Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Premessa

Il presente contributo costituisce l’aggiornato approfondimento delle tematiche sviluppate negli articoli pubblicati ai numeri 3 e 7, anno II, di questa rivista, vertenti sulla violazione dei doveri professionali e sulla irregolarità fiscale quali cause di esclusione dalle gare pubbliche.

La disamina, in coerenza all’evolversi dei contesti giurisprudenziali, affronterà le questioni attinenti, per un verso, all’individuazione del momento utile alla verifica del requisito della correttezza fiscale e alla rilevanza che, ai predetti fini, esplica la scadenza del termine di presentazione dell’offerta (o della domanda di partecipazione); per altro verso, alla configurabilità della fattispecie ostativa della grave negligenza o malafede nell’esecuzione di precedenti prestazioni contrattuali affidate da una stazione appaltante diversa da quella che ha indetto la gara, nel caso in cui il nuovo soggetto appaltante che abbia disposto l’esclusione si sia formato a seguito della fusione per incorporazione con la precedente P.A.

Accertamento definitivo dell’irregolarità fiscale e scadenza del termine di presentazione dell’offerta

La nozione di “violazione definitivamente accertata” è stata delineata nell’articolo pubblicato sul numero 7, anno II (pag. 19), al quale, pertanto, si rimanda.[1]

In questa sede, giova invece rammentare che la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34/E del 25 maggio 2007 fornisce già indirizzi operativi in merito alle modalità di attestazione della regolarità fiscale delle imprese partecipanti a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.

In particolare, secondo la menzionata circolare vi è regolarità fiscale quando, alternativamente:

  • a carico dell’impresa non risultino contestate violazioni tributarie mediante atti ormai definitivi per decorso del termine di impugnazione, ovvero, in caso di impugnazione, la relativa pronuncia giurisdizionale (che accerti la regolarità fiscale) sia passata in giudicato;
  • in caso di violazioni tributarie accertate, la pretesa dell’amministrazione finanziaria risulti, alla data di richiesta della certificazione, integralmente soddisfatta, anche mediante definizione agevolata.

La circolare precisa inoltre che non può essere considerata irregolare la posizione dell’impresa partecipante qualora sia ancora pendente il termine di sessanta giorni per l’impugnazione (o per l’adempimento) ovvero, qualora sia stata proposta impugnazione, non sia passata ancora in giudicato la pronuncia giurisdizionale.

La giurisprudenza ha dato applicazione ai principi contenuti in detta circolare, affermando che la definitività consegue ad una decisione giurisdizionale passata in giudicato o ad un atto amministrativo di accertamento tributario non impugnato e, quindi, divenuto incontestabile.[2] [3]

Tanto premesso, la questione affrontata anche recentemente consiste nello stabilire se l’impugnazione dell’avviso di accertamento nel rispetto del termine di legge, ma successivamente alla scadenza di quello previsto dal regolamento di gara per la domanda di partecipazione, sia idonea (o meno) ad integrare il requisito della regolarità fiscale.

La quinta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza del 17 gennaio 2013, n. 261, ha avuto occasione di statuire che le violazioni fiscali non possano reputarsi definitivamente accertate allorquando siano contestate in ossequio alle modalità temporali all’uopo fissate dalla legge, anche se in epoca successiva al termine stabilito per la presentazione dell’istanza partecipativa alla gara.

Il precedente non appare in linea con la consolidata giurisprudenza, secondo la quale, nella normativa nazionale vigente, la soglia temporale entro la quale gli aspiranti concorrenti hanno l’obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti prescritti (tra cui quello della regolarità fiscale) coincide con il termine ultimo per la presentazione delle offerte (procedure aperte) o delle domande (procedure ristrette) preventivamente individuato dalla stazione appaltante. Tale limite, secondo il giudice amministrativo, è rispettoso dei principi di trasparenza e di parità di trattamento posti a presidio del corretto svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: infatti, come puntualizzato dalla Corte di Giustizia (nella pronuncia del 9 febbraio 2006 resa nei procedimenti riuniti C226/04 e C228/04), le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto devono essere chiaramente definite in anticipo e richiedono che il termine sia determinato con certezza assoluta e reso pubblico, affinché gli interessati possano conoscere esattamente gli obblighi di gara ed essere assicurati della circostanza che gli stessi valgano per tutti i concorrenti.

