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1. Premesse

Una delle evenienze che si presenta con maggiore frequenza nel corso dello svolgimento di una procedura di gara per l’affidamento di contratti pubblici riguarda l’entrata in vigore e, quindi, il sopraggiungere di norme che sostituiscono o modificano le norme sulla cui base la stazione appaltante ha definito le clausole del bando di gara.

In termini generali, per effetto dell’entrata in vigore di una nuova norma (cd. ius superveniens), spesso sorge un problema interpretativo determinato dalla non sempre chiara indicazione da parte del legislatore delle norme da applicare in seguito all’entrata in vigore della nuova disposizione abrogativa e/o modificativa della precedente.

La giurisprudenza degli ultimi anni, in mancanza di un’espressa previsione legislativa, ha cercato di porre fine al dibattito sviluppatosi con riferimento all’applicazione o meno delle nuove norme alla procedura ad evidenza pubblica in itinere, giungendo a formulare un orientamento divenuto ormai condiviso.

Nei paragrafi che seguono verranno delineati i profili che connotano l’orientamento giurisprudenziale maggioritario relativo all’inapplicabilità alla lex specialis di gara dell’eventuale ius superveniens.

Una delle evenienze che si presenta con maggiore frequenza nel corso dello svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica riguarda l’entrata in vigore e, quindi, il sopraggiungere di norme (cd. jus superveniens) che sostituiscono o modificano le norme sulla cui base una stazione appaltante ha definito le clausole del bando di gara.

2. La natura giuridica del bando di gara

Il bando di gara, che si rivolge ad una serie indeterminata di potenziali concorrenti, è lo strumento con cui l’attività dell’amministrazione si esteriorizza e viene portata a conoscenza dei terzi: in particolare, con il bando, che costituisce l’atto di attuazione della delibera a contrarre della pubblica amministrazione, si apre il procedimento diretto alla scelta del soggetto con cui l’amministrazione intende procedere alla stipula del contratto.

Si evidenzia, tuttavia, che la natura giuridica del bando di gara è controversa sia in ambito dottrinario che giurisprudenziale. 

Secondo la concezione privatistico – negoziale, il bando si configurerebbe come un’offerta al pubblico ovvero come un invito ad offrire.

Secondo la concezione pubblicistica, invece, il bando è un tipico atto amministrativo, volto a dare inizio e a regolare la fase procedimentale diretta alla stipula di un contratto. Nell’ambito della c.d. concezione pubblicistica si contrappongono, peraltro, due opposti indirizzi giurisprudenziali. Per il primo, il bando è assimilabile ad un atto amministrativo; per il secondo, invece, ad esso va riconosciuta la particolare qualificazione di atto normativo.

Tra le diverse tesi dottrinarie sulla natura giuridica del bando di gara, seguite dalla giurisprudenza maggioritaria, da una parte tese ad evidenziare il tratto negoziale e dall’altra a definire la portata amministrativa, appare preferibile quella che, sulla base della funzione propria del bando, vi scorge la natura di atto amministrativo volto a dare inizio e a regolare una fase procedimentale; fase il cui esito non consiste nella conclusione del contratto bensì in un momento più a monte, rappresentato dall’accertamento dell’offerta più conveniente tra quelle presentate all’amministrazione.

Il bando di gara è, pertanto, un atto amministrativo inserito in un procedimento amministrativo, finalizzato all’emanazione di un provvedimento di individuazione di un contraente: ne consegue che il bando è un atto avente natura preparatoria, preceduto da altri atti amministrativi, dei quali segue la sorte, e seguito da altrettanti atti amministrativi, sui quali riverbera gli effetti dell’eventuale illeggittimità.

Secondo i sostenitori della tesi pubblicistica, in particolare, il bando si configura come lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, espressione questa che non esprime la natura giuridica dello stesso bando, in quanto viene adoperata per descrivere il carattere autoritativo delle regole con esso stabilite.

Questa impostazione è stata fatta propria dalla giurisprudenza maggioritaria, la quale ne ha evidenziato un’importante implicazione: le prescrizioni del bando di gara non vincolano solo i concorrenti, ma anche la pubblica amministrazione, la quale non dispone, quindi, di margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione (Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2002, n. 1225; Cons. reg. sic., 9 giugno 1998, n. 335; Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 1993, n. 250).

