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( votes)Utile è, periodicamente, soffermarsi e voltarsi un pò indietro per riordinare le idee e talvolta rispolverare concetti utili che ci si ritrova ad applicare nel quotidiano dell’attività, ma che per qualche ragione, talvolta dimentichiamo, forse perché travolti dalla miriade di informazioni che fisiologicamente interiorizziamo consciamente o inconsciamente e che si sovrappongono al pregresso.[1]
Perciò sul terreno impervio dell’articolo 80 e su quello ancor più accidentato del comma 5, laddove ci si imbatte in due ordini di problemi: gli obblighi dichiarativi da parte dei concorrenti e gli oneri valutativi e motivazionali della stazione appaltante che è chiamata a non essere sostanzialmente “superficiale” né meccanica o schematica nella disamina delle singole posizioni; potendo ricorrere all’utilizzo di veri e propri indici sintomatici identificati dalla Giurisprudenza per consentire di riempire di senso tangibile, fattispecie che potrebbero prestarsi ad “ampia e sregolata” interpretazione. Non dimentichiamo che “passeggiando” lungo le previsioni del comma 5, ci imbattiamo in fattispecie talvolta definite in modo assolutamente completo e rigido, tali quindi da non consentire alcun margine di movimento in sede di valutazione della documentazione e delle dichiarazioni (pensiamo a solo titolo esemplificativo alle lettera b), e), h)); talaltra siamo difronte a concetti che hanno bisogno di essere riempiti di contenuti fattuali, documentali e motivazionali[2] perché poi sfociano in atti amministrativi rilevanti per le posizioni soggettivi dei singoli operatori (si pensi a titolo esemplificativo ai concetti di grave illecito professionale incidente sulla integrità o affidabilità, di grave infrazione, di significativa e persistente carenza), concetti che hanno bisogno di essere perimetrali e sui quali la Giurisprudenza sovente è intervenuta e interviene.
Ed è proprio su questi ultimi concetti appena richiamati e riguardanti l’affidabilità stessa del soggetto, che ci si sofferma oggi.
Interessante in questo senso la pronuncia e la ricostruzione in essa operata dal Consiglio di Stato, sez. V, 24.03.2022 n. 2154, il quale ha posto in risalto come l’apprezzamento circa l’affidabilità del singolo operatore economico nell’ambito delle gare pubbliche sia rimessa – al di fuori dei casi di esclusione automatica previsti dalla legge – alla valutazione discrezionale dell’amministrazione (inter multis, cfr. Cons. Stato, V, 15 dicembre 2021, n. 8360; CGA, 11 ottobre 2021, n. 842; Cons. Stato, III, 7 dicembre 2020, n. 7730; cfr. anche Id., Ad plen., 28 agosto 2020, n. 16; V, 12 aprile 2019, n. 2407; 6 aprile 2020, n. 2260; 12 marzo 2020, n. 1762), principio che vale anche in relazione alla fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter), d.lgs. n. 50 del 2016 qui in rilievo, per la quale è chiaramente rimessa dalla legge alla stazione appaltante – tra l’altro – una valutazione di «gravità», e dunque di attitudine escludente del fatto rilevato (cfr. Cons. Stato, n. 7730 del 2020 cit.; cfr. anche espressamente, in correlazione ai profili informativi, Cons. Stato, Ad. plen., n. 16 del 2020, cit., in cui si pone in risalto che “E’ […] indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c) [ed ora articolate nelle lettere c-bis), c-ter) e c-quater), per effetto delle modifiche da ultimo introdotte [dal] decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 – Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici; convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55]”).
