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Premessa

Con il presente contributo si intende affrontare la problematica dell’esclusione del concorrente da una procedura di gara per mancanza dei requisiti speciali e, nello specifico, dei requisiti di capacità economico-finanziaria (fatturato globale e fatturato specifico o per forniture/servizi analoghi) previsti dall’art. 41 D. lgs. n. 163/2006. Come si dirà nel prosieguo della trattazione, tale esclusione incontra maggiori ostacoli a seguito dalla modifica intervenuta sul citato art. 41 ad opera del D.L. n. 95/2012, convertito in L. 135/2012 (c.d. spending review bis), il quale ha, in coda al comma 2, aggiunto il seguente periodo: “sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale”.

I requisiti di capacità economico-finanziaria. Caratteristiche e novità

Preliminarmente, giova ricordare che cosa si intenda per requisiti di capacità economico-finanziaria. Intanto, siamo dinanzi ad una delle varie tipologie di requisiti di partecipazione, ossia di uno degli elementi soggettivi, riguardanti esclusivamente l’operatore economico concorrente, che costituiscono il presupposto per l’ammissione dello stesso alla procedura di gara. I requisiti di partecipazione vanno tenuti distinti dai criteri di valutazione delle offerte, i quali attengono invece alle caratteristiche oggettive della prestazione oggetto dell’appalto ed assumono rilievo in una fase successiva della procedura.

Nell’ambito dei requisiti di partecipazione si suole distinguere, anche in base allo specifico dettato del Codice dei contratti pubblici, tra requisiti di carattere generale, miranti a garantire l’affidabilità morale dell’operatore economico ed elencati nell’art. 38 del Codice dei contratti, e requisiti di carattere speciale, disciplinati dagli artt. 40 e seguenti del Codice, che fanno riferimento invece alle capacità – economiche, organizzative e professionali – che l’operatore economico deve possedere per partecipare ad una procedura. Questi requisiti sono di regola definiti in concreto dalla lex specialis della gara.

I requisiti di carattere speciale si distinguono tra quelli che attengono alle capacità economico-finanziarie e quelli che concernono invece le capacità tecniche e professionali.

Tralasciando il settore dei lavori pubblici, per il quale il possesso dei requisiti di carattere speciale segue il rigoroso sistema di qualificazione mediante le SOA, nel settore dei servizi e delle forniture le norme di riferimento sono gli artt. 41 e 42 del Codice. In questa sede ci soffermeremo in particolare sui requisiti di capacità economico-finanziaria, di cui al citato art. 41.

Si tratta, in questo caso, dei requisiti volti a garantire l’affidabilità del concorrente sotto il profilo economico, mediante la dimostrazione di una solidità finanziaria dello stesso tale da renderlo plausibilmente in grado di realizzare le forniture o i servizi in termini rispondenti a quanto richiesto.

L’art. 41 individua in realtà due tipi di requisiti di capacità economico-finanziaria: quello attinente al fatturato globale e quello attinente invece al fatturato specifico o per forniture/servizi analoghi. Il fatturato globale è la cifra d’affari maturata dall’operatore economico negli ultimi tre esercizi finanziari[1] e fornisce preziose indicazioni in merito alla solidità economica e alla reale capacità operativa dell’operatore economico. Il fatturato specifico invece è dato dalla cifra d’affari relativa a forniture o servizi identici o, quantomeno, analoghi a quelli oggetto della procedura per cui tale requisito è richiesto.

Molto si è discusso in dottrina e in giurisprudenza sul concetto di fornitura o servizio “analoghi”. Chiedere un’esperienza pregressa nello specifico settore dell’appalto è sicuramente corretto in quanto consente alla stazione appaltante di selezionare operatori economici potenzialmente in grado di dare piena e soddisfacente esecuzione all’oggetto peculiare dell’appalto.

Si dibatte però sulla misura e sui contenuti del concetto di analogia. Un eccessivo rigore nel richiedere una esperienza specifica nel settore oggetto della gara può determinare un congelamento del mercato, nel senso di una compressione eccessiva della concorrenza che impedisce, di fatto, l’alternanza tra le imprese nell’accesso alle commesse pubbliche. D’altra parte, anche un’interpretazione troppo elastica del concetto di servizio o fornitura analoghi può far incorrere la stazione appaltante nel rischio concreto di scegliere operatori economici privi di una effettiva esperienza pregressa in quel settore specifico, con tutte le possibili ricadute negative in termini di affidabilità del contraente nella fase di esecuzione del contratto[2].

