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( votes)1. L’indagine di mercato tra vecchia e nuova disciplina
L’indagine di mercato rappresenta lo strumento privilegiato messo a disposizione dal legislatore alle Amministrazioni aggiudicatrici per garantire, anche nell’ambito degli affidamenti di lavori, servizi e forniture inferiori alle soglie di rilevanza comunitaria, il rispetto dei principi di trasparenza e massima concorrenzialità pur in un ambito non soggetto alle stringenti regole dell’evidenza pubblica proprie dei contratti sopra soglia.
Nella vigenza del “vecchio” codice dei contratti (D.lgs. 163/2006) la disciplina l’indagine di mercato veniva in rilievo all’art. 125, comma 8, a norma del quale “per i lavori di importo pari superiore a 40.000 euro e fino a 200.000 euro, l’affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante. Per lavori di importo inferiore a quarantamila euro é consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento”. Per quanto concerneva i servizi e le forniture, il successivo comma 11 disponeva che “Per servizi o forniture di importo pari o superiore a quarantamila euro e fino alle soglie di cui al comma 9, l’affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante. Per servizi o forniture inferiori a quarantamila euro, é consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento”.
L’attuale disciplina è tracciata dall’art. 36, comma 2 lett. b), del D.lgs. 50/2016, il quale – a proposito dell’affidamento dei contratti sotto soglia comunitaria – dispone che per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’articolo 35 per le forniture e i servizi, l’affidamento avvenga “mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”.
Come si vede, la disciplina sostanziale non è mutata dal vecchio al nuovo codice. Quest’ultimo, tuttavia, oltre a prevedere l’indagine di mercato quale modalità di selezione preferenziale nell’ambito degli appalti sottosoglia, introduce una nuova “figura” di indagine di mercato, meglio definita quale “consultazione preliminare di mercato” (art. 66, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 50/2006) a norma della quale prima dell’avvio di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono svolgere consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento della relativa procedura e per informare gli operatori economici degli appalti da esse programmati e dei requisiti relativi a questi ultimi. A tali fini le amministrazioni aggiudicatrici possono acquisire consulenze, relazioni o altra documentazione tecnica da parte di esperti, di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel codice, o da parte di autorità indipendenti. Tale documentazione può essere utilizzata nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto, a condizione che non abbia l’effetto di falsare la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza.
Il nuovo codice degli appalti (D.lgs. 50/2016), oltre a prevedere l’indagine di mercato quale modalità di selezione preferenziale nell’ambito degli appalti sottosoglia, introduce una nuova “figura” di indagine di mercato, meglio definita quale “consultazione preliminare di mercato” (art. 66, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 50/2006) a norma della quale prima dell’avvio di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono svolgere consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento della relativa procedura e per informare gli operatori economici degli appalti da esse programmati e dei requisiti relativi a questi ultimi.
Il legislatore ha voluto dunque riconoscere all’Amministrazione la possibilità di assumere talune iniziative prodromiche alla scelta dello strumento contrattuale e della procedura di affidamento del contratto, attraverso un preliminare vaglio del mercato, ottenendo quelle informazioni di cui è carente per giungere ad una migliore consapevolezza relativamente alle disponibilità e conoscenze degli operatori economici rispetto a determinati beni o servizi. Le amministrazioni aggiudicatrici possono così acquisire consulenze, relazioni o altra documentazione da parte di esperti o di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel nuovo codice dei contratti pubblici. Anche nella previsione di recepimento nazionale è previsto l’utilizzo della documentazione così ottenuta ai fini della pianificazione e per lo svolgimento della successiva ed eventuale procedura di appalto, fatto salvo il rispetto della concorrenza e dei principi di non discriminazione e di trasparenza.
La consultazione preliminare di mercato, è bene precisarlo, non costituisce una procedura di aggiudicazione di un contratto, quanto piuttosto un indagine esplorativa che non vincola in alcun modo l’amministrazione procedente all’eventuale procedura successiva.
In merito alla questione, che rileva sotto il profilo giurisdizionale e che vedremo nel paragrafo 3 che segue, se nell’ambito della consultazione l’amministrazione eserciti discrezionalità, ovvero autonomia contrattuale, sembrerebbe che la giurisprudenza si sia attestata sulla prima opzione, sebbene nella specie possa indubbiamente ravvisarsi una qualche attività contrattuale della pubblica amministrazione.
2. Le linee guida dell’ANAC ed il parere del Consiglio di Stato
I profili differenziali intercorrenti tra l’indagine di mercato prevista nell’art. 36, e la consultazione di mercato delineata invece dall’art. 66 del D.lgs. 50/2016 hanno rappresentato motivo di discussione nelle sedi Istituzionali, in merito alla natura ed alla vincolatività di tali istituti.