A tale proposito, s’è chiarito anche – con riguardo in particolare ai pregiudizi di natura penale – che l’indagine cui la stazione appaltante è chiamata non può arrestarsi, per poter scartare la rilevanza escludente dell’illecito, alla constatazione dell’assenza di una sentenza di condanna o comunque alle valutazioni espresse in sede penale[3], ma deve spingersi ad un apprezzamento autonomo dei fatti (cfr. Cons. Stato, V, 8 gennaio 2021, n. 307: “ai fini della valutazione dell’affidabilità e integrità dell’impresa il giudizio dell’amministrazione non può che investire il fatto in sé, in tutti i suoi profili sostanziali, e non la sola valutazione e il trattamento datogli in sede penale; d’altro canto, l’apprezzamento del medesimo fatto in sede penale e da parte dell’amministrazione ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 è ben distinto, proprio perché diverse sono le finalità istituzionali della valutazione e gli inerenti parametri normativi”; in generale, in relazione all’apprezzamento del fatto a fini escludenti cfr., inter multis, Cons. Stato, III, 11 agosto 2021, n. 5852; V, 9 gennaio 2020, n. 158; n. 2260 del 2020, cit.; 17 settembre 2018, n. 5424).
Ciò anche considerato che, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la mera contestazione giudiziale non vale a precludere o superare l’attitudine escludente di un pregresso illecito (cfr. Corte di giustizia, 19 giugno 2019, causa C-41/18, in cui si afferma che “l’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”).
Dal che si desume, in termini generali, “da un lato, che non occorre un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente per poterne trarre ragioni d’inaffidabilità o non integrità giustificanti la sua esclusione; dall’altro – al contempo – che l’amministrazione è investita d’un autonomo e distinto apprezzamento in funzione dell’adozione dei provvedimenti d’ammissione ed esclusione dalla gara (cfr., oggi, l’art. 80, comma 10-bis, ultimo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016)” (Cons. Stato, n. 307 del 2021, cit.).
Quanto suesposto ben vale, con i dovuti adattamenti e declinazioni, per le ipotesi di risoluzione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter), d.lgs. n. 50 del 2016, per le quali – come è evidente dal tenore della disposizione – occorre un apprezzamento diretto dalla stazione appaltante sul piano della gravità, oltreché della collocazione temporale del fatto.
Nelle valutazioni discrezionali demandate alla stazione appaltante ai fini dell’esclusione facoltativa dell’operatore economico, essa “deve ovviamente considerare i fatti emergenti dall’indagine penale” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 gennaio 2022, n. 164), a fortiori laddove si tratti – come nella fattispecie vagliata dal TAR Lombardia – di reati “ostativi” ex art. 80, comma 1, d.lgs. 50/2016: in siffatte ipotesi, “seppure la condotta di cui trattasi non sia stata ancora sanzionata con sentenza definitiva, si ritiene opportuno mettere al riparo l’interesse pubblico dal pericolo manifestato” da tali gravi reati (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2021, n. 3165).
Nel suo agire, il contraente pubblico, non può essere obbligata a contrarre con soggetti che ritiene inaffidabili, “quand’anche l’illecito non sia stato accertato definitivamente in giudizio[4] (come si può desumere anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 19 giugno 2019, in causa C-41/18, Meca), ma sussistano e siano valutati elementi tali da «provocare la rottura del rapporto di fiducia con l’operatore economico» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-267/18, D.A.C. SA e con essa si veda anche Corte Cost., 27 luglio 2020, n. 168).
Fermo ciò, “l’operatore economico” per propria parte, avrà l’onere di dimostrare la propria dissociazione dalle condotte penalmente sanzionabili onde favorire la valutazione positiva della stazione appaltante (in tal senso si vada Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2021, n. 8744; TAR Lazio – Roma, sez. I, 18 giugno 2021, n. 7300)[5].
Una interessante pronuncia è anche quella a firma del TAR Perugia, 26.05.2022 n. 339, la quale evidenzia che: “Come recentemente chiarito dalla Giurisprudenza, per integrare un illecito professionale rilevante al fine dell’esclusione da una procedura di gara, “da un lato occorre che il comportamento pregresso assuma la qualificazione oggettiva di comportamento in grado d’incrinare l’affidabilità e integrità dell’operatore nei rapporti con l’amministrazione (…) dall’altro, il fatto così qualificato va messo in relazione con il contratto oggetto dell’affidamento, così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione d’inaffidabilità e assenza d’integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, n. 307/2021).” Nel caso di specie trattato dai giudici di prime cure, si evidenziava che la controversia tra parti private non riguardava prodotti offerti in sede di gara ed era pertanto inidonea ad incidere sull’affidabilità morale e professionale della società aggiudicataria al fine di configurare un grave illecito professionale, incidente sulla veridicità di quanto dichiarato dalla società nella domanda di partecipazione.
