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  1. L’errore nell’offerta economica quando è possibile intervenire da parte della Stazione appaltante

Con riferimento all’impossibilità di modificare l’offerta economica, il rispetto dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza nell’agire, comporta che ogni operatore economico abbia le stesse possibilità di accesso alla procedura di aggiudicazione evitando inammissibili squilibri di mercato.

La materia degli appalti è espressione di interessi pubblici generali ed è regolata dai principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’agire (come previsto dagli artt. 97, 41 e 43 della Costituzione), nonché dal principio di concorrenza e di par condicio tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale (v. artt. 101 e 102 TFUE). L’immodificabilità dell’offerta (e non ambiguità) è conseguenza diretta dell’applicazione di tali tutele.

A fronte di un errore materiale, secondo giurisprudenza, sussiste l’onere della stazione appaltante di procedere alla correzione dello stesso e di ricercare l’effettiva volontà del concorrente (T.A.R. Campania-Napoli 2015, n.5530). La correzione è possibile se non vi siano altri scenari possibili di interpretazione: deve quindi escludersi con ragionevole certezza più di una interpretazione.

In merito all’errore materiale è stato di recente evidenziato che “Per indirizzo giurisprudenziale univoco, ciò che si richiede al fine di poter identificare un errore materiale all’interno dell’offerta di gara e, quindi, procedere legittimamente alla sua rettifica, è che l’espressione erronea sia univocamente riconoscibile come tale, ovvero come frutto di un “errore ostativo” intervenuto nella fase della estrinsecazione formale della volontà (Consiglio di Stato, sez. III; 9 dicembre 2020, n. 7758). Per questa ragione la valutazione che la stazione appaltante è chiamata a svolgere – e che la giurisprudenza descrive – è la necessità che non sia posta in essere una indagine ricostruttiva della volontà, con sforzi ricostruttivi e interpretativi; l’attività da svolgere a cura della Stazione Appaltante è infatti quella di arrestarsi al riscontro di un’inesatta formulazione “materiale” dell’atto.

Ciò che si richiede al fine di poter identificare un errore materiale all’interno dell’offerta di gara e, quindi, procedere legittimamente alla sua rettifica, è che l’espressione erronea sia univocamente riconoscibile come tale, ovvero come frutto di un “errore ostativo” intervenuto nella fase della estrinsecazione formale della volontà.

Una cosa è, dunque, l’interpretazione conservativa dell’atto (1465 c.c.), altra è la correzione di una sua incongruenza estrinseca e formale, rinvenibile nel suo sostrato materiale, espressivo o comunicativo (1433 c.c.). In un caso, si fa riferimento a dati intrinseci all’atto, attinenti al suo significato giuridico e che ne motivano una certa valutazione contenutistica; nel secondo caso, viene emendata l’espressione materiale, come percepita nella sua consistenza fisica (ictu oculi), in un momento indipendente e antecedente alla ponderazione del suo significato giuridico (ex ante). Si può riconoscere quindi una certa circolarità “ermeneutica” tra interpretazione e rilevazione dell’errore materiale, potendo questo risaltare anche da una palese distonia di tipo logico o discorsivo rispetto alla restante trama espositiva del documento. (Consiglio di Stato, sez. III; 9 dicembre 2020, n. 7758).

La costante giurisprudenza del Consiglio (cfr., ex multis, sez. V, 1-8-2015 n. 3769; 27-4-2015, n. 2082; sez. III, 21-10-2014, n. 5196; 27-3-2014, n. 1487) afferma che nelle gare pubbliche “è ammissibile una attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purchè si giunga ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essi assunti; evidenziandosi, altresì, che le offerte, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 6/5/2016 n. 1827).

L’Amministrazione deve quindi contemperare il principio indefettibile di imparzialità dell’agire amministrativo che esige il rigoroso rispetto della par condicio tra i partecipanti alla gara – avente come logico corollario l’immodificabilità sostanziale delle offerte una volta scaduti i termini di presentazione fissati dalla legge di gara –  con il principio di conservazione degli atti giuridici, di cui è espressione il principio di favor partecipationis (un eccessivo rigorismo formale condurrebbe all’esclusione indiscriminata di operatori economici incorsi in omissioni, sviste o carenze formali sanabili senza pregiudizio delle esigenze di parità di trattamento).

