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Di seguito si darà conto di una serie di recenti interventi, anche normativi, importanti in materia di attività contrattuale.
1. La digitalizzazione dei micro-appalti
Uno degli interventi, ancora oggi oggetto di discussione, riguarda l’affermato obbligo di “digitalizzare” anche i micro appalti (gli acquisti per importi inferiori ai 5mila euro).
E’ noto che la pregressa disciplina – che a questo punto deve ritenersi superata -, consentiva per acquisti di importo inferiore ai 5mila euro di non avvalersi del mercato elettronico (art. 1, comma 130 della legge 145/2018).
Questa disposizione, alla luce di alcuni pareri del MIT ma soprattutto delle indicazioni dell’ANAC deve oramai ritenersi superata.
In questo senso si colloca il parere n. 2196/2023 dell’ufficio di supporto del MIT al quale viene chiesto se, “Dovendo urgentemente affidare un servizio specifico ad un soggetto non iscritto a nessuna di queste piattaforme “sia regolare procedere con affidamento diretto e scambio di atti e comunicazioni via PEC senza effettuare la procedura su Mepa o simili”.
Nella richiesta si evidenzia che “l’importo è inferiore ai 5000 euro, pertanto sarebbe rispettata normativa che obbliga il ricorso a Mepa o simili solo sopra i 5000 euro, inoltre la prestazione in oggetto è molto specifica e non presente su alcun catalogo Mepa o simili”.
L’ufficio di supporto, dopo aver ricordato che dal 2019 le pubbliche amministrazioni risultano obbligate a ricorrere al MEPA o mercati dei soggetti aggregatori solo “per forniture di beni e l’acquisto di servizi di importo superiore ai 5.000 euro” evidenzia come detta dinamica, alla luce delle nuove norme in tema di digitalizzazione di ogni appalto, deve ritenersi superata.
Nel parere, infatti, si puntualizza che per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 25 (efficace dal 1° gennaio 2024) si introduce il definitivo “obbligo per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di utilizzare le piattaforme di approvvigionamento digitale per svolgere tutte le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici” nessuna esclusa.
L’articolo, quindi, obbliga il RUP – come noto -, all’utilizzo di “piattaforme certificate secondo le regole tecniche di cui all’articolo 26”.
Questa nuova situazione, quindi, anche nel caso di micro affidamenti (di importo inferiore ai 5mila euro) impone l’obbligo di concludere/perfezionare ogni procedura di acquisto utilizzando le piattaforme di approvvigionamento con conseguente superamento delle modalità semplificate.
La questione è stata, in tempi recenti, riaffrontata dall’ANAC che con uno specifico quesito ha chiarito la portata dell’obbligo.
Nel riscontro di recente pubblicazione al quesito (posto all’ANAC) se “Gli acquisti infra 5 mila euro sono soggetti all’obbligo della digitalizzazione nonostante la deroga prevista nell’art. 1, comma 450 della legge n. 296/2006” l’autorità riscontra nel senso appena riportato.
Più nel dettaglio si chiarisce che “gli acquisti di importo inferiore a 5.000 euro sono assoggettati agli obblighi di digitalizzazione. Fino al 30/9/2024 per detti acquisti è possibile utilizzare l’interfaccia web messa a disposizione da PCP, come indicato con il Comunicato del Presidente del 10/1/2024. La deroga prevista dalla legge n. 296/2006 è inapplicabile al caso di specie, riguardando le disposizioni in materia di contenimento della spesa e non le previsioni in materia di digitalizzazione. Inoltre, si evidenzia che, ai sensi dell’articolo 48, comma 4, del codice, ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano le disposizioni del codice (ivi comprese quelle sulla digitalizzazione) se non derogate dalla Parte I del codice medesimo. Detta parte non prevede alcuna deroga all’applicazione della normativa sulla digitalizzazione per le procedure sottosoglia, neanche con riferimento agli affidamenti di importo ridotto”.
