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1. Premessa

L’art. 30, comma 1, del Nuovo Codice, analogamente a quanto era previsto dall’art. 2 del d.lgs. 163/2006, oltre ad indicare che le procedure d’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni debbano garantire la qualità delle prestazioni, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza (principi ispirati alla tutela della pubblica amministrazione per il controllo in termini di efficienza ed efficacia delle risorse pubbliche), ha altresì specificato che le stazioni appaltanti debbano rispettare i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità nonché di pubblicità (principi ispirati alla tutela delle imprese concorrenti e del corretto funzionamento del mercato).

Queste le due anime del Codice, entrambe protese verso un comune denominatore: la tutela dell’interesse pubblico.

Uno degli strumenti di concreta attuazione del principi anzi espressi e condivisi dal Nuovo Codice è la suddivisione in lotti degli appalti di maggiori dimensioni, già prevista dal comma 1-bis del citato art. 2 del vecchio codice, a mente del quale le stazioni appaltanti, ove possibile ed economicamente conveniente, dovevano suddividere gli appalti in lotti funzionali.

Le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg) in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139

L’art. 51 del nuovo codice stabilisce non solo che, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali … in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture”, ma anche che “nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro imprese, piccole e medie imprese”.

La norma oggi vigente, pertanto, rende evidente quale sia lo scopo ultimo, secondo la ratio che permea la norma medesima, della ripartizione in lotti degli appalti di maggiori dimensioni: favorire l’accesso al mercato delle commesse pubbliche anche alle piccole e medie imprese, in coerenza con il considerando 78 della Diretta 24/2014 che chiaramente indicava che: A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti.

D’altro canto, come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione, anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità (cfr. sul punto, con riguardo alla suddivisione in lotti: Cons. Stato, III, 23 gennaio 2017, n. 272), oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria; non mancando conseguentemente interpretazioni divergenti che, solo di recente, hanno mostrato invece di tracciare un orientamento condiviso.

Come avremo modo di intuire dall’esegesi della più recente giurisprudenza, il punto di approdo ermeneutico dell’art. 51 del Nuovo Codice cui la stesa è giunta, sembra rinvenirsi nella circoscrizione del grado di discrezionalità anzi citato, da qualificarsi meno esteso rispetto a quello vigente durante la vigenza del vecchio codice. 

2. Le posizioni dell’Antitrust e dell’Autorità Anticorruzione

Da tempo, ormai, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha definito la propria posizione in ordine alla suddivisione in lotti delle gare pubbliche, già a partire dal 28 ottobre 2011, con il convegno sul tema “Concorrenza e partecipazione negli appalti pubblici”.

Negli atti congressuali, infatti, si evidenzia che la tutela della concorrenza deve presiedere l’intera genesi della procedura competitiva, sin dall’organizzazione della gara, consapevole che la legislazione abbia difficoltà nel garantire rigore, concorrenza ed allo tesso tempo flessibilità e celerità (intervento prof. Clarich e prof. Fiorentino).

Il Presidente Antonio Catricalà, ricordava che il Libro Verde discute diverse possibili misure per facilitare l’accesso al mercato alle PMI, quali: l’obbligatorietà della suddivisione in lotti e l’introduzione di limiti massimi al fatturato richiesto alle imprese per dimostrare la capacità finanziaria (la posizione dell’Autorità è, a riguardo, quella di evitare requisiti di fatturato ingiustificatamente restrittivi).

La prassi dell’antitrust è favorevole alla suddivisione in lotti ma tuttavia con due limitazioni: i) il numero dei lotti dovrebbe essere sempre inferiore al numero di imprese che si presume potranno partecipare alla gara; ii) l’introduzione nei bandi di una clausola tale da vincolare le imprese a presentarsi nei vari lotti sempre nella stessa forma, associata o singola, come strumento utile ad evitare comportamenti strategici concordati tra le imprese partecipanti alla gara.

La prassi dell’antitrust è favorevole alla suddivisione in lotti ma tuttavia con due limitazioni: i) il numero dei lotti dovrebbe essere sempre inferiore al numero di imprese che si presume potranno partecipare alla gara; ii) l’introduzione nei bandi di una clausola tale da vincolare le imprese a presentarsi nei vari lotti sempre nella stessa forma, associata o singola, come strumento utile ad evitare comportamenti strategici concordati tra le imprese partecipanti alla gara.