Pertanto, la correttezza fiscale, come qualificazione soggettiva dell’impresa in termini di rispetto degli obblighi di legge, espressione di affidabilità della stessa, deve ritenersi esistente (e verificabile) al momento della partecipazione alla gara.

Resta irrilevante, per converso, l’eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione fiscale, seppure ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento.[4]

Alla stregua delle surriferite considerazioni, quindi, anche l’impugnazione della cartella esattoriale, per escludere il presupposto della definitività dell’accertamento fiscale richiesto ai fini dell’operatività della causa di esclusione dalle procedure di evidenza pubblica, dovrebbe intervenire anteriormente alla scadenza del termine della domanda di partecipazione o dell’offerta.

Invece il Consiglio di Stato, nel precedente sopra richiamato, sembra assegnare decisiva rilevanza alla circostanza che nei confronti della violazione tributaria addebitabile l’impresa abbia formulato contestazione nei termini decadenziali imposti dalla legge, indipendentemente dal momento in cui venga a scadenza il diverso termine di presentazione dell’istanza di ammissione alla gara o dell’offerta.

Grave negligenza commessa in danno di altre amministrazioni pubbliche

Ferma restando la disamina compiuta nell’articolo pubblicato sul numero 3, anno II (pagg. 25-28), alla quale si rinvia, giova qui ribadire, in relazione ai presupposti applicativi dell’art. 38 comma 1 lett. f) del D.lgs. n. 163/2006, che tale disposizione si giustifica con la necessità di garantire, fin dal momento genetico, l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.

L’esclusione non è automatica, ma deve essere il risultato di una “motivata valutazione” in ordine alla gravità dei pregressi inadempimenti, la quale riveste natura discrezionale ed è soggetta al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.[5]

Sul tema, peraltro, si è reiteratamente affermato che non è necessario un definitivo accertamento in sede amministrativa o giurisdizionale della responsabilità del contraente per l’inadempimento riguardante il rapporto contrattuale pregresso, essendo sufficiente la valutazione fatta dalla stessa amministrazione sulla rilevanza della precedente risoluzione per inadempimento contrattuale, determinata da grave negligenza (o malafede) nell’esercizio delle prestazioni affidate.[6]

Da tale premessa la giurisprudenza ha tratto il corollario, logico e giuridico, secondo cui non ha rilievo sui fatti accertati in sede amministrativa la circostanza che il procedimento penale avviato a carico del legale rappresentante dell’impresa concorrente sia stato poi archiviato con decreto del tribunale.[7]

Sotto ulteriore profilo, il supremo consesso di giustizia amministrativa ha avuto modo di precisare che l’art. 38 comma 1 lett. f) del D.lgs. n. 163/2006 deve trovare applicazione non solo nel caso di grave negligenza (o malafede) commessa nei confronti della stessa stazione appaltante ma anche nel caso in cui il nuovo soggetto appaltante possa considerarsi il successore del precedente soggetto appaltante (nei cui confronti si è verificata la negligenza). Quindi se due (o più) Asl si fondono in una nuova Azienda sanitaria la grave negligenza commessa nei confronti di una delle Asl fuse può determinare, a seguito di motivata valutazione della nuova stazione appaltante, l’esclusione da una nuova gara dell’impresa nei cui confronti era stata accertata (dalla precedente Asl) la grave negligenza.[8]

Tale indirizzo interpretativo, in sostanza, mostra di aderire alla tesi della rilevanza della violazione dei doveri professionali commessa (anche) nei rapporti con stazioni appaltanti diverse da quella che ha indetto la gara.[9] [10]

In sintesi, la grave violazione dei doveri professionali è riferibile indistintamente ai contratti stipulati sia 1) dalla stazione appaltante che ha bandito la gara, sia 2) da altre stazioni appaltanti, con la particolarità che nella prima ipotesi la norma invocabile è quella che figura nella prima parte dell’art. 38 comma 1 lett. f), D.lgs. n. 163/2006 (che corrisponde all’abrogato art. 75 comma 1 lett. f, D.P.R. n. 554/1999), mentre nella seconda ipotesi acquista rilevanza applicativa la seconda parte del medesimo disposto.