La divergenza tra voluto e dichiarato, immediatamente rilevabile dall’Amministrazione senza necessità di particolari interpretazioni o verifiche del relativo dato, non può comportare il soccorso istruttorio, operando la Stazione appaltante d’ufficio.

In particolare “l’attività della Commissione limitata ad una mera correzione dell’errore di calcolo non lede in alcun modo in concreto la par condicio dei concorrenti (…); essa integra, di conseguenza, un mero esercizio del potere – dovere di interpretazione dell’offerta alla luce degli elementi oggettivi in essa contenuti allorquando l’offerta economica appare univoca e intrinsecamente coerente, nonché determinata e oggettivamente verificabile in tutti i suoi elementi” (Cons. St. – Sez. V, con sentenza. n.113/2018, ha fornito una specificazione chiarificatrice).

Non vi è alcuna inammissibile attività manipolativa ad opera della Stazione Appaltante quando la medesima si limita a correggere un mero errore materiale, a fronte di una volontà correttamente espressa dalla partecipante in relazione all’offerta economica. L’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque. Lalegittimità dell’offerta deve essere valutata ex ante, al momento della sua presentazione e non in sede di esecuzione, onde evitare che la lettura dell’offerta, come operata dall’Amministrazione, determini una violazione del principio di parità di trattamento e di imparzialità.

La ricostruzione della volontà contrattuale espressa dall’impresa concorrente è ammessa quando si possa giungere ad esiti certi in merito alla portata dell’impegno negoziale espresso nell’offerta. L’individuazione dell’offerta deve avvenire senza margini di opinabilità della volontà dell’offerente. Di conseguenza, più omissioni riscontrate, ad esempio, in sede di gara hanno carattere essenziale e non rimediabili d’ufficio, rappresentando un’obiettiva incertezza in ordine all’effettivo contenuto delle voci dell’offerta presentata (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 240).

Non vi è alcuna inammissibile attività manipolativa ad opera della Stazione Appaltante quando la medesima si limita a correggere un mero errore materiale, a fronte di una volontà correttamente espressa dalla partecipante in relazione all’offerta economica. L’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito

Nelle gare pubbliche l’errore materiale nell’offerta consiste in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere (Cons. Stato, V, 26 gennaio 2021, n. 796; III, 9 dicembre 2020, n. 7758, che parla di “‘errore ostativo’ intervenuto nella fase della estrinsecazione formale della volontà”).

E’ ammissibile quindi la rettifica di errori contenuti nell’offerta presentata in sede di gara a condizione che si tratti di correzione di ‘errore materiale’, necessariamente riconoscibile, e che non si sostanzi in operazioni manipolative e di adattamento dell’offerta, risultando altrimenti violati la par condicio, l’affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza (cfr. già Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2013, n. 889; id., III, 22 agosto 2012, n. 4592)” (Cons. Stato, V, 9 dicembre 2020, n. 7752; cfr. anche Id., 31 agosto 2017, n. 4146).

La ricostruzione della volontà contrattuale espressa dall’impresa concorrente è ammessa quando si possa giungere ad esiti certi in merito alla portata dell’impegno negoziale espresso nell’offerta. L’individuazione dell’offerta deve avvenire senza margini di opinabilità della volontà dell’offerente. Di conseguenza, più omissioni riscontrate, ad esempio, in sede di gara hanno carattere essenziale e non rimediabili d’ufficio, rappresentando un’obiettiva incertezza in ordine all’effettivo contenuto delle voci dell’offerta presentata.