Ancor prima, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la segnalazione 31 gennaio 2001, AS226 aveva osservato che: “la procedura ad evidenza pubblica, nell’ottica comunitaria, è il meccanismo attraverso il quale viene soddisfatta l’esigenza concorrenziale. In termini generali si parla di concorrenza nel mercato per indicare la situazione ottimale nella quale le imprese possono competere liberamente nella produzione del bene o nell’erogazione di un servizio. Quando – come nelle commesse delle pubbliche amministrazioni, caratterizzate di regola dall’unicità del fornitore – ciò è irrealizzabile, l’esigenza concorrenziale può essere perseguita regolando attraverso la procedura ad evidenza pubblica l’accesso al mercato dell’unico operatore possibile. Si parla in questo caso di concorrenza “per” il mercato. Nell’ottica di evitare ostacoli alla concorrenza, diventa, dunque, cruciale la strutturazione della gara (la cd. auction design) da parte della singola stazione appaltante che deve individuare l’oggetto della gara, la procedura di affidamento, i requisiti di ammissione e il criterio di aggiudicazione. Questa attività è presidiata anzitutto dalle regole generali ed astratte del Codice dei contratti pubblici. La regolazione di rango primario lascia però fisiologicamente spazi di intervento discrezionale alla stazione appaltante, dalla quale dipenderà dunque, in ultima analisi, la corretta conformazione pro concorrenziale di ciascuna procedura di gara”.

In tal senso, sempre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con ala segnalazione AS187 del 17 dicembre 1999, ricorda che: “la definizione dell’oggetto contrattuale è funzionale alla individuazione del bene, servizio o opera che possa in modo ottimale rispondere alle esigenze della pubblica amministrazione e, quindi, della collettività. Una scorretta – o a volte consapevolmente subdola – definizione di esso può condurre, in un’ottica concorrenziale, ad una delimitazione impropria del mercato rilevante, ossia dell’ambito merceologico o geografico entro il quale gli operatori economici competono per aggiudicarsi la gara.”

In tempi più recenti, con il provvedimento AS1197/2015, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è pronunciata in ordine ai contenuti dei bandi di gara e dei contratti di servizio per il trasporto pubblico locale, focalizzandosi su alcune criticità che comprendono anche la mancanza di suddivisione in lotti che, ad avviso dell’A.G.C.M., ostacola l’espletamento di procedure competitive imparziali ed efficienti.

Infatti, la prima criticità evidenziata nel parere dell’Autorità sta nel fatto che, in molti casi, gli obiettivi di miglioramento delle condizioni concorrenziali nelle gare del Tpl rischiano di essere vanificati per le criticità concorrenziali connesse con lo svolgimento di gare a lotto unico, soprattutto laddove il lotto è particolarmente ampio poiché coincidente con l’intero bacino regionale.

Tale configurazione organizzativa – che nel trasporto pubblico locale non è giustificata da ragioni di efficienza, per le ridotte economie di scala che detta scelta comporta – si traduce il più delle volte in un indebito vantaggio per l’incumbent, e agevola fenomeni di aggregazione tra gli operatori.

In relazione a ciò, l’Autorità ha osservato che l’individuazione di un numero di lotti superiore al bacino di programmazione è condizione necessaria (…) per garantire la più ampia contendibilità delle gare, che sarebbero altrimenti riservate a pochissimi partecipanti»; di qui l’auspicio che l’atto di regolazione predisposto dall’Autorità dei trasporti riconsideri la tematica dei lotti in rapporto ai bacini di programmazione.

A tal riguardo va rilevato che in passato l’AGCM ha evidenziato che – in alcuni casi – la suddivisione in lotti può avere effetti positivi per la concorrenza. In particolare, ciò si verifica se il numero dei lotti sia determinato in modo tale da risultare sempre inferiore al numero dei partecipanti alla gara. Ciò, peraltro, pone a carico della stazione appaltante l’onere di una attenta considerazione delle caratteristiche e della struttura dei mercati di riferimento, volta ad una determinazione del numero dei lotti che tenga conto, caso per caso e nei limiti delle informazioni disponibili, del numero e delle dimensioni degli operatori che prenderanno parte alle gare (vds. A.G.C.M. segnalazione AS251 del 7 febbraio 2003).

