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Ogni tanto, nel corso dell’anno, occorre soffermarsi un attimo sullo “stato dell’arte” di una specifica problematica e/o tematica, talvolta al fine di esplorare i nuovi approdi circa l’applicazione di “vecchi istituti”, talaltra per accorgerci che vecchie convinzioni assumono carattere innovativo. Provando quindi a guardare le pronunce di salienti per il 2020, si ritrovano alcuni aspetti salienti.

La tematica presa in considerazione è quella relativa all’espletamento delle procedure di gara attraverso M.E.P.A. e/o altre ed ulteriori piattaforme telematiche di negoziazione; ebbene, nell’ambito di questa disamina, un posto di viene occupato certamente da quanto ribadito da Agenzia delle Entrate attraverso il l’interpello n. 352 del 15/09/2020 in tema di imposta di bollo sui documenti di stipula, anche se unilateralmente firmato digitalmente dall’ente committente all’atto della generazione del documento stesso. Essa, richiamando la risoluzione n. 96/E del 16/12/2013, ha ribadito che:

  • il documento di stipula, benché firmato digitalmente solo dall’amministrazione, è sufficiente ad instaurare il rapporto contrattuale;
  • il contratto tra la P.A. ed un fornitore abilitato deve intendersi stipulato per scrittura privata;
  • lo scambio di documenti digitali tra i due soggetti concretizza una particolare procedura prevista per la stipula di detta scrittura privata.

L’Agenzia ritiene che i contratti stipulati tramite piattaforma elettronica sono soggetti all’imposta di bollo fin dall’origine nella misura di € 16,00 per ogni foglio ai sensi dell’art. 2 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.p.r. n. 642/1972. Tra l’altro, l’Agenzia delle Entrate richiamando l’art. 24 della Tariffa, rammenta altresì che l’imposta è dovuta si dall’origine se per gli atti e documenti è richiesta dal codice civile a pena di nullità la forma scritta. Conseguentemente, poiché il contratto di affidamento richiede la forma scritta e la modalità informatica deve considerarsi equiparata a quest’ultima, è confermata la necessità del pagamento.

Passando alla Giurisprudenza sul tema M.E.P.A. e piattaforme telematiche di negoziazione, interessanti spunti si ritraggono sia dai Tribunali Amministrativi, sia dal Consiglio di Stato, in particolare:

Consiglio di Stato n. 4811 del 29 luglio 2020 in materia di ripercussione in capo all’operatore economico del rischio di mal funzionamento della piattaforma di gara; ribadito il principio di sussistenza di valide ragioni per fare applicazione,  dell’orientamento interpretativo, di recente ribadito anche da questa sezione, secondo il quale “..non può essere escluso dalla gara un concorrente che abbia curato il caricamento della documentazione di gara sulla piattaforma telematica entro l’orario fissato per tale operazione, ma non è riuscito a finalizzare l’invio a causa di un malfunzionamento del sistema, imputabile al gestore” (Cons. Stato, sez. V, n. 7922/2019 e Cons. Stato, sez. III, n. 86/2020). Vigente pertanto un principio che sempre più si consolida in base al quale “se rimane impossibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore da parte del trasmittente o, piuttosto, la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito la gara (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 25 gennaio 2013, n. 481)” (Cons. Stato, sez. III, n. 86/2020).

In linea con quanto qui espresso si veda altresì TAR Bari n. 835 del 10 giugno 2020; nonché TAR Bari n. 461 del 03 aprile 2020.

Ancora. Interessante il principio espresso altresì dal Consiglio di Stato n. 4795 del 28 luglio 2020, laddove nonostante il principio della auto responsabilità e diligenza professionale dei concorrenti in sede di partecipazione alla gara, non si esclude né si esime il concorrente di dotarsi di personale munito di adeguate conoscenze informatiche e, perciò, in grado di comprendere il significato del concetto in questione e di curare gli adempimenti descritti dal disciplinare telematico di gara.

