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Secondo i principi alla base della disciplina della contrattualistica pubblica di regola, i nuovi affidamenti di lavori, servizi e forniture devono essere effettuati attraverso le procedure ad evidenza pubblica.
Per quanto riguarda, invece, i contratti già affidati la regola generale e che essi siano di norma immodificabili dal punto di vista dell’oggetto poiché si ritiene che all’esito della gara l’oggetto del contratto sia stato individuato in modo certo e definitivo al fine di soddisfare l’interesse pubblico sotteso.
Con riguardo ai lavori pubblici, tale principio vale tanto per l’appalto quanto per la concessione. Tuttavia, tanto per l’appalto come per la concessione, la stabilità del quadro iniziale non è sempre possibile ed, in effetti, correttivi o adeguamenti in corso d’opera possono apparire necessari per soddisfare al meglio l’interesse pubblico alla base dell’opera.
Circa i limiti in cui sono possibili variazioni dell’”oggetto” del contratto di opera pubblica già stipulato ed in corso di esecuzione, senza ricorrere ad un previo confronto concorrenziale, questi devono considerarsi di carattere eccezionale ed applicabili solo in casi tassativi.
La lunga durata che caratterizza il rapporto concessorio comporta spesso delle problematiche applicative dell’originario assetto contrattuale: nel caso della concessione dei lavori già il legislatore del D.Lgs. n. 163/2006 aveva previsto la deroga al principio dell’immutabilità dell’oggetto in 3 fattispecie:
- varianti in corso di esecuzione
- revisione dal piano economico e finanziario
- affidamento al concessionario di lavori complementari.
Il presente contributo si occuperà di analizzare la nuova disciplina dettata dal D.Lgs.n. 50/2016 con riferimento ai lavori e servizi “complementari”, al fine di stabilire se rispetto a quanto previsto nel D.Lgs. n. 163/2006 siano intervenute delle modifiche.
Le possibili variazioni dell’”oggetto” del contratto in corso di esecuzione, senza ricorrere ad un previo confronto concorrenziale, devono considerarsi di carattere eccezionale ed applicabili solo in casi tassativi.
1. La disciplina previgente[1]
Sotto la vigenza del D.Lgs. n. 163/2006, i “lavori e servizi complementari” nell’ambito di un appalto potevano essere affidati con procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando (ai sensi dell’art. 57) mentre nell’ambito di una concessione potevano essere affidati direttamente al concessionario (ai sensi dell’art. 147); in entrambi i casi, tenuto conto del fatto che tali previsioni costituivano di fatto una deroga al principio di concorrenza, il legislatore aveva indicato dei presupposti molto stringenti.
L’art. 57 del D.Lgs. n. 163/2006, in attuazione dell’art. 31 della direttiva 2004/18/CE, prevedeva la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata (comma 5, lett. a) per l’affidamento di «lavori o i servizi complementari, non compresi nel progetto iniziale né nel contratto iniziale, che a seguito di una circostanza imprevista, sono divenuti necessari all’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto iniziale, purché aggiudicati all’operatore economico che presta tale servizio o esegue tale opera, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a.1) tali lavori o servizi complementari non possono essere separati, sotto il profilo tecnico o economico, dal contratto iniziale, senza recare gravi inconvenienti alla stazione appaltante, ovvero pur essendo separabili dall’esecuzione del contratto iniziale, sono strettamente necessari al suo perfezionamento;
a.2) il valore complessivo stimato dei contratti aggiudicati per lavori o servizi complementari non supera il cinquanta per cento dell’importo del contratto iniziale».
Per quanto concerne le concessioni, in attuazione dell’art. 61[2] della direttiva 2004/18/CE, l’art. 147 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva l’affidamento diretto al concessionario, senza l’osservanza delle procedure ad evidenza pubblica previste dal medesimo codice, per «i lavori complementari che non figurano nel progetto inizialmente previsto della concessione né nel contratto iniziale e che sono divenuti necessari, a seguito di una circostanza imprevista, per l’esecuzione dell’opera quale ivi descritta, a condizione che l’affidamento avvenga a favore dell’operatore economico che esegue l’opera, nelle seguenti ipotesi:
(a) quando i lavori complementari non possono essere tecnicamente o economicamente separati dall’appalto iniziale senza gravi inconvenienti per la stazione appaltante, oppure
(b) quando i lavori, quantunque separabili dall’esecuzione dell’appalto iniziale, sono strettamente necessari al suo perfezionamento.
Data una concessione già aggiudicata e la sopravvenuta necessità dei lavori, i presupposti per l’applicazione della procedura erano condizioni alternative e non già cumulative (come si desume dalla disgiunzione “oppure”):
- l’inscindibilità tecnica dei lavori da affidare rispetto a quelli già aggiudicati al concessionario;
- l’inscindibilità economica dei lavori da affidare rispetto a quelli già aggiudicati al concessionario;
- lavori che, quantunque separabili dall’esecuzione dell’appalto iniziale, erano strettamente necessari al suo perfezionamento.
Proseguiva l’art. 147 al comma 2 specificando che «2. In ogni caso l’importo cumulato degli appalti aggiudicati per i lavori complementari non deve superare il cinquanta per cento dell’importo dell’opera iniziale oggetto della concessione».
Dunque, sotto la vigenza del D.Lgs. n. 163/2006 l’importo del 50% del valore dell’opera del contratto originario rappresentava un limite massimo entro il quale si potevano affidare al contraente originario lavori e servizi complementari.
Circa la nozione di “lavori complementari”, considerato il tenore della norma, tali erano quei lavori ulteriori e diversi rispetto a quelli oggetto della convenzione iniziale che da un punto di vista tecnico-realizzativo rappresentavano un’integrazione dell’opera principale connessi in modo inscindibile con essa, in modo da giustificarne l’affidamento e la relativa responsabilità costruttiva ad un unico esecutore.
Su tale presupposto, dunque, la mera suddivisione in stralci successivi dell’opera avrebbe legittimato l’affidamento diretto della stessa all’impresa aggiudicataria del primo lotto di lavori, con conseguente vanificazione del confronto concorrenziale nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica.
In termini generali la procedura per l’affidamento diretto al concessionario esistente dei lavori complementari non costituiva un obbligo a carico dell’amministrazione quanto una sua facoltà. Pertanto, la scelta dell’amministrazione, caratterizzata da ampia discrezionalità, doveva essere motivata e,pertanto, correttamente doveva ponderare gli interessi pubblici sottesi all’opzione di affidare i lavori complementari al concessionario esistente con gli interessi pubblici sottesi alla scelta di procedere con procedura aperta o ristretta. Di tale scelta l’amministrazione doveva darne conto nell’atto dell’affidamento aggiuntivo relativo agli lavori complementari indicando i motivi che avevano indotto l’affidamento dei lavori al concessionario in assenza di un confronto concorrenziale.
Sotto la vigenza del D.Lgs. n. 163/2006, i “lavori e servizi complementari” nell’ambito di una concessione potevano essere affidati direttamente al concessionario ai sensi dell’art. 147
2. La nuova disciplina
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016 la disciplina sulla esecuzione del contratto di concessione non aveva ricevuto un autonomo riconoscimento sulla base del principio secondo cui la fase esecutiva del contratto non rientra nella libera disponibilità delle parti.
Il quadro normativo appare mutato a seguito delle nuove direttive e dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016.
La direttiva 2014/23/UE in materia di concessioni riconosce, infatti, la possibilità che «Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono trovarsi ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato la concessione, in particolare quando l’esecuzione della concessione copre un periodo lungo. In questi casi è necessaria una certa flessibilità per adattare la concessione alle circostanze senza ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione» (cfr. considerando n. 76). La stessa direttiva ritiene inoltre che i soggetti concedenti «dovrebbero avere la possibilità di prevedere modifiche alla concessione per mezzo di clausole di revisione o di opzione, ma senza che tali clausole conferiscano loro una discrezionalità illimitata» (cfr. considerando n. 78).
È poi l’art. 34 della direttiva 2014/23/UE che chiarisce quali siano le ipotesi consentite di modifica dei contratti durante il periodo di validità.
Il legislatore nazionale con l’art. 175 del D.Lgs n. 50/2016 si è riportato quasi alla lettera al predetto art. 43 della direttiva 2014/23/UE. La disposizione presenta un’articolata serie di ipotesi in cui il contratto di concessione può essere modificato dalle parti senza che sia necessario il ricorso ad una nuova procedura di aggiudicazione.
Per gli appalti, in recepimento dell’art. 32 della direttiva 24/2014/UE,l’art. 63 del D.Lgs. n. 50/2016 (applicabile, per quanto compatibile, anche alle concessioni, secondo quanto disposto dall’art. 164, comma 2) è dedicato alle procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara: l’art. 63 citato, pur ricalcando in larga parte la disciplina contenuta nel previgente art. 57 del D.Lgs.n. 163/2006, non prevede più la possibilità di ricorrere a tale modalità di affidamento per i lavori e i servizi “complementari”.
Per i settori speciali, la corrispondente disposizione dell’art. 125 (in recepimento dell’art. 50 della direttiva 23/2014/UE), dispone in conformità al predetto art. 63.
Si rileva inoltre che il legislatore del D.Lgs. n. 50/2016 per le concessioni non ha riprodotto una previsione analoga a quella già contenuta nell’art. 147 del D.Lgs. n. 163/2006, in ordine alla possibilità di affidare direttamente al concessionario i lavori e i servizi “complementari”.
Tuttavia, per gli appalti il D.Lgs. n. 50/2016 prevede all’art. 106 (applicabile sia agli appalti nei settori ordinari sia agli appalti nei settori speciali, ai sensi del comma 1 della stessa disposizione normativa e all’art. 114, comma 8 del D.Lgs.n. 50/2016) che i contratti di appalto «possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: (…) b) per lavori, servizi o forniture, supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell’appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente produca entrambi i seguenti effetti, fatto salvo quanto previsto dal comma 7 per gli appalti nei settori ordinari:
1) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito dell’appalto iniziale;
2) comporti per l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi» (comma 1).
Dunque, la fattispecie dei c.d. lavori/servizi complementari, prevista nel D.Lgs. 163/2006 quale ipotesi per il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando, rappresenta ora uno dei casi in cui la stazione appaltante può procedere a modifiche del contratto in corso di esecuzione, purché sussistano le condizioni espressamente e tassativamente indicate nella norma.
Con previsioni analoghe, l’art. 175 del D.Lgs. n. 50/2016 (dettato in recepimento dell’art. 43 della direttiva 2014/23/UE ed applicabile anche ai settori speciali) disciplina il regime delle modifiche del contratto di concessione durante la sua vigenza, stabilendo che le predette concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione in diverse ipotesi indicate al comma 1:
«a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state espressamente previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili che fissino la portata, la natura delle eventuali modifiche, nonchè le condizioni alle quali possono essere impiegate. Tali clausole non possono apportare modifiche che alterino la natura generale della concessione. In ogni caso le medesime clausole non possono prevedere la proroga della durata della concessione;
b)per lavori o servizi supplementari da parte del concessionario originario che si sono resi necessari e non erano inclusi nella concessione iniziale, ove un cambiamento di concessionario risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito della concessione iniziale e comporti per la stazione appaltante un notevole ritardo o un significativo aggravio dei costi;
c) ove ricorrano, contestualmente, le seguenti condizioni:
1) la necessità di modifica derivi da circostanze che una stazione appaltante non ha potuto prevedere utilizzando l’ordinaria diligenza;
2) la modifica non alteri la natura generale della concessione;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze:
1) una clausola di revisione in conformità della lettera a);
2) al concessionario iniziale succeda, in via universale o particolare, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purchè ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione del presente codice, fatta salva l’autorizzazione del concedente, ove richiesta sulla base della regolamentazione di settore;
3) nel caso in cui la stazione appaltante si assuma gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori;
e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del comma 7».
Dunque, anche con riferimento al rapporto concessorio, i lavori e i servizi “complementari” rappresentano ora uno dei casi in cui la stazione appaltante può procedere a modifiche del contratto in corso di esecuzione.
Quanto ai presupposti per ricorrervi, sia l’art. 106 sia l’art. 175 fanno riferimento a lavori/servizi “supplementari”, specificando che ai fini del legittimo ricorso all’istituto in esame, occorre che gli stessi, non previsti nell’appalto iniziale, siano divenuti “necessari”, nel caso in cui un cambiamento del contraente produca gli effetti indicati nelle norme stesse, con riguardo all’impraticabilità della sostituzione del contraente originario per motivi economici o tecnici o a ritardi/aggravi/costi a carico della stazione appaltante.
In particolare si osserva che nell’ipotesi di cui all’art. 175, comma 1 lettera b) i requisiti per ricorrervi devono sussistere congiuntamente in ragione della presenza della congiunzione “e”: «ove un cambiamento di concessionario risulti impraticabile per motivi economici o tecnici … e comporti per la stazione appaltante un notevole ritardo o un significativo aggravio dei costi».
Si osserva inoltre che la nuova disciplina non fa più riferimento, come nel previgente art. 57, comma 5, lettera a) e art. 147 comma 1 del D.Lgs. n. 163/2006, a “circostanze impreviste”.
