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Premesse

Gli atti di gara, in quanto atti provvedimentali, sono soggetti all’ordinario regime impugnatorio previsto per gli atti amministrativi[1].

In tale settore, che presenta il più alto tasso di contenzioso amministrativo, il contenuto della lex specialis si appalesa determinante ai fini dell’individuazione dell’interesse ad impugnare e del relativo dies a quo.

Nelle pronunce qui esaminate il Consiglio di Stato affronta il tema della impugnabilità degli atti di gara, analizzando la natura delle clausole suscettibili di essere impugnate e tipizzando alcune ipotesi in presenza delle quali sorge l’onere per l’interessato di impugnare in via immediata ed autonoma la lex specialis.

Pur inserendosi nel solco delineato dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011, le sentenze in esame presentano elementi di rilievo sia sul piano dell’analisi casistica, sia su quello prettamente processualistico.

1. Legittimazione ad agire ed impugnabilità degli atti di gara

L’analisi della giurisprudenza formatasi in materia consente di ritenere che la disciplina dell’impugnabilità degli atti di gara si caratterizzi, per un verso, per l’intento di favorire la parità concorrenziale e la massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e, per altro verso, per la volontà di evitare che l’utilizzo improprio dell’istituto possa compromettere l’esercizio dell’azione amministrativa anche in presenza di vizi di minima entità, non idonei di per se stessi ad incidere sostanzialmente sull’intero andamento della procedura.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 29.1.2003, n. 1, ha delineato l’orientamento cd. “tradizionale”, secondo il quale l’onere di immediata impugnazione della lex specialis deve essere sostanzialmente limitato alle clausole riguardanti i requisiti soggettivi di partecipazione.

La regola che vorrebbe la lex specialis solo ed in ogni caso impugnabile unitamente all’atto applicativo ha quindi subito ulteriori “temperamenti”, anche sulla scia della giurisprudenza europea, secondo cui “Ad un’impresa dev’essere pertanto consentito presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche discriminatorie, senza attendere la conclusione del procedimento di aggiudicazione dell’appalto” (Corte di giustizia CE, 12.2.2004, in C-230/02).

In particolare, l’evoluzione giurisprudenziale nazionale e comunitaria in materia, recepita nell’Adunanza Plenaria n. 4/2011, consente di ricostruire e sintetizzare i seguenti principi.

i) Regola generale è che il bando di gara o la lettera di invito devono essere impugnati contestualmente all’atto applicativo, ossia dell’atto con il quale si dà applicazione alle clausole contestate in quanto solo in tale momento diventa attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato.

ii) Vanno immediatamente impugnate solo le clausole della lex specialis che impediscono o comunque rendono estremamente difficile la partecipazione in quanto dotate di autonoma lesività; trattasi in particolare di:

a) clausole che, imponendo requisiti soggettivi di partecipazione non posseduti dal concorrente, gli impediscono in via immediata e diretta la partecipazione;

b) clausole che impongano oneri all’interessato ai fini della partecipazione manifestamente incomprensibili o implichino oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale.

Negli altri casi l’impugnazione è postergata al momento della adozione dell’atto conclusivo del procedimento di gara: solo in tale momento infatti può dirsi concretizzata la lesione della posizione giuridica del ricorrente[2].

iii) Sul piano della“legittimazione al ricorso”, in linea di principio, l’impugnazione degli atti di gara è consentita solo ai concorrenti che siano stati legittimamente ammessi alla gara stessa. La legittimazione ad impugnare la lex specialis va tuttavia riconosciuta – sebbene in casi tassativi – anche al soggetto che non partecipa alla relativa procedura, quando la clausola lesiva comunque avrebbe impedito la partecipazione o dato luogo all’esclusione dello stesso; diversamente si avrebbe una lesione del principio dell’economia dei mezzi processuali e della complessiva speditezza del procedimento[3]. Trattasi, in particolare, delle seguenti fattispecie, riconosciute in via di eccezioni al principio dalla recente Adunanza Plenaria n. 4/2011:

a) la contestazione in radice della scelta di indire la procedura (con la legittimazione in capo al titolare di un rapporto incompatibile con il nuovo affidamento);

b) la contestazione dell’affidamento diretto senza gara (con la legittimazione della “impresa di settore”);

c) la contestazione di una clausola del bando “escludente”.

Tale regime derogatorio è peraltro conforme all’orientamento comunitario espresso sin dalla sentenza della Corte di Giustizia CE, 12.2.2004, in C-230/02[4].