L’orientamento giurisprudenziale rileva che “costituisce «onere della stazione appaltante, in presenza di errore materiale nella formulazione dell’offerta, quello di ricercare l’effettiva volontà del concorrente, come nel caso in cui, mediante il ricorso ad una mera operazione matematica, effettuata sulla base degli altri elementi contenuti nell’offerta economica, si possa procedere alla correzione dell’errore materiale stesso”. (Ciò a condizione che l’errore materiale, rilevabile immediatamente senza necessità di particolari verifiche o interpretazioni del relativo dato, non comporti quindi alcuna modifica dell’offerta economica globalmente intesa).

L’offerta economica del concorrente può essere modificata, anche ex officio, allorché la stessa rechi un mero errore materiale, la cui correzione non alteri l’effettiva volontà dell’offerente, risultante chiaramente dagli altri elementi dell’offerta economica stessa. L’attività della Commissione/seggio di gara integra, di conseguenza, un mero esercizio del potere – dovere di interpretazione dell’offerta alla luce degli elementi oggettivi in essa contenuti. L’offerta economica deve apparire univoca e intrinsecamente coerente, nonché determinata e oggettivamente verificabile in tutti i suoi elementi.

La Commissione/seggio di gara, come ribadisce la giurisprudenza ormai consolidata, deve limitarsi a correggere un mero errore materiale, a fronte di una volontà correttamente espressa dalla partecipante in relazione all’offerta economica, nei limiti indicati dalla consolidata giurisprudenza in materia. L’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque (Consiglio di Stato, VI, 2 marzo 2017, n. 978). La Stazione appaltante si deve quindi limitare ad una mera correzione dell’errore di calcolo, ad esempio, ponendo in essere un’operazione che non lede in alcun modo in concreto la par condicio dei concorrenti.

La corretta gestione di quanto sopra corrisponde ai dettami di un sistema ordinamentale interno basato sul principio di tassatività delle cause di esclusione e sul divieto di irragionevole restrizione della concorrenza, garantendo il principio essenziale nelle pubbliche gare che consiste nel favor partecipationis, ossia nell’interesse pubblico all’ampliamento della platea delle imprese in gara.

Condizione diversa, rispetto all’errore materiale, è la presentazione di una pluralità di offerte o di offerte alternative (così Cons. St., sent. n. 6205/2008). Tale situazione non può essere confusa con un errore materiale, avendo le due fattispecie natura ed elementi contraddistinti.

Condizione diversa, rispetto all’errore materiale, è la presentazione di una pluralità di offerte o di offerte alternative (così Cons. St., sent. n. 6205/2008). Tale situazione non può essere confusa con un errore materiale, avendo le due fattispecie natura ed elementi contraddistinti

Il principio della unicità dell’offerta impone ai partecipanti alle gare di presentare un’unica proposta tecnica ed economica. Detto principio risponde non soltanto alla necessità di garantire l’effettiva par condicio dei concorrenti, ma anche a quella di far emergere la migliore offerta nella gara.

La disposizione impone ai partecipanti alle gare pubbliche di concorrere essenzialmente con un’unica proposta tecnica ed economica, fatte naturalmente salve le migliorie dell’offerta. Secondo giurisprudenza consolidata, il principio de quo non solo risponde alla ratio di garantire l’effettiva par condicio degli operatori economici nella competizione, ma soprattutto assurge a baluardo dell’interesse pubblico a far emergere la migliore offerta, in sede di presentazione della stessa.

Analogamente, l’obbligo di presentare una sola offerta contenente una soluzione tecnica determinata ed un prezzo preciso, ed il corrispondente obbligo per la Pubblica Amministrazione di poter valutare solo offerte in tal guisa formulate, adempiono da un lato al principio di buon andamento dell’azione amministrativa, e dall’altro, al principio di imparzialità (Cons. St. sez. III, sentenza 10 dicembre 2020, n. 8146). La presentazione di più offerte comporta certamente una lesione della par condicio dei concorrenti, determinando solamente in capo ad alcuni di loro ulteriori e quindi maggiori, chances di vittoria.

Condizione diversa, rispetto all’errore materiale, è la presentazione di una pluralità di offerte o di offerte alternative che si risolve, invece, nella opportunità di sfruttare una pluralità di opzioni (così Cons. St., sent. n. 6205/2008). Il principio della unicità dell’offerta impone ai partecipanti alle gare di presentare un’unica proposta tecnica ed economica. Detto principio risponde non soltanto alla necessità di garantire l’effettiva par condicio dei concorrenti, ma anche a quella di far emergere la migliore offerta nella gara.