La differenza attiene altresì alla profondità del discorso motivazionale atto a sorreggere il provvedimento di esclusione, la quale si atteggia diversamente proprio a seconda che la valutazione circa il precedente professionale dell’impresa concorrente sia effettuata dalla stazione appaltante che bandisce la gara, oppure da una diversa.

Nel primo caso, infatti, è sufficiente il richiamo ob relationem all’atto con il quale, in altro rapporto contrattuale di appalto, la stessa Amministrazione abbia provveduto alla risoluzione per inadempimento contrattuale; in altre parole, la motivazione può essere costituita dal riferimento all’episodio già contestato.[11] Nel secondo caso, invece, occorre un approfondito apprezzamento in ordine alla importanza e incidenza negativa sul rapporto fiduciario delle precedenti risoluzioni contrattuali comminate da Amministrazioni diverse da quella che indice la procedura.[12] [13]


[1] Quanto alla “gravità” della violazione tributaria definitivamente accertata, la relativa ricorrenza postula l’omesso pagamento di imposte e tasse per l’importo superiore a diecimila euro (ex art. 48 bis, commi 1 e 2 bis del D.P.R. n. 602/1973), ai sensi dell’art. 4 comma 2 lett. b del D.L. n. 70/2011 conv. in L. n. 106/2011.

[2] Cfr, Mediappalti, pag. 19, numero 7, anno 7, giurisprudenza citata alla nota n. 13.

[3] L’art. 1 comma 5 del D.L. n. 16/2012, definisce il concetto di “violazioni definitivamente accertate” annettendo valenza ostativa, in tema di partecipazione alle procedure di affidamento, al mancato pagamento di debiti fiscali “certi, scaduti ed esigibili”. La previsione recepisce l’indirizzo giurisprudenziale di cui si è dato conto nel testo, in quanto: a) la “certezza” postula l’assenza di contestazioni innanzi al giudice tributario (per decorso del termine a ciò preordinato), oppure il passaggio in giudicato della statuizione giurisdizionale che confermi l’accertamento effettuato dalla Agenzia delle entrate; b) la “scadenza” sottende lo spirare del termine per l’adempimento, anche in forma di definizione agevolata, rateizzazione (etc.); c) la “esigibilità” implica che il debito non abbia costituito oggetto di condono o sanatoria fiscale.

[4] Cons. Stato, sez. VI, 11 agosto 2009, n. 4928, cit.; idem sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8215.

[5] Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 2012, n. 3078.

[6] Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 2012, n. 3078, cit.; Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2012, n. 3666.

[7] Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2013, n. 149.

[8] Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2013, n. 149, cit.

[9] T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 giugno 2011, n. 925; Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2010, n. 1500, Determinazione A.V.C.P. n. 1 del 12 gennaio 2010.

[10] I giudici accolgono la tesi menzionata nel testo muovendo da un’interpretazione c.d. “comunitariamente orientata” della norma nazionale di riferimento, così articolata: a) poiché il vigente D.lgs. n. 163/2006 si presenta come fonte di recepimento della disciplina comunitaria, l’art. 38 comma 1 lett. f) deve essere interpretato in modo coerente con le indicazioni desumibili dall’art. 45 par. 2 lett. d) della Direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE; b) la predetta norma comunitaria consente l’esclusione di ogni operatore economico che “nell’esercizio della propria attività professionale abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice“; c) tale formula corrisponde a quella della seconda parte dell’art. 38 comma 1 lett. f), D.lgs. n. 163/2006; d) dunque, in via generale, la normativa comunitaria consente di qualificare come ostativo qualsiasi episodio di errore che caratterizzi la storia professionale degli aspiranti concorrenti, purché sia abbastanza grave da metterne in dubbio l’affidabilità; e) la norma nazionale vigente riproduce quella comunitaria e di conseguenza rende rilevanti tutti gli errori professionali ovunque commessi.

[11] Ex multis: Cons. Stato, sez. V, n. 296/2010.

[12] Tra le tante, cfr. T.A.R. Marche, Ancona, 21 aprile 2008, n. 244.

[13] Per una esemplificazione sul punto, cfr. Mediappalti, numero 3, anno III, pag. 28.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giangiuseppe Baj
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.