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1. Premesse

Il raggruppamento temporaneo di imprese non è un’impresa in senso tecnico e giuridico in quanto la stessa non ha soggettività giuridica unitaria: ciascuna impresa, pur operando all’interno del raggruppamento, si presenta munita della propria esperienza, dei propri mezzi economici, tecnici e finanziari, delle proprie metodologie applicative e di condizioni personali di affidabilità. Più specificatamente, si tratta di una forma di collaborazione temporanea e occasionale tra operatori economici volta alla partecipazione congiunta alle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici.

L’elemento fondativo del raggruppamento temporaneo di imprese è il particolare mandato collettivo ex art. 1726 c.c., conferito a un’impresa (cd. capogruppo o mandataria) da parte delle altre imprese riunite (cd. mandanti) il cui effetto principale consiste nella responsabilità solidale delle imprese raggruppate nei confronti dell’Amministrazione, nonché dei fornitori e dei subappaltatori.

Nella pratica si verificano, non di rado, eventi a seguito dei quali si rendono necessari eventuali modifiche della composizione soggettiva dei raggruppamenti temporanei di imprese che abbiano partecipato a una procedura ad evidenza pubblica e, talvolta, che stiano eseguendo un contratto con l’Amministrazione sottoscritto a valle di una procedura ad evidenza pubblica.

A tale riguardo il Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163 s.m.i. (di seguito anche “Codice dei Contratti Pubblici”) all’art. 37, comma 9 prevede in termini generali un principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei di imprese (originariamente previsto in materia di lavori dall’art. 13, coma 5-bis della Legge n. 109/1994) strettamente connesso all’obbligo di identità dei soggetti partecipanti alle gare e al divieto di cessione totale o parziale del contratto di appalto riconducibili ai fondamentali principi di trasparenza delle procedure e par condicio dei concorrenti[1]. Il comma 9 dell’art. 37 citato testualmente prevede che «Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta».

L’evoluzione giurisprudenziale – di cui si darà conto nel prosieguo del presente contributo – ha tuttavia sensibilmente attenuato nella fase di svolgimento della gara il rigore del suddetto divieto che rimane, invece, tassativo per la fase successiva l’aggiudicazione, se pur con le eccezioni di cui ai commi 18[2] e 19[3] dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici i quali prevedono, infatti, un regime derogatorio secondo il quale è possibile la prosecuzione del rapporto in caso di vicende patologiche (ivi espressamente previste) che colpiscono una delle imprese mandanti o l’impresa mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese.

In particolare, nei casi espressamente previsti di fallimento, o qualora si tratti di imprenditore individuale, di morte, interdizione, inabilitazione, ovvero ancora nei casi previsti dalla normativa antimafia di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011 n. 159 s.m.i. (di seguito anche  il “Codice Antimafia”), qualora l’evento colpisca l’impresa mandataria, la stazione appaltante può proseguire l’appalto con un altro operatore che possieda i requisiti per essere costituito mandataria, oppure può recedere dal contratto; qualora, invece, l’evento colpisca una delle imprese mandanti, l’impresa mandataria può indicare un altro operatore in possesso dei requisiti o, in mancanza, è tenuto ad eseguire il contratto direttamente o a mezzo delle altre imprese mandanti, se idoneamente qualificate.

L’art. 37, comma 9 del Codice dei Contratti Pubblici prevede in termini generali un principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei di imprese nella fase di svolgimento della gara e per la fase successiva l’aggiudicazione, se pur con le eccezioni di cui ai commi 18  e 19  dello stesso art. 37

2. L’art. 37, comma 9 del Codice dei Contratti Pubblici: il punto fra giurisprudenza e prassi

L’interpretazione (e l’applicazione) della disposizione di cui al comma 9 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici ha posto molteplici problematiche sulle quali sono intervenuti con diverse pronunce, spesso non univoche, sia il Giudice Amministrativo che l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP), le cui funzioni oggi sono state trasferite all’Autorità Nazionale Antimafia (ANAC), dalle quali è possibile desumere importanti principi sulla questione riguardante le modificazioni soggettive dei raggruppamenti temporanei di impresa.