La discrezionalità delle stazioni appaltanti nell’individuare i requisiti di partecipazione

L’art. 41 citato sancisce che la capacità economico-finanziaria di un operatore economico può essere dimostrata in diversi modi: dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati; bilanci o estratti dei bilanci dell’impresa, ovvero autodichiarazione dei medesimi ai sensi del D.P.R. n. 445/2000; ovvero ancora autodichiarazione concernente il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi[3].

Inoltre, ai sensi del comma 2 della disposizione in esame, “le amministrazioni precisano nel bando di gara i requisiti che devono essere posseduti dal concorrente, nonché gli altri eventuali che ritengono di richiedere”.

Ciò significa che le stazioni appaltanti scelgono gli specifici requisiti che soddisfano la loro peculiare esigenza di affidabilità e solidità economica per l’esecuzione di un dato appalto e ciò in funzione delle caratteristiche specifiche, dell’importo e dell’oggetto dell’appalto medesimo. In tale ottica, le stazioni appaltanti possono addirittura individuare requisiti ulteriori, atti a dimostrare nel modo ritenuto dalle medesime più soddisfacente la necessaria affidabilità economico–finanziaria, tecnico-professionale ed organizzativa.

Tale potere di scelta della pubblica amministrazione non è però certamente scevro da limiti. Si tratta di un potere discrezionale, che, come tale, deve soggiacere al rispetto dei principi di ragionevolezza, logicità e proporzionalità[4]. La stazione appaltante, nell’individuare i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, deve, in altre parole, rispettare la necessaria proporzionalità e coerenza tra i requisiti richiesti e l’oggetto dell’affidamento, valutato non solo nell’importo ma anche nelle sue peculiari caratteristiche.

L’individuazione di requisiti di partecipazione particolarmente stringenti o ulteriori deve fare i conti anche con il divieto di inutile aggravamento del procedimento sancito dalla L. n. 241/1990[5].

La giurisprudenza, ed a seguire l’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, hanno avuto modo, ad esempio, di intervenire in più occasioni sul concetto di “soglia di censurabilità” della clausola del bando che prevede un fatturato globale minimo.

Tendenzialmente, la linea di confine al di là della quale il giudice potrebbe ritenere sproporzionata e lesiva del favor partecipationis la clausola del bando che richieda un dato fatturato globale minimo è stata individuata nella richiesta di un fatturato globale nel triennio precedente pari al doppio dell’importo posto a base d’asta[6].

In altri termini, la stazione appaltante deve contemperare, da un lato, il suo potere-dovere di mettere in atto tutti gli strumenti più adeguati ed efficaci per perseguire l’interesse pubblico concreto sotteso all’appalto da affidare e, dall’altro, deve far salvo il favor partecipationis, non introducendo requisiti che finiscano per comportare una indebita riduzione dell’accesso delle imprese presenti sul mercato a quella specifica commessa pubblica.

I nuovi limiti alla discrezionalità delle stazioni appaltanti introdotte dalla L. 135/2012

Come accennato in premessa, l’art. 1, comma 2-bis, lett. b) del D.L. n. 95/2012, convertito in L. 135/2012, ha aggiunto il seguente periodo al comma 2 dell’art. 41 D. Lgs. n. 163/2006: “sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale”.

Tale previsione ha decisamente ristretto il potere discrezionale delle stazioni appaltanti nello stabilire requisiti di accesso alle procedure d’appalto riferibili ad un fatturato minimo pregresso. In assenza di una congrua motivazione ad hoc, infatti, tali restrizioni all’accesso alle gare non sono ammissibili, pena l’impugnabilità della clausola del bando che le prevede.

Intanto, occorre esaminare nel dettaglio il dettato della suddetta novella normativa. Il legislatore, nel parlare di “fatturato aziendale”, non impiega la medesima locuzione utilizzata nella lett. c) del comma 1 del medesimo art. 41: “fatturato globale di impresa”. L’impiego di una terminologia non coincidente potrebbe portare a sostenere – ma la tesi non convince – che il divieto di introduzione di requisiti minimi di fatturato, in assenza di specifica motivazione, si estenda sia al requisito di fatturato globale che a quello di fatturato specifico.

Come detto, tale scelta interpretativa non sembra però percorribile, posto che, da un punto di vista strettamente lessicale e di senso comune dei termini impiegati, il concetto di fatturato aziendale sembra coincidere con quello riferibile all’attività dell’impresa nel suo complesso e, perciò, con il concetto di fatturato globale.