Come osservato dai giudici amministrativi, infatti, “le prescrizioni contenute nella lex specialis della gara pubblica vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa Amministrazione che non conserva, perciò, alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, non potendo disapplicarle, neppure nel caso in cui talune di esse risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la possibilità di far luogo, nell’esercizio del potere di autotutela, all’annullamento del bando” (Cons. Stato, 22 marzo 2010, n. 1652; Cons, Stato, Sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5503).

In tale prospettiva è stato inoltre affermato che “nelle procedure per l’affidamento di appalti pubblici, la portata vincolante delle prescrizioni contenute nel regolamento di gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all’organo amministrativo cui compete l’attuazione delle regole stabilite nel bando residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento; pertanto, qualora il bando commini espressamente l’esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, la p.a. è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tale previsione, anche nel caso che con tale “lex specialis” la p.a. si sia illegittimamente autovincolata, mediante esplicito rinvio ad una fonte normativa (erroneamente richiamata), attesa la sua non disapplicabilità” (Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2005, n. 43).

Ne deriva che le prescrizioni del bando di gara non possono neppure essere disapplicate dalla pubblica amministrazione, ancorché ritenute genericamente “inopportune”; esse, infatti, “costituiscono la lex specialis della gara stessa, la quale vincola non solo i concorrenti ma anche la stessa amministrazione, la quale non dispone di alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione né può disapplicarle neppure nel caso in cui talune di esse risultino inopportune, salva la possibilità di far luogo, nell’esercizio del potere di autotutela, all’annullamento d’ufficio del bando” (Cons. Stato, Sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 263).

Il bando (e gli atti connessi, come il disciplinare di gara ed il capitolato speciale) costituisce, dunque, la lex specialis di gara ed è vincolante in modo inderogabile per tutti i soggetti interessati – pubblica amministrazione e concorrenti – anche e soprattutto per salvaguardare incondizionatamente la par condicio dei concorrenti.

Il bando di gara è un atto amministrativo volto a dare inizio e a regolare una fase procedimentale: rappresenta la lex specialis di gara le cui prescrizioni non vincolano solo i concorrenti, ma anche la pubblica amministrazione, la quale non dispone, quindi, di margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione.

3. Bando di gara e jus superveniens

È ben possibile che nelle more di un procedimento di affidamento di un contratto pubblico, che ha inizio con la pubblicazione del bando di gara e termina con l’aggiudicazione definitiva,  che rappresenta dunque una serie di atti finalizzati a un determinato e unico risultato, sopraggiunga una modifica legislativa che trova immediata applicazione  nell’ambito dell’ordinamento giuridico.

Con riferimento all’efficacia della legge nel tempo, occorre, innanzitutto, considerare il principio fondamentale dell’irretroatività delle nuove norme: secondo l’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale (preleggi al Codice Civile)[1], infatti, la legge non dispone che per l’avvenire e, quindi, non può avere effetto retroattivo. La nuova norma entrata in vigore non si riferisce ai rapporti verificatisi nel tempo precedente la sua emanazione: in base al principio di irretroattività, dunque, ogni atto va valutato secondo la norma vigente al momento del suo compimento (tempus regit actum).

Per effetto di questo principio, di carattere generale, quindi, ogni norma di legge ha efficacia dal momento della rispettiva entrata in vigore, salvo espressa disposizione di carattere speciale, riguardo alla sua eventuale retroattività. Il legislatore, infatti, per poter consentire la conclusione dei rapporti non in via di definizione senza far venire meno le aspettative di coloro che si basavano sulla precedente normativa, spesso detta le “norme transitorie” dove lo stesso prende in considerazione la precedente disciplina o dei criteri meno rigidi di applicazione della nuova norma.

In mancanza, tuttavia, di norme transitorie, si pone il problema della individuazione di un criterio generale tramite il quale risolvere le questioni sorte per la successione di leggi nel tempo e, in particolare, determinare la legge applicabile al caso concreto.

Ebbene, ove manchi la disciplina transitoria, onde evitare di giungere all’applicazione retroattiva di nuove norme in luogo di quelle utilizzate dall’amministrazione per la predisposizione del bando di gara, la giurisprudenza ha elaborato importanti principi andando a definire un orientamento ormai consolidato.