L’evoluzione giurisprudenziale ha sensibilmente attenuato il rigore del divieto di modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese nella fase di svolgimento della gara

Dall’esame delle diverse pronunce susseguitesi nel tempo, emergono i seguenti orientamenti contrapposti.

Secondo un orientamento più restrittivo, l’immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche, preordinata a garantire l’Amministrazione appaltante in ordine alla verifica dei requisiti di idoneità morale, tecnico organizzativa ed economica, non consente altre modifiche se non quelle ammesse (tassativamente) dall’art. 37, commi 18 e 19 del Codice dei Contratti Pubblici (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2012 n. 6446; Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 luglio 2014 n. 3344).

Secondo un orientamento più estensivo, le modifiche soggettive elusive del divieto posto dall’articolo 37, comma 9, del Codice dei Contratti Pubblici sono quelle riguardanti l’aggiunta o la sostituzione di imprese, rispetto a quelle indicate al momento di partecipazione alla gara e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento. In tal caso, infatti, l’Amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità tecnica e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano nel raggruppamento temporaneo di imprese, con la conseguenza che i rischi che il divieto posto dal citato comma 9 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici mira ad impedire non potrebbero verificarsi. In altre parole, il predetto divieto non impedisce il recesso di una o più imprese dal raggruppamento, a condizione che le rimanenti risultino titolari, uti singulae, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione, e sempre che il recesso o la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo sia disposta per esigenze organizzative del raggruppamento, e non per eludere la disciplina di gara (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2010 n. 842;  Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 maggio 2009 n. 2964; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 settembre 2010 n. 6546; Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 luglio 2010 n. 4332).

Sussistendo i richiamati orientamenti giurisprudenziali contrapposti, sulla questione si è espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 8 del 4 maggio 2012.

Nella pronuncia in questione l’Adunanza Plenaria ha preliminarmente ricordato che il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche mira a garantire una conoscenza piena, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse, consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti. Ciò posto, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto che le modifiche soggettive che si pongono in contrasto con il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche sono quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento: in tal caso, infatti, le esigenze di effettuare una verifica preliminare dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti non risultano frustrate poiché l’Amministrazione, al momento del recesso, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano nel raggruppamento temporaneo di imprese, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi.

L’Adunanza Plenaria ha, tuttavia, aggiunto che il recesso dell’impresa membro di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non può valere a sanare una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura sussistente al momento dell’offerta in ragione della sussistenza di cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.

Il divieto di modificazione soggettiva, di cui all’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici, secondo quanto affermato dall’Adunanza Plenaria, non ha, quindi, l’obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara ma il rigore della disposizione deve essere temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di:

(i) consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di

(ii) precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari.

Tale essendo, dunque, la funzione di detta disposizione è evidente, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, che le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, «in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l’amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi».

Sul punto si è espressa anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) con la Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012 (contenente “Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici”) e successivamente con la Determinazione n. 5 del 6 novembre 2013 (con la quale ha approvato le “Linee guida su programmazione, progettazione ed esecuzione del contratto nei servizi e nelle forniture”).

L’AVCP, richiamando espressamente le conclusioni raggiunte dalla citata Adunanza Plenaria, ha affermato, con la Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, che «anche al di fuori delle ipotesi espressamente normate, deve ritenersi ammissibile il recesso di una o più imprese dal raggruppamento (e non l’aggiunta o la sostituzione), a patto che i rimanenti soggetti siano comunque in possesso dei requisiti di qualificazione per le prestazioni oggetto dell’appalto. Tale limitata facoltà può essere esercitata (cfr. Cons. St., Ad. Plen. n. 8/2012) a condizione che la modifica della compagine soggettiva, in senso riduttivo, avvenga per esigenze organizzative proprie del raggruppamento o del consorzio e non per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente che recede… In altri termini, il recesso dell’impresa componente, nel corso della procedura di gara, non può mai valere a sanare ex post una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura in ragione della esistenza, a suo carico, di cause di esclusione».

Con la successiva Determinazione n. 5 del 6 novembre 2013, l’AVCP ha ribadito di dover condividere sul punto l’orientamento giurisprudenziale più estensivo «ritenendo ammissibile il solo mutamento soggettivo in senso riduttivo del raggruppamento, con assunzione del servizio in capo al/ai rimanenti componenti dello stesso, previa verifica che tale operazione non sia stata effettuata per eludere la disciplina di gara … e che l’esecutore sia singolarmente in possesso dei requisiti indicati nella lex specialis per l’esecuzione della prestazione».

Alla luce di quanto sopra, si ritiene  che l’interpretazione delle disposizioni di cui all’art. 37 comma 9 del Codice dei Contratti fornita dall’Adunanza Plenaria e dalla AVCP debba essere condivisa anche in considerazione del fatto che la stessa tiene conto delle frequenti modificazioni soggettive che si verificano nel mondo delle imprese e dell’interesse (che è anche delle amministrazioni) di non escludere dalle procedure (solo a causa dell’intervenuto recesso di una partecipante) raggruppamenti temporanei di imprese che potrebbero essere aggiudicatari di una gara ed in grado di eseguire comunque l’appalto. Queste considerazioni valgono tanto più se si rileva che, come ha affermato l’Adunanza Plenaria, non si determina una violazione della par condicio dei concorrenti, «perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti».

L’orientamento giurisprudenziale più estensivo ha affermato che le modifiche soggettive che si pongono in contrasto con il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche sono quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento.

Per quanto concerne la partecipazione dei raggruppamenti temporanei di imprese nell’ambito delle diverse procedure ad evidenza pubblica, come rilevato di recente dall’ANAC nel Parere di precontenzioso n. 90 del 7  maggio 2014, la norma di cui all’art. 37, comma 9 del Codice dei Contratti Pubblici «è di chiara  applicazione nella procedura aperta, ove il primo contatto tra il concorrente e  la stazione appaltante si ha con la presentazione della domanda di  partecipazione e della relativa offerta. In tale procedura, infatti, con l’offerta  si assume un impegno che, anche sotto il profilo soggettivo, non può più essere  modificato (salve le ipotesi eccezionali di cui ai commi 18 e 19). Problemi interpretativi  e applicativi si pongono invece nella procedura ristretta ove il primo contatto  tra il concorrente e la stazione appaltante si ha con la presentazione della  domanda di partecipazione (fase di pre-qualifica) seguita, in caso di  ammissione, dall’invito e dalla presentazione dell’offerta». 

Poiché la norma all’art. 37, comma 9 del Codice dei Contratti Pubblici prevede in termini generali che, dopo la presentazione dell’offerta non è più possibile alcuna  modifica soggettiva, si è posta la questione se con riferimento alle procedure ristrette siano possibili, in assenza di un divieto normativo, modifiche soggettive dei concorrenti, in particolare con riferimento alle composizioni dei raggruppamenti temporanei di imprese.

A tale riguardo, la giurisprudenza in taluni casi ammette nelle procedure ristrette, a determinate condizioni, una  modifica soggettiva dei soggetti invitati a presentare le offerte. Si riscontrano, però, anche orientamenti più restrittivi.

Nel citato parere l’ANAC giunge ad avallare l’orientamento espresso dall’AVCP nella Determinazione n. 4/2012 che, in linea con la più recente giurisprudenza, si è espressa nel senso che anche al di fuori delle ipotesi espressamente normate, deve ritenersi ammissibile il recesso di una o più imprese del raggruppamento (e non l’aggiunta o la sostituzione), a patto che i rimanenti soggetti siano comunque in possesso dei requisiti di qualificazione per le prestazioni oggetto  dell’appalto. Tale limitata facoltà può essere esercitata (cfr. Cons. St.,  Adunanza Plenaria n. 8/2012) a condizione che la modifica della compagine soggettiva, in senso riduttivo, avvenga per esigenze organizzative proprie del raggruppamento  o del consorzio e non per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente che recede (sul punto, si veda anche Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 842).

