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Introduzione

L’emergenza sanitaria, in cui tuttora ci troviamo, ha inciso in maniera decisa sulla spesa pubblica e, conseguentemente (come è ormai più che noto ad ogni operatore del settore), sui contratti pubblici.

Uno degli aspetti maggiormente problematici della gestione dell’emergenza riguarda senz’altro la pulizia dei luoghi pubblici, in particolar modo la pulizia (tanto degli ambienti, quanto il servizio di lavanderia di camici e biancheria) degli ospedali.

Già prima dell’attuale pandemia, la pulizia negli ospedali era oggetto di periodiche discussioni, in quanto sia il personale, sia i pazienti e i visitatori devono essere protetti dal contrarre possibili infezioni. Soprattutto per i pazienti con malattie pregresse o per gli immunodepressi, una regolare ed efficace pulizia e disinfezione può rivestire un’importanza vitale.

Le operazioni di pulizia proteggono però anche il personale medico e assistenziale, sicché le operazioni di pulizia si configurano come un’importante componente della tutela della salute sul luogo di lavoro negli ospedali. È inoltre necessario che sia garantita la sicurezza anche nei confronti dello stesso personale addetto alle pulizie.

A maggior ragione, in piena pandemia risulta ancora più importante che tali esigenze di sicurezza siano garantite.

Pertanto, già lo scorso febbraio, il Ministero della salute aveva fornito indicazioni sulla sanificazione degli ambienti a fronte del nuovo coronavirus.

Secondo il Ministero, i Coronavirus possono infatti persistere sulle superfici inanimate in condizioni ottimali di umidità e temperature fino a 9 giorni. Un ruolo delle superfici contaminate nella trasmissione intraospedaliera di infezioni dovute ai suddetti virus è stato quindi ritenuto fin da subito possibile.

Di conseguenza, è stata suggerita una cadenza superiore per la sanificazione delle superfici a maggior frequenza di contatto da parte del paziente e per le aree dedicate alla vestizione/svestizione dei Dispositivi di Protezione Individuale (mascherine, camici, guanti ecc.) da parte degli operatori.

È stata inoltre prevista la predisposizione di apposite stanze di isolamento, che necessitano una sanificazione almeno una volta al giorno.

Per non parlare dell’utilizzazione di attrezzature dedicate o monouso per la decontaminazione ambientale, ovvero, per le attrezzature riutilizzabili, la loro decontaminazione dopo l’uso con specifici disinfettanti, nonché l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale per i lavoratori e la formazione di chi è addetto alla sanificazione.

È evidente che quanto sopra evidenziato (a mero titolo esemplificativo) implica (ed ha certamente implicato nei mesi scorsi) un inevitabile aumento dei costi in capo all’impresa che si è aggiudicata o sta eseguendo un contratto di servizi di pulizia o in lavanderia all’interno di realtà ospedaliere.

Gli esecutori (o aggiudicatari) di tali servizi si sono infatti ritrovati a dover prevedere delle prestazioni ulteriori non previste dalla documentazione di gara, ovvero a dover aumentare il numero di ore di pulizia, o incrementare il personale disponibile, nonché a dover predisporre per ogni lavoratore idonei dispositivi di protezione individuali (quali mascherine, camici, guanti ecc.).

La gestione dell’emergenza sanitaria ha inciso direttamente su determinati contratti di servizi, come la pulizia e la lavanderia negli ospedali, determinando un aumento dei costi in capo all’appaltatore

Ma cosa succede quando le modalità di pulizia indicate in un capitolato di gara di due/tre anni fa, non sono più idonee a garantire un’idonea sanificazione degli ambienti? L’appaltatore è comunque tenuto a garantire l’esecuzione di nuove prestazioni a fronte di esigenze sopravvenute?

È possibile modificare un contratto già aggiudicato o in corso di esecuzione integrando l’oggetto contrattuale con ulteriori prestazioni, non previste originariamente, ma che si rendono indispensabili a garantire un servizio idoneo a tutelare il diritto alla salute anche di chi lavora?

Come è noto, in linea generale, nel settore degli appalti pubblici vige il principio di immodificabilità dell’offerta; pertanto, una volta giunti all’aggiudicazione, non è possibile apportare delle modifiche che possano incidere in maniera sostanziale sull’oggetto del contratto.

