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( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Il riconoscimento del debito fuori bilancio determinato
(Corte dei Conti, sezione regionale della Campania, parere del 1° aprile 2015 n. 110; stessa sezione parere espresso in pari data n. 111/2015 nonché parere della sezione Basilicata del 14 aprile 2015 n. 20)
Indice
- Premessa
- Il quesito
- Il riscontro all’istanza
- Considerazione sulla verifica dell’utilità e il procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio
- L’orientamento minoritario
- L’incarico legale (e l’impegno di spesa) nella contabilità armonizzata
1. Premessa
In tempi recentissimi si sono succeduti diversi pareri sulla necessità di chiarire – in modo definitivo – il corretto procedimento amministrativo da ossequiare nel caso in cui la parcella presentata dal legale incaricato dalla p.a. risulti di importo superiore rispetto all’impegno di spesa originariamente assunto.
Sull’argomento si sono succeduti i parere nn. 110 e 111 della sezione Campania ed il parere n. 20/2015 della sezione Basilicata.
Tutti i pareri risultano piuttosto chiari nel confermare l’esigenza di attivare il procedimento del riconoscimento del debito fuori bilancio ma, di sicuro pregio anche per completezza, risulta l’ intervento della sezione regionale della Campania espresso con la deliberazione del 1° aprile 2015 n. 110.
Il parere prende in considerazione la questione della corretta imputazione in bilancio dei maggiori oneri delle parcelle professionali presentate dai legali in occasione della conclusione di incarichi di difesa tecnica affidati.
La questione affrontata, evidentemente, ha rilievo non solo in relazione all’aspetto della copertura rispetto all’impegno di spesa assunto all’atto del conferimento dell’incarico ma anche alla luce delle più recenti disposizioni relative alla c.d. contabilità armonizzata degli enti locali (attuata con il decreto legislativo 118/2011 e completata con il decreto legislativo 126/2014 e modifiche apportate con la recente legge di stabilità 190/2014) che hanno meglio chiarito i compiti del responsabile del procedimento di spesa.
2. Il quesito
Il quesito posto dal sindaco, nel caso di specie, è quello consueto ovvero, al ricevimento della parcella presentata dal professionista emerge una differenza di importo tra questa e l’impegno di spesa assunto all’atto dell’incarico. Circostanza determinata, normalmente, ed al netto di comportamenti scorretti, dal fatto che all’avvio del procedimento risulta non affatto semplice determinare con certezza l’importo effettivo dell’incarico assegnato.
In ogni caso, l’ente istante richiede attraverso quale procedimento amministrativo si dovesse colmare la differenza tra i due importi ovvero se si rendesse necessario procedere attraverso:
“a) attivazione del procedimento per il riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e) del T.U.E.L 18 agosto 2000, n.267, per provvedere al pagamento della quota della spesa eccedente l’impegno assunto al momento del conferimento dell’incarico, “nei limiti degli accertati e dimostrali utilità e arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”;
oppure attraverso
“b) la semplice integrazione dell’impegno assunto per la quota di spesa eccedente”.
Il Comune inoltre, soggiunge un ulteriore quesito, subordinato al primo sopra esposto. Evidenziando come, nel caso in cui si ritenesse corretto procedere nel senso del riconoscimento del debito fuori bilancio (ipotesi sub. a), “debba essere determinato il requisito dell’arricchimento. In particolare, si chiede di conoscere se l’arricchimento deve essere stabilito secondo i valori minimi dei nuovi parametri professionali approvati con D.M. n.55/2014 e se, dunque, qualora la parcella presentata dal professionista (tenuto conto dell’esito positivo del giudizio, del numero delle udienze, del valore della causa prossimo al limite massimo dello scaglione) superi tali valori minimi, il Comune sia legittimato a rideterminarla d’ufficio secondo i minimi tariffari senza correre il rischio di essere citato in giudizio dal professionista ed essere condannato al pagamento della parcella così come dallo stesso redatta con l’ulteriore aggravio della rifusione delle spese legali”.
E’ bene annotare che in relazione al secondo quesito, la sezione ne rileva immediatamente l’inammissibilità trattandosi di una questione concreta relativa alla determinazione del criterio da utilizzare per determinare l’arricchimento.
Tale quesito, secondo il collegio “per la diretta interferenza con l’amministrazione attiva e per l’idoneità, tra l’altro, ad interferire con la cognizione della magistratura contabile nelle vesti di giudice della responsabilità erariale, deve ritenersi inammissibile (in terminis, cfr. SRC Campania n. 158/2014/PAR, SRC Lombardia n. 411/2012/PAR)”.