Ad oggi, quindi, non esiste alcun supporto normativo che consenta di individuare una deroga a detto obbligo (anche se non è da escludere una modifica normativa, nella fase di conversione del milleproroghe, che ripristini momentaneamente la pregressa situazione).
Sulla disposizione che contiene la deroga all’utilizzo del mercato elettronico, l’ANAC ritorna con altro riscontro chiarendo che “La norma richiamata (nda art. 1, comma 450 della legge 296/2006), precedente alle disposizioni contenute nel nuovo Codice, non esenta le stazioni appaltanti dall’utilizzo delle piattaforme digitali. Per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro si applicano, dunque, le indicazioni contenute nel Comunicato del Presidente dell’ANAC del 10/01/2024 che prevede, fino al 30/09/2024, la possibilità di acquisire il CIG utilizzando l’interfaccia web messa a disposizione dalla PCP, oltre alle piattaforme digitali”.
La norma, viene in considerazione anche nella più recente tabella sui micro acquisti con cui l’autorità anticorruzione ricorda che “La deroga prevista dalla legge n. 296/2006 è inapplicabile al caso di specie, riguardando le disposizioni in materia di contenimento della spesa e non le previsioni in materia di digitalizzazione (…)”.
Uno degli interventi, ancora oggi oggetto di discussione, riguarda l’affermato obbligo di “digitalizzare” anche i micro appalti (gli acquisti per importi inferiori ai 5mila euro).
2. Codice degli appalti e PNRR/PNC
Altra questione di particolare rilievo, su cui insiste anche importanza proroga contenuta nel recente DL milleproroghe n. 215/2023, è relativa ai rapporti tra nuovo codice dei contratti e PNRR/PNC.
Dopo iniziali dubbi oggi la giurisprudenza ha chiarito che al PNRR si applica il nuovo Codice dei contratti in caso di mancanza di specifici richiami a quello pregresso (codice del 2016) nelle norme applicabili in particolare il DL 76/2020 e DL 77/2021 (che effettivamente non richiamano le norme del pregresso codcie).
In questo senso ha un rilievo fondamentale – che ha trovato conferma anche con recenti pareri del MIT la sentenza del Tar Umbria, n. 758/2023.
Il giudice, come detto, conferma l’applicazione del nuovo codice dei contratti anche alle procedure PNRR/PNC in caso di assenza di richiami specifici contenuti nel DL 77/2021 come già affermato anche dal MIT con i recenti pareri n. 2203 e 2295/2023 (che hanno superato l’impostazione espressa nel parere n. 2153 che sosteneva il contrario).
I riferimenti normativi richiamati dal giudice – per corroborare la tesi – sono, nell’ordine l’articolo 226, l’articolo 225 e 229 da cui si desume il microsistema normativo che chiarisce la problematica delle disposizioni applicabili al PNRR/PNC avviati dalla data di efficacia del nuovo codice ovvero dal 1° luglio 2023 (art. 229 comma 1).
Secondo i predetti richiami l’art. 226, comma 2, chiarisce che il nuovo codice si applica solo alle procedure avviate a far data dalla sua efficacia indicando chirurgicamente i casi. Ad esempio per “le procedure e i contratti” i cui “bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia”.
Per il PNRR/PNC, subentra l’articolo 225 ed in particolare il comma 8 che delinea il quadro normativo applicabile a questo tipo di appalti anche se avviati successivamente alla data di efficacia del nuovo codice.
In particolare, la disposizione precisa che “si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018”.
In relazione a quest’ultimo richiamo il giudice puntualizza che “al di là delle disposizioni di cui al d.l. n. 77/2021 e delle altre fonti espressamente richiamate dall’art. 225, co. 8, del d.lgs. n. 36/2023, applicabili anche alle procedure finanziate con i fondi del PNRR pur se bandite successivamente” all’efficacia del nuovo codice, “dovranno trovare dunque applicazione le norme ed i principi” di quest’ultimo.