In ambito giurisprudenziale, come rileva l’ANAC, un’apertura alla possibilità di modifiche soggettive in fase di pre-qualifica si rinviene nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 18 aprile 2001, n. 2335 ove si legge: «la prequalificazione e il conseguente invito alla gara del soggetto selezionato non escludono che quest’ultimo, entro determinati limiti, possa presentare l’offerta aggregando in associazione temporanea altre imprese o sostituendo alcune imprese già aggregate in fase di preselezione (…) tale modifica riguarda l’ipotesi in cui sia stata selezionata una impresa individuale, in possesso di tutti i requisiti per partecipare alla gara. Il legislatore consente che tale ditta, in sede di presentazione dell’offerta, si associ con altre imprese; la prima come  capofila, le altre come mandanti. La ratio appare evidente: una tale circostanza non incide negativamente sulla qualificazione del soggetto invitato, ma se mai l’accresce con l’associazione di altri soggetti, in possesso dei necessari requisiti».

Ancora, il Consiglio di Stato, V Sezione nella sentenza n. 1452/2004 che, nel richiamare il citato precedente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2335/2001) si è espresso nel senso che «tale pronuncia, al di là della massima, che contiene un’apertura all’evenienza del mutamento soggettivo dell’ATI, è soggetta ad alcune precise limitazioni: 1 ) il mutamento deve avvenire fra la prequalificazione e la presentazione dell’offerta e non dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta per non incidere sul principio, tendenziale, di invariabilità del soggetto durante la gara; 2) non deve riguardare la  capogruppo; 3) non deve incidere negativamente sulla qualificazione del gruppo».

3. Il regime derogatorio

Tornando al regime derogatorio al principio dell’immodificabilità soggettiva di cui al comma 9 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici, qui di seguito verranno esaminate due fattispecie di particolare rilievo che sempre più spesso trovano applicazione nella pratica e che consistono in esplicazioni o estensioni di alcune delle ipotesi di cui ai commi 18 e 19 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici (caso di fallimento o casi previsti dalla normativa antimafia) con riferimento alle modifiche soggettive delle imprese raggruppate.

3.1. Modificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei di imprese e concordato preventivo in continuità

L’entrata in vigore dell’art. 186-bis del Regio Decreto n. 267/1942 (Legge Fallimentare) – introdotto dall’art. 33 del D.L. n. 83/2012, convertito in Legge n. 134/2012 – disciplinante l’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale ha determinato un impatto significativo sulla disciplina dei contratti pubblici.

Modificando parzialmente il regime precedentemente in vigore, l’introduzione del concordato con continuità aziendale determina nuove e diverse prospettive nella gestione della crisi dell’impresa e del suo risanamento, in quanto fa sì che l’apertura della procedura concorsuale non costituisca più un impedimento all’affidamento e all’esecuzione degli appalti pubblici.

In particolare, questa norma ha modificato il Codice dei Contratti Pubblici prevedendo un’eccezione alla disposizione concernente i c.d. requisiti di ordine generale dei concorrenti (art. 38).

Come noto, l’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici individua una serie di condizioni soggettive richieste agli operatori economici per la loro partecipazione alle gare pubbliche. In assenza di queste condizioni le imprese sono infatti escluse dalle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono stipulare i relativi contratti di appalto pubblico o essere affidatarie di subappalti.

I requisiti in questione devono essere posseduti alla data di scadenza del termine per la presentazione dell’offerta (nelle procedure aperte) o della domanda di partecipazione (nelle procedure ristrette) e devono essere mantenuti per tutta la durata della procedura di gara fino all’aggiudicazione definitiva (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 4 maggio 2012, n. 8; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6487).

In termini generali, se il requisito viene meno nel corso del procedimento il concorrente deve essere escluso. Una volta intervenuta l’aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto, la permanenza dei medesimi requisiti è comunque condizione per l’esecuzione del contratto: il venir meno determina la risoluzione del contratto stesso (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 12411; Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458). Tra i requisiti di ordine generale previsti dall’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici è prevista la circostanza che l’impresa non versi in stato di fallimento, di liquidazione coatta o di concordato preventivo; ciò in quanto lo stato di crisi che si manifesta con l’apertura di una procedura concorsuale compromette l’affidabilità professionale ed economico-finanziaria dell’impresa, mettendo a rischio il corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali. Secondo l’art. 186-bis della Legge Fallimentare è però fatto «salvo il caso di cui all’art. 186-bis della Legge Fallimentare», ossia il caso del concordato preventivo con continuità aziendale, istituto a cui il legislatore assegna una finalità conservativa e non meramente liquidatoria, onde garantire la soddisfazione del ceto creditorio mediante la prosecuzione dell’attività d’impresa in capo allo stesso debitore, oppure in capo a terzi.

In considerazione del fatto che l’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale si innesta, nella materia dei contratti pubblici, in un sistema caratterizzato da una forte rigidità applicativa e da un notevole grado di formalismo, l’art. 186-bis della Legge Fallimentare enuncia espressamente le conseguenze giuridiche che dalla procedura in questione derivano (i) sia sulla partecipazione alle procedure pubbliche di affidamento, (ii) sia sui contratti in corso di esecuzione.

Quanto alla partecipazione alle procedure di gara, l’art. 186-bis della Legge Fallimentare prevede che l’ammissione a concordato preventivo con continuità aziendale non impedisce la partecipazione dell’impresa.

La disposizione si applica anche alle imprese raggruppate, a condizione che la procedura non interessi la mandataria (capogruppo), bensì una mandante, e sempre che le altre imprese facenti parte del medesimo raggruppamento non siano a loro volta assoggettate ad una procedura concorsuale: l’impresa in stato di concordato preventivo con continuità può partecipare, dunque, ad una gara quale impresa riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, ma non può rivestire il ruolo di mandataria ma solo di mandante, mentre le altre imprese non dovranno essere assoggettate ad una procedura concorsuale (art. 186-bis, comma 5 della Legge Fallimentare)[4].

Ad avviso del Consiglio di Stato non ha rilievo e non viola il principio della par condicio il fatto che l’impresa (qualificata al momento della domanda di partecipazione) abbia poi esercitato il recesso nel corso della procedura, anche eventualmente per aver perso i requisiti di partecipazione per ragioni legate all’evoluzione delle attività imprenditoriali che prescindono dalla singola gara, come ad esempio nel caso di cessione del ramo di azienda e di richiesta di concordato preventivo. Viceversa sarebbe illegittima la modifica soggettiva successiva all’offerta, finalizzata a non soggiacere a conseguenze dovute alla mancanza di requisito (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 21 novembre 2014 n. 5752).

Quanto all’esecuzione di un contratto, è previsto che la semplice presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale impedisce la risoluzione del contratto già stipulato (art. 186-bis, comma 3 Legge Fallimentare)[5]. La medesima norma prescrive inoltre l’inefficacia di eventuali patti contrari. Una volta emesso il decreto che ammette l’impresa alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, l’esecuzione del contratto è consentita a condizione che venga prodotta la relazione del professionista attestante la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto pubblico.

Si tratta di una disposizione i cui effetti non sono circoscritti al singolo contratto di appalto, ma si estendono anche ai contratti ad esso accessori, quali ad esempio l’accordo interno che disciplina le relazioni fra i componenti del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario.

In questi casi, dunque, la sorte del contratto pubblico potrà trovare disciplina, in via analogica, nell’art. 37, commi 18 e 19 del Codice dei Contratti Pubblici, parificando il venir meno (recesso) dal raggruppamento dell’impresa in concordato con continuità al fallimento della mandataria o della mandante, a seconda dei casi.

3.2. Modifiche soggettive dei raggruppamenti temporanei di imprese nel Codice Antimafia

In termini generali, qualora successivamente alla stipula del contratto sopravvenga un’informativa antimafia ostativa nei confronti dell’esecutore del contratto, la stazione appaltante non ha la facoltà di sindacare il contenuto dell’informativa prefettizia antimafia, poiché è al Prefetto che la legge demanda in via esclusiva la raccolta degli elementi e la valutazione circa la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa. La stazione appaltante, tuttavia, gode di una qualche facoltà di non revocare l’appalto nonostante il collegamento dell’impresa con organizzazioni malavitose sia stato accertato: trattasi di ipotesi che, data l’evidente ratio di pieno sfavore legislativo alle infiltrazioni mafiose nei contratti pubblici, è remota e residuale e, dunque, consentita al solo fine di tutelare l’interesse pubblico attraverso una valutazione di convenienza in relazione a circostanze particolari, quali il tempo dell’esecuzione del contratto o la sua natura, o la difficoltà di trovare un nuovo contraente, se la causa di decadenza sopravviene ad esecuzione ampiamente inoltrata (cfr.Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 2013, n. 4467; Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2012, n. 197).

A tale riguardo è stato, inoltre, chiarito che la stazione appaltante interviene con un provvedimento di risoluzione del contratto, a motivare il quale è sufficiente l’individuazione della presupposta informativa antimafia e del conseguente vincolo che, dal suo effetto interdittivo, discende per l’azione della stazione appaltante (cfr. ex multis, TAR Campania – Napoli, Sez. I, 28 febbraio 2013, n. 1172; TAR Campania – Napoli, Sez. I, 28 marzo 2012, n. 1508).

La predetta disciplina, tuttavia, non trova applicazione qualora l’esecutore del contratto sia un’associazione temporanea di  imprese per la quale vige una disciplina speciale.

Con particolare riferimento ai raggruppamenti temporanei di imprese e ai contratti pubblici da queste sottoscritti, infatti, l’art. 95, comma 1 del Codice Antimafia dispone che se una delle situazioni da cui emerge un tentativo di infiltrazione mafiosa interessa un’impresa diversa dalla mandataria, «le cause di divieto o di sospensione di cui all’articolo 67 non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando la predetta impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto», prevedendo che nel caso in cui la comunicazione delle informazioni dal Prefetto pervenga successivamente alla stipulazione del contratto, la sostituzione può essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione stessa.

In ambito giurisprudenziale si rileva un consolidato orientamento ad avviso del quale «L’art. 12 del D.P.R. n. 252 del 1998 [oggi articolo 95 del Codice Antimafia] si occupa della specifica ipotesi in cui la perdita di capacità ad assumere la qualità di contraente con la pubblica amministrazione ricada su imprese, diverse dalla mandataria, che operino in associazione, raggruppamento temporaneo o facciano parte di consorzio non obbligatorio. In tal caso la misura interdittiva non si estende all’intero raggruppamento ove si dia luogo, all’estromissione o sostituzione dell’impresa interdetta con le modalità indicate dalla norma regolamentare. Posto, come prima detto, che l’art. 4 della legge n. 490 del 1998 assume a riferimento le posizioni e l’assetto organizzativo delle singole imprese agli effetti delle misure interdittive ivi previste, l’art. 12 del D.P.R. n. 252 del 1998 [oggi articolo 95 del Codice Antimafia] non viola il reticolo della norma primaria, ma è confermativo, per i raggruppamenti ed i consorzi di imprese, della regola in essa dettata che si incentra sulla responsabilità propria dell’impresa che sia incorsa nel pericolo di condizionamento mafioso. E’ in prosieguo intervenuto l’art. 37 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che al comma 19, nel testo integrato dal D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 113, ha previsto, per i contratti conclusi con imprese in associazione, la possibilità di sostituire l’impresa mandante oltre che nei casi di fallimento o, se imprenditore individuale, di morte, interdizione, inabilitazione, fallimento anche nei casi previsti dalla normativa antimafia. Tale ultima disposizione conferma, quindi, la ratio già insita nell’art. 12 del D.P.R. n. 252 del 1998 [oggi articolo 95 del Codice Antimafia], cioè di contemperare il prosieguo dell’iniziativa economica delle imprese in forma associata con le esigenze afferenti alla sicurezza ed all’ordine pubblico connesse alla repressione dei fenomeni di stampo mafioso ogni volta che, a mezzo di pronte misure espulsive, si determini volontariamente l’allontanamento e la sterilizzazione delle imprese in periculum di condizionamento malavitoso»(cfr ex multis,  TAR Napoli, Sez. I, 26 novembre 2012, n. 4815, Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 ottobre 2010 n. 7345; Consiglio di Stato, Sez. V, 12 ottobre 2010 n. 7407).