In caso di equivocità o di erroneità del bando, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità, impone di far precedere all’apertura delle buste un apposito provvedimento per illustrare ai partecipanti le correzioni da apportare e le ragioni che le giustificano, permettendo quindi tutti i concorrenti di adeguarsi alle nuove condizioni prima di presentare le proprie offerte e di prendere parte alla gara.

È dirimente che la commissione giudicatrice non modifichi (dopo la presentazione e l’apertura delle buste) la formula aritmetica dettata dal bando, ad esempio, ancorché incompleta o inapplicabile, e procedere all’attribuzione del punteggio relativo all’offerta economica.  Ciò comporterebbe in definitiva, che la condotta della commissione pregiudichi l’applicazione uniforme delle regole nei confronti di tutti i partecipanti, con conseguente illegittimità dell’intero procedimento di valutazione.

  • Il soccorso istruttorio indispensabile tra l’altro per il chiarimento dell’offerta o a rettifica di un errore manifesto dell’offerta. Il soccorso istruttorio e procedimentale

Il potere di soccorso istruttorio è riconosciuto nel settore dei contratti pubblici in seguito alle novità introdotte con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90; il medesimo è circoscritto alle dichiarazioni e attestazioni su fatti, stati e qualità che compongono la documentazione amministrativa che i partecipanti a procedure di affidamento sono tenuti a presentare.

L’istituto del soccorso istruttorio in generale tende ad evitare che irregolarità ed inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi procedimentali facilmente emendabili. Il soccorso istruttorio deve attenersi a carenze di natura formale.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea (nella sentenza sez. VIII, 10 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus) in merito al soccorso istruttorio si è espressa rilevando che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili e non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta.

Il soccorso istruttorio è una richiesta rivolta al concorrente per completare, chiarire, integrare quanto già presente agli atti; la rettifica di un errore materiale, immediatamente ed univocamente interpretabile, è invece un’azione operata d’ufficio dalla stazione appaltante.

Il soccorso istruttorio è una richiesta rivolta al concorrente per completare, chiarire, integrare quanto già presente agli atti; la rettifica di un errore materiale, immediatamente ed univocamente interpretabile, è invece un’azione operata d’ufficio dalla stazione appaltante.

Il “soccorso istruttorio” non può essere utilizzato per “correggere” (ex post) le ambiguità scaturenti da un’offerta formulata in modo impreciso poiché produrrebbe la conseguenza di consentire al concorrente che ha formulato l’offerta ambigua, di correggere (o rettificare) la sua azione propositiva a gara già avviata, conformandola utilmente al raggiungimento del risultato. Il che finirebbe con l’alterare la par condicio dei concorrenti.

L’attivazione del soccorso istruttorio è da ritenersi legittima, ad esempio, in caso di assenza di un certificato di regolare esecuzione dei lavori, il quale non è stato richiesto dalla legge di gara a pena di esclusione e la cui mancata allegazione non ha inciso sul contenuto dell’offerta. Non è riconducibile alla nozione di “incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta (ipotesi in cui la lacuna imputabile al concorrente non ammette il ricorso al “soccorso istruttorio” e comporta ex se l’esclusione dalla gara, cosi come rilevato dal C. di S., sez. V, 21/08/2017, n. 4048; TAR Campania-Napoli, 26 ottobre 2018 numero 6324), la mancanza di una dichiarazione sostitutiva.

Non è riconducibile alla nozione di “incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta (ipotesi in cui la lacuna imputabile al concorrente non ammette il ricorso al “soccorso istruttorio” e comporta ex se l’esclusione dalla gara, cosi come rilevato dal C. di S., sez. V, 21/08/2017, n. 4048; TAR Campania-Napoli, 26 ottobre 2018 numero 6324), la mancanza di una dichiarazione sostitutiva.