Da notare che questa è la posizione assunta dal MIT con i recenti pareri nn. 2203 e 2295 in cui si supera quanto sostenuto con il parere n. 2153/2023 in cui si affermava che “sostanzialmente” il nuovo codice non si applica agli appalti del PNRR. In realtà non è così.
Come si è anticipato, il paradosso è che il mille proroghe (DL 215/2023) estende fino al 30 giugno 2024 la possibilità delle stazioni appaltanti di applicare, per l’assegnazione di appalti del PNRR/PNC, le procedure semplificate del DL 76/2020 convertito con legge 120/2020.
Più in particolare, l’art. 8, comma 5, del “Milleproroghe” (rubricato “Proroga di termini in materie di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”) puntualizza che “All’articolo 14, comma 4, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, relativo alla realizzazione, mediante procedure di affidamento semplificate, degli interventi finanziati con risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal Piano nazionale complementare, le parole: «31 dicembre 2023» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2024»”.
A questa disposizione si aggiungono le già previste semplificazioni di cui al comma 4-bis, dello stesso articolo 14 del DL 13/2023, che si applicano fino al 31 dicembre 2026.
E’ bene evidenziare che, in realtà, la proroga riguarda le sole norme procedurali ma il resto delle disposizioni (si pensi alla commissione di gara) deve necessariamente ritenersi applicabile il nuovo impianto normativo.
Altra questione di particolare rilievo, su cui insiste anche importanza proroga contenuta nel recente DL milleproroghe n. 215/2023, è relativa ai rapporti tra nuovo codice dei contratti e PNRR/PNC.
3. La posizione dei comuni non capoluogo e il PNRR
Sempre in tema di PNRR, rimane ferma invece l’impossibilità dei comuni non capoluogo di appaltare appalti PNRR di importo pari o superiore ai 139 mila euro (per beni e servizi) e di importo pari o superiore ai 150mila euro per lavori. Anche se la stazione appaltante risultasse qualificata.
In questo senso si è espresso l’ufficio di supporto legale del Mit conferma (parere n. 2189/2023) confermando che agli appalti PNRR/PNC non si applica l’attuale dinamica di qualificazione delle stazioni appaltanti prevista nel nuovo codice dei contratti (in particolare le disposizioni di cui agli artt. 62 e 63).
Più in particolare con il quesito il comune non capoluogo richiede se l’appalto per aggiudicare il contratto di lavori finanziati dal PNRR, di importo superiore ai 150 mila euro, dovesse comunque essere aggiudicato dalla stazione appaltante dell’unione dei comuni anche se non qualificata.
In base all’attuale normativa, infatti, in relazione agli appalti PNRR/PNC, il comune non capoluogo può procedere autonomamente solo entro le micro soglie dei 139 mila euro (per beni e servii) ed entro i 150mila euro (per i lavori) come previsto dall’art. 10, comma, 1 del DL 176/2022, convertito con legge 6/2023 che ha integrato/modificato l’art. 1, comma 1 del DL 32/2019.
L’ufficio di supporto, quindi, con il parere in commento conferma che per gli appalti PNRR non si applica l’attuale sistema di qualificazione.
Rispondendo al quesito, il parere conferma che anche se il comune non capoluogo risultasse qualificato e la CUC risultasse priva di qualificazione, in caso di contratti PNRR/PNC di importo pari o superiori alle soglie del DL 76/2020, l’aggiudicazione deve essere delegata alla stazione appaltante, in questo caso, dell’unione dei comuni anche se non risultasse qualificata (ai sensi del nuovo codice).
Si deve registrare la recente posizione assunta dal MIT con i recenti pareri nn. 2203 e 2295 con cui si supera quanto sostenuto con il parere n. 2153/2023 in cui si affermava che “sostanzialmente” il nuovo codice non si applica agli appalti del PNRR.