In termini generali, di recente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 9 del 24 maggio 2011) ha riaffermato il principio secondo cui, in tema di jus superveniens e pubblici concorsi, le disposizioni sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore. Infatti il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale e non anche ad attività interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio. L’Adunanza Plenaria precisa che, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento di indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenute per le quali non è configurabile alcun richiamo implicito nella lex specialis, non modificano i concorsi già banditi a meno che non sia espressamente stabilito dalle norme stesse.

I principi suesposti con riferimento alla materia dei pubblici concorsi sono stati affermati anche nell’ambito della casistica sull’affidamento di contratti pubblici.

Quanto agli effetti dello jus superveniens, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, l’applicazione del principio di immodificabilità del bando – di cui al precedente paragrafo – discendente dal suo inquadramento come lex specialis di gara, implica che, una volta adottato, il bando di gara continui a regolare le fasi della procedura anche se medio tempore è sopravvenuta una difforme normativa.

Consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6694; Cons. St., Sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5714; Cons. reg. sic., 22 marzo 2000, n. 128; Cons. Stato, Sez. V, 29 dicembre 1998) ritiene, infatti, che le regole fissate nel bando devono essere applicate dall’amministrazione, anche se illegittime o divenute non conformi allo jus superveniens, salvo l’esercizio del poter di autotutela da parte dell’amministrazione stessa.

Richiamando quanto detto nel paragrafo che precede, poiché il bando è un atto amministrativo, ovvero lex specialis della procedura, il bando stesso è indifferente ed insensibile alle modifiche, sopravvenute, del regime normativo vigente, ed osservato con la lex specialis, al momento della sua emanazione (ex multis, Cons. St., Sez. IV, 29 dicembre 1998, n. 1605). Ne consegue che l’Amministrazione è tenuta, nella conduzione della procedura selettiva, ad applicare le regole contenute nel bando, anche nel caso di sopravvenuta abrogazione o modifica della disciplina vigente al momento della sua adozione.

La giurisprudenza più consolidata ritiene che “in sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto, la P.A. è tenuta ad applicare le regole fissate nel bando, atteso che questo, unitamente alla lettera d’invito, costituisce la lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, che non può essere disapplicata nel corso del procedimento, neppure nel caso in cui talune delle regole in essa contenute risultino non più conformi allo jus superveniens, salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela. Il bando di una gara di appalto è atto a carattere normativo, lex specialis della procedura, rispetto alla quale l’eventuale jus superveniens di abrogazione o di modifica di clausole non ha effetti innovatori. In tema di procedure ad evidenza pubblica, infatti, vale il principio di tutela dell’affidamento dei concorrenti, per cui le gare devono essere svolte in base alla normativa vigente alla data di emanazione del bando, ossia al momento di indizione della relativa procedura (Cons. St., Sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5316)” (Consiglio Stato, sez. V, 23 giugno 2010, n. 3964).

In particolare, il richiamo operato dal bando ad una determinata norma, come regola per il futuro agire dell’amministrazione, ha carattere materiale e non dinamico. La norma, fatta propria dalla stazione appaltante come regola del procedimento di gara, diviene indifferente ai mutamenti successivamente intervenuti a livello normativo, anche se aventi decorrenza retroattiva, ossia dal momento dell’emanazione dell’atto che vi ha dato applicazione (Cons. Stato, Sez. V, 29 dicembre 1998, n. 1605). In tale ipotesi, come in genere in ogni caso di bando o di invito illegittimi, sarà facoltà dell’amministrazione provvedere all’annullamento della gara e alla conseguente rinnovazione (Cons. reg. sic., 3 novembre 1999, n. 576; Cons. Stato, Sez. VI, 2 novembre 1998, n. 1485); ed è evidente che l’interesse pubblico all’annullamento sarà più o meno rilevante a seconda dello stato iniziale o avanzato del procedimento e dell’esigenza di considerare l’eventuale affidamento dei terzi.

Il bando, ad avviso dei giudici di Palazzo Spada, se non impugnato nei termini di decadenza, non può essere disapplicato dal giudice amministrativo nemmeno se è in contrasto con una norma comunitaria; situazione che dà luogo all’illegittimità dell’atto, e quindi alla sua annullabilità previa impugnativa nei termini, ma non alla nullità (Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35).