Lo scopo del presente contributo è quello di evidenziare i rimedi appositamente previsti dal legislatore in via transitoria (con il DL Semplificazioni) per i contratti di servizi di pulizia e lavanderia in ambito ospedaliero e di offrire al lettore una panoramica generale sui casi in cui il Codice dei Contratti pubblici consente la modifica del contratto in corso di esecuzione dal punto di vista oggettivo (il presente contributo non tratterà la modifica soggettiva dell’appaltatore).

L’articolo 4-bis DL semplificazioni (Legge 120/2020 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 14 settembre 2020): ambito di applicabilità

Come anticipato, l’articolo 4-bis introdotto dal Senato in sede di conversione, introduce alcune norme transitorie per l’ipotesi in cui l’adeguamento alle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 abbia comportato o comporti un incremento della spesa prevista per i contratti pubblici relativi all’erogazione di servizi di pulizia o di lavanderia in ambito sanitario o ospedaliero.

Lo scopo della disposizione è quello di evitare, da un lato, che gli operatori economici si trovino costretti ad adempiere ad obblighi non previsti nel contratto stipulato, ovvero non contemplati nella legge di gara in relazione alla quale hanno presentato offerta; dall’altro lato a tutela della Stazione Appaltante che non aveva ipotizzato un impegno di spesa superiore a quello posto a base di gara.

Secondo l’articolo 4 – bis rubricato “Ulteriori misure in materia di contratti pubblici”,

1. In considerazione dell’incremento dei costi derivanti dall’adeguamento alle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nell’erogazione dei servizi di pulizia o di lavanderia in ambito sanitario o ospedaliero, nel caso in cui detto adeguamento determini un incremento di spesa di importo superiore al 20 per cento del prezzo indicato nel bando di gara o nella lettera di invito, le stazioni appaltanti, in relazione alle procedure di affidamento aggiudicate in data anteriore al 31 gennaio 2020, possono procedere, qualora non abbiano già provveduto alla stipulazione del contratto e l’aggiudicatario non si sia già avvalso della facoltà di cui all’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, alla revoca dell’aggiudicazione, ai sensi dell’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. In tal caso, il provvedimento di revoca è comunicato all’aggiudicatario entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

2. In relazione ai contratti dei servizi di pulizia o di lavanderia in ambito sanitario o ospedaliero, in corso di esecuzione alla data del 31 gennaio 2020 ed ancora efficaci alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le stazioni appaltanti possono procedere alla risoluzione degli stessi, ai sensi dell’articolo 108 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel caso in cui dall’adeguamento alle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 derivi un incremento di prezzo superiore al 20 per cento del valore del contratto iniziale.

La risoluzione del contratto di appalto è dichiarata dalla stazione appaltante entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

In relazione ai contratti di cui al comma 2, resta ferma la possibilità di procedere alla loro modifica nei limiti e secondo le modalità di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Andiamo con ordine.

L’articolo 4-bis prevede due tipologie di rimedi per due diverse situazioni, riferibili esclusivamente a servizi di pulizia o lavanderia in ambito sanitario o ospedaliero:

  • Revoca dell’aggiudicazione, nel caso in cui la gara sia stata aggiudicata entro il 31 gennaio 2020 e ad oggi non sia ancora stato stipulato il contratto;
  • Risoluzione del contratto, nel caso in cui il contratto era già in esecuzione al 31 gennaio 2020 ed al 15 settembre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione) è ancora efficace.

In entrambi i casi, il presupposto affinché la Stazione Appaltante possa procedere alla revoca dell’aggiudicazione o alla risoluzione del contratto è un incremento del prezzo indicato nel bando di gara o del valore del contratto iniziale:

  • superiore al 20%
  • e dovuto all’adeguamento alle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’incremento dei costi derivanti dall’adeguamento alle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nell’erogazione dei servizi di pulizia o di lavanderia in ambito sanitario o ospedaliero, se superiore al 20 per cento, può dar luogo alla revoca dell’aggiudicazione o alla risoluzione del contratto

Inoltre tali rimedi possono essere adottati dalla Stazione Appaltante entro e non oltre il 15 ottobre 2020.

Per quanto riguarda la risoluzione del contratto, il legislatore ha quindi aggiunto, in via transitoria, una specifica causa di risoluzione oltre a quelle “ordinarie” previste dall’articolo 108 del Codice.

Tale fattispecie consente all’Amministrazione di poter procedere alla risoluzione del contratto (entro i limiti sopra chiariti) anche in casi dove non necessariamente si rientri nella modifica sostanziale del contratto (art. 108 comma 1, lett. a), ovvero allorché siano superate le soglie previste per le modifiche ex art. 106 (art. 108 comma 1, lett. b), ovvero ancora negli altri casi codificati dall’articolo 108 del Codice.

