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Premessa

Ai fini dell’esclusione dalla gara, deve ritenersi irrilevante il fatto costitutivo di una delle cause di esclusione di cui all’art. 80 comma 5, del Codice dei contratti pubblici, che sia stato commesso oltre tre anni prima della indizione della procedura di gara: è questo il principio di diritto da ultimo affermato dal Consiglio di Stato, con la sentenza 7 settembre 2021, n. 6233, con riferimento ad una condanna penale di I grado per il reato di omicidio colposo connesso ad infortunio sul lavoro ancorché non passata in giudicato.

1. La quaestio iuris

La questione controversa concerne in sostanza l’ambito di applicazione dell’art. 80, commi 5, 10 e 10-bis, del Codice e la possibilità di ritenere irrilevante, ai fini (discrezionalmente) escludenti, un fatto penalmente rilevante commesso da uno dei soggetti di cui al comma 3 dell’art. 80 cit. oltre tredici anni prima della pubblicazione di procedura di gara.

Secondo un orientamento ormai minoritario del Consiglio di Stato il limite temporale dei tre anni previsto dall’art. 80, comma 10, del Codice non può intendersi riferito alle ipotesi di esclusione per gravi illeciti professionali e al conseguente onere dichiarativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1633 e precedenti ivi richiamati), essendo la previsione di durata massima del periodo di interdizione dalle gare riferibile alle sole condizioni che abbiano efficacia automaticamente escludente, e non anche all’ipotesi residuale di cui al comma 5, lett. c). Sicché, la norma di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, non prevederebbe espressamente limiti alla rilevanza temporale dei fatti costituenti «grave illecito professionale». Secondo il predetto orientamento, l’opposta opzione ermeneutica sconterebbe un limite interpretativo nel momento in cui applica all’art. 80, comma 5 lett. c), del Codice dei contratti pubblici, la disciplina specificamente ed unicamente posta per le ipotesi di cui al comma 1 dal successivo comma 10, confondendo l’illecito professionale con l’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione (“periodo di esclusione” di cui all’art. 57 par. 7 della Direttiva comunitaria e “pena accessoria della incapacità di contrattare” di cui al citato comma 10): la limitazione triennale “attiene alla diversa rilevanza della pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della sanzione afflittiva)” ma non anche “all’esercizio del potere della P.A. di escludere l’operatore economico, ai sensi del comma 5, lett. c)” (in termini, la già citata sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1633; Cons. Stato, sez. III, n. 3331/2019).

Secondo il prevalente orientamento, invece, il limite triennale è connaturale con l’applicazione del principio di proporzionalità di derivazione comunitaria (sul punto, si richiama Cons., V, 6 maggio 2019, n. 2895). Con la conseguenza che il termine di rilevanza triennale posto dall’art. 80, comma 10-bis, è da interpretare sulla scorta di quanto disposto dall’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’U.E., del 26 febbraio 2014, che, infatti, stabilisce che «[i]n forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell’Unione, gli Stati membri […] determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l’operatore economico non adotti nessuna misura di cui al paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilità. Se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4» (paragrafo, quest’ultimo, che – alla lett. c) – contempla la causa di esclusione dell’operatore economico che si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali).

La norma della direttiva ha senz’altro efficacia diretta (c.d. “verticale”) nell’ordinamento interno (sulla conseguente immediata applicabilità si veda, Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6576, con riferimento alla illegittimità dell’esclusione dell’operatore economico dalla gara motivata con riguardo a risoluzione pronunciata da oltre tre anni, da computarsi a ritroso dalla data del bando; nonché Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605; 12 marzo 2020, n. 1774). Il tutto sulla scia anche  della Corte di Giustizia dell’U.E., la quale, nella sentenza della Sezione IV, 24 ottobre 2018, C-124/17, ha ribadito che «ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24, gli Stati membri determinano il periodo massimo di esclusione […] detto periodo non può, se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, nei casi di esclusione di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di tale direttiva, superare i tre anni dalla data del fatto in questione».

La giurisprudenza, peraltro, nella vigenza dell’originario testo dell’art. 80, comma 5, lett. c), aveva già sottolineato come la previsione di un onere dichiarativo esteso a fatti risalenti oltre un determinato limite temporale implicasse un evidente contrasto con il principio di proporzionalità, per la possibilità riconosciuta all’amministrazione appaltante di dare rilevanza a fatti che – per il tempo trascorso – non rappresentano più un indice su cui misurare l’affidabilità professionale dell’operatore economico (un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività «potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa»: in tal senso Cons. Stato, sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171.

Di talché è da considerare irrilevante il fatto costitutivo di una delle cause di esclusione di cui all’art. 80 comma 5, cit., che sia stato commesso oltre tre anni prima della indizione della procedura di gara.

A detta conclusione si era, quindi, giunti, dapprima, richiamando il principio generale di proporzionalità di derivazione unionale e poi invocando l’applicazione dell’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’U.E., del 26 febbraio 2014.