Il chiarimento definitivo sulla questione proviene dal Consiglio di stato, che si è espresso con il parere della Commissione speciale (3 novembre 2016, n. 2284) in merito alle “Linee guida dell’ANAC relative alle procedure negoziate senza pubblicazione di un bando di gara nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”, qualificate comunque come “non vincolanti”.
Il Consiglio di Stato ha, nella specie, fornito preziosi elementi distintivi tra i due istituti, spiegando che che “le “consultazioni preliminari di mercato” rappresentano uno strumento meramente facoltativo e che, al contrario, l’”indagine di mercato” rappresenta un obbligo nei casi di procedure negoziate senza bando.
Se ne ricava, dunque, che:
1. le consultazioni sono facoltative, le indagini obbligatorie nelle procedure negoziate non precedute da pubblicazione del bando;
2. le consultazioni precedono l’avvio di una procedura di appalto; l’indagine di mercato, invece, è una procedura di individuazione dei possibili contraenti.
L’Anac nelle linee guida (n. 4) denominate “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici” ha inteso che l’indagine di mercato sarebbe “preordinata a conoscere l’assetto del mercato, i potenziali concorrenti, gli operatori interessati, le relative caratteristiche soggettive, le soluzioni tecniche disponibili, le condizioni economiche praticate, le clausole contrattuali generalmente accettate, al fine di verificarne la rispondenza alle reali esigenze della stazione appaltante. Tale fase non ingenera negli operatori alcun affidamento sul successivo invito alla procedura”.
Tale definizione è, tuttavia, pare poco incline all’orientamento del Consiglio di stato pocanzi citato, poiché tende ad ingenerare una indebita commistione tra l’indagine di mercato (obbligatoria) con le consultazioni preliminari (facoltative).
Il Consiglio di Stato ha stabilito che: 1. le consultazioni sono facoltative, le indagini obbligatorie nelle procedure negoziate non precedute da pubblicazione del bando; 2. le consultazioni precedono l’avvio di una procedura di appalto; l’indagine di mercato, invece, è una procedura di individuazione dei possibili contraenti.
Del fatto che l’indagine di mercato non rappresenti tanto uno strumento meramente esplorativo del mercato, ma che rappresenti al contrario una vera e propria procedura di scelta del contraente, si trae dalla piana lettura dell’art. 63, comma 6, del D.lgs. 50/2016, secondo cui “Le amministrazioni aggiudicatrici individuano gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e selezionano almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. L’amministrazione aggiudicatrice sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell’articolo 95, previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione”.
La trascritta disposizione traccia un solco ben definito tra l’indagine di mercato e la consultazione, giacché la prima, a differenza della seconda, non ha lo scopo di conoscere le caratteristiche del mercato e dei prezzi, quanto piuttosto di effettuare già una prima selezione e scrematura dei possibili affidatari dell’appalto che si intende aggiudicare.
L’articolo 63, comma 6, costituisce d’altro canto il corollario dell’articolo 36, comma 2, e si riferisce ad una fase successiva alla determinazione a contrattare (assente nel caso delle mere consultazioni preliminari), nella quale la pubblica amministrazione opera già una scelta nel libero mercato, applicando strumenti di selezione di almeno 5 aziende da consultare, nella quale le stazioni appaltanti possono:
1. estrarre dal mercato i nominativi degli operatori da consultare, sulla base delle analisi di listini, referenze ed esperienze, desunte da estrazioni di informazioni da internet, da contratti già stipulati, da richieste ad altre stazioni appaltanti;
2. estrarre i nominativi da elenchi pubblici propri, oppure tenuti da soggetti aggregatori;
3. estrarre i nominativi per autoselezione, attraverso un avviso per invitare gli operatori interessati a manifestare l’interesse ad un successivo invito, scelta di maggiore apertura possibile verso il mercato.
Unico tratto comune tra indagini preliminari e indagini di mercato è che nella prima fase dell’indagine di mercato, così come nell’indagine preliminare gli operatori economici vengono solo “consultati”, senza essere chiamati a presentare alcuna offerta, che seguirà agli inviti successivi alla consultazione.
L’ANAC, nelle proprie linee guida, ha indicato l’opportunità che le amministrazioni si dotino, nel rispetto del proprio ordinamento, di un regolamento in cui vengono disciplinate:
a) le modalità di conduzione delle indagini di mercato, eventualmente distinte per fasce di importo;
b) le modalità di costituzione dell’elenco dei fornitori, eventualmente distinti per categoria e fascia di importo;
c) i criteri di scelta dei soggetti da invitare a presentare offerta a seguito di indagine di mercato o attingendo dall’elenco dei fornitori propri o da quelli presenti nel Mercato Elettronico delle P.A. o altri strumenti similari gestiti dalle centrali di committenza di riferimento.