Tutto ciò inevitabilmente sposta l’attenzione sul momento dichiarativo della procedura di gara, su quanto l’operatore concorrente ha l’onere di asseverare o meno in sede di predisposizione della documentazione amministrativa e conseguentemente si intreccia con i profili sanzionatori propri della disciplina codicistica come previsti al comma 12 dell’art. 80 del Codice. A tal fine si precisa che l’omessa dichiarazione in gara di un precedente penale astrattamente rilevante quale “grave illecito professionale” non legittima tra l’altro l’applicazione, da parte dell’ANAC, della sanzione interdittiva e pecuniaria di cui al predetto art. 80, comma 12 del D.Lgs. n. 50/2016.
Infatti, l’omissione dichiarativa, anche se riferita ad obblighi predeterminati dalla normativa di gara, non è equiparabile alla “falsa dichiarazione” richiesta tassativamente dal menzionato art. 80 comma 12 del Codice dei contratti pubblici per poter legittimare l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’ANAC, annullando la delibera impugnata e la conseguente annotazione sul Casellario[6].
In termini di gravi illeciti professionali, merita attenzione anche la recente pronuncia del TAR Puglia Lecce, Sez. I, 05.04.2022, n. 552 il quale evidenzia che in termini di indici sintomatici, “il sequestro preventivo non può ricomprendersi tra le cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), che ricomprende situazioni oggetto di valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, se sussumibili nella categoria di “gravi illeciti professionali”, tali da rendere dubbia la (sua) integrità o affidabilità dell’operatore economico.”
In tema di “errore professionale grave”, merita invece una considerazione tutta propria, la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, 22 aprile 2022, n. 3107, la quale precisa che ai fini dell’eventuale esclusione discrezionale dalla gara per errore professionale grave ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del decreto legislativo n. 50 del 2016, va intesa qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale contraria a un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo (così Cons. Stato, sez. III, 4 marzo 2020, n. 1603; nonché Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6529; Cons. Stato, sez. III 5 settembre 2017, n. 4192).
In questa direzione l’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti costituisce “norma di chiusura”, ossia una clausola residuale in cui può essere fatta rientrare qualsiasi violazione tale da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente (così T.A.R. Lazio, sez. II, 9 dicembre 2020, n. 13237; Cons. Stato, sez. III, 4 marzo 2020, n. 1603).
Tra queste “violazioni” rientrano pertanto anche i reati diversi da quelli di cui all’art. 80, comma 1, nonché quelli pur riconducibili a siffatto elenco (art. 80, comma 1) ma per i quali non è ancora intervenuta sentenza definitiva di condanna. In questa stessa direzione possono essere prese in considerazione non solo le condanne non definitive ma anche altri accertamenti ed elementi di prova quali rinvii a giudizio oppure misure restrittive della libertà personale o patrimoniale.
Come si è già detto, del resto, l’art. 80, comma 5, lettera c), costituisce norma di chiusura e in quanto tale, introducendo una eccezionale deroga al principio di tassatività delle clausole di esclusione, comporta che sulla Stazione appaltante gravi “uno specifico onere di allegazione e probatorio in merito alla rilevanza di tali fatti, che giustifichi l’esclusione dell’impresa dalla gara”. Di qui ancora la sussistenza di “oneri procedimentali rafforzati in termini sia probatori sia motivazionali” (così ancora T.A.R. Lazio, sez. II, 9 dicembre 2020, n. 13237, cit.).
È ovvio che l’indagine appena espletata non pretende di essere esaustiva né completa, essa va periodicamente aggiornata ed integrata, raffinata ed allargata, così da consentire un maggior rafforzamento dei margini entro cui consentire movimento e valutazione alle stazioni appaltanti.
[1] “Siamo ciò che siamo per le cose che impariamo e per quelle che ricordiamo” (cit. neuro scienziato e premio Nobel Eric Kandel) https://www.basf.com/it/it/who-we-are/core-topics-old/creating-chemistry-magazine1/special-150-years/the-nature-of-memory.html
[2] Sul tema dell’onere motivazionale nei provvedimenti di ammissione ed esclusione si rammenta che costituisce regola generale quella secondo cui la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850; VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236; V, 30 giugno 2011, n. 3924; III, 11 marzo 2011, n.1583; VI, 24 giugno 2010, n. 4019; Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 2001/2021; T.A.R. Campania, Napoli sez. V, 07/04/2021, n.2294; Tar Toscana, sent. n. 291/2022). Né è rilevante il fatto che la causa espulsiva non sia stata citata poiché, altrimenti, si dovrebbe immaginare di costruire un provvedimento di ammissione in cui, rispetto ad ogni singola ipotesi astrattamente prevista dal legislatore, l’amministrazione ne esamini e ne consideri la relativa insussistenza, in palese contrasto con il principio di speditezza dell’azione amministrativa (Cons. Stato, sez. n. V, n. 5499/2018).
Per giurisprudenza costante, dunque, la stazione appaltante che non ritenga i precedenti dichiarati dal concorrente incisivi della sua moralità professionale, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità delle relative circostanze risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa; è la valutazione di gravità, semmai, che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale, con la conseguenza che la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, sez. V, n. 2580/2020; sez. VI, 6 dicembre 2021, n. 8081; n. 3198/2016; C.G.A.R.S., n. 53/2015; Cons. Stato, sez. VI, n. 2622/2014; sez. III, n. 6236/2013; sez. V, n. 3924/2011; sez. III, n. 1583/2011; sez. VI, n. 4019/2010).
La carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente, pertanto, non può di per sé implicare un difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla rilevanza delle circostanze dichiarate dal concorrente, né determina un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui è comunque garantita la possibilità di far valere le proprie ragioni avverso l’ammissione (da ultimo, TAR Milano, 24.03.2022 n. 668).
[3] Ricordo a me stesso che un procedimento penale è pendente già con l’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro. Un orientamento Giurisprudenziale riconosce alla stazione appaltante la facoltà di escludere un concorrente per ritenuti “gravi illeciti professionali”, a prescindere dalla definitività degli accertamenti [ivi] compiuti”, risultando a tal fine sufficiente anche il semplice “avvio di indagini penali” (cfr. TAR Lombardia – Milano, sez. I, 29 aprile 2021, n. 1069; in termini analoghi cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307; TAR Marche – Ancona, sez. I, 12 febbraio 2021, n. 125; TAR Campania – Napoli, sez. VII, 15 febbraio 2021, n. 978).
Merita sul punto ricordare che allorquando un’impresa sia esclusa dalla gara d’appalto per grave illecito professionale derivante dalla condanna del suo titolare con sentenza penale non definitiva, in assenza di una specifica disposizione normativa (riferendosi i commi 10 e 10-bis dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 alla sentenza penale definitiva ovvero alla esclusione disposta con provvedimento amministrativo), è direttamente applicabile l’art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, con la conseguenza che la causa di esclusione non può essere fatta valere se sono decorsi tre anni dal fatto che ha originato la condanna non definitiva.
L’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 non stabilisce alcunché in ordine all’efficacia temporale della causa di esclusione, laddove il fatto valutabile come illecito professionale, ai sensi del comma 5, lett. c), derivi da una sentenza penale non definitiva.
I commi 10 e 10-bis dell’art. 80, infatti, si occupano della durata dell’esclusione, nell’ipotesi in cui essa si tragga dalla sentenza penale di condanna definitiva, che non fissi la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (commi 10 e 10-bis, primo periodo), ovvero nel caso di adozione di un provvedimento amministrativo di esclusione (con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza, ove contestato in giudizio: comma 10-bis, secondo periodo).
Allorquando invece venga in rilievo un fatto che, come nella specie, sia valutato quale illecito professionale in base a una sentenza penale di condanna non definitiva, occorre rifarsi alla “norma di cui all’art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, il quale ha previsto, in termini generali, che il periodo di esclusione per i motivi di cui al paragrafo 4 (all’interno del quale rientrano sia la causa di esclusione per gravi illeciti professionali [lett. c)], sia quella delle «false dichiarazioni […] richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione» [lett. h)]) non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione»)” (di recente, Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2022 n. 575).
[4] Interessante sul punto quanto sostenuto dal Consiglio di Stato, sez. III, 3 maggio 2022, n. 3442, il quale ha chiarito anche – con riguardo in particolare ai pregiudizi di natura penale – che l’indagine della stazione appaltante si incentra su un apprezzamento autonomo dei fatti, tenuto conto del contesto temporale.
Dal che si desume, in termini generali, da un lato, che se non occorre certamente un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente per poterne trarre ragioni d’inaffidabilità o non integrità giustificanti la sua esclusione; dall’altro – al contempo – che l’amministrazione è investita d’un autonomo e distinto apprezzamento in funzione dell’adozione dei provvedimenti d’ammissione ed esclusione dalla gara.
[5] Interessanti anche le implicazioni che si aprono sul punto, qualora, in relazione alla natura giuridica dell’operatore economico e alla composizione dell’organigramma operativo dello stesso, sussistano altresì rapporti di parentela tra i diversi soggetti fisici componenti la struttura amministrativa dell’operatore economico. Sul punto il Consiglio di Stato ha previsto la possibilità che i legami di parentela con i soggetti apicali di una società siano configurabili “come circostanze neutre e irrilevanti ai fini del giudizio di affidabilità della contraente” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 2022, n. 768). Tale orientamento si contrappone ad altro che in presenza di legami di parentela, si presuppone una unicità del centro di interessi e pertanto, osterebbe alla dimostrazione della effettiva dissociazione della società dalle condotte criminali ascritte (TAR Toscana – Firenze, sez. II, 19 gennaio 2021, n. 77; TAR Campania – Napoli, sez. I, 8 febbraio 2021, nn. 799 e 800; TAR Emilia-Romagna – Bologna, sez. I, 18 gennaio 2021, n. 35).
[6] Sulle modalità di comunicazione tra stazioni appaltanti e ANAC per la tenuta e aggiornamento delle sezioni del casellario informatico. Comunicato ANAC del 30 marzo 2022 – https://www.anticorruzione.it/-/comunicato-del-presidente-del-30-marzo-2022.
Sul punto si propone la sentenza del Tar Lazio-Roma, Sez. I, 26 aprile 2022, n. 4994 – Deve osservarsi (…) che, in linea generale, sussiste un potere dell’ANAC di disporre l’iscrizione nel casellario informatico delle notizie “utili” e che tale potere è esercitato – ed esercitabile – senza soluzione di continuità, sia nella vigenza che dopo l’abrogazione dell’art. 8, comma 2, lett. dd), del d.p.r. n. 207/2010, che prevedeva l’iscrizione “di tutte le altre notizie riguardanti le imprese che, anche indipendentemente dall’esecuzione dei lavori, sono dall’Autorità ritenute utili ai fini della tenuta del casellario”, in quanto tale attività è funzionale al compito assegnato all’Autorità di supportare, attraverso la facilitazione dello scambio di informazioni, le stazioni appaltanti (TAR Lazio, Roma, Sez. I, 28.12.2018, n. 12606, confermata sul punto dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 1318 del 21.2.2020).
Dalla lettura complessiva delle norme di cui al d.lgs. n. 50/2016, infatti, si evince la chiara volontà del legislatore di realizzare un sistema di controlli e vigilanza sulle procedure di affidamento fondato anche sull’utilizzo di plurimi dati (quali la banca dati nazionale dei contratti pubblici, l’Osservatorio e il Casellario informatico), per la cui alimentazione non può prescindersi dalla pubblicazione delle c.d. “notizie utili”.