Anche l’Autorità Nazionale Anti Corruzione si è pronunciata a più riprese sul tema della suddivisione in lotti delle commesse pubbliche, in coerenza con i principi enunciati dalle norme e dalla giurisprudenza comunitarie.

Nel parere AG 18/12 del 13 settembre 2012, l’allora A.V.C.P. ricordava – quanto alle norme che, nel tempo, hanno disciplinato le condizioni di ammissibilità e l’ambito di applicazione della suddivisione in lotti dell’appalto pubblico – che la suddivisione in lotti di un appalto, dunque, afferisce all’esercizio della discrezionalità della stazione appaltante, ma il concreto esercizio di tale potere deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti nella procedura di affidamento degli appalti pubblici e non deve determinare una sostanziale violazione dei principi di libera concorrenza, par condicio e non discriminazione, posti dall’art. 2 del Codice (Cons. St., sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1101)

L’istituto della suddivisione dell’appalto in lotti è stato oggetto di recenti interventi legislativi che, nell’intento di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese alle commesse pubbliche, hanno dato allo stesso un nuovo impulso.

Il frazionamento dell’appalto è qualificato come doveroso se diretto a favorire l’accesso alla commessa pubblica delle piccole e medie imprese, con la conseguenza che la stazione appaltante dovrà motivare anche con riferimento a tale aspetto, valorizzando la suddivisione in lotti sotto il profilo teleologico.

In particolare, l’art. 13, comma 2, lett. a) della L. 11 novembre 2011, n. 180, recante “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese” prevede che le stazioni appaltanti provvedono a suddividere gli appalti in lotti o lavorazioni “nel rispetto di quanto previsto dall’art. 29 del Codice dei contratti pubblici”. Tale norma costituisce uno degli strumenti ideati dal legislatore italiano per garantire la piena applicazione della Comunicazione della Commissione europea COM (2008) 394 definitivo, del 25 giugno 2008, diretta a costituire una “corsia preferenziale per la piccola impresa” (Small Business Act per l’Europa).

In attuazione delle linee programmatiche dettate dallo Statuto delle imprese, l’art. 44, comma 7 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha aggiunto il comma 1-bis all’art. 2 del D.Lgs. n. 163/2006, imponendo alle stazioni appaltanti, al fine di favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese, di suddividere gli appalti in lotti funzionali, “ove possibile ed economicamente conveniente” e comunque nel rispetto della disciplina comunitaria.

Tale norma, significativamente collocata tra i principi che presiedono all’affidamento e alla esecuzione dei contratti pubblici, esprime tutto il favor del legislatore per il frazionamento degli appalti, evidenziato da una previsione operante nel settore dei lavori, dei servizi e delle forniture.

La suddivisione in lotti, poi, è stata formulata in termini di doverosità se diretta a favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese. … L’articolazione dell’appalto in più parti deve garantire che ogni singola frazione abbia una funzionalità che ne consenta l’utilizzazione compiuta, mentre è precluso il frazionamento quando le frazioni sono inserite in una prestazione che può assumere valore e utilità solo se unitariamente considerata.

La valorizzazione della natura funzionale del lotto ha il pregio di favorire l’efficienza e l’economicità dell’appalto, perché evita, qualora non fosse completata una frazione dell’appalto, uno spreco di risorse economiche e un danno per l’erario. … La norma in esame, quindi, da un lato favorisce la suddivisione in lotti e dall’altro intensifica l’onere motivazionale delle stazioni appaltanti, che dovranno espressamente giustificare l’articolazione dell’appalto con riferimento alle condizioni poste dal Codice.

Il frazionamento dell’appalto è qualificato come doveroso se diretto a favorire l’accesso alla commessa pubblica delle piccole e medie imprese, con la conseguenza che la stazione appaltante dovrà motivare anche con riferimento a tale aspetto, valorizzando la suddivisione in lotti sotto il profilo teleologico.

Aggiunge l’Autorità che: La stazione appaltante assume che l’esigenza di suddividere l’appalto in lotti dipende dalla natura dei beni oggetto della fornitura (alimenti freschi), dalla tempistica delle consegne (un’ora dall’ordine), dalla volontà di favorire le piccole imprese. Il Comune istante riferisce che tali piccole imprese sarebbero le uniche a poter fornire i prodotti freschi, ma si troverebbero nell’impossibilità di eseguire tempestivamente le consegne in tutti gli asili comunali, essendo essi dislocati in una vasta estensione territoriale.

E’ interessante, inoltre, segnalare quanto stigmatizzato in tempi assai vicini dall’’Autorità Nazionale Anti Corruzione con il Comunicato del 14 settembre 2016, avente ad oggetto ”Indicazioni operative alle stazioni appaltanti e agli  operatori economici in materia di affidamento di servizi sociali”.

Come già evidenziato dall’Autorità con la determinazione n. 32/2016 recante “Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali”, l’esigenza di soddisfare bisogni complessi dell’utenza non giustifica la scelta di affidare l’intero servizio a un unico operatore. Il rispetto dei principi di concorrenza e non discriminazione impone, infatti, l’adozione di accorgimenti che consentano, in ogni caso, la massima partecipazione degli operatori economici alle procedure di affidamento. Ciò anche nei casi in cui sia previsto lo svolgimento contestuale di una molteplicità di prestazioni (es. accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), oppure la medesima prestazione debba essere eseguita con modalità differenziate per adeguarla ai bisogni di diverse tipologie di utenti finali (es. assistenza domiciliare rivolta ad anziani, disabili, malati terminali).

Sulla base di tali considerazioni, per consentire il superamento delle criticità emerse nell’affidamento di servizi sociali complessi, si ribadisce la necessità che le stazioni appaltanti provvedano alla suddivisione dell’appalto in lotti funzionali o prestazionali, rammentando l’obbligo statuito in tal senso dall’art. 51 del d.lgs. 50/2016. Inoltre, si richiama l’attenzione sull’efficacia, ai fini dell’apertura alla concorrenza, di ulteriori strumenti, utili ad agevolare la partecipazione degli operatori  alle procedure di affidamento, quali l’avvalimento dei requisiti di partecipazione, il ricorso al subappalto e la partecipazione in forma raggruppata.

3. La recente giurisprudenza sull’art. 51 del Nuovo Codice

Ribadisce il TAR Firenze, 12.12.2016 con la sentenza n. 1755, che l’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016 ha mantenuto e in parte rafforzato il principio della “suddivisione in lotti”, posto in essere “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese” alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Deve tuttavia evidenziarsi che, anche nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti e inderogabili, giacché il medesimo art. 51, al comma 1, secondo periodo, afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera d’invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.

Il principio della “suddivisione in lotti” può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata; residua tuttavia la necessità di comprendere le indicazioni che l’ordinamento fornisca in ordine ai valori o interessi nel perseguimento dei quali la deroga può avvenire, giacché la regolamentazione procedimentale (obbligo di motivazione), pur significativa e importante, non copre lo spazio ancor più rilevante della legalità sostanziale e cioè della scelta del contemperamento degli interessi pubblici contrapposti.

Continua il TAR Firenze: la risposta al quesito pare rinvenibile dall’esame della disciplina europea, di cui quella nazionale costituisce recepimento. Il n. 78 della direttiva 2014/24/UE, occupandosi della questione, dopo aver posto in evidenza la necessità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare pubbliche e il correlato strumento della suddivisione in lotti, si occupa anche della possibile scelta della stazione appaltante di non procedere all’articolazione in lotti e, oltre a prevedere la necessità di motivazione, si spinge anche a considerare le possibili ragioni giustificative di una tale scelta: evidenzia quindi che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.

Tra gli interessi che possono essere valorizzati dalle stazioni appaltanti per non procedere alla suddivisione in lotti vi è dunque anche quello dei costi cui la suddivisone in lotti può condurre. Ecco che già a livello europeo compare la tensione tra i due contrapposti obiettivi costituiti, da un lato, dalla finalità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare d’appalto, con conseguente loro suddivisione in lotti di importo limitato, e, dall’altro, della finalità di garantire razionalizzazione e contenimento della spesa attraverso la centralizzazione e aggregazione delle gare medesime.