Il Consiglio di Stato è ormai fermo, dunque, nell’affermare i seguenti principi:

  • il bando è atto amministrativo, lex specialis della procedura, rispetto alla quale l’eventuale ius superveniens è ininfluente;
  • la stazione appaltante è tenuta, nella gestione della procedura, ad applicare le regole contenute nel bando, anche nel caso di sopravvenienze normative che determinano il contrasto delle clausole medesime con le nuove norme fatto, salvo l’eventuale esercizio del potere di autotutela.

Le regole fissate nel bando devono essere applicate dall’amministrazione, anche se illegittime o divenute non conformi allo jus superveniens, salvo l’esercizio del poter di autotutela da parte dell’amministrazione stessa.

4. Recente casistica

In ragione delle continue modifiche apportate alle norme che regolano le procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 163/2006 s.m.i., la giurisprudenza sempre più di frequente si è trovata a dover applicare i principi – di cui si è dato conto nel paragrafo che precede – relativi al rapporto fra la lex specialis e lo jus superveniens.

In particolare, a parere di chi scrive, nell’ambito della casistica oggetto delle più recenti pronunce giurisprudenziali, occorre porre in rilievo quanto statuito con riferimento all’impatto sulle procedure in itinere delle modifiche apportate agli artt. 46 e 38 del D. Lgs. n. 163/2006 s.m.i..

  • TAR Valle d’Aosta – Aosta, sentenza 17 febbraio 2012 n. 15

Nell’ambito di un giudizio instaurato dal ricorrente per l’annullamento del provvedimento di esclusione da una procedura ristretta accelerata volta all’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale per mancata sottoscrizione per esteso dell’offerta tecnica, il TAR Aosta afferma che la norma sulla tassatività delle cause di esclusione – art. 46 comma 1–bis del D. Lgs. n. 163/2006[2] – è stata introdotta dall’art. 4, comma 2 lettera d) del D.L. 13 maggio 2011 n. 70 convertito in Legge 12 luglio 2011, n. 106 ed è entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La norma in questione non si applica alla gara de quo atteso che per giurisprudenza costante è il momento di pubblicazione del bando che cristallizza la normativa applicabile alla gara.

Come si legge nella sentenza, “Il bando, unitamente alla lettera di invito, assolve la funzione precipua di dettare il regolamento della gara e, in quanto “lex specialis” della procedura di selezione, impone all’Amministrazione la stretta osservanza delle relative prescrizioni. Da siffatto principio generale discende, quale logico corollario, l’indifferenza e l’insensibilità del bando, e, quindi, delle regole della gara, alle modifiche, sopravvenute, del regime normativo vigente, ed osservato con la “lex specialis”, al momento della sua emanazione; ne consegue che l’Amministrazione è tenuta, nella conduzione della procedura selettiva, ad applicare le regole in esso contenute, anche nel caso di sopravvenuta abrogazione o modifica della disciplina vigente al momento della sua adozione, e, al contempo, le è precluso di derogare al regolamento di gara per come cristallizzato nella “lex specialis”, quand’anche fosse divenuto “medio tempore” difforme dallo “ius superveniens” (Consiglio Stato, sez. V, 23 giugno 2010, n. 3964)”.

Nel caso di specie non vi è dubbio che la norma è sopravvenuta al momento della cristallizzazione della lex specialis (bando pubblicato sulla G.U.U.E. del 25 settembre 2010, lettera di invito del 4 marzo 2011), donde la sua inapplicabilità alla fattispecie. In particolare, sul punto non appare pertinente il richiamo alla nullità, pure comminata dalla norma in questione, attesa l’inconfigurabilità di una nullità sopravvenuta, in assenza di una esplicita previsione di retroattività della legge.

L’orientamento di cui sopra trova conferma, inoltre, nell’art. 4, comma 3 del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, come modificato dalla legge di conversione 12 luglio 2011 n. 106 che ha espressamente previsto che la disposizione in questione si applica ai bandi successivi all’entrata in vigore del decreto legge.

Si evidenzia che l’interpretazione sopra riportata è stata condivisa di recente anche dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (Parere AVCP n. 10 del 08/02/2012).

Nel parere, avente ad oggetto la questione interpretativa relativa alla definizione dei confini temporali entro i quali si colloca l’art. 46 comma 1-bis del D. Lgs. n. 163/2006, così come introdotto dal D.L. n. 70/2011, convertito in Legge n. 106/2011, si evidenzia che la questione della successione nel tempo delle norme regolatrici è stata affrontata dallo stesso legislatore: all’art. 4 comma 3 del D.L. n. 70/2011 è previsto, infatti, che l’art. 46, comma 1-bis del D. Lgs. n. 163/2006, si applica “alle procedure i cui bandi o avvisi con i quali si indice una gara sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”.