A margine, a parere di chi scrive, il quesito in esame appare mal posto nel senso che la determinazione dell’arricchimento, nel caso di una obbligazione di mezzi e non di risultato, quale può essere qualificata quella del legale incarico ([1]), risulta di particolare complessità. Si pensi alla circostanza che l’incarico si sia chiuso, per l’amministrazione, in modo non favorevole. Solo per questa circostanza, pare dubbio allo scrivente, che si possa non pagare la parcella presentata.
3. Il riscontro all’istanza
Nell’affrontare la questione relativa al primo quesito, la sezione ribadisce l’ annosa problematica relativa alla corretta qualificazione della maggiore prestazione finanziaria richiesta rispetto all’impegno di spesa assunto al momento del conferimento dell’incarico.
In particolare, l’istante chiede se la maggiore prestazione finanziaria debba ritenersi “un debito contabilmente nuovo, da impegnarsi, per competenza, nell’esercizio finanziario di presentazione della parcella sul pertinente capitolo di bilancio, nei limiti dello stanziamento (con la procedura ordinaria di cui all’art. 191 TUEL), ovvero debba ritenersi lo stesso un debito per competenza riferibile all’esercizio in cui è stato conferito l’incarico che, pertanto, non può che essere riconosciuto con l’eccezionale procedura dei debiti fuori bilancio (ex art. 194 TUEL, sub specie di debito per prestazioni e servizi ai sensi della lett. e)”.
La questione, come noto, risulta oggetto di frequente intervento da parte della varie sezioni. Gli orientamenti in parola sono sostanzialmente due di cui, il primo (ovvero la necessità di procedere con la formale deliberazione consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio) risulta di gran lunga preponderante.
Secondo tale orientamento, si legge nel parere, la prima fase del procedimento di conferimento dell’incarico prevede che i debiti relativi a prestazioni professionali devono essere imputati nell’esercizio in cui è stato conferito l’incarico legale, nel rispetto del principio di prudenza e di sana gestione finanziaria, in una misura pari ad una stima, la più precisa possibile, del costo finale della prestazione. Ciò in aderenza al principio contabile n. 2, cpv. 108, del Testo approvato dall’Osservatorio del Ministero dell’Interno il 12 marzo 2008, – oramai del pregresso regime contabile – ai sensi del quale “l’ente deve determinare compiutamente, anche in fasi successive temporalmente, l’ammontare del compenso (esempio gli incarichi per assistenza legale) al fine di evitare la maturazione di oneri a carico del bilancio non coperti dall’impegno di spesa inizialmente assunto. Il regolamento di contabilità dell’ente potrà disciplinare l’assunzione di ulteriore impegno, per spese eccedenti l’impegno originario, dovute a cause sopravvenute ed imprevedibili”.
Il collegio, in modo condivisibile, evidenzia che l’obbligo di avviare una procedura sulla base di un congruo preventivo del corrispettivo non grava solo sul responsabile del procedimento di spesa della pubblica amministrazione – e discende da principi di sana gestione contabile – ma costituisce nell’odierno un espresso obbligo gravante sullo stesso professionista per effetto delle innovative disposizioni di cui all’art. 9 del D.L. n. 1/2012 conv. L. n. 27/2012.
Tale norma ha abrogato le tariffe professionali e ha stabilito che “il compenso per le prestazioni professionali è pattuito al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico (…)”.
In sostanza, come anche in altre circostanze annotato, il responsabile del procedimento di spesa è tenuto in sede di incarico a definire nel conferimento dell’incarico il corrispettivo affinché il suo ammontare risulti definito o, quantomeno, sufficientemente determinabile, di modo che, a scadenza, la liquidazione dell’onorario e della spesa trovi preventiva e sufficiente provvista nella contabilità dell’ente, evitando la formazione di debiti fuori bilancio.
Ante contabilità armonizzata,come si vedrà più avanti, che introduce il nuovo principio della contabilità finanziaria rafforzato (o potenziato), ovvero in regime c.d. di contabilità semplice la stima preventiva sul corrispettivo “si traduceva, di norma, nell’impegno nell’anno d’incarico e nella traslazione di tale impegno in conto residui negli anni successivi”. Pertanto, l’eventuale sottostima del compenso, e/o la mancanza assoluta di stima o la sua contabilizzazione per importi irrisori “non poteva che comportare e comporta la formazione di un debito extra-bilancio”.