Interessantissima anche la pronuncia del Consiglio di Stato n. 4031 del 24 giugno 2020, con la quale richiamandosi altresì la giurisprudenza vigente (Cons. Stato, V, 21 novembre 2017, n. 5388), con affermazioni rese in un diverso contesto censorio ma che, attenendo alle caratteristiche generali delle gare telematiche, si rendono applicabili anche alla fattispecie in esame, ha osservato che le modalità telematiche, per loro natura, “consentono di poter tracciare attraverso i ‘log di sistema’, ovvero ogni singolo e specifico momento procedimentale, così da escludere ogni ipotesi di manomissione, sul presupposto che, ove pure si verificasse, risulterebbe tracciato e riscontrabile nel predetto sistema di crittografia a codici elettronici, senza possibilità che esistano operazioni non registrate a sistema”. Ne ha dedotto che “la gestione telematica della gara offre il vantaggio di una maggiore sicurezza nella ‘conservazione’ dell’integrità delle offerte in quanto permette automaticamente l’apertura delle buste in esito alla conclusione della fase precedente e garantisce l’immodificabilità delle stesse, nonché la tracciabilità di ogni operazione compiuta; inoltre, nessuno degli addetti alla gestione della gara potrà accedere ai documenti dei partecipanti, fino alla data e all’ora di seduta della gara, specificata in fase di creazione della procedura. Le stesse caratteristiche della gara telematica escludono in radice ed oggettivamente la possibilità di modifica delle offerte (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 25 novembre 2016, n. 4990)”, in quanto “le fasi di gara seguono una successione temporale che offre garanzia di corretta partecipazione, inviolabilità e segretezza delle offerte e i sistemi provvedono alla verifica della validità dei certificati e della data e ora di marcatura; l’affidabilità degli algoritmi di firma digitale e marca temporale garantiscono la sicurezza della fase di invio/ricezione delle offerte in busta chiusa”.

E’ stato anche chiarito, in riferimento alla marcatura temporale, che “nel caso delle gare telematiche, la conservazione dell’offerta è affidata allo stesso concorrente, che la custodisce all’interno della memoria del proprio personal computer nella fase che intercorre tra il termine di presentazione e la procedura di upload. La identità del numero seriale della marcatura temporale inserita all’atto della presentazione dell’offerta e quella apposta sull’offerta nella fase di upload costituisce un adempimento essenziale al fine di garantire che l’offerta non sia stata modificata o sostituita in data successiva al termine ultimo perentorio di presentazione delle offerte” (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2016, n. 4050). In virtù di ciò, non si consente l’esercizio del soccorso istruttorio.

Invece sul tema dell’apertura in seduta riservata delle buste tecniche, si richiama TAR Napoli n. 957 del 02 marzo 2020 (sulla stessa linea apertura buste tecniche in riservata si veda TAR Emilia Romagna Bologna n. 863 del 15.11.2018), in base al quale, va condiviso l’orientamento secondo cui “il principio di pubblicità delle sedute deve essere rapportato non ai canoni storici che hanno guidato l’applicazione dello stesso, quanto piuttosto alle peculiarità e specificità che l’evoluzione tecnologica ha consentito di mettere a disposizione delle procedure di gara telematiche, in ragione del fatto che la piattaforma elettronica che ha supportato le varie fasi di gara assicura l’intangibilità del contenuto delle offerte (indipendentemente dalla presenza o meno del pubblico) posto che ogni operazione compiuta risulta essere ritualmente tracciata dal sistema elettronico senza possibilità di alterazioni. A tale orientamento del giudice d’appello si è allineata anche la giurisprudenza di primo grado che ha ritenuto che “nell’ambito delle procedure telematiche di evidenza pubblica, non sono necessarie sedute pubbliche per l’apertura delle offerte, come confermato dall’art. 58, d.lgs. n. 50 del 2016, che non ha codificato, in relazione alle procedure gestite in forma telematica, alcuna fase pubblica” (T.A.R. Veneto, Sezione III 13 marzo 2018; n. 307; T.A.R. Puglia Bari , Sezione III 2 novembre 2017 , n. 1112; T.A.R. Sardegna,  Sezione I 29 maggio 2017 n. 365).