La disciplina è, ormai, orientata nel senso che, qualora siano posseduti i requisiti sostanziali per partecipare alla gara e sempre che le mancanze non riguardino l’offerta – condizione diversa dall’errore materiale oggetto di rettifica –  le omissioni dichiarative, anche essenziali, possano essere sanate (v. ex multis: T.A.R. Roma, sez. II, 14/03/2019, n.3440; T.A.R. Roma, sez. I, 19/03/2019, n.3667; T.A.R. Napoli, sez. II, 12/05/2017, n.2578; Consiglio di Stato sez. V, 19/05/2016, n.2106; Consiglio di Stato sez. V, 05/04/2019, n.2242).

L’omessa dichiarazione dei requisiti di moralità non comporta l’esclusione del concorrente allorchè la clausola del bando non richieda in termini espressi e specifici la dichiarazione dei medesimi, alla luce del principio di tassatività delle cause di esclusione (in termini Cons. Stato, V, 16 marzo 2017, n. 4788; V, 4 gennaio 2018, n. 53), dovendosi precisare ulteriormente che in detta evenienza la dichiarazione non può ritenersi falsa, ma al più solo incompleta, parziale o limitata, e come tale soggetta a soccorso istruttorio.

L’omessa dichiarazione dei requisiti di moralità non comporta l’esclusione del concorrente allorchè la clausola del bando non richieda in termini espressi e specifici la dichiarazione dei medesimi, alla luce del principio di tassatività delle cause di esclusione (in termini Cons. Stato, V, 16 marzo 2017, n. 4788; V, 4 gennaio 2018, n. 53), dovendosi precisare ulteriormente che in detta evenienza la dichiarazione non può ritenersi falsa, ma al più solo incompleta, parziale o limitata, e come tale soggetta a soccorso istruttorio.

In assenza dell’attivazione del soccorso istruttorio, l’esclusione del concorrente dalla gara per mancata produzione della dichiarazione circa i requisiti prescritti può ritenersi illegittima solo laddove, nel corso del giudizio, il concorrente stesso abbia dato prova del possesso dei requisiti suddetti (Cons. Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2180; V, 11 dicembre 2017, n. 5826).

È presente negli appalti l’opportunità di conservare un ‘soccorso procedimentale’, nettamente distinto dal ‘soccorso istruttorio’, in virtù del quale possano essere richiesti, in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”, chiarimenti al concorrente, fermo il divieto di integrazione dell’offerta.

Si tratta, in particolare, di quei chiarimenti che, per la giurisprudenza, sono ammessi, in quanto finalizzati a consentire l’interpretazione delle offerte e ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con esse assunte (Cons. Stato, V, 27 aprile 2015, n. 2082; 22 ottobre 2014, n. 5196; 27 marzo 2013, n. 1487). I chiarimenti non devono costituire una modifica dell’offerta tecnica presentata in gara, apportando correzioni, limitandosi invece a specificare la portata di elementi già contenuti nella stessa offerta.

È presente negli appalti l’opportunità di conservare un ‘soccorso procedimentale’, nettamente distinto dal ‘soccorso istruttorio’, in virtù del quale possano essere richiesti, in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”, chiarimenti al concorrente, fermo il divieto di integrazione dell’offerta.

L’indirizzo interpretativo in relazione all’art. 83 del d.lgs. 50/2016 di attivare da parte della stazione appaltante un ‘soccorso procedimentale’, nettamente distinto dal ‘soccorso istruttorio’, è utile per risolvere dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”, tramite l’acquisizione di chiarimenti da parte del concorrente non di carattere integrativo dell’offerta, ma  finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità (Cons. Stato, sez. V, n. 680/2020).

I chiarimenti utili a dirimere i dubbi non devono costituire una modifica dell’offerta tecnica presentata in gara, limitandosi a confermare la portata di elementi già in essa contenuti. A tal fine il disciplinare di gara può contemplare la “facoltà della stazione appaltante”, al di fuori delle ipotesi di soccorso istruttorio, di invitare, se necessario, i concorrenti a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.

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Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria
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