In situazioni siffatte, prosegue il collegio, si assisteva in effetti ad una violazione delle norme contabili che presidiano una corretta imputazione in bilancio della spesa anche perché il titolo giuridico e la fattispecie generativa dell’obbligazione, finivano per riguardare “integralmente un esercizio precedente nel quale l’ammontare della spesa non” risultava “correttamente rilevato”.
Pertanto, in questa circostanza, evidentemente, “l’unica via perseguibile per la riconduzione del debito al bilancio dell’ente è quella del ricorso alla procedura del riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e) (sussistendo il debito, in alternativa, direttamente in capo al funzionario che ha consentito la prestazione, ex art. 191, comma 4, TUEL)”. Si impone, sostanzialmente la necessità – a pena di non poter pagare la parcella – dell’adozione di una formale deliberazione di riconoscimento che – secondo la sezione – consente di verificare l’utilità del patrocinio, “nonché di attivare il controllo in relazione a possibili profili di responsabilità erariale, stante l’obbligo di trasmissione delle deliberazioni di riconoscimento dei debiti fuori bilancio alla competente Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti (art. 23 della Legge n. 289/2002)”.
4. Considerazione sulla verifica dell’utilità e il procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio
Nel richiamo normativo – adeguato presupposto, nel caso di specie, per ritenere ammissibile il riconoscimento del debito fuori bilancio – contenuto nella lettera e) primo comma dell’articolo 194 del decreto legislativo 267/2000 (non modificato dal decreto legislativo 126/2014 relativo alla contabilità armonizzata) effettivamente si condiziona la possibilità del riconoscimento alla verificata utilità della prestazione conseguita.
Come annotato sopra, in certe circostanza, determinare l’utilità/l’arricchimento dell’attività intellettuale richiesta – a differenza di una semplice fornitura, servizio e/o lavoro – risulta estremamente complesso.
Se l’ente, come si annotava sopra, non dovesse risultare vittorioso nell’incarico legale, per ciò stesso non si può assolutamente desumere/affermare che la prestazione non abbia portato alcuna utilità all’ente.
Pertanto, è bene annotare, a sommesso parere, che la norma del decreto legislativo 267/2000 (forse oramai anacronistica) si riferisce ad una serie indefinita di ipotesi ma risulta formulata con riferimento al solo caso dell’obbligazione di risultato e non anche alle situazioni del tipo di quelle in commento. Per non ammettere la riconoscibilità di un debito fuori bilancio collegato ad una prestazione oggettivamente resa, dovrebbero immaginarsi circostanza molto particolari come il caso in cui il legale abbia commesso gravi errori nel modus operandi e/o non abbia rispettato il mandato oppure – si pensi al caso di una richiesta di parere legale – questo non sia stato mai reso.
La questione della qualificazione in termini di obbligazione di mezzi viene in considerazione anche nel quesito al centro del parere espresso dalla stessa sezione campana nella deliberazione – in pari data – n. 111/2015, laddove la questione posta dal Sindaco istante verte proprio sulla difficoltà di chiarire a monte l’esatto ammontare finanziario necessario per l’incarico legale.
Si è annotato anche in altre circostanze che il procedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio costituisce “lo strumento giuridico per riportare un’obbligazione giuridicamente perfezionata all’interno della sfera patrimoniale dell’ente, ricongiungendo il debito insorto con la volontà amministrativa (SRC Lombardia n. 339/2013/PAR e n. 482/2013/PAR). Il procedimento mira, da un lato, a consentire al Consiglio di vagliare la legittimità del titolo (verificando, in primo luogo, la sussunzione in una delle fattispecie tipizzate dall’art. 194 TUEL) e, dall’altro, a reperire modalità di copertura finanziaria (indicate sempre nell’art. 194 TUEL)”.
Quanto, evidentemente, non deve indurre a ritenere che la fattispecie in parola non sia strumento eccezionale. In questo senso la giurisprudenza contabile (SRC Lombardia n. 65/2013 e n. 436/2013, SCR Liguria n. 122/2010 e n. 56/2011) ha costantemente ribadito la residualità della disciplina dell’art. 194 TUEL, fatta “salva l’interpretazione estensiva delle ipotesi ivi considerate quando funzionale al non aggravamento della situazione debitoria dell’ente (ad esempio in tema di provvedimenti giurisdizionali legittimanti il riconoscimento, cfr. SRC Campania n. 42/2014/PRSP)”.