Espressione di un orientamento ormai consolidato, è quanto riviene dal TAR Roma n. 1852 del 11 febbraio 2020 in tema di principio di rotazione, si ha che: “… occorre anche rilevare che la gara in oggetto possa essere in tutto equiparata ad una procedura aperta poiché la stazione appaltante non ha posto limiti alla partecipazione agli operatori economici (come risulta dalla determina a contrarre ed avviso di gara … che al punto n. 5 stabiliva inequivocabilmente: “di consentire la partecipazione alla gara a tutti gli operatori economici” abilitati al MePA)”. In senso contrario si veda TAR Lecce n. 1412 del 02 ottobre 2018.

Sempre sul principio di rotazione, si veda Consiglio di Stato n. 875 del 04 febbraio 2020 (in linea altre Cons. di Stato n. 7539 del 05.11.2019; TAR Cagliari n. 8 del 02.01.2020; TAR Cagliari n. 891 del 17.12.2019), ove si prevede l’esclusione dello stesso laddove il nuovo affidamento avvenga, come nel caso di specie, tramite procedure nelle quali la stazione appaltante non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione (v. §18 della sentenza n. 527/2019). Il principio è stato di recente confermato da questo Consiglio (sez. V, 5 novembre 2019 n. 7539) sul rilievo che anche “alla stregua delle Linee guida n. 4 A.N.A.C., nella versione adottata con delibera 1 marzo 2018 n. 206 (v. in part. il punto 3.6), deve ritenersi che il principio di rotazione sia inapplicabile nel caso in cui la stazione appaltante decida di selezionare l’operatore economico mediante una procedura aperta, che non preveda una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti”.

Merita osservazione anche il TAR Torino n. 99 del 04 febbraio 2020, in tema di marcatura temporale ove si segnala che il processo di creazione e apposizione di una marca temporale su un documento informatico, digitale o elettronico, processo che avviene con la generazione, da parte di una terza parte fidata (il Certificatore accreditato), di una firma digitale del documento a cui è associata l’informazione relativa a una data e a un’ora certa. L’apposizione della marca temporale consente quindi di stabilire l’esistenza di un documento informatico a partire da un certo istante e di garantirne la validità nel tempo. In buona sostanza, si tratta di una procedura che – per paragonarla a una procedura analogica – consente di attribuire un numero di protocollo univoco a un’offerta sigillata in busta chiusa e custodita dall’offerente, al fine di avere garanzia che l’offerta successivamente prodotta sarà proprio la medesima a suo tempo protocollata ed esistente e che non abbia subito alcuna modifica.

Ammettere la legittima proposizione di un’offerta economica caricata senza che vi sia corrispondenza tra il numero seriale effettivo della marca temporale e quello a suo tempo precedentemente indicato nella domanda equivarrebbe ad ammettere la possibilità che un operatore economico predisponga, a seconda della propria convenienza, una serie di offerte economiche, firmando ciascuna e apponendovi una marca temporale (senza però riportare l’esatto codice di alcuna di esse nel sistema) e infine, al momento dell’upload, carichi a sistema quella che più gli conviene/aggrada.

Per quanto si è sopra chiarito, correttamente il disciplinare ha previsto l’esclusione a fronte dell’omessa o erronea indicazione della marca temporale, giacché la radicalità del vizio dell’offerta (nemmeno univocamente identificabile) non avrebbe consentito alcun soccorso istruttorio. La previsione contestata del Disciplinare telematico è dunque legittima, alla luce del principio della parità tra i concorrenti e del principio di autoresponsabilità dei medesimi, per il quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2016, n. 4645; id., 15 febbraio 2016, n. 627).

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Redazione MediAppalti
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