Per effetto, pertanto, della diretta applicazione della norma unionale, il fatto astrattamente idoneo a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), cessa di avere rilevanza, a questi fini, dopo decorsi tre anni dalla data della sua commissione. (cfr. Cons. St., sez. V, 5 agosto 2020, n. 4934; id., 26 agosto 2020, n. 5228).

Da ultimo, il Consiglio di Stato ha osservato sul punto, che l’art. 80, comma 5, lett. c), cit., non contempla un generale limite cronologico, superato il quale i fatti idonei a mettere in dubbio l’affidabilità o l’integrità professionale dell’operatore economico non potrebbero assumere rilevanza come gravi illeciti professionali; gli unici riferimenti alla durata dell’effetto giuridico impeditivo della partecipazione alle procedure di gara sono contenuti nell’art. 80, comma 10 (ricollegato alla sentenza di condanna definitiva, per l’ipotesi in cui la sentenza non fissasse la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare o non fosse intervenuta la riabilitazione); e comma 10-bis, il quale – al secondo periodo, per quel che rileva nel caso di specie – prevede che «[n]ei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre  anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione  ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso».

Anche quest’ultima disposizione, quindi, non prevede un limite generale di rilevanza del fatto, quale quello posto dall’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, ma disciplina unicamente la particolare ipotesi in cui sia intervenuto, nel corso di procedure di gara precedenti, un provvedimento di esclusione nei confronti dell’operatore economico.

BOX: Deve essere affermato il principio per cui il periodo di esclusione per i gravi illeciti professionali non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione».

Applicando gli enunciati principi al caso di specie, il Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 6233 del 2021 ha riformato la sentenza del TAR di prime cure (che sul punto aveva invece aderito all’orientamento minoritario), ritenendo che i fatti oggetto della sentenza penale di condanna erano stati commessi quasi tredici anni prima della pubblicazione del bando di gara e che, dunque, gli stessi fatti non possono più ritenersi idonei a dimostrare l’inaffidabilità della società aggiudicataria, illegittimamente esclusa dalla stazione appaltante.

La giurisprudenza amministrativa aveva, invero, già ritenuto contrastante con il principio di proporzionalità una esclusione basata su una risoluzione in danno dell’impresa adottata più di tre anni prima della pubblicazione del bando di gara, individuando nel lasso temporale triennale un limite coerente con l’applicazione di tale principio di derivazione eurounitaria (Tar Lombardia, sez. IV, 23 marzo 2017, n. 705). Sulla base di tale assunto è stato pertanto ritenuto irrilevante l’argomento della definitività dell’accertamento (Consiglio di Stato, Sez. V, 6 maggio 2019, n. 2895), atteso che tale riferimento è del tutto inesistente nel disposto dell’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, sicché lo stesso va, dunque, inteso nel senso che il termine decorre da quando è stato adottato l’atto definitivo, cioè di conclusione del procedimento amministrativo (nella fattispecie di risoluzione contrattuale). In tal caso è stato giudicato come illogico prevedere un limite temporale di durata della causa di esclusione nel caso in cui la stessa sia stata oggetto di impugnazione (decorrente dalla sentenza definitiva) e invece non prevederlo nel caso di mancata impugnazione, lasciando dunque che la causa possa operare a tempo indeterminato. Nel secondo caso bisognerebbe, semmai, riservare un trattamento migliore a chi non si è opposto alla risoluzione con l’impugnazione, come ad esempio nell’ipotesi disciplinata dall’art. 16 della legge n. 689 del 1981, che permette il pagamento di una sanzione in misura ridotta (la cosiddetta “oblazione”) a chi non impugna l’accertamento dell’infrazione di una violazione di una norma in materia di fattispecie depenalizzate (Consiglio di Stato, Sez. V, 6 maggio 2019, n. 2895).

3. Conclusioni

La questione di diritto in oggetto deve essere, quindi, in definitiva, risolta alla luce della norma di cui all’articolo 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, il quale ha previsto, in termini generali, che il periodo di esclusione per i motivi di cui al paragrafo 4 (all’interno del quale rientrano sia la causa di esclusione dei gravi illeciti professionali [lett. c)], sia quella delle «false dichiarazioni […] richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione» [lett. h)]) non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione»).

Secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza amministrativa, tale limite temporale triennale non può che trovare applicazione anche all’ipotesi dei gravi illeciti professionali, non potendosi logicamente consentire un trattamento giuridico più favorevole alle situazioni nelle quali intervengano condanne ostative (per le quali è pacifica la limitazione del periodo di inibizione e dunque la rilevanza temporale della condanna, ex art. 80, co. 10 e 10-bis, primo periodo, del Codice) rispetto situazioni diverse, assoggettabili ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante, in tesi ostative all’infinito, conclusione incompatibile sia con la lettera che con la ratio della richiamata disciplina comunitaria (CGARS, 19 aprile 2021, n. 326; TAR Lazio, 18 giugno 2021, n. 7300).

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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