Con riferimento al presupposto economico, mentre per gli appalti l’art. 106 individua (al comma 7) per le modifiche consentite il tetto del 50% del valore del contratto iniziale, precisando che, in caso di più modifiche, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica, l’art. 175 per le concessioni stabilisce (al comma 2) per il contratto di concessione che suddetto limite del 50% sia riferito al “valore della concessione iniziale”.
A riguardo l’art. 147 del D.Lgs. n. 163/2006 individuava chiaramente, come visto, un limite del 50% dell’importo del contratto iniziale riferito ai “lavori”. Si osserva ancora che la rubrica dell’art. 61 della direttiva 2004/18/CE (“Aggiudicazione di lavori complementari al concessionario”) nonché la rubrica dello stesso art. 147 del D.Lgs. n. 163/2006 (“Affidamento al concessionario di lavori complementari”) recava il riferimento esplicito ai “lavori”. Pertanto è a tale categoria di attività (lavori e non anche servizi di gestione) che si ritiene si dovesse fare riferimento ai fini del predetto 50%.
Per quanto concerne l’art. 175 del D.Lgs. n. 50/2016, il comma 2 dello stesso dispone che «2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), per le concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II, l’eventuale aumento di valore, anche in presenza di modifiche successive, non può eccedere complessivamente il 50 per cento del valore della concessione iniziale, inteso come valore quale risultante a seguito dell’aggiudicazione delle opere o dei servizi o delle forniture oggetto di concessione. Le modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice».
Occorre porre in evidenza inoltre il contenuto del comma 4 dell’art. 175 secondo cui «4. Le concessioni possono essere modificate senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione, né di verificare se le condizioni di cui al comma 7, lettere da a) a d), sono rispettate se la modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti:
a) la soglia fissata all’articolo 35, comma 1, lettera a)[euro 5.225.000, ndr];
b) il 10 per cento del valore della concessione iniziale».
Tuttavia a tale riguardo il seguente comma 5 specifica che «5. La modifica di cui al comma 4 non può alterare la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche».
Anche con riferimento alla nuova disciplina, la procedura in questione non costituisce un obbligo a carico dell’amministrazione quanto una sua facoltà: la scelta amministrativa, essendo discrezionale, deve essere motivata e tal fine deve ponderare gli interessi pubblici sottesi all’opzione di affidare i lavori supplementari al concessionario esistente con gli interessi pubblici sottesi alla scelta di procedere con procedura concorsuale. Di tale scelta l’amministrazione deve darne conto nell’atto dell’affidamento aggiuntivo indicando i motiviche hanno indotto l’affidamento dei lavori al concessionario esistente in assenza di un confronto concorrenziale.
L’art. 175 del D.Lgs. n. 50/2016 prevede i lavori e i servizi “complementari” quali uno dei casi in cui la stazione appaltante può procedere a modifiche del contratto in corso di esecuzione.
3. Case study – Delibera ANAC n. 388 del 12 aprile 2017
L’ANAC nella recentissima Delibera n. 388 del 12 aprile 2017 si è occupata della questione sottoposta dal Comune di Firenze in relazione alla possibilità di affidare direttamente a Tram di Firenze s.p.a., attuale concessionario del sistema tramvia di Firenze costituito ai sensi dell’allora vigente art. 37 – quinquies Legge n. 109/94, la realizzazione della Linea 4 (tratta Leopolda-Le Piagge) e l’estensione della Linea 2 Aeroporto – Sesto Fiorentino (Polo Scientifico), quali lavori non previsti nella convenzione di concessione stipulata originariamente con la medesima società concessionaria.
A riguardo si rileva che in data 20 giugno 2005, il Comune di Firenze in qualità di concedente e il concessionario hanno stipulato, ai sensi dell’art. 37-bis della Legge n. 109/1994 una convenzione di concessione volta a regolare (i) la progettazione e realizzazione della Linea 2 e della Linea 3 (I Lotto) e (ii) la gestione e manutenzione di Linea 1, Linea 2 e Linea 3 (I Lotto) del sistema tranvia nell’area di Firenze e Scandicci, successivamente modificata, rispettivamente, in data 6 marzo 2007 e in data 17 aprile 2014 mediante il terzo atto aggiuntivo.