Quando, per contro, non ricorrono tali ipotesi derogatorie il ricorso sarebbe inammissibile ab origine, per omessa presentazione della domanda di partecipazione alla procedura.

2. Recenti casi all’attenzione del Consiglio di Stato

Il tema dell’impugnabilità degli atti amministrativi ha formato oggetto di recenti decisioni giurisprudenziali, in cui il Consiglio di Stato ha affrontato la questione della natura e della portata delle clausole da considerarsi come “immediatamente lesive” e pertanto “immediatamente impugnabili”, pena l’irricevibilità del ricorso per tardività.

2.1. L’ampliamento dei casi di impugnativa immediata

Nella sentenza n. 5671/2012 è posta all’attenzione del Consiglio di Stato l’asserita illegittimità della lex specialis di gara (nella specie relativa alla procedura ad evidenza pubblica indetta dalla società Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova S.p.A.) in quanto ometteva di determinare la base d’asta e di indicare separatamente l’ammontare delle spese relative al personale.

Al riguardo occorre precisare che, al momento di indizione della gara, trovava applicazione il comma 3-bis dell’art. 81 del D.Lgs. 163/2006 (“Codice dei Contratti Pubblici”), oggi abrogato, ai sensi del quale “l’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale”.

L’importanza della sentenza è in primo luogo da individuarsi nell’elenco di ipotesi ivi contenuto – e per ciò stesso “tipiche” – in cui occorre procedere all’impugnativa immediata degli atti di indizione della gara.

La pronuncia in commento, in particolare, offre una “summa” dei casi – già enucleati dalla giurisprudenza precedente – in cui occorre procedere all’impugnativa immediata degli atti di indizione della gara altresì, quali:

  • quando le clausole impediscano indistintamente a tutti i concorrenti una corretta, e consapevole, elaborazione della propria proposta economica; in tali casi infatti si pregiudica il corretto esercizio della gara, in violazione dei cardini procedimentali della concorrenza e della par condicio tra tutti i partecipanti alla gara;
  • in caso di regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;
  • in caso di disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta;
  • in caso di condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;
  • in caso di imposizione di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto);
  • in caso di gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come, ad esempio, quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero di formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.);
  • in caso di atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”.

Così statuendo, il Consiglio di Stato senza dubbio accoglie l’orientamento estensivo formatosi in materia, tendente a dilatare il novero delle clausole del bando necessitanti di immediata impugnazione.

Inoltre, la pronuncia in esame, – pur ribadendo che devono essere impugnati immediatamente i bandi “qualora contengano clausole c.d. escludenti”, correlate cioè all’illegittima richiesta del possesso di determinati requisiti di qualificazione la cui mancanza inibisce o rende vana la partecipazione” -, ritiene immediatamente impugnabili clausole che – pur non essendo “immediatamente escludenti” – appaiono “illegittime”.

Ed invero nel caso di specie si è in presenza – non già di clausole immediatamente “escludenti”, ossia tali da consentire la partecipazione alla gara unicamente di alcune imprese (e non di altre) -, bensì di prescrizioni che impediscono a tutti i potenziali concorrenti la corretta formulazione dell’offerta in virtù del fatto che non si riesce correttamente a determinare il rapporto tra il sacrificio economico che il concorrente deve sostenere e il risultato positivo che può derivare dall’eventuale aggiudicazione della gara[5].

Sono immediatamente impugnabili le clausole che – pur non essendo “immediatamente escludenti” – appaiono comunque “illegittime” in quanto idonee ad impedire per tutti i concorrenti la corretta formulazione dell’offerta (Cons. Stato n. 5671/2012)

In terzo luogo, la pronuncia in esame appare di particolare rilievo sul piano prettamente processualistico stante l’indagine giudiziale sul rapporto tra natura dell’interesse ad agire ed onere di immediata impugnazione.

Ed in effetti immediata lesività e immediata impugnabilità degli atti di gara sono toccati direttamente dall’interesse o utilità perseguita in concreto dal ricorrente, che radica l’”interesse a ricorrere”.

Nella specie, il Collegio rileva che la clausola impugnata è immediatamente lesiva (non rispettando la normativa codicistica) e che pertanto andava impugnata immediatamente (ossia nel termine decadenziale di 30 giorni, di cui all’art. 120 del c.p.a. e comunque senza attendere l’aggiudicazione): la mancata indicazione nella lex specialis del costo relativo al personale non soggetto a ribasso si risolve infatti nell’impossibilità di una corretta esplicazione dell’offerta da parte dei concorrenti e quindi determinava immediatamente un vulnus effettivo all’intero confronto concorrenziale[6].

