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( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ed i vincoli derivanti dal rispetto del patto di stabilità
Deliberazione della sezione della regione Calabria n. 84/2013
Indice:
1. Le implicazioni del patto di stabilità;
2. Gli effetti della violazione del patto di stabilità;
3. Il presidio delle regole della finanza pubblica come obbligo per ogni responsabile di servizio;
4. Le indicazioni operative fornite dalla sezione di controllo.
1. Le implicazioni del patto di stabilità
La sezione veniva investiva di uno specifico quesito relativo, sostanzialmente, al condizionamento che l’intera azione amministrativa subisce in seguito alla violazione del patto di stabilità o – e le circostanze sono identiche – nel caso in cui accerti durante l’esercizio finanziario o in fase prognostica di predisposizione del bilancio di trovarsi in condizioni tali da non poter rispettare il patto di stabilità. Regola, quest’ultima, di contenimento/contingentamento dell’operato degli enti locali, come noto, la cui applicazione è stata estesa – a far data dal primo gennaio 2013 – anche ai comuni con più di mille abitanti.
Nel caso di specie, la provincia istante – per il tramite del proprio rappresentante legale – evidenziava alla sezione di aver violato il patto di stabilità, allo scopo di meglio comprendere le sanzioni applicabili e, oggetto di quesito particolare, se alla luce di quanto l’amministrazione potesse comunque “procedere alla designazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 17, comma 1, lettera b e art 31, comma 4 del Decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 (nda, per inciso disciplinante la materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), di un professionista esterno, attesa l’indisponibilità di personale all’interno dell’ente in possesso dei requisiti prescritti di cui all’articolo 32 del richiamato decreto legislativo”.
I termini della questione, pertanto, sono stati ben delineati: l’amministrazione istante, certificata la violazione del patto di stabilità e la circostanza, come meglio chiarito più avanti, che una delle sanzioni è diretta ad impedire forme di assunzione (di qualsiasi tipo) o appalti di servizi finalizzati ad aggirare elusivamente l’ostacolo, sottopone al Collegio la questione delle competenze (sottese all’intervento realizzando) che, per la loro specificità (salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) non potevano in alcun modo essere svolte da nessun soggetto dell’organico. Con l’aggravio inoltre che alle stesse, per legge, risulta impossibile rinunciarvi per specifica prescrizione normativa.
2. Gli effetti della violazione del patto di stabilità
La prima questione affrontata dal Consesso – e riscontrata con la deliberazione n. 84/2013 – ha riguardato la precisazione sul micro sistema sanzionatorio che consegue alla violazione del patto di stabilità.
Nel caso di specie oggetto di considerazione è stata, ovviamente, la disciplina strutturata con la legge di stabilità 2013 ([1]). In questo senso, si legge nel parere che “la Legge 12 novembre 2011, n. 183, così come modificata dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), disciplina le modalità operative del patto di stabilità, oltre che per il 2012, anche per le annualità dal 2013 al 2016” e che “per quanto concerne le sanzioni, l’articolo 31, comma 25, della legge 12 novembre 2011 n. 183 prevede che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l’ente locale inadempiente, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza:
a) e’ assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato (…);
b) non può impegnare spese correnti in misura superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio;
c) non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti ….;
d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;
e) e’ tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza indicati nell’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, con una riduzione del 30 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010”.
In relazione al quesito specifico, ovvero circa la possibilità di assegnare l’incarico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nel parere si segnala che in relazione all’ambito“oggettivo di applicazione della disposizione sanzionatorio – limitativa del reclutamento del personale, relativamente agli enti che non abbiano rispettato il patto di stabilità, la giurisprudenza contabile (Sez. Giur. Sicilia n. 2681/2013; Sezione III appello n.731/2012) ha progressivamente chiarito che la disposizione prevista dall’articolo art. 31, comma 25, lett. D della legge n. 183/2011, così come quella identica antecedentemente vigente (art. 76, comma 4, d.l. n. 112/2008; art. 7 d. lgs. n. 149/2011), deve esser interpretata in senso estensivo, per un insieme di considerazioni di ordine testuale e funzional-teleologico”. Ed in particolare, il dato letterale, e quindi il riferimento a “qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto”, ha l’effetto di orientare “indubbiamente l’interprete nella direzione di una ricostruzione estremamente comprensiva dell’ambito oggettivo di applicazione della norma, del resto puntellata da una specifica disposizione antielusiva (“E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione”)”.
Inoltre, prosegue il parere, “sul terreno finalistico, la giurisprudenza ha condivisibilmente osservato che detta interpretazione estensiva e rigorosa della disposizione appare del tutto coerente con il profilo teleologico della norma, cui non appare estranea, insieme a quella ripristinatoria del corretto livello di spesa, una manifesta finalità dissuasivo-sanzionatoria rispetto a gravi rischi di squilibri finanziari”.
Ciò evidenziato, la sezione sottolinea che la natura stessa dei compiti affidati al responsabile del servizio di prevenzione e protezione consente una qualificazione del rapporto tra “datore di lavoro” e professionista in termini di collaborazione ictu oculi non occasionale, considerato che la legge assegna a questa figura professionale un insieme composito di funzioni che tendono ad assicurare, “con ineludibile continuità (e non certo saltuariamente ovvero mediante prestazioni c.d isolate), un contributo qualificato e permanente alla realizzazione di condizioni di lavoro rispettose delle esigenze di sicurezza dei lavoratori”.
Dalla qualificazione del rapporto instaurando in termini di collaborazione continuativa sic et simpliciter non può non venire in considerazione lo specifico divieto (di collaborazioni continuative) di procedere nel caso di violazione del patto di stabilità.
La stessa disposizione chiarisce come sia precluso, inoltre, ogni tentativo elusivo del divieto predetto.
Infatti, in armonia con quanto, la stessa legge 183/2011, articolo 31, (secondo una disposizione costantemente reiterata) puntualizza che (comma 3) “i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dagli enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli” e (comma 31) “qualora le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali”.
I richiami appena riportati valgono a chiarire che – al netto di specifiche e particolarissime disposizioni legislative di deroga – i vincoli di contenimento imposti dal patto di stabilità non possono essere in alcun modo superati neppure se si certificasse una esigenza straordinaria e la stessa impossibilità di agire altrimenti.
3. Il presidio delle regole della finanza pubblica come obbligo per ogni responsabile di servizio
La precisazione ultima riportata induce una rilevantissima considerazione pratico/operativa sul concreto approccio e la funzione di controllo rispetto al patto di stabilita.
Come più volte rilevato, la questione patto di stabilità (e più in generale la questione della finanza pubblica) all’interno degli enti non è problema del solo dirigente/responsabile del servizio finanziario. Questi, nel suo ruolo di coordinamento costituisce senza dubbio elemento centrale della problematica connessa al rispetto del patto di stabilità si pensi – in particolare – alla redazione del prospetto degli aggregati che collaziona i dati forniti dai vari servizi utili per disegnare l’ambito di azione consentita all’ente in relazione all’obiettivo del patto, ai continui monitoraggi, alle certificazioni a scadenza perentoria etc.
In concreto, il patto di stabilità riguarda l’intera struttura, in primis segretario e dirigente/responsabili di servizio ed amministratori.
In relazione agli altri dirigenti – non coordinatori del servizio finanziario – il legislatore oggi impone conoscenze e competenze che devono andare ben oltre le classiche regole del proprio settore. Non a caso ogni responsabile del procedimento di spesa (ovvero il soggetto a cui vengono assegnati i capitoli del piano esecutivo di gestione) è tenuto ad esprimersi sull’impatto dell’intervento proposto o adottando rispetto al patto di stabilità (il c.d. parere di compatibilità monetaria).
E questo, prima ancora che sullo stesso si esprima il responsabile dei servizi finanziari chiamato – in un momento cronologicamente successivo -, a verificare la congruità del parere espresso.
A tal riguardo, appare fondamentale – soprattutto per le responsabilità conseguenti – quanto specificato nell’articolo 9, comma 1, lett. a) della legge 102/2009 per cui “il funzionario che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica”.
Alla violazione, omissione di detto accertamento o anche accertamento scorretto, consegue – come annotato – una gravosissima responsabilità. Ed infatti, il periodo citato si conclude con la precisazione che “la violazione dell’obbligo di accertamento di cui al presente numero comporta responsabilità disciplinare ed amministrativa”.
Sull’espressione di detto parere non può non esercitarsi un controllo attento non solo da parte del responsabile dei servizi finanziaria ma da parte dello stesso segretario. Si pensi alla recente reintroduzione di forme di controllo interno (sia pure successivo) per gli enti locali dovuti alla legge 213/2012 secondo cui il segretario è chiamato a svolgere i controlli (tra gli altri) sugli impegni di spesa.
Il parere di compatibilità monetaria deve, evidentemente, essere richiesto nella deliberazione giuntale che “assegna” le risorse finanziarie e/o autorizza un intervento (soprattutto nel caso in cui si proceda senza piano esecutivo di gestione ma con micro atti di indirizzo).
4. Le indicazioni operative fornite dalla sezione di controllo
E’ facilmente intuibile come la sezione abbia ribadito quanto appena rammentato costantemente, in relazione al patto di stabilità ed a richieste circa la possibilità di affrancare certi interventi dalle rigorosissime disposizioni. In ogni circostanza, le varie sezioni regionali e quelle “plenarie” hanno precisato come non risulti ammessa nessuna eccezione ed anzi, sono gravissime le responsabilità in caso di tentativi elusivi.
Nel caso di specie, poi, contrariamente quanto mirava il soggetto istante ovvero ottenere una equazione tra la specialità/particolarità dell’incarico e pertanto la possibilità di derogare ai divieti, la sezione ravvisa addirittura una sorta di aggravante nel non aver, l’ente interessato, provveduto a colmare la lacuna di professionalità specifica considerato la ripetitività dell’intervento e le difficoltà determinate dalla regola di finanza pubblica.
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[1] Nell’odierno, evidentemente, i riferimenti normativi sono reperibili con riferimento alla legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ed alla recente circolare del MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – , esplicativa del patto di stabilità n. 6 del 18 febbraio 2014;