In particolare il Comune di Firenze ha sottoposto all’ANAC un quesito circa la possibilità di affidare al concessionario le attività relative alla progettazione, realizzazione e gestione della futura Linea 4 e dell’estensione della Linea 2 del sistema tranvia dell’area di Firenze e Scandicci mediante l’utilizzo di quota parte del finanziamento pubblico messo a diposizione dallo Stato Italiano a valere sulla legge 11 novembre 2014, n. 164 di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133.
Il Comune di Firenze ha pertanto chiesto all’ANAC di esprimere un parere“in ordine alla possibilità di affidare direttamente a Tram di Firenze S.p.A., attuale concessionario del sistema tramvia di Firenze, la Linea 4 (tratta Leopolda-Le Piagge) e l’estensione di Linea 2 Aeroporto – Sesto Fiorentino (Polo Scientifico)” rappresentando a tale riguardo che sarebbero sussistenti, nella fattispecie, i presupposti previsti dalla disciplina di settore per l’affidamento dei c.d. “lavori e servizi complementari” all’attuale concessionario ai sensi del D.Lgs. n. 163/2006.
L’ANAC, alla luce degli elementi forniti dal Comune di Firenze, svolge una considerazione preliminare in ordine alla normativa applicabile al momento di sottoscrizione degli atti aggiuntivi alla convenzione di concessione originaria.
In particolare, si legge nella delibera in commento «per costante orientamento dell’Autorità quando il rapporto concessorio necessita di essere integrato mediante stipula di atti aggiuntivi, agli stessi deve essere applicata la disciplina vigente al momento della loro sottoscrizione». Ad avviso dell’ANAC, infatti,occorre distinguere da una parte la convenzione di concessione originaria (che reca termini e condizioni del rapporto concessorio fra concedente e concessionario) e dall’altra gli eventuali “contratti specificativi ed applicativi di quanto previsto nella convenzione di concessione” ciò in ragione alla definizione del momento «nascita o meno di diritti soggettivi, nonché al loro consolidamento in capo al concessionario».
In ragione di ciò «Ne deriva, pertanto, che sulla base dei principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, i rapporti instauratisi nel regime previgente a quello attuale, continuano a produrre i loro effetti purché si tratti di rapporti definiti in tutti i loro elementi fondamentali, non suscettibili di ulteriori definizioni mediante atti successivi (cfr. AG3/2010 del 22 Luglio 2010, Deliberazioni n. 68 del 14 marzo 2001; n. 273 del 19 luglio 2001, n. 407 del 6 dicembre 2001; n. 351 dell’11 dicembre 2002; n. 29 del 17 febbraio 2004). Tenuto conto dell’indirizzo generale sopra illustrato, quanto alla possibilità di affidare all’attuale concessionario anche l’estensione della linea 2 e la realizzazione della linea 4 del sistema tranviario di Firenze, secondo quanto prospettato dall’Amministrazione richiedente, occorre riferirsi alla disciplina prevista nel d.lgs. 50/2016, dovendo tale ipotesi trovare eventuale attuazione mediante la stipula di atti aggiuntivi alla convenzione in corso di esecuzione (sottoscritta nel 2005)».
Alla luce del predetto principio, l’ANAC rileva che per fornire risposta al quesito sottopostole dal Comune di Firenze nell’attuale assetto normativo di settore occorre far riferimento all’art. 175 del D.Lgs. n. 50/2016.
Dopo aver svolto un’ampia analisi della normativa applicabile, l’ANAC giunge a considerare che «nell’ambito di un rapporto concessorio è prevista la possibilità per la SA di procedere ad una modifica della convenzione conclusa con il concessionario originario, senza una nuova procedura di aggiudicazione, per l’affidamento allo stesso dei lavori e dei servizi supplementari, non inclusi nella predetta convenzione.
Tale possibilità è tuttavia subordinata alla sussistenza dei presupposti tassativamente indicati dall’art. 175 del Codice; tra questi il rispetto del comma 7, il quale dispone che la modifica del rapporto concessorio non può alterare considerevolmente gli elementi essenziali del contratto, secondo le indicazioni di cui alle lettere da a) a d) della predetta disposizione».