Sulla necessità che si proceda attraverso lo specifico procedimento amministrativo del riconoscimento del debito fuori bilancio – laddove, naturalmente, ciò sia ammissibile – anche i pareri espressi, rispettivamente nella delibera n. 111/2015 della stessa sezione regionale della Campania e la deliberazione n. 20/2015 della sezione regionale della Basilicata.
5. L’orientamento minoritario
Nell’attenta e meticolosa stesura del parere, il relatore si fa carico di rammentare anche l’esistenza di altro orientamento – maggiormente permissivo – in cui si è ritenuto che alcune situazioni collegate all’incarico affidato, di tipo eccezionale e non prevedibili (come ad esempio l’eccezionale lunghezza del processo o la dimostrata complessità elevata) possano essere qualificate come tali da consentire l’adozione di un ulteriore impegno di spesa e/o l’incremento di quello già assunto all’atto dell’affidamento dell’incarico. In questo senso, la Sez. Lombardia, deliberazioni nn. 19/2009/PAR e 441/2012/PAR. la sezione Campania n. 9/2007/PAR e la sezione Sardegna con deliberazione n. 2/2007/PAR.
La ratio di tale orientamento, si legge nel parere, è che l’ente, ricorrendo tali eccezionali presupposti (fatti sopravvenuti ed imprevedibili) non avrebbe violato le norme che presidiano la procedura di spesa mentre, per altro verso, “il titolo giuridico alla base del residuo originario rimarrebbe immutato e non coinciderebbe con la “causa” del nuovo debito; detto in altri termini, si sarebbe in presenza di una nuova obbligazione giuridica, sorta in un esercizio successivo a fronte di fatti nuovi, imputabili secondo il principio della competenza finanziaria in un esercizio finanziario diverso da quello in cui l’incarico è stato assunto”.
In relazione a queste tipologie di debiti sopravvenuti, scaturenti da un titolo a suo tempo regolarmente registrato e imputato ma che, per fatti oggettivamente non preventivabili, si fossero manifestati in sede di liquidazione in un importo superiore a quello a suo tempo impegnato, la giurisprudenza contabile ha parlato di “passività pregresse” (cfr. SRC Lombardia n. 339/2013/PAR e n. 482/2013/PAR).
La prassi in parola ha indotto, nella pratica operativa, anche all’assunzione di impegni di spesa aperti a successive integrazioni/incrementi soprattutto quando la difficoltà/complessità del procedimento era si – latamente – prevedibile, ma non finanziariamente quantificabile.
6. L’incarico legale (e l’impegno di spesa) nella contabilità armonizzata
Le precisazioni espresse dalle varie sezioni – pur con alcuni adeguamenti – possono essere ribadite anche in relazione ai nuovi principi contabili – introdotti con la contabilità armonizzata – in vigore dal 1° gennaio 2015.
Correttamente, si rileva nel parere che le disposizioni secondo cui i debiti per incarichi a legali esterni, ove maggiori rispetto a quelli contabilizzati senza una causa di oggettiva imprevedibilità, con una non ingiustificata “irrisorietà” o “non congruità” dell’importo contabilizzato, devono essere riconosciuti attraverso la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio “deve essere confermata anche nel mutato quadro normativo, per effetto dell’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2015, della nuova contabilità pubblica (Dlgs. n. 118/2011)”.
Tale riflessione esige però un completamento di informazioni ovvero la sottolineatura relativa alla introduzione nel sistema contabile degli enti locali del principio della competenza finanziaria potenziata o rafforzata.
E’, oramai, piuttosto noto che il principio in parola ha determinato al c.d. scissione dell’impegno di spesa.
Nel pregresso regime a contabilità “semplice” l’impegno di spesa veniva assunto a prescindere dalla concreta esigibilità dando luogo alla formazione dei residui.
Nell’odierno, con il nuovo principio della contabilità finanziaria potenziata o rafforzata, si assiste ad una sorta di scissione nel procedimento di assunzione dell’impegno di spesa nel senso che la registrazione dell’impegno avviene nel momento in cui si perfeziona l’obbligazione giuridica ma l’imputazione tiene conto del momento in cui questo sarà esigibile (ovvero il creditore ha il diritto di chiedere il pagamento per la prestazione effettuata).
Si legge nel parere, con chiara sintesi, che secondo il nuovo principio “le obbligazioni devono essere registrate in bilancio tenendo conto non solo del perfezionamento del titolo, ma anche della scadenza (esigibilità) della prestazione che, nel caso di spesa per l’acquisto di beni e servizi, di norma, coincide con l’adempimento della prestazione da parte del fornitore (Allegato 4.2, al § 5.2., lett. b)”.