Da ciò discenderebbe che l’obbligo di una congrua motivazione per introdurre limiti di accesso alle gare riguarderebbe solo il fatturato globale e non quello per servizi/forniture analoghi, per i quali le stazioni appaltanti resterebbero libere di porre, nell’esercizio del loro potere discrezionale, dei paletti, per così dire, “quantitativi” relativi alle forniture o servizi analoghi svolti in passato, senza necessità di motivare in modo specifico ed esauriente la propria scelta in tal senso.

Resta sicuramente fuori dall’ambito di operatività della limitazione sopra descritta anche il potere di individuare requisiti di partecipazione ulteriori di tipo tecnico-professionale, di cui all’art. 42, non trattandosi – come è evidente – di requisiti attinenti al fatturato.

La “congrua motivazione” come condizione per l’esercizio del potere discrezionale   

Ci si domanda ora che cosa debba intendersi per congrua motivazione e che effetti possano scaturire dalla sua assenza.

In primo luogo, il concetto di motivazione (espressa e) congrua sottintende che la medesima, all’occorrenza, potrà (rectius: dovrà) essere assoggettata al vaglio del giudice amministrativo che ne valuterà non solo la presenza ma anche il contenuto, il quale, per essere legittimo, dovrà essere considerato ragionevole, fondato -ossia veritiero e coerente con i requisiti posti – ed esauriente.

Ne discende che il potere discrezionale della stazione appaltante è stato notevolmente compresso: la stessa è tenuta a dare preciso e, potrebbe aggiungersi, convincente conto della sua scelta di introdurre specifici limiti di accesso ad una data procedura legati al fatturato. Tali limiti devono infatti trovare chiara e soddisfacente giustificazione nei motivi esplicitati dall’amministrazione nella documentazione di gara.

Sicuramente l’obbligo di una motivazione espressa, e per di più “congrua”, costituisce un deterrente per le pubbliche amministrazioni che non abbiano fondati motivi – legati evidentemente alle peculiarità dell’appalto – per circoscrivere l’accesso alla procedura solo alle imprese che superino un certo fatturato nel triennio.

In altre parole, non è sufficiente introdurre limiti di fatturato che siano di per sé ragionevoli, logici e proporzionati alla luce dei canoni giurisprudenziali sopra descritti, ma occorre necessariamente che dell’introduzione di tali limiti si dia ampia ragione in bando.

In questo modo, si sottopone al sindacato giurisdizionale non soltanto la ragionevolezza, proporzionalità e logicità del requisito di partecipazione introdotto ma anche la fondatezza delle ragioni della sua introduzione e, non ultimo, la capacità della stazione appaltante di descrivere compiutamente tali ragioni.

Condizioni per l’esclusione del concorrente privo dei requisiti di fatturato

Alla luce della novella normativa del 2012 si può affermare che allo stato attuale un concorrente non può essere escluso per mancanza di un requisito di fatturato minimo globale se non in presenza di alcune condizioni preliminari:

  1. il bando deve aver introdotto un requisito minimo di fatturato globale da considerarsi comunque proporzionato e ragionevole rispetto all’importo posto a base di gara;
  2. nel bando deve essere esplicitamente indicata la motivazione dell’introduzione di tale requisito minimo;
  3. la motivazione indicata deve essere adeguata ed esauriente.

In assenza anche di una sola di queste condizioni, l’esclusione del concorrente che non vanti un fatturato globale nel triennio precedente almeno pari a quello richiesto dal bando è da considerarsi illegittima.

La presenza della motivazione, espressa e congrua, assurge pertanto a condizione essenziale per la legittimità dell’eventuale introduzione di un limite di fatturato, quale requisito di partecipazione ad una gara.

Un’ultima considerazione appare necessaria: il divieto di porre limiti di accesso alle gare connessi al fatturato si scontra con la previsione di cui all’art. 41, comma 1, lett. c) – non modificato – che, ai fini della dimostrazione dei requisiti economico-finanziari, ammette la produzione della autodichiarazione sul fatturato globale d’impresa. Così, se da un lato viene introdotto il divieto per le stazioni appaltanti di richiedere un fatturato minimo per l’accesso alle gare, dall’altro resta ferma la possibilità di rendere una dichiarazione a comprova della misura del fatturato posseduto. Tale contraddizione, frutto probabilmente di un mancato coordinamento normativo, porta a ritenere che la produzione della dichiarazione sul fatturato perda di senso e di utilità nella generalità dei casi in cui, in assenza di congrua motivazione, le stazioni appaltanti non possano imporre i limiti di accesso alle gare sin qui esaminati.