Con esplicito riferimento al caso oggetto di richiesta di parere da parte del Comune di Firenze l’ANAC afferma che «… pertanto, l’Amministrazione istante è tenuta all’accertamento, adeguatamente motivato, dei presupposti legittimanti la modifica del contratto in corso di esecuzione con particolare riferimento alle seguenti circostanze:
- la SA è tenuta a valutare in concreto le reali esigenze sottese al ricorso all’istituto di cui all’art. 175 del Codice, ivi inclusa la “necessità” degli interventi e la sussistenza delle insuperabili interferenze derivanti da interconnesioni tecniche degli interventi, tali da non consentire l’affidamento degli stessi mediante appalti separati;
- la SA è chiamata ad accertare l’impraticabilità del cambiamento del concessionario per motivi economici o tecnici “quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito della concessione iniziale”;
- la SA è chiamata altresì a valutare se tale cambiamento comporti per la stessa un notevole ritardo o un significativo aggravio dei costi».
Considerata, inoltre, la portata del comma 7 dell’art. 175 del D.Lgs. n. 50/2016 secondo cui la modifica del rapporto concessorio non può alterare considerevolmente gli elementi essenziali del contratto, l’ANAC afferma ancora che la stazione appaltante deve «accertare mediante adeguata motivazione, se la modifica del rapporto concessorio si configuri come “sostanziale”, ossia se alteri considerevolmente gli elementi essenziali del contratto con riferimento ai seguenti aspetti:
a. se la modifica introduce condizioni che, ove originariamente previste, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella accettata, oppure avrebbero consentito una maggiore partecipazione alla procedura di aggiudicazione;
b. se la modifica altera l’equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale;
c. se la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione della concessione;
d. se un nuovo concessionario sostituisce quello cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione in casi diversi da quelli previsti al comma 1, lettera d)».
Come rileva l’ANAC, dunque, è solo all’esito dell’accertamento che deve svolgere la stazione appaltante che quest’ultima può procedere con l’eventuale affidamento diretto in favore del concessionario originario fermo restando che «deve avvenire alle stesse condizioni previste nella convenzione originaria (poiché diversamente si assisterebbe ad una rinegoziazione del contratto, non ammessa dalla disciplina di settore) e previo controllo del possesso, da parte del medesimo operatore, dei requisiti richiesti per l’esecuzione dei lavori/servizi de quibus».
[1]Si osserva in via preliminare che già la Legge n. 109/94 conteneva una disciplina per l’affidamento al concessionario dei lavori complementari in virtù del disposto di cui all’art. 2, comma 3, ultimo periodo il quale prevedeva che «E’ fatto divieto ai soggetti di cui al comma 2, lettera a), di procedere ad estensioni di lavori affidati in concessione al di fuori delle ipotesi previste dalla citata direttiva 93/37/CEE previo aggiornamento degli atti convenzionali sulla base di uno schema predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti».
Ed in particolare, la direttiva 93/37/CEE all’art. 7, comma 3, lettera d) prevedeva che «Le amministrazioni aggiudicatrici possono attribuire gli appalti di lavori mediante la procedura negoziata, senza pubblicazione preliminare di un bando di gara, nei casi seguenti:
[…]
d) per i lavori complementari che non figurano nel progetto inizialmente aggiudicato né nel primo contratto concluso e che sono divenuti necessari, a seguito di una circostanza imprevista, all’esecuzione dell’opera quale è ivi descritta, a condizione che siano attribuiti all’imprenditore che esegue tale opera:
– quando tali lavori non possono essere, tecnicamente o economicamente, separati dall’appalto principale senza gravi inconvenienti per le amministrazioni aggiudicatrici;
– oppure quando tali lavori, quantunque separabili dall’esecuzione dell’appalto iniziale, siano strettamente necessari al suo perfezionamento.
Tuttavia, I’importo cumulato degli appalti aggiudicati per i lavori complementari non deve superare il 50% dell’importo dell’appalto principale».
[2] Direttiva 2004/18/CE, art. 61: “La presente direttiva non si applica ai lavori complementari che non figurano nel progetto inizialmente previsto della concessione né nel contratto iniziale e che sono divenuti necessari, a seguito di una circostanza imprevista, per l’esecuzione dell’opera descritta, che l’amministrazione aggiudicatrice affida al concessionario, purché l’aggiudicatario sia l’operatore economico che esegue tale opera:
- qualora i lavori complementari non possano essere tecnicamente o economicamenteseparati dall’appalto iniziale senza gravi inconvenienti per le amministrazioni aggiudicatrici,
oppure
- qualora i lavori, quantunque separabili dall’esecuzione dell’appalto iniziale, siano strettamente necessari al suo perfezionamento.
Tuttavia l’importo cumulato degli appalti aggiudicati per i lavori complementari non deve superare il 50 % dell’importo dell’opera iniziale oggetto della concessione”.