Resta comunque salva la facoltà delle Stazioni Appaltanti di procedere alla modifica del contratto, nei limiti previsti dall’articolo 106 del Codice

All’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 4-bis il legislatore specifica che, per quanto riguarda i contratti in corso di esecuzione al 31 gennaio 2020 ed ancora efficaci, è comunque possibile –senza i limiti temporali previsti per le specifiche fattispecie di revoca o risoluzione- procedere alla modifica del contratto nei limiti e secondo le modalità previste dall’articolo 106 del Codice.

La disposizione fa quindi salva la possibilità delle stazioni appaltanti di valutare la possibilità di conservare comunque il contratto stipulato ed in corso di esecuzione, senza dover procedere alla risoluzione.

Le modifiche al contratto in corso di esecuzione ex art. 106

L’art. 106 d.lgs. 50/2016 rubricato “Modifica di contratti durante il periodo di efficacia” rappresenta la disposizione di riferimento allorché emerga in corso di esecuzione del contratto la necessità di apportare delle modifiche ovvero varianti, per consentire una migliore realizzazione dell’appalto.

La norma individua quindi anche i limiti e le modalità con cui la Stazione Appaltante può procedere alla modifica del contratto prevista dall’articolo 4 bis del DL Semplificazioni, così come convertito in legge.

L’articolo 106 indica i casi e le modalità attraverso cui è possibile incidere su un contratto già stipulato, senza che la Stazione Appaltante debba indire una nuova procedura.

La disposizione opera all’interno di un contesto che presuppone il principio di immodificabilità dell’offerta e dell’oggetto del contratto, corollario della massima tutela della concorrenza.

Per tali ragioni, l’articolo 106 circoscrive le modifiche ai contratti in corso di esecuzione -o comunque successive all’aggiudicazione del contratto- a specifiche fattispecie, sempre nell’ottica della massima tutela della par condicio e del confronto concorrenziale.

La regola generale è infatti che la modifica (sostanziale) dell’oggetto di un contratto pubblico può avvenire esclusivamente tramite l’indizione di una nuova procedura di gara.

Le modifiche disciplinate dall’articolo 106 consistono quindi in modifiche “non sostanziali”, consistenti in variazioni che non alterano considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti.

Il comma 4 dell’articolo 106 offre una definizione di “modifica sostanziale” riconducibile all’introduzione di elementi o condizioni che, se fossero stati previsti nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti; ovvero se la modifica cambia l’equilibrio economico del contratto in un modo non previsto originariamente. O ancora, se causa un’estensione notevole ambito di applicazione del contratto, ovvero se implica la sostituzione dell’appaltatore rispetto a quello iniziale per casi diversi dall’articolo 106, comma 1 lett. d.

In ogni caso, ogni modifica dei contratti di appalto in corso di efficacia deve essere autorizzata dal RUP.

L’oggetto del contratto può subire modifiche (non sostanziali) se è prevista espressamente una clausola di revisione del prezzo, o se la modifica è riconducibile a necessità derivanti da circostanze impreviste e imprevedibili per l’Amministrazione

In particolare, l’articolo 106, comma 1, prevede che i contratti in corso di efficacia possono essere modificati:

  • Se espressamente previsto dalla legge di gara: clausola di revisione del prezzo;
  • Se la modifica è riconducibile al concetto di variante derivante da circostanze impreviste e imprevedibili.

Quanto al primo aspetto, l’articolo 106, comma 1, Lett. a) stabilisce che laddove le modifiche sono espressamente previste dai documenti di gara iniziali, è possibile modificare il contratto già in corso di esecuzione.

Tuttavia, tale possibilità deve essere prevista da una clausola chiara, precisa e inequivocabile che fissi la portata, la natura e le condizioni della modifica.

Per i servizi e le forniture stipulati da soggetto aggregatore, l’articolo 106 richiama inoltre la Legge di stabilità 2016, la quale prevede che “Per i contratti pubblici relativi a servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica stipulati da un soggetto aggregatore (…) qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni, che abbia determinato un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l’originario equilibrio contrattuale (…) l’appaltatore o il soggetto aggregatore hanno facoltà di richiedere, con decorrenza dalla data dell’istanza presentata ai sensi del presente comma, una riconduzione ad equità  o una revisione del prezzo medesimo. (…).