In coerenza con tale preoccupazione, il Consiglio di Stato da sempre ha ricordato che: la suddivisione in lotti prospettata appare legittima, ma la stazione appaltante dovrà curare con molta attenzione il corredo motivazionale della determina a contrarre. … Il frazionamento in più lotti, infatti, può essere legittimamente previsto anche per ragioni puramente organizzative, ma comunque nel sostanziale rispetto delle regole della concorrenza e di apertura delle gare al più ampio numero di partecipanti (Cons. St., sez. V, 10 maggio 2005, n.2346).

Sotto altro profilo è stato poi chiarito che l’amministrazione dovrà, tuttavia, valutare con prudenza la suddivisione in lotti, in considerazione dell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’estensione del territorio comunale non costituisce un ostacolo alla gestione unitaria dell’appalto e non può di per sé sola giustificare il frazionamento (Cons. St., sez. V, 9 giugno 2008, n. 2803).

Infatti, come ricordato in premessa, la giurisprudenza ha ritenuto che la norma affida alla discrezionalità dell’Amministrazione la scelta in ordine alla suddivisione in lotti, censurabile solo ove emerga che l’appalto non assuma un carattere unitario (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16/3/2016 n. 1081: “D’altra parte, costituisce orientamento consolidato, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 2682 del 2015), che l’opzione sottesa alla suddivisione o meno in lotti dell’appalto è espressiva di scelta discrezionale non suscettibile di essere censurata in base a criteri di mera opportunità, tanto più nel caso in cui – come quello in esame – l’unitarietà sia imposta dall’oggetto dell’appalto …”).

Ad avviso del TAR Napoli, 01.12.2016 n. 5550, tale conclusione deve essere mantenuta ferma e va ribadita con riferimento alla nuova norma, non essendovi ragioni per ritenere che il d.lgs. n. 50 del 2016 abbia inteso limitare la discrezionalità della P.A. (trattandosi in sostanza della riformulazione della stessa norma, nella quale peraltro scompare la proposizione assertiva – “devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali” – che contraddistingueva la norma previgente).

4. Conclusioni

Sono quindi evidenti le due “anime” della normativa sostanziale che governa la suddivisione in lotti: il contingentamento della spesa pubblica e la tutela della concorrenza.

In linea di massima, tali due principi possono e devono essere perseguite contemporaneamente, atteso che la massima partecipazione alla gara è funzionale alla realizzazione di entrambe le finalità.

In definitiva, la matrice volta a stimolare la concorrenza, sia attraverso la massima partecipazione possibile alle gare sia anche garantendo una più elevata possibilità che le imprese di piccole e medie dimensioni possano risultare aggiudicatarie, caratterizza tutta la normativa europea in materia di appalti pubblici e, di conseguenza, il nuovo codice nazionale degli appalti pubblici e delle concessioni.

D’altro cantoil <considerando> n. 78 della direttiva 2014/24/UE, sottolinea come la scelta di non procedere alla suddivisione debba essere motivata adeguatamente ed evidenzia quindi che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.

Pertanto a livello europeo compare la tensione tra i due contrapposti obiettivi costituiti, da un lato, dalla finalità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare d’appalto, con conseguente loro suddivisione in lotti di importo limitato, e, dall’altro, della finalità di garantire razionalizzazione e contenimento della spesa attraverso la centralizzazione e aggregazione delle gare medesime.

All’interno di questo crinale si insinua la discrezionalità dell’amministrazione appaltante, onerata di un congruo bilanciamento tra gli interessi contrapposti anzi descritti, cui deve fare da specchio una istruttoria e motivazione coerenti con la decisione addottata.

Cionondimeno, nonostante la connaturata contrapposizione di esigenze e principi che permea la materia, appare chiaro come la suddivisione in lotti debba essere considerato ormai come principio generale, derogabile esclusivamente in casi adeguatamente motivati da circostanze ben identificabili.

Sarà onere della singola amministrazione, pertanto, rendere immune da illogicità e manifeste incongruenze l’iter logico che ha condotto alla scelta di non procedere alla suddivisione, in difetto, il bando di gara potrebbe essere partorito con un vizio di legittimità originario impugnabile dinanzi al G.A. direttamente, qualificandosi, tale vizio, come direttamente escludente di PMI che intendessero partecipare alla gara non suddivisa. 

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
Avv. Emanuela Pellicciotti
Esperta in infrastrutture e contratti pubblici
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