Il Giudice amministrativo, soffermandosi sulla natura dell’interesse perseguito dal ricorrente, aggiunge che: “Quando si persegue solo la ripetizione della gara con una differente regolazione negoziale, l’interesse ha natura esclusivamente strumentale e come tale deve essere tempestivamente azionato.”[7].

Nel confermare quindi la tesi prevalente che qualifica le pretese partecipative come “facoltà strumentali” e non come posizione sostanziali, il Consiglio di Stato ritiene che se – come nel caso in esame – l’impresa ricorrente non intenda conseguire l’aggiudicazione secondo le regole della lex specialis ritenute illegittime, non avendo quindi nessuna reale necessità di attendere l’esito della gara, bensì intenda contestare una data disciplina della struttura economica, tecnica e funzionale dell’offerta, allora la clausola lesiva va immediatamente impugnata, pena l’irricevibilità del ricorso per decorrenza del termine decadenziale.

Se l’interesse ad impugnare la clausola di lex specialis lesiva “ha natura esclusivamente strumentale”, ossia mira alla mera ripetizione della procedura, sussiste l’onere di immediata impugnazione(Cons. Stato n. 5671/2012)

Del resto può dirsi indiscutibile in giurisprudenza la legittimità dell’impugnativa, pur in assenza di domanda di partecipazione alla gara, “ove l’interesse dedotto in giudizio non sia quello volto a conseguire l’aggiudicazione secondo le regole del bando ritenute illegittime, ma quello strumentale alla integrale rinnovazione della gara”  (Cons. Stato 23.3.2010, n. 1705)[8].

2.2. Il criterio della “diligente condotta dell’aspirante concorrente”

Con una successiva sentenza (n. 5748 del 14.11.2012) il Consiglio di Stato – nel condividere pienamente l’orientamento della citata Plenaria n. 4/2011 – analizza la natura delle clausole di gara “escludenti” con specifico riguardo all’ipotesi in cui il soggetto che intenda contestarle sia, non già un concorrente, bensì un terzo, ossia un soggetto il quale non abbia presentato domanda di partecipazione alla procedura.

Nel caso di specie il Giudice amministrativo ritiene di confermare la sentenza di primo grado, in quanto non ravvisa la ricorrenza di alcuna delle condizioni indicate dalla citata giurisprudenza nazionale e comunitaria per consentire l’impugnazione del bando di gara da parte di un soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione[9].

In tema di legittimazione dell’aspirante concorrente, il Giudice amministrativo – rispetto agli orientamenti già noti – sembra porsi in posizione maggiormente severa, motivando la propria decisione negativa sulla base di un ulteriore elemento valutativo: nel caso di specie “…in sostanza vi era una “difficoltà” ma non una “impossibilità” di formulazione dell’offerta; i dubbi dell’aspirante concorrente ben avrebbero potuto essere fugati da una richiesta di chiarimenti alla stazione appaltante, secondo un modello di diligente condotta dell’aspirante concorrente, che del resto hanno seguito altri concorrenti alla medesima gara.”.

In altri termini, la diligenza è dal Giudice elevata ad elemento di giudizio ai fini della valutazione della sussistenza o meno della legittimazione al ricorso in capo all’aspirante concorrente.

Il terzo non concorrente non può validamente contestare gli atti di gara laddove gli stessi comportino una mera difficoltà – superabile, ad esempio, con una richiesta di chiarimenti, secondo un modello di “diligente condotta”, e non una vera e propria “impossibilità” di formulazione dell’offerta” (Cons. Stato 5748/2012)

Conclusioni

La tesi che sembra affermarsi con la prima delle pronunce in esame (Cons. Stato n. 5671/2012), volta ad estendere il novero delle clausole da impugnare immediatamente, anche al di là del loro atteggiarsi ad elemento “escludente” la partecipazione alle gare, presenta – se portata alle estreme conseguenze – il rischio di compromettere l’esito della procedura anche in presenza di vizi minimi e di stravolgere, per l’effetto, lo stesso interesse che legittima a ricorrere. Quest’ultimo potrebbe allontanarsi dal concreto “bene della vita” perseguito, per configurarsi sempre più come mero interesse alla legittimità della procedura.

E’ quindi con favore che – si ritiene – debba guardarsi al temperamento introdotto con la seconda delle pronunce in commento (Cons. Stato 5748/2012) che, come sopra rilevato, sebbene agisca sul diverso piano della legittimazione al ricorso dell’aspirante partecipante, fa leva su un onere di “diligente condotta” introducendo per tale via dei limiti all’impugnazione indiscriminata degli atti di gara.


[1] Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 1/2003.

[2] Cfr. Consiglio di Stato 1.2.2012 n. 514, secondo cui “Sulla eccezione di tardività della impugnativa del bando di gara avanzata dalla Asl Caserta che assume che per la sua indeterminatezza, lesiva della posizione dei concorrenti già in fase di presentazione delle offerte, avrebbe dovuto essere impugnato a far tempo dalla sua pubblicazione, la Sezione richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale, radicatosi a partire dalla A.P. n. 1 del 2003, in base al quale solo le clausole assolutamente impeditive della partecipazione impongono la immediata impugnazione, mentre in tutti gli altri casi la impugnazione è postergata al momento della adozione dell’atto conclusivo del procedimento di gara. Solo in quel momento, infatti, le suddette clausole determineranno una lesione effettiva e attuale della situazione giuridica della ricorrente…”. Già dall’Adunanza Plenaria del 2003 si è ritenuto sussistente un onere di immediata impugnazione del bando di gara con riferimento a quelle clausole che impongano, ai fini della partecipazione, requisiti od adempimenti assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati rispetto all’oggetto della procedura concorsuale e che comportino sostanzialmente l’impossibilità o l’estrema difficoltà per l’interessato di accedere alla procedura.

[3]Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 4/2011; Parere 7.3.2001, n. 149.

[4] La giurisprudenza comunitaria ha invero con particolare chiarezza evidenziato che: “la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire, riguardo all’art.1, n.3, della direttiva 89/665, una condizione che dev’essere soddisfatta per dimostrare che l’interessato ha interesse all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi o rischia di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione del detto appalto. Se non ha presentato un’offerta, tale persona può difficilmente dimostrare di avere interesse ad opporsi a tale decisione o di essere lesa o rischiare di esserlo da tale aggiudicazione.

28. Nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero per l’appunto impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste, essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell’appalto pubblico interessato.

29. Infatti, da un lato, sarebbe eccessivo esigere che un’impresa che asserisce di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza delle dette specifiche.” (Corte di Giustizia CE, 12.2.2004, in C-230/02).

[5] L’orientamento tradizionale ritiene invece che l’immediata lesività della clausola del bando – nel senso di escludere/impedire la partecipazione alla gara di taluni concorrenti – rappresenti la condizione di ammissibilità del ricorso.

[6] Secondo il Collegio infatti “La lesione dell’interesse si sarebbe manifestata immediatamente a prescindere dall’esplicazione dell’intero procedimento d’appalto, proprio in quanto si lamentava l’illegittimità di un bando, che si assumeva erroneamente indetto su un illegittimo termine di comparazione economica tra le diverse offerte”.

[8] Per “interesse strumentale” si intende l’interesse volto ad ottenere una nuova chance per ottenere il bene della vita agognato; in tema di appalti pubblici, si è evidenziato che il soggetto terzo graduato ha interesse ad impugnare gli atti della procedura e la relativa aggiudicazione solo nell’ipotesi in cui le censure dedotte siano tali da determinare, in caso di accoglimento del ricorso, l’utilità strumentale della rinnovazione dell’intera procedura o l’utilità finale dell’aggiudicazione in suo favore (Consiglio di Stato, IV, 12.5.2010, n. 2077). La citata Ad. Plenaria n. 4 del 2011 ha ritenuto indiscutibile che, in termini generali, debba trovare ingresso, nel sistema della giustizia amministrativa, anche la tutela dell’interesse strumentale, in quanto collegato ad una posizione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, la cui soddisfazione sia realizzabile unicamente attraverso il doveroso rinnovo dell’attività amministrativa. Cfr. sul punto Caponigro, “Interessi e regole di tutela negli ambiti nazionale e comunitario” su http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/Caponigro_lecce_27_aprile_2012.htm#_ftn15 La sentenza n. 4 del 2011, pur ritenendo indiscutibile che, in termini generali, debba trovare ingresso, nel sistema della giustizia amministrativa, anche la tutela dell’interesse strumentale, in quanto collegato ad una posizione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, la cui soddisfazione sia realizzabile unicamente attraverso il doveroso rinnovo dell’attività amministrativa,

[9] In particolare, “…le lacune del software non costituiscono una causa escludente e impeditiva della partecipazione alla gara, in quanto vi era la possibilità di presentare una offerta cartacea su cui inserire gli elementi che non era possibile inserire nell’offerta informatica …”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Francesca Scura
Avv. Francesca Scura
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.