L’annotazione, pertanto, costituisce atto a contenuto meramente informativo, che trova piena giustificazione nella funzione surriferita di acquisire e pubblicare ogni notizia ritenuta utile a fini di trasparenza e di corretta conduzione delle procedure a evidenza pubblica (TAR Lazio, Sez. I, 31.3.2020, n. 3730; 13.12.18, n. 12155).
Ciò è tanto più vero nel caso di specie, in cui l’annotazione disposta dall’ANAC ha ad oggetto un provvedimento di risoluzione contrattuale dipendente da un segnalato inadempimento dell’aggiudicatario.
I provvedimenti di risoluzione contrattuale, infatti, sono chiaramente rilevanti in termini di errore professionale escludente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), c-ter), c-quater) d.lgs. n. 50/2016: trattasi, quindi, di provvedimenti riconducibili a quelli per i quali lo stesso legislatore ha ritenuto sussistere l’interesse all’annotazione nel Casellario come “notizia utile”.
Infine va sottolineato che non compete all’ANAC valutare l’intrinseca legittimità dei provvedimenti adottati dalle stazioni appaltanti, oggetto di segnalazione ed annotazione: all’Autorità spetta, semmai, la verifica circa l’effettiva esistenza di simili provvedimenti e proprio a tale scopo deve essere instaurato il contraddittorio con l’operatore economico, che se del caso può far rilevare l’inesistenza dei provvedimenti segnalati o la di loro successiva revoca o annullamento. La legittimità di tali provvedimenti, peraltro, può essere contestata dall’operatore economico solo nelle competenti sedi, e correlativamente non può ritenersi consentito all’ANAC sovrapporre una propria valutazione, poiché un simile sistema comprometterebbe la certezza delle situazioni giuridiche, consentendo che una medesima situazione possa essere valutata differentemente da diverse Autorità ed a diversi fini.
[1] “Siamo ciò che siamo per le cose che impariamo e per quelle che ricordiamo” (cit. neuro scienziato e premio Nobel Eric Kandel) https://www.basf.com/it/it/who-we-are/core-topics-old/creating-chemistry-magazine1/special-150-years/the-nature-of-memory.html
[1] Sul tema dell’onere motivazionale nei provvedimenti di ammissione ed esclusione si rammenta che costituisce regola generale quella secondo cui la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850; VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236; V, 30 giugno 2011, n. 3924; III, 11 marzo 2011, n.1583; VI, 24 giugno 2010, n. 4019; Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 2001/2021; T.A.R. Campania, Napoli sez. V, 07/04/2021, n.2294; Tar Toscana, sent. n. 291/2022). Né è rilevante il fatto che la causa espulsiva non sia stata citata poiché, altrimenti, si dovrebbe immaginare di costruire un provvedimento di ammissione in cui, rispetto ad ogni singola ipotesi astrattamente prevista dal legislatore, l’amministrazione ne esamini e ne consideri la relativa insussistenza, in palese contrasto con il principio di speditezza dell’azione amministrativa (Cons. Stato, sez. n. V, n. 5499/2018).
Per giurisprudenza costante, dunque, la stazione appaltante che non ritenga i precedenti dichiarati dal concorrente incisivi della sua moralità professionale, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità delle relative circostanze risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa; è la valutazione di gravità, semmai, che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale, con la conseguenza che la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, sez. V, n. 2580/2020; sez. VI, 6 dicembre 2021, n. 8081; n. 3198/2016; C.G.A.R.S., n. 53/2015; Cons. Stato, sez. VI, n. 2622/2014; sez. III, n. 6236/2013; sez. V, n. 3924/2011; sez. III, n. 1583/2011; sez. VI, n. 4019/2010).
La carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente, pertanto, non può di per sé implicare un difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla rilevanza delle circostanze dichiarate dal concorrente, né determina un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui è comunque garantita la possibilità di far valere le proprie ragioni avverso l’ammissione (da ultimo, TAR Milano, 24.03.2022 n. 668).
[1] Ricordo a me stesso che un procedimento penale è pendente già con l’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro. Un orientamento Giurisprudenziale riconosce alla stazione appaltante la facoltà di escludere un concorrente per ritenuti “gravi illeciti professionali”, a prescindere dalla definitività degli accertamenti [ivi] compiuti”, risultando a tal fine sufficiente anche il semplice “avvio di indagini penali” (cfr. TAR Lombardia – Milano, sez. I, 29 aprile 2021, n. 1069; in termini analoghi cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307; TAR Marche – Ancona, sez. I, 12 febbraio 2021, n. 125; TAR Campania – Napoli, sez. VII, 15 febbraio 2021, n. 978).
Merita sul punto ricordare che allorquando un’impresa sia esclusa dalla gara d’appalto per grave illecito professionale derivante dalla condanna del suo titolare con sentenza penale non definitiva, in assenza di una specifica disposizione normativa (riferendosi i commi 10 e 10-bis dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 alla sentenza penale definitiva ovvero alla esclusione disposta con provvedimento amministrativo), è direttamente applicabile l’art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, con la conseguenza che la causa di esclusione non può essere fatta valere se sono decorsi tre anni dal fatto che ha originato la condanna non definitiva.
L’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 non stabilisce alcunché in ordine all’efficacia temporale della causa di esclusione, laddove il fatto valutabile come illecito professionale, ai sensi del comma 5, lett. c), derivi da una sentenza penale non definitiva.
I commi 10 e 10-bis dell’art. 80, infatti, si occupano della durata dell’esclusione, nell’ipotesi in cui essa si tragga dalla sentenza penale di condanna definitiva, che non fissi la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (commi 10 e 10-bis, primo periodo), ovvero nel caso di adozione di un provvedimento amministrativo di esclusione (con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza, ove contestato in giudizio: comma 10-bis, secondo periodo).
Allorquando invece venga in rilievo un fatto che, come nella specie, sia valutato quale illecito professionale in base a una sentenza penale di condanna non definitiva, occorre rifarsi alla “norma di cui all’art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, il quale ha previsto, in termini generali, che il periodo di esclusione per i motivi di cui al paragrafo 4 (all’interno del quale rientrano sia la causa di esclusione per gravi illeciti professionali [lett. c)], sia quella delle «false dichiarazioni […] richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione» [lett. h)]) non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione»)” (di recente, Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2022 n. 575).
[1] Interessante sul punto quanto sostenuto dal Consiglio di Stato, sez. III, 3 maggio 2022, n. 3442, il quale ha chiarito anche – con riguardo in particolare ai pregiudizi di natura penale – che l’indagine della stazione appaltante si incentra su un apprezzamento autonomo dei fatti, tenuto conto del contesto temporale.
Dal che si desume, in termini generali, da un lato, che se non occorre certamente un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente per poterne trarre ragioni d’inaffidabilità o non integrità giustificanti la sua esclusione; dall’altro – al contempo – che l’amministrazione è investita d’un autonomo e distinto apprezzamento in funzione dell’adozione dei provvedimenti d’ammissione ed esclusione dalla gara.
[1] Interessanti anche le implicazioni che si aprono sul punto, qualora, in relazione alla natura giuridica dell’operatore economico e alla composizione dell’organigramma operativo dello stesso, sussistano altresì rapporti di parentela tra i diversi soggetti fisici componenti la struttura amministrativa dell’operatore economico. Sul punto il Consiglio di Stato ha previsto la possibilità che i legami di parentela con i soggetti apicali di una società siano configurabili “come circostanze neutre e irrilevanti ai fini del giudizio di affidabilità della contraente” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 2022, n. 768). Tale orientamento si contrappone ad altro che in presenza di legami di parentela, si presuppone una unicità del centro di interessi e pertanto, osterebbe alla dimostrazione della effettiva dissociazione della società dalle condotte criminali ascritte (TAR Toscana – Firenze, sez. II, 19 gennaio 2021, n. 77; TAR Campania – Napoli, sez. I, 8 febbraio 2021, nn. 799 e 800; TAR Emilia-Romagna – Bologna, sez. I, 18 gennaio 2021, n. 35).