Il parere conferma che anche se il comune non capoluogo risultasse qualificato e la CUC risultasse priva di qualificazione, in caso di contratti PNRR/PNC di importo pari o superiori alle soglie del DL 76/2020, l’aggiudicazione deve essere delegata alla stazione appaltante, in questo caso, dell’unione dei comuni anche se non risultasse qualificata (ai sensi del nuovo codice).
4. Oneri manodopera e ribasso
Un riscontro di fondamentale rilievo per il RUP si deve invece alla recente sentenza del Tar Toscana, Firenze, sez. IV, del 29 gennaio 2024, n. 120 in tema di ribasso sugli oneri della manodopera (oggi teoricamente consentiti dall’articolo 41, comma 14 del nuovo codice).
La sentenza ha un certo pregio nel momento in cui respinge l’assunto del ricorrente secondo cui gli oneri della manodopera (indicati dalla stazione appaltante) non sarebbero mai ribassabili e se ciò accadesse l’operatore dovrebbe essere irrimediabilmente escluso. Di tutt’altro avviso, condivisibilmente, il giudice toscano.
Con dovizia di particolari e di informati richiami il giudice evidenzia invece che la volontà degli estensori è nel senso diverso di ammettere, in ossequio ad una costituzionalmente garantita libertà di iniziativa economica, la possibilità che gli operatori possano proporre un ribasso (diretto o indiretto) degli oneri indicati dalla stazione appaltante (che sono espressione di una media) a condizione però che riescano a giustificare il ribasso effettuato (evidenziando che sono in possesso di una organizzazione maggiormente efficiente rispetto a quanto immaginato/prospettato dalla stazione appaltante).
Si riportano di seguito le chiare parole (utilissime al RUP) contenute nella sentenza:
“Come condivisibilmente e concordemente osservato dalle parti resistenti e della controinteressata, questa norma deve essere interpretata in maniera coerente con:
– l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;
– l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.
Da questi due richiami, puntualizza il giudice si deduce necessariamente “che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.
Da qui gli importanti richiami a precedenti e recente giurisprudenza. In questo senso il Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665, che con riferimento al previgente Codice dei contratti, ha osservato che “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, ha osservato che: “persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.
Lo stesso MIT, con il parere n. 2154 del 19 luglio 2023, rispondendo ad un quesito specifico sui costi della manodopera negli appalti, ha chiarito che l’offerta economica non è costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera, ma deve includere quest’ultimo costo al suo interno; il costo della manodopera non può essere considerato un importo aggiuntivo ma fa parte dell’offerta ed è soggetto a verifica.
In ogni caso la stessa ANAC, con la delibera n. 528 del 15 novembre 2023, ha chiarito che: “La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo”. Tale interpretazione del dettato normativo secondo l’ANAC “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impostazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”.
Rilevante, quindi è lo stesso bando tipo n. 1/2023 ANAC (articolo 17), in cui si è previsto che “l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera. Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023”; evidenziando nella relativa nota illustrativa (punto 28) che: “ai sensi dell’articolo 41, comma 14, del codice, i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Tuttavia, è fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivi da una più efficiente organizzazione aziendale. Tali giustificazioni potranno essere richieste dalla stazione appaltante in occasione della verifica di anomalia, fermo restando il divieto di giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri di sicurezza”.
Tali interventi plurimi (e diversificati quanto alla provenienza), prosegue il giudice, “convincono del fatto che la tesi della ricorrente, secondo la quale il costo della manodopera non sarebbe assoggettabile a ribasso, sia infondata, e allo stesso tempo consentono di dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 41 comma 14, palesando l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale che la ricorrente chiede sia sollevata con riferimento alla violazione dell’art. 36 della Costituzione.
La libertà di iniziativa economica deve infatti comprendere la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante nella disciplina di gara, slavo il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili”.
In ogni caso la stessa ANAC, con la delibera n. 528 del 15 novembre 2023, ha chiarito che: “La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione.