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(deliberazione della Corte dei Conti  Sezione Autonomie n. 2/2019)

  1. Premessa
  2. La questione
  3. La posizione della Sezione Autonomie
  4. Il parere

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Premessa

La sezione autonomie, sempre in tema di incentivi per funzioni tecniche di cui all’articolo 113 del codice dei contratti,  è stata investita della questione del corretto ambito operativo – oggettivo – ed in particolare se gli stessi incentivi  possano o meno riguardare anche le manutenzioni che, esplicitamente, la nuova norma non esclude.  

1. La questione

Come si annotava, la Provincia di Perugia rivolge alla Sezione regionale di controllo per l’Umbria, per il tramite del Consiglio delle Autonomie locali, una richiesta di parere ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n.131, in merito alla possibilità di riconoscere gli incentivi previsti dall’art. 113 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) con riferimento alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti pubblici in relazione ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Nel quesito viene citato un contrasto tra posizioni delle sezioni, mentre la sezione della regione Umbria ha manifestato contrarietà all’erogazione dell’incentivo in relazione alle attività manutentive (precisamente nei pareri adottati con le deliberazioni n. 71/2015/PAR e n. 51/2017/PAR, la Sezione regionale ha escluso l’attività manutentiva dal regime di incentivazione previsto, rispettivamente, dall’art. 93, comma 7-ter, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e dal citato art. 113 del d.lgs. n. 50/2016), diversa posizione ha espresso la sezione regionale della Lombardia.

Infatti, sulla medesima questione la Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con deliberazione n. 190/2017/PAR, ha espresso un parere diverso, nel senso che l’art. 113 non sembrerebbe “delimitare in senso escludente l’incentivabilità di dette funzioni in ragione dell’oggetto del contratto a cui è finalizzato il procedimento nell’ambito del quale si svolgono le medesime”.

Per effetto di quanto, la provincia solleva un nuovo quesito richiedendo una revisione dell’orientamento espresso dalla Sezione Umbria, chiedendo di pronunciarsi quindi “sull’inclusione o esclusione delle attività tecniche di programmazione, verifica, appalto, di responsabile unico di procedimento e direzione dei lavori connesse con i lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria, nella o dall’incentivazione prevista dall’art. 113 del d.lgs. 50/2016”.

2. La posizione della Sezione Autonomie

Da ciò la decisione di rimettere la questione alla Sezione Autonomie della Corte.  In particolare, la sezione umbra ha osservato che il dubbio interpretativo origina dal raffronto tra la nuova disciplina dettata dall’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e quella previgente (contenuta nell’art. 93, comma 7-ter, del d.lgs. n. 163/2006), la quale aveva espressamente escluso la possibilità di ripartire gli incentivi per le attività manutentive, esclusione che la nuova norma non ripete (almeno in maniera esplicita).

A tal riguardo,  mentre il comma 7-ter dell’art. 93, nel definire le modalità di riparto delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l’innovazione, ha stabilito che: “… Il regolamento definisce i criteri di riparto delle risorse del fondo, tenendo conto delle responsabilità connesse alle specifiche prestazioni da svolgere, con particolare riferimento a quelle effettivamente assunte e non rientranti nella qualifica funzionale ricoperta, della complessità delle opere, escludendo le attività manutentive, e dell’effettivo rispetto, in fase di realizzazione dell’opera, dei tempi e dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo”, l’attuale art. 113, rubricato “Incentivi per funzioni tecniche”, al terzo comma dispone che: “L’ottanta per cento delle risorse finanziarie del fondo costituito ai sensi del comma 2 è ripartito, per ciascuna opera o lavoro, servizio, fornitura con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, tra il responsabile unico del procedimento e i soggetti che svolgono le funzioni tecniche indicate al comma 2 nonché tra i loro collaboratori”.

Inoltre, sempre  il comma 7-ter prevedeva che “L’80 per cento delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l’innovazione è ripartito, per ciascuna opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale e adottati nel regolamento di cui al comma 7-bis, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori”, l’attuale dettato normativo di cui al secondo comma dell’art. 113 dispone che: “… le amministrazioni aggiudicatrici destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti delle stesse esclusivamente per le attività di programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, di RUP, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti. […] La disposizione di cui al presente comma si applica agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione”.

Per effetto di queste posizioni, secondo la  Sezione remittente si impone l’esigenza di stabilire, in primo luogo, se le “attività manutentive” non siano incentivabili in quanto non rientranti tra le funzioni tecniche indicate dalla norma, il cui elenco è da considerare tassativo

3. Il parere

Nonostante la questione sia già stata affrontata (con riscontro negativo) dalla Sezione in sede nomofilattica con deliberazione n. 10/SEZAUT/2016/QMIG, nella delibera si rileva che ciò è avvenuto in relazione al pregresso ordinamento giuridico (ovvero con riferimento all’incentivo per la progettazione di cui all’art. 93, comma 7-ter, del d.lgs. n. 163/2006), oggi si impone – alla luce di un nuovo codice dei contratti – l’esigenza di una rimeditazione di tale orientamento.  

Secondo il collegio, gli aspetti innovativi della formulazione della norma sull’incentivazione del personale delle amministrazioni pubbliche contenuta nell’art. 113 richiedono, quindi, un nuovo esame della questione alla luce dei più recenti indirizzi interpretativi elaborati dalle Sezioni regionali di controllo.

In primo luogo si ribadisce – come già fatto con la deliberazione n. 7/SEZAUT/2017/QMIG – che “il compenso incentivante previsto dall’art. 113, comma 2, del nuovo codice degli appalti non è sovrapponibile all’incentivo per la progettazione di cui all’art. 93, comma 7-ter, d.lgs. n. 163/2006, oggi abrogato”.

La discontinuità della ratio della nuova normativa rispetto alla precedente deve ritenersi immediatamente  percepibile dai principi contenuti nella legge delega (art. 1, comma 1, lett. rr, della legge n. 11/2016), con cui si è precisato che il compenso per le attività tecniche è finalizzato ad “incentivare l’efficienza e l’efficacia nel perseguimento della realizzazione e dell’esecuzione a regola d’arte, nei tempi previsti dal progetto e senza alcun ricorso a varianti in corso d’opera … escludendo l’applicazione degli incentivi alla progettazione”.

Tale evoluzione normativa è stata lucidamente sintetizzata dalla Sezione di controllo per la Toscana nella seguente espressione: “L’originaria ratio – rappresentata dalla volontà di spostare all’interno degli uffici attività di progettazione e capacità professionali di elevato profilo e basata su un nesso intrinseco tra opera e attività creativa di progettazione, di tipo libero-professionale (“prestazioni professionali specialistiche offerte da soggetti qualificati” come diceva la pronuncia 51/2011 delle Sezioni riunite della Corte dei conti) – è stata gradualmente affiancata e poi sostituita con quella invece rappresentata dalla volontà di accrescere efficienza ed efficacia di attività tipiche dell’amministrazione, passibili di divenire economicamente rilevanti nella misura in cui producono risparmi in termini di rispetto dei tempi e di riduzione di varianti in corso d’opera” (deliberazione n. 186/2017/PAR del 14 dicembre 2017).

L’obiettivo della  nuova disciplina  è quello di stimolare, valorizzare e premiare i diversi profili, tecnici e amministrativi, del personale pubblico coinvolto nelle fasi del procedimento di spesa, dalla programmazione all’esecuzione del contratto, consentendo l’erogazione degli incentivi anche per gli appalti di servizi e forniture rientranti nell’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici (ex multis, Sezione di controllo Emilia-Romagna, deliberazione n. 118/2016/PAR del 7 dicembre 2016).

L’inserimento tra le attività “incentivabili” previste dal secondo comma dell’art. 113 delle “verifiche di conformità”, che rappresentano le modalità di controllo dell’esecuzione dei contratti di appalto di servizi e forniture (cfr. art. 102, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016), costituisce ulteriore elemento dal quale è possibile enucleare una voluntas legis tesa a stimolare, attraverso gli incentivi, una più attenta gestione delle fasi della programmazione e dell’esecuzione anche dei contratti pubblici di appalto di servizi e forniture.

In relazione a questi ultimi – e ciò risulta di estremo rilievo per i RUP interessati –  la sezione rammenta che  l’incentivo deve ritenersi applicabile solo “nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione”, nomina richiesta, secondo le Linee guida ANAC n. 3 – par. 10.2, soltanto negli appalti di forniture e servizi di importo superiore a 500.000 euro ovvero di particolare complessità. Sul punto, poi, in realtà sarebbe necessario comprendere come occorre procedere nel caso in cui, pur non raggiungendo tali importi, sia realmente necessaria una figura tecnica per la “gestione” del contratto.

Si legge in delibera, che la stessa circostanza per cui “tali emolumenti siano erogabili, con carattere di generalità, anche per gli appalti di servizi e forniture, comporta che gli stessi si configurino, non più solo come spesa finalizzata ad investimenti, ma anche come spesa di funzionamento e, dunque, come spesa corrente. In tal senso depone la novella introdotta al comma 5-bis dell’art. 113 ad opera dell’art. 1, comma 526, della legge di bilancio n. 205/2017, secondo la quale gli oneri relativi agli incentivi per le funzioni tecniche vanno imputati allo stesso capitolo del bilancio che finanzia i singoli lavori, servizi e forniture, in modo che l’impegno di spesa vada assunto, a seconda della natura (corrente o in c/capitale), nel Titolo I o nel Titolo II dello stato di previsione del bilancio (deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG)”.

In tale rinnovata prospettiva, secondo il collegio assume rilevanza la circostanza che, nella nuova disciplina, il legislatore non abbia riproposto il divieto, introdotto dal comma 7-ter dell’art. 93 del d.lgs. n. 163/2006, di ripartire l’incentivazione per le attività manutentive, è ancor più indicativo di una voluntas legis tesa a segnare il superamento del precedente sistema con l’individuazione di margini applicativi più ampi e la rinuncia ad intervenire sulle modalità di riparto del fondo.

Per effetto di quanto, “una soluzione interpretativa che impedisse di destinare le risorse del fondo a favore del personale interno impegnato nelle attività tecniche connesse a lavori di manutenzione favorirebbe, per questo genere di attività, una realizzazione dell’opera, paradossalmente, meno attenta all’osservanza delle regole dell’arte, dei tempi di esecuzione e dei costi prestabiliti, in antitesi con il principio ispiratore dell’art. 113”.

Occorre, pertanto, prendere atto che nel mutato quadro normativo “non vi sono motivi ostativi ad includere nell’incentivazione prevista dall’art. 113 anche le attività tecniche strettamente connesse a lavori di manutenzione, svolte cioè all’interno delle fasi procedimentali che connotano gli affidamenti dei contratti pubblici di manutenzione ordinaria e straordinaria (programmazione, progettazione, selezione degli operatori economici, stipulazione ed esecuzione del contratto)”.

E’ interessante la riflessione “nel merito” di che cosa si intenda per lavori di manutenzione espressa dal collegio. In delibera infatti si precisa che “per loro natura, i lavori di manutenzione consistono in un’opera volta a rimediare al degrado strutturale, tecnologico o impiantistico di un manufatto o di sue componenti, quindi ad un recupero di valore e funzionalità attraverso un’azione riparativa che rientra nel genere dei “lavori” (come previsto dalla lettera nn) dell’art. 3, del d.lgs. n. 50/2016) e, più in particolare, nel quadro degli “appalti pubblici di lavori” (quand’anche l’attività manutentiva risulti estranea alle costruzioni edili di cui all’Allegato I)”. Né si pone una considerazione di indicazione tassativa (numerus clausus) delle “funzioni tecniche”, oggetto di incentivo secondo il principio di tassatività affermato e ribadito dalla Corte, con riferimento anche al secondo comma dell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, argomentando dall’avverbio “esclusivamente” che precede l’elenco delle attività incentivabili.

Negli appalti di lavori di manutenzione è possibile realizzare, almeno in astratto secondo il collegio, tutte le attività tecniche previste dal secondo comma dell’art. 113, “anche se, in concreto, le stesse risultano compatibili con interventi di manutenzione (soprattutto straordinaria) contrassegnati da elevata complessità, i quali possono richiedere, da parte del personale tecnico-amministrativo, un’attività di programmazione della spesa, di valutazione del progetto o di controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto rispetto ai termini del documento di gara, esattamente come qualunque altro appalto di lavori, servizi o forniture”.

In  relazione, invece, agli  interventi di manutenzione ordinaria di più semplice realizzazione, invece, “la possibilità di svolgere le funzioni tecniche è esclusa, il più delle volte, o dall’assenza di un progetto da attuare o perché l’amministrazione procede all’affidamento con modalità diverse dalla gara, la quale costituisce presupposto indefettibile della norma ai fini della determinazione del fondo vincolato (facendo l’art. 113 espresso riferimento all’ “importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara”)”.

Pertanto, se il presupposto è che le funzioni tecniche svolte dai dipendenti siano “necessarie” per consentire “l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti”, l’attività manutentiva, per essere “incentivabile”, deve risultare “caratterizzata da problematiche realizzative di particolare complessità, tali da giustificare un supplemento di attività da parte del personale interno all’amministrazione affinché il procedimento che regola il corretto avanzamento delle fasi contrattuali si svolga nel pieno rispetto dei documenti posti a base di gara, del progetto, nonché dei tempi e dei costi programmati, aumentando, in tal modo, l’efficienza e l’efficacia della spesa”. In definitiva, si tratterà di chiarire la “qualità” dell’attività manutentiva svolta e ciò implica una chiara predisposizione della relazione (art. 99 del codice) risolvendo in via preventiva ogni dubbio (anche considerato che la liquidazione dell’incentivo compete a soggetto diverso rispetto al dirigente/responsabile del servizio tecnico).

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Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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