[1] Sulle modalità di comunicazione tra stazioni appaltanti e ANAC per la tenuta e aggiornamento delle sezioni del casellario informatico. Comunicato ANAC del 30 marzo 2022 – https://www.anticorruzione.it/-/comunicato-del-presidente-del-30-marzo-2022.
Sul punto si propone la sentenza del Tar Lazio-Roma, Sez. I, 26 aprile 2022, n. 4994 – Deve osservarsi (…) che, in linea generale, sussiste un potere dell’ANAC di disporre l’iscrizione nel casellario informatico delle notizie “utili” e che tale potere è esercitato – ed esercitabile – senza soluzione di continuità, sia nella vigenza che dopo l’abrogazione dell’art. 8, comma 2, lett. dd), del d.p.r. n. 207/2010, che prevedeva l’iscrizione “di tutte le altre notizie riguardanti le imprese che, anche indipendentemente dall’esecuzione dei lavori, sono dall’Autorità ritenute utili ai fini della tenuta del casellario”, in quanto tale attività è funzionale al compito assegnato all’Autorità di supportare, attraverso la facilitazione dello scambio di informazioni, le stazioni appaltanti (TAR Lazio, Roma, Sez. I, 28.12.2018, n. 12606, confermata sul punto dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 1318 del 21.2.2020).
Dalla lettura complessiva delle norme di cui al d.lgs. n. 50/2016, infatti, si evince la chiara volontà del legislatore di realizzare un sistema di controlli e vigilanza sulle procedure di affidamento fondato anche sull’utilizzo di plurimi dati (quali la banca dati nazionale dei contratti pubblici, l’Osservatorio e il Casellario informatico), per la cui alimentazione non può prescindersi dalla pubblicazione delle c.d. “notizie utili”.
L’annotazione, pertanto, costituisce atto a contenuto meramente informativo, che trova piena giustificazione nella funzione surriferita di acquisire e pubblicare ogni notizia ritenuta utile a fini di trasparenza e di corretta conduzione delle procedure a evidenza pubblica (TAR Lazio, Sez. I, 31.3.2020, n. 3730; 13.12.18, n. 12155).
Ciò è tanto più vero nel caso di specie, in cui l’annotazione disposta dall’ANAC ha ad oggetto un provvedimento di risoluzione contrattuale dipendente da un segnalato inadempimento dell’aggiudicatario.
I provvedimenti di risoluzione contrattuale, infatti, sono chiaramente rilevanti in termini di errore professionale escludente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), c-ter), c-quater) d.lgs. n. 50/2016: trattasi, quindi, di provvedimenti riconducibili a quelli per i quali lo stesso legislatore ha ritenuto sussistere l’interesse all’annotazione nel Casellario come “notizia utile”.
Infine va sottolineato che non compete all’ANAC valutare l’intrinseca legittimità dei provvedimenti adottati dalle stazioni appaltanti, oggetto di segnalazione ed annotazione: all’Autorità spetta, semmai, la verifica circa l’effettiva esistenza di simili provvedimenti e proprio a tale scopo deve essere instaurato il contraddittorio con l’operatore economico, che se del caso può far rilevare l’inesistenza dei provvedimenti segnalati o la di loro successiva revoca o annullamento. La legittimità di tali provvedimenti, peraltro, può essere contestata dall’operatore economico solo nelle competenti sedi, e correlativamente non può ritenersi consentito all’ANAC sovrapporre una propria valutazione, poiché un simile sistema comprometterebbe la certezza delle situazioni giuridiche, consentendo che una medesima situazione possa essere valutata differentemente da diverse Autorità ed a diversi fini.