Il caso problematico dei servizi di ingegneria e architettura

Affrontiamo, per concludere, il caso peculiare delle procedure di affidamento di servizi di ingegneria e architettura.

L’esaminato divieto di introdurre limiti di accesso alle gare connessi al fatturato aziendale ha avuto un notevole impatto su alcune norme regolamentari attuative del Codice, in particolare sull’articolo 263, comma 1, lettera a) del D.P.R. 207/2010 che prevede, per i servizi di ingegneria e architettura, la necessità di un fatturato globale minimo, nella misura stabilita dalle stazioni appaltanti, per tali servizi relativo agli ultimi cinque anni[7].

Si pone in tal caso un problema interpretativo e di coordinamento tra norme: da un lato vi è una norma regolamentare che detta, per sua natura, una disciplina speciale; dall’altro vi è una norma di rango primario, peraltro successiva nel tempo, che introduce un limite per certi versi incompatibile con la citata disposizione regolamentare. Appare difficile sostenere che la norma di rango primario, introdotta con la legge n. 135/2012, non incida direttamente sulla disposizione del regolamento.

Da ciò può legittimamente sostenersi che, per le gare per servizi di ingegneria e architettura, la richiesta di fatturato possa essere prevista come requisito di partecipazione nel bando soltanto in presenza di una “congrua” motivazione.

Tuttavia, dal punto di vista letterale, la nozione di fatturato “globale” è differente da quella di “fatturato globale per servizi di ingegneria e architettura”. Potrebbe invero sostenersi che la norma regolamentare che richiede un certo fatturato minimo nel quinquennio sia ancora applicabile senza necessità di alcuna motivazione anche se, in concreto, per i professionisti i due concetti – “fatturato globale” e “fatturato globale per servizi di ingegneria ed architettura” – di regola coincidono. La questione pertanto resta aperta.


[1] Si veda la determinazione  AVCP del 21 maggio 2009, n. 5.

[2] Il concetto di “servizio/fornitura analogo” è da intendersi non come identità ma come similitudine tra le prestazioni rese in passato e quelle poste ad oggetto della gara. In tal senso, TAR Brescia, Sent. 8 gennaio 2011 n. 23; AVCP, parere di precontenzioso, del 17 luglio 2013, n. 120.  

[3] In proposito, appare interessante una pronuncia del Consiglio di Stato (Sent. 23 febbraio 2010, n. 1040) nella parte in cui il Collegio attribuisce un peso differente ai due tipi di requisito di capacità economico-finanziaria, affermando che: la disposizione contenuta nell’articolo 41 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, consente all’amministrazione appaltante di inserire nel bando di gara la richiesta della prova della capacità economica e finanziaria attraverso una dichiarazione che riguardi sia il fatturato globale, sia il fatturato del settore oggetto dell’appalto, ma solo la dichiarazione del primo dato è indispensabile (nell’ambito della scelta discrezionale dei documenti ritenuti più opportuni al fine della prova del requisito in esame) ai fini della legittimità del bando, laddove la richiesta del secondo dato è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione, il cui concreto esercizio, com’è noto, sfugge al sindacato di legittimità allorquando non risulti essere manifestamente illogica, arbitraria, irragionevole o irrazionale”.

[4] Cfr. Cons. Stato Sent. 29 dicembre 2009, n. 8914; Cons. Stato Sent. 3 aprile 2007, n. 2304; parere AVCP 29 aprile 2010, n. 83, e, da ultimo, parere AVCP 19 giugno 2013, n. 106, secondo cui “gli artt.  41 e 42 del Codice dei contratti pubblici, infatti, lasciano ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti circa la possibilità di prevedere requisiti di qualificazione più restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché tali prescrizioni rispettino i principi di proporzionalità e ragionevolezza, in modo tale da non restringere oltre lo stretto indispensabile la platea dei potenziali concorrenti e da non precostituire situazioni di assoluto privilegio”.

[5] Art. 1 comma 2, L. n. 241/90: La pubblica amministrazione non può aggravare il  procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”.

[6] Ex multis, Cons. Stato Sent. del 31 gennaio 2006, n. 348; deliberazione AVCP del 24 gennaio 2007, n. 20.

[7] Art. 263  DPR n. 207/2010, comma 1. “ I requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di partecipazione alle gare sono definiti dalle stazioni appaltanti con riguardo: a)  al fatturato globale per servizi di cui all’articolo 252, espletati negli ultimi cinque esercizi antecedenti la pubblicazione del bando, per un importo variabile tra 2 e 4 volte l’importo a base d’asta;(…).

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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