In relazione agli impegni di spesa anteriori al 2015, il nuovo principio impone il c.d. riaccertamento straordinario ovvero la verifica – in primis – sulla correttezza ovvero se oggettivamente risulti fondato su una obbligazione giuridica (che sorge, nel caso dell’incarico, con la convenzione/contratto) ed in secondo luogo, il responsabile del procedimento di spesa deve dichiararne l’esigibilità al fine della sua corretta collocazione.
Gli adempimenti in parola, disciplinati nell’articolo 3, comma 4 del decreto legislativo 118/2011 come (profondamente) modificato dal decreto legislativo 126/2014, stabiliscono la re-imputazione dell’impegno non esigibile nell’esercizio in cui tale condizione si verifica “anche sulla base delle indicazioni presenti nel contratto di incarico al legale”. Inoltre, in deroga al principio secondo cui nel fondo pluriennale vincolato confluiscono solo entrate correnti vincolate ed entrate destinate al finanziamento di investimenti (Allegato 4.2., § 5.4) “nell’esercizio in cui l’impegno è cancellato si iscrive, tra le spese, il fondo pluriennale vincolato al fine di consentire la copertura dell’impegno nell’esercizio in cui l’obbligazione è imputata”.
Il fondo pluriennale vincolato è l’istituto contabile introdotto dalla riforma – con i decreti legislativi più volte citati – al fine di consentire la gestione dei residui ed il loro passaggio (cancellazione e reimputazione) attraverso il nuovo principi della contabilità finanziaria potenziata.
Quanto evidenziato, nel caso in cui si tratti di impegni assunti ante riforma (quindi al primo gennaio 2015 per gli enti non sperimentatori).
Per i nuovi impegni di spesa, in relazione agli incarichi legali si assiste ad una deroga al principio della contabilità potenziata. Nell’allegato 4/2 al decreto legislativo 118/2011, come modificato dal decreto legislativo 126/2014 e dalla legge 190/2014 si puntualizza che “ nel caso di incarichi a legali esterni dal cui contesto non sia possibile desumere la scadenza” (…) infatti, gli impegni derivanti dal conferimento di incarico a legali esterni, la cui esigibilità non è determinabile, sono imputati all’esercizio in cui il contratto è firmato, in deroga al principio della competenza potenziata, al fine di garantire la copertura della spesa”.
Ciò però non fa venire meno la necessità di una stima del fabbisogno che risulti quella più congrua possibile – proprio per evitare la patologia del debito fuori bilancio – , pertanto sempre nell’allegato 4/2 già citato il legislatore ha imposto al responsabile del procedimento di spesa un obbligo di verifica annuale sull’impegno assunto.
In questo senso, il paragrafo 5.2, lett. c) dell’allegato , prevede che l’ente (in realtà, evidentemente, il responsabile del procedimento di spesa) chieda “ogni anno al legale di confermare o meno il preventivo di spesa sulla base della quale è stato assunto l’impegno e, di conseguenza, provvede ad assumere gli eventuali ulteriori impegni”.
In definitiva, a far data dal 2015, ove l’impegno sia stato in origine sottostimato, per cause oggettive, in sede di bilancio preventivo, annualmente, deve essere adeguato l’importo stanziato, di modo che vi siano risorse sufficienti per l’impegno ed il pagamento del corrispettivo, consentendo al Consiglio di controllare costantemente l’evolversi della spesa a fronte di fatti nuovi e imprevedibili.
Ove peraltro emergesse una non congruità dell’impegno originario imputabile a circostanze soggettive, imputabili al professionista o al funzionario che ha consentito alla spesa, la maggior somma dovrà invece essere oggetto della procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194, comma 1 lett. e), nei limiti del valutato “arricchimento” per l’ente.
[1] Nel senso, sotto il profilo civilistico, che il legale (come anche il medico) non può ritenersi obbligato ad assicurare il risultato della vittoria in giudizio – considerato che quanto dipende da una serie di variabili- , ma di adottare ogni risorsa/mezzo/conoscenza a disposizione per raggiungere tale risultato. In sostanza, il legale si obbliga ad utilizzare una serie di mezzi che devono risultare adeguati allo scopo rispondendo (o potendo rispondere) eventualmente in caso di dimostrata inadeguatezza dei mezzi/comportamento concretamente posti in essere.