L’AVCP, in particolare, evidenzia la inapplicabilità al caso di specie della nuova disciplina in materia di cause di esclusione considerato che il bando era stato pubblicato in data antecedente a quella del 14 maggio 2011, cui risale l’entrata in vigore del d.l. n. 70/2011.

E ancora, l’AVCP, aderendo al costante orientamento giurisprudenziale di indifferenza del bando allo jus superveniens, afferma che “[…] tenuto conto della specifica norma transitoria introdotta dal legislatore, in disparte il principio di irrilevanza dello jus superveniens nelle pubbliche gare, secondo cui “il bando di una gara di appalto è atto amministrativo a carattere normativo, lex specialis della procedura, rispetto alla quale l’eventuale jus superveniens di abrogazione o di modifica di clausole non ha effetti innovativi (salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela), le disposizioni sopravvenute alla pubblicazione del bando, non possono essere applicate alla gara” (cfr. T.A.R Sicilia Catania, sez. IV, 08 febbraio 2007, n. 223)”.

Infine, nel citato parere, l’AVCP, allineandosi ai precedenti giurisprudenziali ivi richiamati (Cons. Stato, ordinanza 12 ottobre 2011, n. 4497; TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, sentenza n. 2437 del 21 dicembre 2011) afferma che “La giurisprudenza, dal canto suo, non ha potuto che prendere atto del predetto assetto normativo, come risultante dalla legge di conversione, affermando, per ipotesi analoghe, che “il principio della tassatività delle cause legali che legittimano l’esclusione dalle gare di appalto ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis del codice appalti, come modificato dal d.l. n. 70 del 2011 non è, in ogni caso, estendibile alla procedura oggetto del presente giudizio iniziata in data antecedente al 14 maggio 2011, data di entrata in vigore della predetta norma”.

  • TAR Puglia – Bari, Sez. I, sentenza 8 marzo 2012 n. 491

Il TAR, nel respingere il ricorso proposto per l’annullamento della determinazione del dirigente Settore Lavori pubblici del Comune di Andria avente ad oggetto revoca dell’aggiudicazione provvisoria, afferma che “Questione di diritto dirimente per la decisione della controversia all’esame del Collegio va individuata nella corretta interpretazione del requisito generale inerente la partecipazione alle procedure di affidamento di appalti pubblici, di cui all’art. 38 comma 1 lett g) D.Lgs. 163/2006, nel testo vigente alla data di esperimento della gara per cui è causa, il cui bando è stato pubblicato il 29 luglio 2009. La lex specialis ha infatti espressamente richiesto il possesso, in capo ai partecipanti, dei requisiti di ordine generale o morale di cui all’art. 38 Codice contratti pubblici, il cui primo comma lett g) esclude i concorrenti che abbiano commesso “violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”. Preme rilevare la non applicabilità nel presente giudizio del D.L. n. 70/2011 c.d. “sviluppo” entrato in vigore il 14 maggio 2011, applicabile soltanto alle gare bandite dopo tale data (Consiglio di Stato, sez V, ord. 12 ottobre 2010, n. 4497) il cui art. 4 comma 2 lett b) punto 1.5 ha aggiunto dopo il termine “violazioni” la parola “gravi”.

Il TAR Bari, nel solco della costante giurisprudenza sull’indifferenza del bando di gara allo jus superveniens, afferma che la norma di cui all’art. 38, comma 1 lettera g) del D. Lgs. n. 163/2006[3], essendo stata introdotta dall’art. 4, comma 2 lettera b) punto 1.5 del D.L. 13 n. 70/2011 convertito in Legge n. 106/2011 ed entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non si applica alla gara de quo.

In ragione delle continue modifiche apportate alle norme che regolano le procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 163/2006 s.m.i., la giurisprudenza sempre più di frequente si è trovata a dove applicare i principi relativi al rapporto fra la lex specialis e lo jus superveniens


[1] Art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

[2] Art. 46, comma 1 – bis  del D. Lgs. n. 163/06 “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

[3] Art. 38, comma 1 lettera g) del D. Lgs. n. 163/2006 “1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti

[…]

g) che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;

[…]”

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Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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