Nell’ambito del regime derogatorio al principio dell’immodificabilità soggettiva di cui al comma 9 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici sempre più rilievo assumono le ipotesi di modifiche dei raggruppamenti temporanei di imprese ai sensi dell’art. 186-bis della Legge Fallimentare e dell’art. 95 del Codice Antimafia.

4. Le modifiche soggettive di cui all’art. 51 del Codice dei Contratti Pubblici

Fermo restando quanto sopra, un’altra possibile ipotesi di modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese è quello disciplinato all’art. 51 del Codice dei Contratti Pubblici[6] ovvero in caso di cessione societaria, affitto d’azienda o di ramo d’azienda, trasformazione, fusione o scissione che riguardi una delle imprese raggruppate.

L’art. 51 citato trova applicazione in tutti i contratti pubblici e ricomprende tutte le ipotesi di modificazioni soggettive che possono intervenire con riferimento alla figura del candidato o concorrente singolo, associato o  consorziato sia con riferimento alla fase di gara (con un subentro nell’offerta) sia nella fase successiva di aggiudicazione o stipula del contratto (con un subentro nella posizione dell’aggiudicatario o del contraente).

Alla luce di quanto sopra, dunque, le modifiche soggettive possono riguardare anche i singoli componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese, pur essendo il subentro (come per gli altri casi indicati nel testo della norma) subordinato alla previa verifica in capo al soggetto subentrante del possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici, dei requisiti di ordine speciale di tipo economico-finanziario e tecnico-organizzativo ed eventualmente degli altri requisiti fissati dalle stazioni appaltanti ai sensi dell’art. 62 del Codice dei Contratti Pubblici.

Si osserva che qualora la vicenda riguardi una delle imprese mandanti, viene ammessa – in deroga all’art. 2258 c.c. ai sensi del quale è escluso il subentro automatico del cessionario nei contratti a carattere personale, quale il mandato collettivo alla base di un raggruppamento temporaneo di imprese – la sostituzione dell’impresa cessionaria.

Quanto sopra potrebbe non trovare applicazione nel caso di un subentro nella posizione dell’impresa mandataria, considerato l’intuitus personae che caratterizza la scelta dell’impresa mandataria da parte delle imprese mandanti con il conferimento del mandato di rappresentanza; tuttavia si ritiene che nell’ambito dei contratti pubblici possa trovare applicazione una deroga al predetto principio alla luce della prevalenza dell’elemento organizzativo su quello fiduciario nei rapporti fra mandataria e mandanti[7].

Un’altra ipotesi di modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese è quello disciplinato all’art. 51 del Codice dei Contratti Pubblici ovvero in caso di cessione societaria, affitto d’azienda o di ramo d’azienda, trasformazione, fusione o scissione che riguardi una delle imprese raggruppate


[1] Cosi, R. Greco in “Codice degli appalti pubblici” di R. Garofoli e G. Ferrari, 2013 (VI edizione)

[2] Comma 18 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici «In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall’appalto».

[3] Comma 19 dell’art. 37 del Codice dei Contratti Pubblici «In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire».

[4] Art. 186-bis comma 5 della Legge Fallimentare «5. Fermo quanto previsto dal comma precedente, l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al quarto comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento».

[5] Art. 186-bis comma 3 della Legge Fallimentare «Fermo quanto previsto nell’articolo 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L’ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all’articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d’azienda o di rami d’azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all’atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni».

[6] Art. 51 Codice dei Contratti Pubblici “Qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l’azienda o un ramo d’azienda,ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice”.

[7] Cosi, L. Fischione in “Art. 13. Riunione di concorrenti”, in A.A. “La legge quadro in materia di lavori pubblici”, Padova 2004

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Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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