato normativo di cui al comma 450 dell’art.1 della finanziaria 2007 e s.m.i. che non ammette deroghe neppure per gli enti locali, nonché alla luce della ratio di tutela della trasparenza e della concorrenzialità cui l’automaticità del meccanismo di aggiudicazione, normativamente previsto, è sotteso”.
6. Gli ulteriori quesiti
Anche agli ulteriori quesiti, la sezione da un riscontro positivo ed in questo caso, a sommesso avviso, le risposte sono sicuramente condivisibili.
In particolare, con il terzo quesito il Comune aveva chiesto se fosse possibile procedere all’affidamento diretto mediante trattativa privata senza pubblicazione di bando qualora si intenda organizzare un evento con un determinato artista curato in esclusiva da un’agenzia di spettacoli non iscritta al MEPA.
Secondo il consesso escusso la prestazione artistica non rientra di per sé nella materia dell’appalto di servizi, costituendo una prestazione di opera professionale disciplinata dall’art. 2229 c.c., circostanza che fa cadere ab origine, ogni ragione, evidentemente, per l’applicazione del codice dei contratti pubblici alla fattispecie in esame.
Inoltre, giustamente, in deliberazione si aggiunge che “quand’anche si dovesse ritenere che la medesima possa rientrare tra gli appalti di servizi, essa deve essere ricompresa nell’ambito di applicazione dell’art. 57 comma 2 d. lgs. 163/2006 che consente la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara <<qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica (…) il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato>>. E’ di tutta evidenza che l’infungibilità della prestazione artistica rende la medesima inidonea ad essere oggetto di procedure comparative o elettroniche (le quali, tra l’altro, possono essere utilizzate solo per acquistare beni e servizi tra cui certamente non può rientrare quella in questione)”.
A sommesso avviso, nel caso di specie si è omesso un necessario distinguo che il responsabile del procedimento deve tenere a mente. Se l’acquisizione dello spettacolo avviene direttamente con l’artista (stipulando un contratto con questi), si è sicuramente fuori dall’ambito del codice degli appalti come ben rileva la corte.
Nel caso, invece, in cui lo spettacolo sia commissionato attraverso un terzo intermediario (es. con una agenzia), si è in presenza di un appalto vero e proprio (si servizi) che ben può essere affidato con sistemi derogatori dell’ordinaria evidenza pubblica.
Infine, con il quarto quesito l’Ente locale chiedeva e se, in presenza di manifestazioni ed eventi inseriti nel calendario istituzionale, fosse possibile “la collaborazione diretta con associazioni di promozione culturale e sportiva che, in quanto tali, non possono iscriversi al MEPA, con il pagamento di una prestazione di servizi”.
Anche in quest’ultimo caso la risposta è stata positiva con un chiarimento che sembra in parte disconoscere le affermazioni su cui sopra ci si è soffermati.
Sul punto, nel parere si legge che “il mero presupposto soggettivo, e cioè l’impossibilità di aderire al mercato elettronico non può essere da solo requisito sufficiente per derogare al medesimo, considerato che la ragione della sua istituzione risponde ad esigenze di carattere pubblicistico di trasparenza, imparzialità ed economicità che sono prevalenti rispetto a quelle del singolo soggetto associativo di collaborare con l’ente pubblico, quand’anche tale volontà non sia supportata da finalità lucrative ma dal perseguimento di scopi ideali, che però assumono rilevanza economica, trattandosi di prestazioni fornite a titolo oneroso. Diverso è il caso in cui l’associazione sia in grado di fornire un servizio non rinvenibile sul mercato elettronico (ovvero, per quanto detto sopra, rinvenibile ad un prezzo/qualità superiore): in questo caso non sembrano esservi preclusioni a consentire tale collaborazione diretta, purché appunto limitata a prestazioni non altrimenti rinvenibili sui mercati elettronici”.