Quanto al secondo aspetto, l’articolo 106, comma 1, Lett. c) si occupa invece delle cosiddette “varianti”.

In questi casi la modifica del contratto in corso di efficacia può avvenire laddove la necessità di modifica derivi da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice (sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti) e, al tempo stesso, la modifica non alteri la natura generale del contratto.

Residuano infine altri casi in cui il contratto può essere modificato in corso di efficacia, e in particolare, a mente del comma 2, articolo 106, i contratti possono parimenti essere modificati oltre a quanto previsto al comma 1, senza necessità di una nuova procedura a norma del presente codice, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i seguenti valori:

•          le soglie fissate all’articolo 35;

•          il 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture sia nei settori ordinari che speciali ovvero il 15 % del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori sia nei settori ordinari che speciali.

I sopra menzionati limiti quantitativi valgono quindi, in via residuale, per i casi diversi dalla modifica a seguito di specifica clausola contenuta nella lex specialis e di modifica a seguito di circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione, in relazione ai quali vige solo il limite della “modifica non sostanziale”.

Infine, il comma 5 specifica che sulle amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato un contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), incombono degli oneri di pubblicità.

È infatti prevista la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso deve contenere le informazioni di cui all’allegato XIV, parte I, lettera E (es. dati dell’amministrazione aggiudicatrice, descrizione dell’appalto, importo della modifica del prezzo ecc.) ed è pubblicato conformemente all’articolo 72 per i settori ordinari e all’articolo 130 per i settori speciali.

Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, la pubblicità avviene in ambito nazionale.

Considerazioni sull’articolo 106 e giurisprudenza di riferimento

Come anticipato, una delle modalità attraverso cui è possibile procedere alla modifica di un contratto in corso di esecuzione è la previsione all’interno del contratto di una clausola di revisione del prezzo.

Prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti pubblici, tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture dovevano recare una clausola di revisione periodica del prezzo, laddove non prevista, si riteneva infatti inserita di diritto.

Lo scopo di tale inserimento automatico era quello di evitare che l’appaltatore, a seguito dell’aumento dei prezzi al consumo non fosse più in grado di offrire una prestazione “a regola d’arte”.

La ratio della revisione dei prezzi è quindi duplice, da un lato, salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle Pubbliche Amministrazioni non siano esposte al rischio di una diminuzione qualitativa nel corso del tempo; in particolare il rischio connesso all’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, determinato dall’aumento dei costi gravanti sull’esecutore privato, per cui con la revisione del corrispettivo si assicura il mantenimento della convenienza del contratto per il medesimo privato e, correlativamente della qualità delle prestazioni a favore della Pubblica Amministrazione.

Dall’altro la stessa clausola ha lo scopo di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.

Ebbene, in ragione di queste finalità la norma era stata qualificata dalla giurisprudenza come imperativa e dunque insuscettibile di essere derogata in via pattizia e, per contro, dotata della capacità di sostituirsi a pattuizioni contrarie delle parti (cfr. Cons. Stato sez. V, 28 marzo 2018, n.1940).

Sennonché, il nuovo Codice non prevede più l’inserimento automatico della clausola di revisione del prezzo nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture. Tale clausola è oggi facoltativa e può essere o meno inserita nella legge di gara da parte delle stazioni appaltanti.

Inoltre, anche se prevista, la clausola non comporta un diritto automatico all’adeguamento del prezzo, ma incombe sull’appaltatore un onere di documentazione in concreto delle necessità che impongono un diverso bilanciamento degli interessi (Cons. Stato sez. V, 16 giugno 2020, n.3874).

Infine, la revisione del prezzo, laddove sia prevista apposita clausola contrattuale, può essere richiesta dall’appaltatore solo se la variazione del prezzo supera il 10% dell’importo originario; cioè se tale variazione è idonea a determinare una alterazione significativa dell’originario sinallagma contrattuale (ma senza configurarsi come una modifica sostanziale).

Quanto invece alle c.d. varianti o modifiche del contratto, sono configurabili qualora una circostanza imprevista ed imprevedibile per l’amministrazione comporti una modifica sul prezzo finale del prodotto o dell’opera offerta. Secondo la lettera c) dell’articolo 106, comma 1, la modifica del contratto in corso di efficacia può essere concessa dall’Amministrazione qualora derivi dalla sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti, a patto che la modifica non alteri la natura generale del contratto.

Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che la modifica contrattuale deve derivare da un’esigenza della stazione appaltante ed è giustificata solo se l’Amministrazione non può reagire con uno strumento diverso dalla modifica del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 settembre 2019, n. 6326; TAR Piemonte, sez. I, 11 febbraio 2020 n. 121).

In altre occasioni è stato precisato che la modifica del prezzo di un contratto già aggiudicato è legittima laddove l’aumento sia dovuto all’introduzione di nuovi oneri a seguito dell’entrata in vigore di una nuova disposizione sovranazionale.

In particolare, è stata ritenuta legittima una richiesta di modifica del prezzo formulata dall’aggiudicatario (il contratto non era stato ancora sottoscritto), in deroga quindi al principio di immodificabilità dell’offerta,“posto che tale modifica non è frutto di tentativo dell’aggiudicataria di rinegoziare le condizioni dell’appalto a proprio vantaggio, bensì di ottemperare a quanto disposto da una nuova normativa che vieta la vendita e l’entrata in servizio dei veicoli oggetto di gara, se non conformi al regolamento e alle relative misure di attuazione e che tanto richiede un aumento dei prezzi d’acquisto degli stessi” (TAR Puglia Bari, sez. I, 27 febbraio 2017 n. 198).

Considerazioni sulla possibilità di modifica contrattuale dei contratti di servizi di pulizia o lavanderia in ambito ospedaliero ex art. 106

Premesso quanto sopra, pare che l’ipotesi di modifica dei contratti di servizi di pulizia o lavanderia in ambito ospedaliero prevista dal comma 2, ultimo periodo, dell’articolo 4-bis del DL Semplificazioni, sia riconducibile al caso contemplato dall’articolo 106, comma 1, lett. c.

La modifica contrattuale dovuta all’adeguamento a nuove esigenze dettate dall’emergenza sanitaria, e quindi derivanti per esempio dal rispetto di determinati protocolli, o dalle indicazioni del Ministero della Salute, o dell’OMS, pare infatti riconducibile alle modifiche contrattuali dovute a “circostanze impreviste e imprevedibili”.

Il caso specifico previsto dall’articolo 4-bis, rientra quindi perfettamente in quello generale previsto dall’articolo 106.

Ne consegue che, laddove la stazione appaltante non intenda procedere alla risoluzione del contratto entro il 15 ottobre prossimo, l’appaltatore può chiedere la modifica del contratto, nei termini indicati dall’articolo 106, ma senza limiti temporali.

Residuano tuttavia dubbi interpretativi innanzitutto sul limite quantitativo previsto per poter procedere alla modifica del contratto.

L’articolo 4-bis prevede che l’incremento deve superare il 20% del prezzo iniziale, ma l’articolo 106 ammette la possibilità di modifica del contratto a fronte di un incremento del prezzo superiore al 10% rispetto a quanto originariamente previsto.

Inoltre ci si domanda se si possa accedere alla modifica del contratto anche nel caso in cui il contratto non sia stato ancora sottoscritto (come nel caso esaminato dal TAR Bari) o se tale fattispecie debba ritenersi esclusa, in quanto non espressamente contemplata dall’articolo 4-bis.

Ebbene, a parere di chi scrive, la ratio dell’articolo 4-bis del DL Semplificazioni è quella di codificare due specifiche ipotesi di revoca dell’aggiudicazione e di risoluzione contrattuale (oltre a quelle previste dall’articolo 108 del Codice), al fine di agevolare le stazioni appaltanti nella gestione di situazioni derivanti da un incremento dei costi derivante proprio dalla gestione dell’evento pandemico.

Mentre invece sulla facoltà di modifica del contratto l’articolo 4-bis rinvia direttamente all’articolo 106 del Codice.

Pertanto, anche in virtù del principio di conservazione del contratto e nel pieno rispetto dei limiti previsti dall’articolo 106, si ritiene che si possa sempre procedere alla modifica del contratto, anche a seguito dell’aggiudicazione prima dell’effettiva stipula, laddove si verifichino le fattispecie previste dall’articolo 106.

Con la conseguenza che anche laddove un contratto di servizi di pulizia in ambito ospedaliero in corso di esecuzione al 31 gennaio 2020, abbia subito un incremento del 10% rispetto al prezzo originariamente previsto dal contratto, la Stazione Appaltante potrà procedere alla modifica del contratto nei modi e nei termini previsti dall’articolo 106, comma 1, lett. c.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Ilenia Paziani
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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