Sempre ad avviso dell’ANAC, le indagini di mercato debbono essere svolte secondo le modalità ritenute più convenienti dalla stazione appaltante, differenziate per importo e complessità di affidamento, secondo i principi di adeguatezza e proporzionalità, anche tramite la consultazione dei cataloghi elettronici del mercato elettronico propri o delle altre stazioni appaltanti, nonché di altri fornitori esistenti, formalizzandone i risultati, eventualmente ai fini della programmazione e dell’adozione della determina a contrarre o dell’atto equivalente, avendo cura di escludere quelle informazioni che potrebbero compromettere la posizione degli operatori sul mercato di riferimento. La stazione appaltante deve comunque tener conto dell’esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali.
A riprova del fatto che l’indagine di mercato si configuri come una vera e propria procedura di scelta del contraente, l’ANAC prescrive che l’avviso debba indicare almeno il valore dell’affidamento, gli elementi essenziali del contratto, i requisiti di idoneità professionale, i requisiti minimi di capacità economica/finanziaria e le capacità tecniche e professionali richieste ai fini della partecipazione, il numero minimo ed eventualmente massimo di operatori che saranno invitati alla procedura, i criteri di selezione degli operatori economici, le modalità per comunicare con la stazione appaltante. Inoltre, nell’avviso di indagine di mercato la stazione appaltante si può riservare la facoltà di procedere alla selezione dei soggetti da invitare mediante sorteggio, di cui sarà data successiva notizia.
3. Problemi di giurisdizione (l’evoluzione della giurisprudenza sino alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4297/2017)
La questione concernente il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nell’ambito delle indagini di mercato e degli affidamenti sottosoglia rappresenta una vexata quaestio che ha visto la giurisprudenza evolversi e mutare indirizzo nel corso degli anni.
Un primo orientamento prendeva le mosse dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 17635 del 20.11.2003, per la quale in caso di affidamento di appalto inferiore alla soglia comunitaria, in ogni caso – cioè anche in quello per cui l’Ente appaltante abbia liberamente preferito disciplinare con una procedura simile a quelle di evidenza pubblica (e non in quanto obbligato) le relative controversie sulla procedura di scelta del contraente sfuggono alla giurisdizione amministrativa e ricadono nella sfera di competenza del giudice ordinario.
Tale orientamento ha iniziato a mutare, ed i Giudici a discostarsene, soprattutto dopo il recepimento dei principi comunitari avvenuto con il D.lgs. 163/2006, per cui quando una amministrazione sia comunque obbligata a seguire un procedimento per la scelta del contraente, che – pur non rientrando nelle procedure ordinarie di evidenza pubblica – debba comunque garantire la trasparenza, l’imparzialità e la par condicio, tale procedura e il provvedimento di aggiudicazione assumono la natura di atti amministrativi che incidono su posizioni di interesse legittimo, con conseguente devoluzione delle relative controversi al giudice amministrativo (Tar Campania, Sez. II, 18.1.2007, n. 2600).
Tale orientamento costituisce la conclusione di un complesso ragionamento attraverso il quale si giunti ad affermare, in pratica, la sussistenza della giurisdizione amministrativa generale di legittimità rispetto a qualsiasi affidamento di contratti pubblici.
Ciò anche in ragione del fatto che il Giudice Ordinario, a differenza del Giudice Amministrativo, non possiede gli strumenti cognitivi necessari a trattare problematiche inerenti le gare di appalto ed a tutelare gli interessi dei concorrenti.
Sicché, nella prassi, si è assistito al rigetto di diverse domande cautelari e – anche in ragione dei tempi dilatati della giustizia ordinaria rispetto in particolare al rito accelerato l’incapacità di rispondere adeguatamente alla domanda di giustizia dei concorrenti ha determinato una rinuncia preventiva degli interessati a far valere le proprie ragioni, coincidenti peraltro con l’interesse pubblico alla imparzialità dell’azione amministrativa.
L’orientamento assunto dal Giudice Amministrativo nella citata sentenza, invece, diretto a sostenere l’ascrivibilità alla sfera degli interessi legittimi della procedura quali interessi incidentalmente protetti in ragione del necessario rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e par condicio, ha chiarito i termini e la portata della citata pronuncia della Suprema Corte, per cui, seppure non sussiste la giurisdizione esclusiva (all’epoca introdotta dalla legge n. 205/2000, tuttavia le controversie inerenti l’affidamento di contratti pubblici rientrano comunque nella giurisdizione generale di legittimità del Giudice Amministrativo.
Da ultimo, il Consiglio di Stato, in una recente sentenza (n. 4297 del 12.9.2017), ha aderito ad un approccio del tutto sostanzialistico della problematica, giungendo ad affermare che rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo la controversia afferente alla contestazione degli atti inerenti ad una procedura preordinata all’individuazione di un’impresa cui affidare in via esclusiva un servizio (nella specie la pubblicità delle vendite immobiliari inerenti le procedure esecutive e/o fallimentari per un rilevante arco temporale) a prescindere dal fatto che la stazione appaltante abbia qualificato detta procedura come “indagine di mercato” a contenuto non vincolante per l’amministrazione, dovendosi valutare la sostanza dell’affidamento.
Rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo la controversia afferente alla contestazione degli atti inerenti ad una procedura preordinata all’individuazione di un’impresa cui affidare in via esclusiva un servizio (nella specie la pubblicità delle vendite immobiliari inerenti le procedure esecutive e/o fallimentari per un rilevante arco temporale) a prescindere dal fatto che la stazione appaltante abbia qualificato detta procedura come “indagine di mercato” a contenuto non vincolante per l’amministrazione, dovendosi valutare la sostanza dell’affidamento (Cons. di Stato, Sez. V, 12.9.2017).
Infatti, sceverando la questione dagli aspetti formali e qualificatori e riguardandola nei suoi aspetti sostanziali, emerge che se la stazione appaltante non ha soltanto inteso effettuare un’indagine di mercato finalizzata all’individuazione di un certo numero di operatori ai quali limitare il successivo confronto competitivo, ma effettivamente ha individuato una singola impresa cui demandare i servizi, si rientra nelle ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) e c), c.p.a., quindi comunque in ipotesi di giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
Si nota, dunque, nella sentenza da ultimo richiamata, l’esito di un percorso giurisprudenziale che, nel corso degli anni, sulla base delle influenze e dei dettami di matrice comunitari, ha fatto transitare la giurisdizione in tema di indagini di mercato ed affidamenti sotto soglia dal Giudice ordinario al Giudice amministrativo, quest’ultimo tra l’altro investito non già e non più di una mera giurisdizione generale di legittimità, bensì della giurisdizione esclusiva.
4. Conclusioni e nodi irrisolti
In conclusione, per quanto detto sinora, risulta evidente come l’ordinamento europeo abbia inciso in modo evidente sull’autonomia negoziale della pubblica amministrazione, e che ciò si sia riverberato altresì sui profili di tutela giurisdizionale.
E’ palese, infatti, che nonostante le amministrazioni pubbliche godano di piena capacità giuridica e di un’ampia autonomia negoziale, esse siano soggette al rispetto delle disposizioni e dei dettami dell’ordinamento europeo sovraordinato, che influenza la formazione della volontà contrattuale delle amministrazioni, pur volendo garantire a queste ultime la possibilità di utilizzare strumenti flessibili per la scelta del contraente privato.
In questo particolare rilievo deve essere attribuito alla consultazione preliminare di mercato, quale strumento di indagine messo a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici per raccogliere più informazioni possibili nel mercato, il tutto sotto l’egida della discrezionalità amministrativa (più che dell’autonomia negoziale) e della flessibilità procedurale.
E’ sulla base di tali principi che il legislatore nazionale ha voluto concedere alle amministrazioni pubbliche la possibilità di ricorrere a talune iniziative preparatorie alla scelta dello strumento contrattuale e della procedura stessa di affidamento del contratto, che nella prassi amministrativa hanno assunto diverse denominazioni, ma che sostanzialmente hanno il fine unico di consentire all’ente pubblico di svolgere un vaglio del mercato, ottenendo quelle informazioni di cui è carente per giungere ad una migliore consapevolezza relativamente alle disponibilità e conoscenze degli operatori economici rispetto a determinati beni o servizi.
Nonostante le amministrazioni pubbliche godano di piena capacità giuridica e di un’ampia autonomia negoziale, esse siano soggette al rispetto delle disposizioni e dei dettami dell’ordinamento europeo sovraordinato, che influenza la formazione della volontà contrattuale delle amministrazioni, pur volendo garantire a queste ultime la possibilità di utilizzare strumenti flessibili per la scelta del contraente privato
Tale facoltà si tramuta in obbligo, come abbiamo visto, allorché si tratti non già di consultazioni di mercato, ma di “indagini” di mercato prodromiche all’affidamento tramite procedura negoziata, in quanto strumento che non serve soltanto vagliare il mercato, ma piuttosto a operare una vera e propria selezioni tra possibili concorrenti.
In questo senso, risulta ormai pacifico che – per quanto detto in precedenza – che spetti al Giudice amministrativo, nell’esercizio della sua giurisdizione esclusiva, vagliare la legittimità delle predette procedure.
In conclusione, tuttavia, sarebbe auspicabile che le stazioni appaltanti – così come suggerito dall’ANAC – si dotassero di una propria chiara disciplina di esecuzione delle indagini di mercato atta a prevenire indebite commistioni tra indagini di mercato e mere consultazioni esplorative, in modo tale da evitare equivoci come quelli ingenerati, e risolti condivisibilmente con approccio sostanzialistico, dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento.